10
CONOSCERE
Quella
creatura che stringeva fra le braccia era bellissima, dallo sguardo
luminoso e
tentatore. I capelli scuri le ricadevano sulle spalle ma di certo il re
non si
concentrava su certi dettagli.
Era
piuttosto distratto, nonostante tentasse di venir ipnotizzato dal
movimento
ritmico di quei seni perfetti. Sobbalzavano seguendo le spinte di
quell’unione
carnale.
“Mio
signore” gemette lei, eccitata.
Lucifero
non le rispose. Gli piaceva vederla in preda all’estasi, era
uno spettacolo di
cui non si stancava mai. Però era distratto, e quella
femmina pareva non
notarlo minimamente. Fosse stata Lilith, si ritrovò a
pensare, avrebbe colto al
volo e sicuramente gli avrebbe chiesto cosa frullasse per quella testa
cornuta.
Ma Lilith non c’era.
Quando
quella demone se ne fu andata, soddisfatta e ancora seminuda, il re si
ritrovò
a girare per il palazzo, guardandosi attorno in cerca di qualcosa. Di
qualcuno.
“Non
angustiatevi” gli parlò Azazel “Ho
inviato una missiva ad ogni pattuglia e
diramato avvisi ovunque. È solo un bambino, non
può essere andato lontano”.
“E se gli fosse
capitato qualcosa?” ribatté
Lucifero “Non è mai uscito da palazzo da
solo!”.
“Tutti
gli
uomini di Asmodeo sono stati mobilitati. Tutti in città lo
stanno cercando. E
nei villaggi vicini sono stati informati. Tornerà presto a
casa. Abbiate
fiducia, signore”.
“Ho
smesso
di avere fiducia su certe cose, da un pezzo. Qualcuno non ama
l’idea che possa
avere un lieto fine…” quasi ringhiò,
rivolgendo lo sguardo verso l’alto.
“Ma
noi il
finale ce lo creiamo, è per questo che noi demoni abbiamo
preteso il libero arbitrio
e siamo fuggiti dalla rigida predeterminazione del Paradiso.
È per questo che
vi abbiamo seguito, Stella del mattino”.
Il
re
sorrise debolmente. “Non pensiamo a questo”
parlò, dopo qualche istante “Voglio
che tutta Dite sia messa a soqquadro finché il principe
Keros non sarà trovato.
Che abbia la priorità su qualsiasi altro pensiero o
progetto. Chiaro?”.
Azazel
annuì, e corse a sua volta a cercare il bambino.
Il re ripensò a
come quella giornata fosse
iniziata. Aveva svegliato il piccolo di buon ora per scegliere
l’uovo che gli
aveva promesso. Keros, raggiante, si era messo a correre come un matto
per
arrivare alle stalle. Lì, ad attendere entrambi, un paio di
demoni che si
prendevano cura delle bestie. Erano animali maestosi, usati spesso in
guerra.
Era possibile cavalcarli e fargli prendere il volo, dopo un lungo
addestramento.
“Da
questa
parte” invitò una demone, prendendo Keros per mano.
Il bambino si
voltò verso Lucifero , che lo
incoraggiò a seguire la donna mentre lui si intratteneva con
un altro demone.
Keros fu condotto
fino ad un recinto
coperto, dentro cui una di quelle creature se ne stava arrotolata. Con
l’aiuto
di un paio di forti giovanotti, la donna fece muovere
l’animale e rimasero
scoperte tre uova. Fra ringhi e urla, il bambino fu incoraggiato a
scegliere
quale adottare. Prese coraggio, spaventato da quegli animali enormi, e
ne
afferrò uno, dopo averli toccati ed osservati.
L’uovo era grande quasi quanto
Keros e fece fatica a raggiungere di nuovo Lucifero.
“È
una
buona cucciolata?” stava chiedendo il re.
“Come
richiesto, sono state far accoppiare le migliori bestie. Ne
nascerà una
creatura magnifica” rispose il guardiano di
quell’allevamento.
“Ottimo”.
I due si accordarono su
costi e spazi.
“Keros…”
parlò Lucifero “Puoi lasciare qui
l’uovo. Lo cureranno loro per te”.
“No!”
si
rifiutò il bambino “È mio!”.
Il
demone
tentò di insistere, senza risultato. Keros si
avviò convinto verso il palazzo,
stringendo quell’uovo gigante.
“Mi
raccomando” gli disse l’allevatrice
“Tienilo al caldo e nascerà!”.
Il bambino
camminò impacciato dal peso.
Percorse i corridoi di casa, diretto alle sue stanze.
“Dallo
a
me” si offrì il re “Te lo porto io in
camera”.
“No!
Ti ho
detto che è mio e ci penso io!”.
“Sei
testardo come tua madre!”.
Il demone rimase ad
osservare Keros che,
imperterrito, provava a salire le scale. Borbottando qualcosa sul fatto
che non
voleva frittate giganti per terra, Lucifero prese in braccio il piccolo
e lo
condusse su fino al piano dove aveva le stanze private.
“Dormirà
con me” spiegò Keros, con sul viso stampata
un’espressione d’orgoglio.
“Va
bene”
fu la risposta, rassegnata, del Diavolo “Ma ricorda che, se
dovessi averne
bisogno, alle stalle sono sempre pronti ad aiutarti”.
“Non
serve.
Ora vai via!”.
“Ma… Neanche
si ringrazia? “.
Keros
era
sulla porta, già pronto a chiuderla, ma si fermò
a quelle parole. Il suo
sguardo si fece luminoso e sorrise con sincerità.
“Grazie
per
questo uovo” esclamò, raggiante.
“Prego.
E
ricordati che devi anche fare i compiti”.
Il
bambino
borbottò qualcosa e chiuse la porta. Il re trattenne una
risata e tornò al
lavoro.
Rimasto
solo, Keros aprì uno dei suoi libri ed iniziò a
leggere ad alta voce, seduto a
terra, stringendo l’uovo. Storia. Gli piacevano i libri sulla
storia dell'Inferno,
erano interessanti. Poi poteva sempre chiedere informazioni ulteriori
al re,
che lusingava ricordandogli tutte le vittorie in battaglia.
C’erano state
davvero tante guerre negli inferi e Keros sapeva che un giorno avrebbe
dovuto
pure lui combattere a fianco del sovrano. Anche per questo Asmodeo gli
stava
insegnando le tecniche d’uso del fuoco. Già si
immaginava, grande e potente che
uccideva nemici. E non vedeva l’ora di iniziare a rubare
anime. Lucifero però
era stato categorico: doveva prima diventare abbastanza forte da poter
affrontare almeno un angelo minore, o sarebbe stato troppo pericoloso.
“Un giorno io
salirò sulla tua groppa e
voleremo insieme” sorrise all’uovo, accarezzandolo
“E ora andiamo
nell'archivio, che devo prendere un libro nuovo”.
Stringendolo, Keros lo
portò con sé fino alla
grande stanza dove il re aveva riposto tutti libri utili per lo studio
del
bambino. Cercò fra gli scaffali per un po' e poi
tornò dall’uovo , poggiato in
terra.
“Forse
dovrei scaldarti di più…” si disse,
evocando le fiamme in una mano.
Il
fuoco
rosso si accese fra le dita del bimbo e si avvicinò.
Però non aveva piena
padronanza di quella tecnica e inavvertitamente incendiò
anche il libro.
“Come
sarebbe a dire?!” sbraitava Lucifero, nel suo ufficio
“Lo sapete che voglio un
ordine perfetto delle entrate. Non potete aver smarrito un intero
registro di
dannati!”.
“Perdonateci,
Signore” stavano supplicando due demoni, prostrati in terra.
“
Perdonarvi un cazzo! Sapete quante migliaia di anime vi erano scritte?
I loro
peccati e la zona in cui sono state confinate… Era tutto
scritto! Da delle mani
molto più utili delle vostre!”.
“Ci
scusi…”.
“Rivoglio
quel registro al giusto posto! Se ciò non avverrà
in ventiquattro ore, pretendo
che voialtri deficienti lo riscriviate da capo!”.
“Ma…ma
Signore! Sapere quante e quali persone vi erano riportate
è…”.
“Impossibile?
Stracazzi vostri! L’alternativa è la vostra testa,
su un bel piatto, da dare in
pasto a Cerbero!”.
“Ma
noi…”.
Il
re li
interruppe con un gesto della mano. Annusò l’aria.
Era abituato a sentire odore
di zolfo e bruciato ma non in modo così pungente fra le mura
di casa.
“A
che
state dando fuoco?!” sibilo, senza ricevere risposta.
Lasciò
l’ufficio e cercò di capire. Una delle ancelle
indicò il piano superiore, le
stanze private del principe.
Non
molto
in vena di restare calmo e tranquillo, Lucifero salì le
scale, stringendo i
pugni e spalancando la porta di scatto. Oltre la soglia vide Keros, che
tentava
di spegnere
il
piccolo incendio che si era creato.
“Ma che hai
combinato?!” si stupì il
demone, estinguendo le fiamme spalancando le ali.
Il bambino
abbracciò l’uovo.
“Allora,
signorino?” incrociò le braccia il re
“Hai la vaga idea di quanto costino i libri? Qualcuno li deve
scrivere tutti a
mano, sai? E tu quanti ne hai rovinati in pochi istanti?”.
“Volevo scaldare
l’uovo…” cercò di
giustificarsi Keros, chinando la testa.
“E per uno stupido
uovo mandi in fumo
dei libri?!”.
“Non è
stupido! È il mio uovo! È il mio
amico!” cambiò radicalmente atteggiamento,
ringhiando.
“Attento a dove lo
lasci. Asmodeo
potrebbe mangiarselo!”.
“No! Cattivo! Sei
cattivo!”.
“E tu sei la nuova
piaga d’Egitto! Adesso
va subito fuori di qui. Fila in camera tua. Non voglio sentir volare
una mosca
da quella stanza almeno fino a stasera, sono stato chiaro?”.
Keros annuì, non
sapendo che altro dire.
“Studia. E non
combinare altri disastri“
concluse Lucifero, dando le spalle al bambino e tornando alle sue
faccende.
Da quella volta, il bambino
non era
stato più visto.
“I demoni non piangono” si era
ripetuto
più volte nella testa Keros, camminando con l’uovo
in braccio.
Era uscito da palazzo, conoscendo un sacco
di passaggi segreti, e cercava un posto dove sentirsi al sicuro. Aveva
fame,
girava da ore, ma non voleva tornare a casa. Vide alcune guardie a
servizio di
Asmodeo e cambiò immediatamente direzione, spaventato per il suo
uovo. Finì nel cortile
di una casa e d'un tratto fu catturato da un intenso odore dolce.
Cercò di capire da
dove provenisse e vide un grosso vassoio di biscotti. Si
avvicinò, furtivo,
approfittando del buio, ma subito udì una voce che gli
ordinava di tenere giù
le mani. Si accucciò, per non farsi vedere. Dopo qualche
istante, tentò di
percepire qualche suono, per capire se ci fosse ancora qualcuno.
“Inutile che ti nascondi” si
sentì dire
“Vai via. Quei biscotti sono per il mio
papà”.
Keros sollevò la testa. Era stata una
bambina a fermarlo. Doveva avere qualche centinaio di anni meno di lui.
Nel
guardarla, il piccolo si lasciò sfuggire una risatina.
“Cos’hai da ridere?”
si accigliò lei.
“Niente. È che pensavo fosse
un adulto e
invece sei solo una femmina”.
Lei a quelle parole si infuriò.
“Stavo per offrirti un biscotto. Ma,
visto
che sei un colossale stronzo, non lo farò!”
sbottò, voltandosi.
“Aspetta!” la fermò
Keros “Ti chiedo
scusa… è stata una brutta giornata”
ammise, chinando la testa.
“Dov’è la tua
mamma?” si intenerì la
bambina.
“Io non ho una mamma”,
“Oh… nemmeno io”.
I due piccoli rimasero in silenzio,
osservandosi in lieve imbarazzo.
“Io sono Lilien” si
presentò alla fine lei
“Sono figlia del decaduto Azazel”.
Keros non rispose. Non voleva svelare la
sua identità.
“Sei vestito molto elegante”
continuò la
bambina “Sei un nobile?”.
Non volendo mentire, Keros annuì.
“Un principe? Come nelle
favole?” sorrise
lei.
“Sono scappato”
tagliò corto lui “Non dire
a nessuno che sono qui”.
“Nemmeno al mio
papà?”.
“Esatto. Io…”.
Si udì un rumore e la bambina
fece
segno a Keros di nascondersi. Azazel entrò nella stanza.
“Con chi parli, Lilien?”
domandò alla
figlia.
Il demone aveva l’aria piuttosto stanca e
sorrise debolmente quando la bambina lo rassicurò dicendo
che stava giocando da
sola.
“Ti ho portato la cena”
spiegò il padre,
poggiando un pacco sul tavolo “Mangia e fila a letto
presto”.
“Ma papà… non resti
con me? È tardi” si
lagnò la bimba, guardando con occhi languidi il genitore.
“Non posso” sospirò
Azazel, chinandosi per
guardare in viso la figlia.
“Ti avevo fatto i biscotti”.
“Li mangerò dopo.
Vedi… C’è stata
un’emergenza”.
“Guerra?”.
“No, tranquilla. Stiamo cercando il
principe. Il re è molto preoccupato”.
“È triste? Come te quando
è morta la mamma
con i miei fratellini?”.
“Certo. È molto triste, in
ansia. Quel
bambino è prezioso e teme di averlo perduto. Se tu sparissi,
ti cercherei
ovunque! Ed io devo aiutarlo, capisci?
Dopotutto… È pur sempre mio fratello,
oltre che il re. E quando la nostra famiglia è stata
distrutta, ci è stato
vicino. Capisci?”.
La bambina annuì. Azazel le
passò una mano
fra i capelli, molto scuri e con qualche riflesso verde. Poi si
rialzò e
riprese il volo,spalancando le ali. Lilien sospirò. La
piccola coda demoniaca
le si arricciò e poi si voltò verso il punto dove
Keros si era nascosto. Si stupì
di non vederlo più.
La luce emessa da Lucifero nel buio era
simile a quella di un fuoco ed intensa come una stella. Vederla
illuminare quel
che per l’Inferno era il cielo, era strano. Raramente il re
lasciava il palazzo
e quando lo faceva solitamente era per combattere. Oppure celava quella
luce,
preferendo intrattenersi in modo discreto per il suo mondo. Azazel lo
aveva
affiancato, riferendo che era stata pattugliata un’altra zona
della città,
senza risultato.
“Dove può essere?”
mormorò Lucifero,
guardando la capitale dall’alto della torre su cui si era
appollaiato.
“Lo troveremo. Forse si è
nascosto, stanco
o affamato. Avrà trovato rifugio” cercò
di rassicurarlo Azazel.
“Sai meglio di me come questo regno
è
pieno di demoni pronti ad uccidere cuccioli altrui. E lui non sa come
funziona
questo impero, non ancora. State controllando anche il mondo
umano?”.
“Certo.
Però… È un ragazzo sveglio
e…”.
“Ma ancora così
piccolo…”.
Il messaggero non sapeva che altro dire e
si separò dal re per riprendere le ricerche.
Keros camminò piano lungo le vie in
pietra
della zona del mercato. Sempre con l’uovo stretto a
sé, iniziava a non sentire
più i piedi per la stanchezza. Quanto avrebbe voluto le ali
in quel momento…
D’un tratto, qualcuno lo
strattonò. Allarmato,
soffiò e mostrò i denti.
“Siete il principe!”
esclamò una donna “Vi
stanno cercando tutti”.
Il bambino rimase in silenzio.
“Che Vi è capitato?”
continuò lei “Tenete… Mangiate
qualcosa”.
Gli porse un piattino con un po’ di
carne,
su degli spiedini, che Keros mangiò volentieri.
“Mi sono perso” ammise,
chinando la testa “Mi
riaccompagnerebbe a casa?”.
La donna sorrise, intenerita, e lo
accompagnò fino a palazzo. Fra vari viottoli e quartieri, il
bambino aveva
perso del tutto l’orientamento e, anche se vedeva le torri
della sua casa, non
riusciva ad avvicinarsi ed aveva l’impressione di girare in
tondo.
Tornato a palazzo, ad accoglierò
trovò
Lilith, anche lei in pensiero. Lo abbracciò e
ricompensò con oro e gioielli la
donna che aveva riportato il bambino. Dopo aver chiesto spiegazioni,
che non
ebbe, trascinò il principe a fare un bagno e darsi una
sistemata. Keros rimase
in silenzio. Una volta fatto il bagno, si rinchiuse nella sua stanza.
Non appena il re fu avvertito del
ritrovamento del bambino, tornò in fretta a palazzo e
congedò tutti quelli che
erano impegnati nelle ricerche. Scese di nuovo la calma nel regno,
salvo per le
solite grida delle anime.
Lucifero entrò di corsa nella camera di
Keros
e lo sorprese sul pavimento nero, chino a scrivere su dei fogli. I due
si
fissarono in silenzio per qualche istante.
“Stai bene? Non sei ferito,
vero?”
finalmente si decise a parlare il demone.
“Sto bene” mormorò
il bambino.
“Cosa stai facendo?”.
Il bambino continuò a scrivere ma poi si
bloccò. Aveva sbagliato una lettera con
l’inchiostro e la piuma e sapeva di
dover ricominciare daccapo.
“Non mi sgridare”
esclamò di colpo, con
gli occhi lucidi “Giuro che li riscrivo. Li riscrivo
tutti”.
“Ma cosa?”.
“I libri. I libri che ti ho rovinato. Te
li
riscrivo tutti, te lo prometto!”.
“Oh, Keros… Ma cosa vuoi che me
ne importi?”.
“Scusa…”.
“Scusami tu. Sai… Quando mi
arrabbio dico
un sacco di stronzate. Non devi farci molto caso. E
poi…”.
“Quindi non sono la nuova piaga
d’Egitto?”.
“Vuoi esserlo?”.
“No!”.
“Allora non lo sei”.
“Ho sentito che eri triste e preoccupato.
E
poi non volevo tenere un papà lontano da casa”.
“Non ho capito del tutto quello che hai
detto, ma…”.
“Io non volevo che qualcuno fosse triste.
Pensavo
fossi arrabbiato e non mi volessi più”.
“Non potrei mai non volerti
più. Sei come
un figlio per me, lo sai. La più preziosa creatura
dell’Inferno”.
Keros si lasciò abbracciare e
serrò le
palpebre per non piangere, come gli aveva insegnato il re dei demoni.
“Dici che anche il tuo papà
sia in
pensiero per te?” domandò, e Lucifero storse il
naso.
Il piccolo alzò la testa e lo
fissò negli
occhi.
“Dici che anche il tuo papà
sia in
pensiero per te?” insistette.
“No, non credo” rispose infine
il re “Io e
lui abbiamo un rapporto… diverso”.
“Cioè?”.
“Tu non mi odi.
Spero…”.
“No. Mi fai arrabbiare, sei uno stronzo,
ma ti voglio bene”.
“Ah, meno male. Non avevo voglia di aver
cambiato pannolini e dato pappette per sentirmi dire che mi
odi”.
“Ma il tuo papà deve volerti
bene. Secondo
me è preoccupato. Pensa a te”.
“Certo. Mi pensa e mi usa come capro
espiatorio per ogni cazzata che accade per il mondo umano. Me ed
Azazel. La colpa
è sempre degli altri e…”.
“Ok. Ho capito. Voi adulti siete strani.
E
complicati”.
“Hai ragione. Hai proprio
ragione…”.
“E adesso vai a lavarti.
Puzzi!”.
“Scusa se ho volato tutto il giorno per
cercarti…”.
Keros rise ed anche il re.
“Hai tenuto quell’uovo tutto il
tempo con
te?!”.
“Sì, ma non dire ad Asmodeo
che è qui. Non
voglio che lo mangi!”.
“Guarda che era uno scherzo. E se ci
prova… Avvisami,
che lo picchio”.
Il bambino sorrise. Dopotutto, non era
male stare a casa propria…
Scusate
il ritardo!! Sto cercando di aggiornare più spesso
ma… Che impresa!! Nel prossimo
capitolo si cresce ;)