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Autore: Dilandau85    06/03/2017    0 recensioni
Ho deciso di raccogliere qui, in ordine più o meno sparso, tutte le poesie che sto scrivendo. Li ritengo esperimenti stilistici per la maggior parte e sono i primi in cui, da amante della metrica, mi sto cimentando. Una specie di palestra per qualcosa di più grosso che vorrei scrivere. Spero di dare a chi leggerà qualche emozione e magari qualche spunto su cui riflettere.
Genere: Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Scusate, ma per il titolo non mi è ancora venuto niente in mente... Questo è quello che ho buttato giù dopo la tragedia che è successa sabato notte. Un mio dipendente si è tolto la vita. I nomi ovviamente sono stati censurati. Come sempre, mio malgrado, la poesia è permeata dal solito esistenzialismo egoista. Ma forse solo ora sto iniziando a realizzare davvero la cosa e mi sento abbastanza giù.
Come metrica, sono quartine di endecasillabi con schema ABBA.


“Lalala si è impiccato!”, questo disse
Dadada al cellulare, concitato,
sabato a mezzanotte; fu un boato,
una tragedia che tutti trafisse.

A mezzogiorno mi aveva chiamato,
perché la sera prima un incidente,
senza vittime, povero incosciente!
sbronzo al volante avevi procurato.

Poi sono emersi pian piano i dettagli,
nella domenica lunga e infernale.
Da noi, la nave socio-assistenziale
si è mossa; sopra son tutti ammiragli.

Chissà di quell'eroico altruismo
quanto ne è falso, quanto ne è sincero.
E mentre tutti ti accendono un cero,
pronti ad assistere con fanatismo,

a sostenere la tua famigliola,
miseramente scempiata dal lutto,
disponibili sempre e ovunque in tutto,
io mi sento di ghiaccio e molto sola

nel voler essere davvero schietta.
Di certo non mi azzardo a giudicarti.
La morte dolce doveva sembrarti,
forte la smania di affrancarti in fretta

da quello strazio che apparentemente
ritenevi più duro dell'oblio.
Hai rinunciato al conforto di dio,
eri o non eri davvero credente?

Cosa pensavi, quali idee contorte,
mentre scrivevi lettere di pena?
Cosa, mentre mettevi su la scena
per lo spettacolo della tua morte?

E ancora, cosa negli ultimi istanti?
Quanto è durato? E quanto dolore?
Quando in estremo il fato predatore
ti vinse, strangolando i cupi pianti,

ti pentisti? Lottasti? O risoluto,
coerente rimanesti al truce passo?
Penso a quando ti misero dabbasso
alle mie dipendenze; hai vissuto

quindici mesi in questa batteria,
la mia; felice fosti di partire
e su “Strade Sicure” confluire.
Tutto pur di lasciare l’angheria

del precariato facendo punteggio.
Nella tragedia eccomi a ragionare
di fredde sillabe e a come rimare.
Quando nel mezzo del quieto traccheggio

mi giunse la notizia cruda e atroce
e da necessità fui richiamata,
non nego che la mia prima pensata
fosse rivolta alla privata croce:

ore di sonno perse, rovinata
quella domenica per stare a presso
alla burocrazia del tuo decesso.
Mi sento da cinismo ricolmata.

Essere ipocrita adesso mi tocca,
per adeguarmi senza alcun sospetto
a chi mi attornia, io, essere abietto.
Ahimè, qualcosa a mostrarmi mi blocca.

Devo celarla questa mia natura;
la società non riesce ad accettarla;
di emarginarmi a causa di una ciarla,
mi spiace, ma non ne ho affatto premura.

Ciò nondimeno non nuoccio a nessuno,
né voglio male ad alcuno, né bene.
Chi usa libertà e facoltà piene
giammai lo giudico, né lo importuno.

Eri alle mie dirette dipendenze,
ma provo poco più che un grande niente.
Per questa batteria, per questo ente
non sento peculiari appartenenze.

Cinque anni fa era diverso parecchio.
C’era motivazione, umanità,
attaccamento. Queste, qualità
che vedo ovunque, ma non allo specchio.

Al tempo stesso mi sento realista
e onesta, e pure fredda e indifferente,
punta da una pigrizia incontinente.
Quanto mi secca l’essere egoista.

Quanto mi secca che mi dia fastidio
la mia realtà egoista e genuina;
voler essere come una bambina,
buona e pura, per me è uno stillicidio.

E’ così faticoso camuffare
i sentimenti. Lo farò, a fatica,
in questa società così nemica,
continuandomi sempre a domandare:

a che giova mentire? E’ un sassolino,
intralcio ennesimo sulla mia strada
per la vita tranquilla che mi aggrada.
Vorrei riprendere solo il cammino.




  
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