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Autore: Samy Piperita    06/03/2017    4 recensioni
Non avrebbe saputo dire in quale momento Misty fosse riapparsa a tempo pieno nei suoi pensieri. Forse quando aveva respinto Serena, senza capire esattamente perché lo stesse facendo. Forse quando aveva visto in TV quello speciale sulle palestre del Kanto e fra i personaggi intervistati era apparsa proprio Misty, un imprevisto che lo aveva lasciato boccheggiante. Forse era per via dell’atmosfera distesa, riflessiva, quasi intima che si respirava sull’Isola di Maverick, come alcuni dei suoi compagni di corso avevano ipotizzato. In effetti, da quando vi abitava, aveva una vita molto più organizzata, aveva tempo per ragionare su di sé, su ciò che voleva nel suo futuro e come muoversi per raggiungerlo. Non che avesse abbandonato il sogno di diventare Pokémon Master, era andato a studiare sull’isola proprio per questo, ma forse cominciava finalmente a intuire che ciò non poteva rappresentare il cento percento della sua vita. Di certo, in ogni momento in cui non poteva impegnare la mente in un’attività manuale, ricordava gli anni passati con Misty, convincendosi sempre di più che fossero stati i migliori.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Brock, Gary, Misty, Nuovo personaggio | Coppie: Ash/Misty
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Premessa

Prima di tutto, devo sottolineare che non seguo l’anime da una vita, più o meno da quando Misty è stata tolta dal cast principale. Durante questo inverno ho cercato di recuperare più informazioni che ho potuto, ma non so se tutto ciò può essere auspicabile nella storia ufficiale e se i personaggi sono in linea con loro stessi. Se scriverò delle baggianate, vi chiedo di essere clementi e farmele notare/infamarmi con garbo.
Da molto tempo volevo scrivere una storia su Ash e Misty, mi ritengo una pokeshipper di vecchia data. Negli ultimi mesi, dopo aver abbandonato il fandom per anni, la passione per questa coppia è tornata prepotente e ha dovuto sfogarsi in qualche modo. Il risultato è questa fanfiction. Grazie in anticipo a tutti quelli che la leggeranno, se mi lascerete un commentino ne sarò molto felice.


 
Preludio
L’Isola di Maverick

Non sapeva perché fosse finito in quel bar, né aveva fatto caso a come si chiamasse, non aveva la minima importanza. Non ricordava nemmeno di preciso in quale parte della città si trovasse. I toni della giornata erano grigi, come ogni cosa dentro la bettola, ma forse era solo per via del suo umore. Il barista grasso, puzzolente e malvestito gli mise di fronte un altro bicchiere. Era già il terzo, peccato che gli altri due non avessero avuto effetto.
“Non andare a casa sua, faresti solo casino.”
Ash immaginò l’espressione severa di Brock, seduto sullo sgabello accanto al suo, intento a bere una bibita con la cannuccia, mentre lui tentava di scassarsi di alcol. Pensò a come l’avrebbe presa sua madre, che lo riteneva praticamente astemio.
Lo ero fino a poco tempo fa.
“Lei ora è felice, con un’altra persona, rivederti la farebbe soffrire di nuovo.” Infierì Brock.
Ash strinse il bicchiere, rischiò di frantumarlo, per non tirare un manrovescio all’amico.
“Pensavi che ti aspettasse ancora, dopo tanto tempo?”
Ash non rispose, tracannò il liquido ambrato per evitare di piangere subito.
“Oh, l’ha fatto, l’ha fatto eccome!” Proseguì Brock implacabile. “Ha atteso per anni il tuo ritorno, ti amava in una maniera commovente. Ma tu non sei tornato, nemmeno ti sei fatto sentire. Quanti anni senza nemmeno una telefonata, Ash?”

Finalmente l’angoscia del sogno fu sufficiente a farlo svegliare. Si mise a sedere sul letto in un bagno di sudore, con l’impressione di avere dei mattoni all’interno del torace. Corse in bagno, facendosi venire un capogiro per essersi alzato bruscamente. Aprì il rubinetto dell’acqua fredda e vi mise sotto la testa, restandovi a lungo. Quando si risollevò gocciolante, strinse i bordi del lavello fino a far sbiancare le nocche, contemplando l’immagine ansimante, stravolta restituita dallo specchio. Si lasciò sfuggire un singhiozzo, mentre il contenuto dello stomaco minacciava di risalire.
Il sogno del bar, in cui il buon vecchio Brock gli dava la misura della sua stupidità, era il più frequente, ma era anche preferibile a molti altri che lo tormentavano. Spesso si ritrovava in qualche luogo oscuro e sentiva la sua voce chiamarlo disperatamente, ma per quanto si affannasse non riusciva a raggiungerla. Altre volte tornava a Celestopoli solo perché una delle sue sorelle lo informasse che lei era ormai sposata, o partita, o in fin di vita all’ospedale, o già sotto un metro di terra. A turno, Daisy, Violet e Lily lo accusavano di quanto accaduto alla sorella minore.
Soltanto in un’occasione, per fortuna, aveva sognato di essere prigioniero insieme a lei, nel covo di una qualche banda di malviventi, non necessariamente il Team Rocket. A un certo punto le avevano tagliato la gola sotto i suoi occhi, senza che lui potesse intervenire. Dopo quell’incubo si era svegliato urlando ed era corso in bagno a vomitare anche l’anima.
Tornò a sedersi sul letto frizionandosi i capelli con un asciugamano. Tentare di rimettersi a dormire era fuori questione, i sogni erano in agguato, poteva quasi sentirli, sembravano grossi ratti che zampettassero nel buio. Gettò uno sguardo scettico alla pila di libri che occupavano buona parte della scrivania, le letture basilari per tutti gli aspiranti Pokémon Master iscritti alla Maverick Academy. Pensò che non sarebbe riuscito a concentrarsi nemmeno sulla prima riga.
Bussarono alla porta e Daniel, il ragazzo della stanza accanto, mise dentro la testa.
“Ti ho sentito muoverti.” Spiegò in tono partecipe. “Ancora brutti sogni?”
Ash si limitò ad annuire, senza incrociare lo sguardo di Daniel.
“Chiamami, se hai bisogno di qualcosa.”
Ash annuì di nuovo.
“Grazie.”
Ascoltò i passi del compagno di studi mentre tornava nella sua stanza. Avrebbe dovuto mostrarsi riconoscente per quelle attenzioni ma non ci riusciva, avrebbe preferito che gli altri lo lasciassero solo, a fare i conti con il dolore che si era meritato.
Daniel faceva parte del suo gruppo di lavoro, insieme a Elton, Greta e Christine. Erano tutti ragazzi in gamba, altrimenti non avrebbero fatto parte della Maverick Academy, ma pareva che la proverbiale capacità di Ash Ketchum di stringere amicizie, in quel periodo, fosse in letargo. Inoltre doveva riconoscere che il suo apporto nelle attività del gruppo era il meno significativo, sebbene nessuno dei compagni se ne lamentasse. Per il momento, erano disposti ad aspettarlo.
Un flash di memoria lo attraversò facendogli sentire quasi un dolore fisico, un’altra persona si era detta disposta ad aspettarlo, tanti… troppi anni prima.
Non avrebbe saputo dire in quale momento Misty fosse riapparsa a tempo pieno nei suoi pensieri. Forse quando aveva respinto Serena, senza capire esattamente perché lo stesse facendo. Forse quando aveva visto in TV quello speciale sulle palestre del Kanto e fra i personaggi intervistati era apparsa proprio Misty, un imprevisto che lo aveva lasciato boccheggiante. Forse era per via dell’atmosfera distesa, riflessiva, quasi intima che si respirava sull’Isola di Maverick, come alcuni dei suoi compagni di corso avevano ipotizzato. In effetti, da quando vi abitava, aveva una vita molto più organizzata, aveva tempo per ragionare su di sé, su ciò che voleva nel suo futuro e come muoversi per raggiungerlo. Non che avesse abbandonato il sogno di diventare Pokémon Master, era andato a studiare sull’isola proprio per questo, ma forse cominciava finalmente a intuire che ciò non poteva rappresentare il cento percento della sua vita. Di certo, in ogni momento in cui non poteva impegnare la mente in un’attività manuale, ricordava gli anni passati con Misty, convincendosi sempre di più che fossero stati i migliori.
Sentiva che la sua prima compagna di viaggio gli mancava, da morire. Forse, si diceva, lei non se n’era mai andata davvero.
Aprì il cassetto del comodino, all’interno vi erano soltanto due oggetti. Uno era il fazzoletto che lei gli aveva regalato quando si erano salutati, accuratamente pulito e ripiegato. Recuperò il secondo, pur sapendo che gli avrebbe fatto male. La foto li mostrava sorridenti, felici, in una giornata di sole durante uno dei loro viaggi. Era la sola foto in cui fossero soltanto loro due, senza Pokémon, l’unica in cui si tenessero per mano. Non ricordava esattamente dove e quando fosse stata scattata, ma aveva ben presente il momento in cui aveva afferrato la mano di Misty, la sorpresa mista a gioia e imbarazzo sul volto di lei. Quando guardava quella foto, il morso della nostalgia gli toglieva quasi il fiato.
Infilò una mano sotto la maglia del pigiama e strinse l’esca con le sembianze della ragazza. La portava sempre al collo, non la toglieva nemmeno per dormire o per fare la doccia. Due lacrime gli rigarono il viso, ma le asciugò con rabbia. Se si era giocato per sempre la persona più importante, era il solo da biasimare.
Pensarci faceva malissimo.

Sperò che, essendo Daniel sveglio, dovesse mancare poco all’alba, che fossero almeno le cinque. Raccattò il cellulare per verificare, poi lo lasciò ricadere sul letto con un gesto che sapeva di sconfitta. Mancava un quarto alle due e non avrebbe avuto da fare fino alle otto e trenta.
Facendo attenzione a non fare rumore, si tolse il pigiama e recuperò dall’armadio la tenuta da lavoro, pensando che ai ragazzi del turno di notte non avrebbe dato fastidio un aiuto in più.
Una delle regole basilari della Maverick Academy era che non si pagassero rette, l’accesso alla scuola avveniva esclusivamente per merito e capacità. Per contro, tutti gli allievi dovevano guadagnarsi vitto, alloggio e istruzione lavorando duramente nell’immenso Parco Pokémon annesso alla scuola. La vita di ognuno era quindi organizzata secondo l’alternanza di ore in aula e turni lavorativi. Ash trovava che fosse un ottimo sistema, creava affiatamento e un legame forte fra gli allievi e la scuola. Il senso di appartenenza era fra le cose tenute in maggior considerazione, gli studenti dovevano sentirsi a casa.
Non uscì dalla porta, lungo il corridoio altri potevano preoccuparsi delle sue condizioni, inoltre aveva un metodo più comodo delle scale per raggiungere il Parco Pokémon.
Camminò nella calda oscurità che avvolgeva la grande balconata di quel piano del dormitorio, facendosi guidare da un borbottio che gli era ben noto. Pikachu e Charizard conversavano amichevolmente seduti in un angolo appartato.
Quando gli insegnanti avevano sentito che Ash possedeva un Charizard e questo aveva più volte combattuto in combo con Pikachu, avevano insistito perché l’allievo facesse arrivare il Pokémon di fuoco sull’isola, per vedere con i propri occhi una collaborazione tanto insolita. Pikachu era stato felicissimo di riabbracciare il suo vecchio amico e compagno di tante battaglie, anche Charizard lo era stato, benché meno disposto a manifestarlo. I due passavano quasi tutto il tempo libero, anche notti intere, a raccontarsi le loro esperienze. Ash doveva ammettere con se stesso di invidiare la compagnia che si facevano.
“Scusate il disturbo, ragazzi.”
“Pikapi!” Lo salutò Pikachu.
Charizard fece un verso gutturale e le fiamme sulla punta della sua coda arsero più intense.
“Ti dispiace darmi un passaggio al Parco?” Domandò Ash al Pokémon di fuoco.
L’interpellato annuì e si mise in posizione perché l’allenatore gli montasse in groppa, mentre Pikachu balzava felice sulla spalla del ragazzo.

Il Parco Pokémon era un immenso complesso comprendente un gran numero di strutture, disposte con ordine nella foresta che sorgeva oltre gli edifici della Maverick Academy. C’erano strutture per l’accoglienza dei Pokémon, laboratori per gli studi, campi di addestramento per quasi tutte le categorie del mondo. Quando vi era entrato la prima volta, Ash aveva pensato che non potesse esistere posto migliore per lavorare con i Pokémon e con il passare dei giorni quel pensiero non faceva che rafforzarsi.
Fece atterrare Charizard di fronte alla guardiola dei capiturno, dove venivano affissi gli ordini del giorno.
Zona di Accoglienza 3, capoturno: Liam Townsend.
Lesse sul programma di quella notte.
Pensò che fosse un buon inizio, aveva già lavorato con Liam e lo trovava simpatico, oltre che molto capace nel loro “mestiere”.
La Zona di Accoglienza 3, quando la sorvolarono, era interamente illuminata dai riflettori, inoltre tutti gli addetti ai lavori portavano lampade frontali e grosse torce. C’era un gran viavai di uomini, Pokémon operai e mezzi, volavano ordini e colpi di clacson. Ash fece atterrare Charizard in una zona di tranquillità, dove non avrebbe intralciato nessuno. Intercettò la prima persona che gli passò accanto, chiedendo dove potesse trovare il capoturno, gli fu indicato un deposito degli attrezzi poco distante. Disse a Pikachu e Charizard che potevano tornare al dormitorio e osservò i due finché non sparirono nell’oscurità della notte.
Quando Ash raggiunse il deposito degli attrezzi, Liam stava distribuendo pale, picconi e sistemi d’illuminazione ai membri della sua squadra.
“Liam!”
“Ash!” Lo accolse il capoturno. “Che ci fai qui?”
“Non riuscivo a dormire, ti serve un operaio in più?”
Liam si strinse nelle spalle.
“Male non fa. È in arrivo un carico di selvatici di grossa taglia, quelle gabbie devono essere pulite e pronte all’uso entro le otto.”
Liam indicò un orrendo ammasso di metallo e fango che si ergeva minaccioso dove gli alberi erano più fitti. Ash cercò di calcolare a occhio quanti gabbioni vi fossero impilati, più di un centinaio sicuramente. Almeno trenta operai umani e una cinquantina di Pokémon erano al lavoro per districare le singole gabbie dalla confusa catasta. Ash emise un verso di disgusto.
“Da quanto tempo non vengono utilizzate?”
“Si era pensato di rottamarle.” Spiegò Liam. “Per fortuna non l’abbiamo fatto. Prendi una pala e vieni con me, sarà una lunga notte.”
Ash fece quanto richiesto, ansioso di mettersi al lavoro. Una lunga notte di fatica era ciò che gli serviva per tenere i pensieri lontani da Misty, almeno per qualche ora.

 
*

Spazio autrice
Seguendo una delle regole cardine del fratellone Gulminar (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=88309), che ringrazio per i tanti consigli e l’infinita pazienza, in questa fanfiction ci sono almeno un’ambientazione e un personaggio importante originali. Ovviamente mi riferisco al dottor Maverick e alla sua isola, spero che vi piaccia leggere di loro come a me è piaciuto crearli.
A presto (spero) per il prossimo capitolo.
Samy
 
   
 
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