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Autore: _BlueLady_    07/03/2017    3 recensioni
[ Dal Prologo]
Tutti lo chiamavano Eclipse, perché proprio come un’eclissi era in grado di nascondersi alla luce del sole, per poi fare la sua ricomparsa di notte, nelle vie buie delle città più conosciute, alla ricerca di non si sa quali preziosi tesori.
Le prime pagine dei giornali erano piene delle sue immagini, i gendarmi di ogni città gli davano la caccia, nella speranza di catturarlo e finalmente infliggergli la punizione che meritava per tutti i furti commessi in passato.
Non c’era traccia di scovarlo, tuttavia.
Così come appariva, altrettanto misteriosamente scompariva, lasciando dietro di sé solo un cumulo di mormorii perplessi ed impauriti.
Attenzione: leggermente OOC, la lettura potrebbe risultare un pò pesante.
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rein, Shade, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~ CAPITOLO 30 ~
 
Quando giunse la polizia in casa Sunrise, scortata da Fine in preda ad un’agitazione folle, nessuno era preparato allo spettacolo che si presentò loro davanti agli occhi.
Poco distante dall’ingresso della villa, in preda ai rantoli ed immerso in un bagno di sangue, stava il capofamiglia, la testa appoggiata sulle ginocchia di Rein incurante della gonna insanguinata, che tra le lacrime lo stringeva a sé tentando di tamponargli la ferita come poteva con l’orlo della camicia da notte. Al fianco del corpo di Toulouse, ancora vivo ma ormai privo di coscienza, stava Elsa, la fronte appoggiata su quella del marito, e gli occhi grondanti di lacrime, in procinto di sussurrargli parole segrete all’orecchio, come per tenerlo ancora aggrappato a quel briciolo di forza vitale che gli era rimasta in corpo.
Non appena Fine giunse sul luogo del delitto e prese coscienza di quella scena raccapricciante, non riuscì ad evitarsi di farsi sfuggire dalle labbra uno strillo angosciato, riconoscendo nella figura distesa a terra quella del padre morente.
I poliziotti aiutarono le tre donne a fermare l’emorragia, in attesa dell’arrivo del medico che con manovre esperte avrebbe tentato il tutto e per tutto pur di tenere in vita l’unico uomo di casa Sunrise.
Non appena arrivarono i soccorsi, Toulouse fu subito portato in casa, dove il medico accompagnato dal suo assistente si apprestò a rimuovergli il proiettile dall’addome per evitare un’infezione letale, e a fornirgli le cure d’emergenza necessarie per farlo sopravvivere.
A causa delle manovre estremamente delicate necessarie a salvare la vita del paziente, alle tre donne non fu concesso di assistere all’operazione, e si videro costrette a contare interminabili minuti di angosciante attesa nel soggiorno, distratte unicamente dalle domande postegli dai poliziotti.
- È il primo caso di tentato omicidio in cui Eclipse è coinvolto da quando abbiamo a che fare con lui – commentarono quasi stupefatti dopo aver ascoltato la versione di Elsa dell’accaduto.
- Io non so cosa sia venuto a cercare in casa nostra, non possediamo nulla di così prezioso da poter interessare un ladro del suo calibro… quello di cui sono certa è che Eclipse ha quasi ammazzato mio marito! Dovete fare qualcosa, e all’istante! Non dormirò la notte sapendo che quel delinquente è ancora in circolazione!- sbraitò la donna inviperita, ancora percossa da spasmi di angoscia e disperazione.
- C’è qualche testimone che può confermare l’accaduto?- domandarono ancora, tentando di calmare la furia di Elsa.
- Mia figlia Rein si è lanciata all’inseguimento di Toulouse poco prima che tentassero di ucciderlo… ha visto suo padre quasi morirle davanti agli occhi! E quando io sono giunta sul posto ho fatto soltanto in tempo ad intravedere un’ombra scura nella notte fuggire a cavallo prima di realizzare che mio marito era accasciato a terra in un bagno di sangue! – rispose ancora la donna tra le lacrime, accennando con uno sguardo apprensivo alle due figlie sedute poco distanti, col volto pallido e gli occhi gonfi.
- Può confermare quello che sta dicendo sua madre, signorina?- domandò alla turchina un poliziotto, con fare calmo e pacato quasi temesse di spaventarla.
- Io…- balbettò Rein, un tuffo al cuore, non sapendo cosa rispondere a quella domanda pronunciata così di getto, senza darle il tempo di ragionare.
Confermare le parole della madre avrebbe significato condannare definitivamente Shade al patibolo, e il solo pensiero bastava a farle mancare la terra sotto i piedi e sentirsi morire dentro.
Sapeva bene che il giovane non era capace di tanta crudeltà: era a conoscenza di come si erano svolti i fatti relativamente, ma confessarlo avrebbe significato portare alla luce una verità che tentava con tutta se stessa di nascondere, e anche se sapeva che mentire o omettere dei particolari fondamentali in una situazione estremamente delicata come quella avrebbe soltanto complicato le cose, oltre che renderla complice e compromettere seriamente la sua innocenza, la paura di perdere da un giorno all’altro l’uomo che amava la indusse a evitarsi di parlare più del dovuto.
- C’era qualcuno nell’oscurità: una, forse due persone… era talmente buio ed è successo tutto talmente in fretta, che non ho fatto in tempo a focalizzare i particolari – proferì soltanto, e al termine di quelle parole avvertì con chiarezza lo sguardo cupo e accusatore di Fine al suo fianco gravare su di lei come un pesante macigno.
- Torneremo domattina per svolgere ulteriori indagini e porvi altre domande. Comprendiamo il vostro stato di shock attuale e non vogliamo sottrarvi ulteriormente al capezzale del signor Sunrise. Ci dispiace molto per l’accaduto. Pregheremo perché sopravviva – furono le ultime parole prima di lasciarsi accompagnare alla porta da Elsa, e abbandonare la villa ancora satura dell’angoscia e della paura vissuta quella notte.
Dopo un’interminabile e snervante ora di attesa, il medico uscì finalmente dalla sala operatoria improvvisata, annunciando che la rimozione del proiettile era andata a buon fine, ma che il paziente non era ancora del tutto fuori pericolo.
- Questa notte sarà decisiva per la sopravvivenza del malato. Assistetelo, e per qualsiasi complicazione non esitate a chiamarmi. Resterò nelle vicinanze per poter intervenire all’istante, qualora ve ne fosse bisogno. L’emorragia sembra essersi fermata, ma la febbre è ancora alta. Il proiettile si è fermato appena in tempo prima di ledere in maniera irreparabile organi vitali, tuttavia è ancora troppo presto per poter affermare con sicurezza che è fuori pericolo. Pregate per lui, signora Sunrise, e stategli vicino. Ha bisogno di tutto il supporto possibile –
 
Le donne di casa Sunrise passarono la notte a darsi il cambio per sorvegliare Toulouse ed accertarsi che le sue condizioni fossero stabili.
L’angoscia e il terrore gravavano loro sulle spalle come avvoltoi pronti a divorarle al primo cenno di cedimento. I minuti parevano interminabili, le ore infinite. Ascoltare il ticchettio del pendolo proveniente dal salotto scandire incessantemente il tempo, quasi a voler preannunciare quanti secondi mancassero alla fine di quell’agonia, rendeva le tre donne particolarmente nervose e irrequiete, più di quanto non fossero già.
Fine e Rein si diedero il cambio vicendevolmente per permettere l’una all’altra di riposare nell’ora di pausa che seguiva il turno di veglia – anche se addormentarsi era praticamente impossibile, dato che una miriade di emozioni contrastanti piombava su di loro come uno sciame di cavallette affamate non appena chiudevano gli occhi ricercando la tranquillità del riposo – mentre la signora Sunrise stette tutta la notte al capezzale del marito, senza allontanarsi neanche un attimo dalla camera in cui era ricoverato, e senza mostrare alcun segno di cedimento o di stanchezza.
Sedeva accanto al letto dove Toulouse giaceva ancora moribondo e febbricitante, stringendogli le mani nelle sue e sussurrandogli parole dolci all’orecchio, come a volerlo aiutare a ritrovare la retta via che aveva momentaneamente smarrito, vagando nel limbo apparentemente senza uscita nel quale era precipitato.
Non c’era verso di schiodarla da quel letto, né di convincerla a distendersi anche solo cinque minuti per riprendere fiato e riposare le membra spossate da tutto quel tramestio di emozioni che ancora si respirava nell’aria.
- Mi risposerò soltanto quando avrò la certezza che mio marito sta tornando da me – rispondeva agli inviti delle figlie, gli occhi lucidi e la voce rotta da un pianto che faticava a strozzare in gola.
In un momento di tranquillità, quando il respiro di Toulouse parve farsi più regolare e il viso si alleggerì dalle contrazioni della sofferenza, Elsa invitò le figlie ad andare nelle rispettive camere a riposare un poco, vedendole pallide, stravolte e smunte come reduci di guerra.
- Se ci sono problemi vi chiamo – le rassicurò di fronte alle loro obiezioni – sarete sicuramente più d’aiuto con la mente lucida e riposata che stanche e stravolte come siete ora –
Le due gemelle, ancora in disaccordo con la decisione presa dalla madre e profondamente contrariate, alla fine cedettero, più per costrizione che per scelta, e si fecero persuadere a lasciare alla madre il compito della veglia, pur sapendo che anche nei rispettivi letti non sarebbero riuscite a prendere sonno.
Camminarono fianco a fianco in silenzio, col fiato sospeso ed un’insolita tensione nell’aria.
Non appena raggiunsero la camera di Fine, in procinto di congedarsi per il breve riposo, la gemella rossa si bloccò sulla soglia della porta, richiamando l’attenzione di Rein che già si stava avviando verso la sua camera.
- Rein, posso parlarti?- si sentì domandare la turchina, e di fronte a quella richiesta che non ammetteva rifiuto, Rein tornò indietro sui suoi passi, non senza lasciarsi pervadere l’animo da un curioso senso di inquietudine.
- Ti ascolto – rispose a Fine quando le fu di fronte, e le regalò un timido sorriso che subito si spense quando incontrò lo sguardo severo e accusatore della sorella lanciare la sua muta sentenza di accusa verso di lei.
- Hai lasciato entrare Eclipse in casa questa notte – asserì fredda, il cuore di Rein che le sobbalzò in petto al suono di quelle parole proferite così di getto.
- Fine, non è come pensi – tentò di spiegarle armata di buona volontà e comprensione, ma fu prontamente zittita dalla sorella che non era altrettanto propensa ad un confronto diplomatico: - Ah, no? E cosa dovrei pensare allora? I fatti parlano da soli: Eclipse ti ha plagiata col tentativo di derubarci, ed ha approfittato della tua ingenuità, di un tuo momento di distrazione per ottenere ciò che voleva. Chi si sarebbe aspettato che sarebbe addirittura stato in grado di tentare di uccidere un uomo? – proferì, un’amarezza soffocata dalle lacrime che sapeva di rabbia e delusione.
- Eclipse non commetterebbe mai un omicidio – asserì Rein fredda e decisa, profondamente convinta delle sue parole – Andiamo, Rein! Ti ostini ancora a difenderlo nonostante tutto il male che ha procurato a te e alla nostra famiglia? – la zittì Fine in preda ad una collera cieca - Come fai ad essere così insensibile? Quell’uomo ha tentato di uccidere nostro padre, Rein, nostro padre! E tu ancora osi affermare il contrario? Che fine ha fatto la tua umanità? Non ti riconosco più: sragioni, deliri, proferisci sentenze senza una logica! È questo che significa essere innamorata? Negare ogni moralità, ogni affetto familiare, puntare il dito contro la tua stessa sorella che cerca solamente di redimerti dalla follia? Apri gli occhi, Rein: Eclipse non è l’uomo onesto che credevi fosse. Non lo è mai stato, e mai lo sarà. Non merita il tuo amore, o la tua fedeltà: merita soltanto di marcire in galera a vita per quello che ci ha fatto, se non l’impiccagione –
- Fine, così mi uccidi – mormorò la turchina tra le lacrime, ferita a morte dalle dure parole della sorella – Tu neanche ti immagini come io mi senta in questo momento. Sono divorata dall’angoscia, sì, e dall’amore per un uomo che sono certa essere innocente – la rossa scoppiò in una risata di pietosa compassione di fronte al suo delirio - È così, devi credermi! Lo so che sei accecata dalla rabbia e dal risentimento, ma ti posso giurare che Eclipse non ha mai tentato di uccidere papà –
- Se pensi che me ne resterò ancora qui ad ascoltare i tuoi deliri mentre nostro padre è al piano di sotto che sta lottando con tutte le sue forze da solo contro la morte per colpa del tuo Eclipse, ti sbagli Rein. Non lascerò che chi è colpevole resti impunito. Se non parlerai tu, lo farò io, e testimonierò chiaro e tondo tutta la vicenda dal mio punto di vista. So che ti avevo promesso che non ne avrei fatto parola con nessuno, ma cerca di capire che se lo faccio è per una giusta causa, e per il tuo bene, Rein. Non resterò ferma a guardarti mentre ti lasci logorare da una cieca follia d’amore, rovinandoti con le tue stesse mani. Hai idea di ciò a cui andresti incontro se omettessi anche solo un singolo dettaglio della verità? Quei poliziotti domattina torneranno e vorranno sapere da te ogni cosa, se papà non sarà in grado di testimoniare al tuo posto. E, detta molto francamente, non credo ne sarà in grado visto lo stato in cui è ridotto. Davvero vale la pena rischiare tanto? –
- Se si tratta di difendere un innocente, si – affermò la turchina risoluta, piantando le sue iridi in quelle della sorella.
- Sei incredibile – esclamò Fine in preda ad una rabbiosa esasperazione – Mi fai quasi paura. Come può un uomo di cui neanche conosci il nome o la fisionomia averti deviata fino a questo punto? Non riesco a capacitarmene. Anche per questo merita di non restare impunito -
- Fine smettila, ti prego. Non so più come convincerti del contrario. Lo so che è difficile credere alle mie parole, ma io ero lì: ho visto con i miei occhi quello che è accaduto, e papà non ha rischiato di morire per mano di Eclipse –
- Se sei così sicura perché non l’hai detto subito ai poliziotti quando te l’hanno domandato invece di fingere di non ricordare come si sono svolti i fatti?-
- È complicato…- balbettò Rein con gli occhi gonfi e il respiro mozzato, tentando di avvicinare la sorella inutilmente.
La rossa si scostò bruscamente da lei, quasi provasse ribrezzo nell’essere toccata: - Io non so più cosa pensare. Tutto quello che so è che la vita di papà è appesa a un filo, e se non fosse stato per la tua ingenuità non avremmo mai dovuto affrontare tutto questo – proferì con la voce rotta dal pianto.
- Fine… – sibilò la turchina con un filo di voce - … ti prego…-
- Come puoi amarlo ancora, Rein? Ha tentato di ucciderlo…- mormorò la rossa senza riuscire a trattenere le lacrime.
- No, Fine -
- È fuggito a cavallo subito dopo lo sparo, mamma lo ha confermato. E sul sentiero che conduce all’uscita della villa c’erano impronte di zoccoli -
- Fine, per favore, non correre a conclusioni affrettate – la avvertì nuovamente la turchina tentando di mantenere la calma nel mezzo delle accuse rivoltele dalla sorella e dei pensieri che le vorticavano veloci in testa, come stormi di uccelli impazziti.
Ma Fine non voleva sentire ragioni, troppo accecata dalla rabbia per volerla ascoltare.
- Sei completamente folle! Tutti l’hanno visto! Come puoi ostinarti ancora a difenderlo dopo quello che ha fatto a nostro padre, Rein? Nemmeno il fatto che sia in fin di vita è in grado di convincerti che quell’uomo è uno sporco assassino?-
- Fine, ti assicuro che non è come dici tu, non lasciarti ingannare dalle apparenze – asserì ancora la turchina, la testa pesante, in procinto di esplodere.
- Sei cieca!-
- So la verità!-
- Hai perso il senno!-
- Non è come credi -
- Come puoi essere ancora così ostinata a negare l’evidenza?-
- Era in camera mia quando c’è stata l’incursione, Fine!- esplose a un certo punto, ammutolendo di colpo la sorella che la osservò basita, incapace di reagire – Era venuto a farmi visita e io l’ho lasciato entrare dalla finestra – ammise, le lacrime agli occhi e la voce tremula – Abbiamo passato la notte insieme -
- Oh, Rein…- mormorò la rossa in un tono di compassionevole rimprovero, osservandola accasciarsi al suolo in preda ad una devastante disperazione. Le si strinse il cuore nel vedere la sorella ridotta a quel modo, dopo la tragedia di quella notte e le accuse che le aveva rivolto.
Improvvisamente, si sentì incredibilmente piccola e sola, assieme a sua sorella, di fronte al resto del mondo.
Rein adorata – pensò- guarda cos’è capace di farti l’amore.
 
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Mentre in casa Sunrise il capofamiglia lottava contro la morte, Shade vagava solo per la campagna inglese, stremato e ormai privo di forze, il braccio ancora sanguinante, abbandonato sulla groppa della fedele Regina, che lo stava conducendo a passo sicuro verso casa nel buio della notte.
Dopo l’incidente successo poche ore prima a casa di Rein, Shade aveva tentato, nonostante la debolezza e la ferita che continuava a divorargli la carne pulsante, di seguire le tracce dei marchesi in fuga, ma era stato costretto a retrocedere sui suoi passi nel momento in cui, venendogli meno le forze a causa delle percosse subite e dell’emorragia che ancora colava copiosa lungo il braccio sinistro, si era ritrovato svenuto a terra, completamente privo di sensi, Regina al suo fianco che tentava di fargli riprendere conoscenza dandogli affettuosi buffetti sulla nuca.
Fu allora che si rese conto che tentare di scovare Sophie era completamente inutile, e che nelle sue attuali condizioni ritrovarsi ad un faccia a faccia con lei era come consegnarsi in pasto ai leoni, dunque con le ultime forze che gli erano rimaste, si era trascinato sul dorso della cavalla che gli si era accovacciata accanto, era montato in groppa, e accasciato sul fedele animale le aveva sussurrato di ricondurlo a casa.
Il viaggio verso villa Tinselpearl gli parve interminabile, tormentato di angoscia e sensi di colpa.
Quando Regina lo scortò fino al portone della villa, scese a fatica da cavallo, e barcollando raggiunse il portone del palazzo, pesante come un macigno, aprendolo a fatica.
Il botto che le ante provocarono quando gli si chiusero alle spalle echeggiò lungo il corridoio, attirando l’attenzione di Bright che si era assopito nel suo studio poche ore prima.
Quando il duca accorse all’ingresso, allarmato e sulla difensiva pronto a fronteggiare il possibile pericolo, si ritrovò ad attenderlo la figura contorta e barcollante di uno Shade distrutto, il mantello stracciato, gli abiti sporchi di terra, e il braccio sinistro lacerato e grondante di sangue.
- Santo cielo, Shade!- esclamò fiondandosi verso l’amico che gli si accasciò addosso a peso morto – Ma che diamine ti è successo?- domandò, allacciandogli la vita con un braccio e caricandosi l’altro sulle spalle.
- C’è stata un’incursione in casa Sunrise stanotte, mentre ero in camera di Rein – biascicò il moro con un filo di voce, ansimando a fatica quasi non gli restasse più ossigeno nel polmoni – I marchesi di Windsworth –
- I Sunrise e le figlie stanno bene?- chiese il biondo in preda all’angoscia, mentre lo scortava un passo alla volta in camera per poterlo soccorrere.
- Si sono presentati armati, intenzionati a togliere di mezzo chiunque osasse sbarrargli la strada – rispose l’altro, le gambe che gli cedevano e la testa pesante – Ho tentato di fermarli, ma quella folle di Sophie aiutata dal fratello mi ha dato parecchio filo da torcere –
- Come hanno fatto a ridurti così?-
- Hanno tentato di spararmi– mormorò a fatica – e a pagare le conseguenze della mia incoscienza è stato qualcun altro –
- Chi?- proferì Bright col cuore in gola, temendo per l’incolumità della famiglia Sunrise, ed in particolare di Fine.
Shade sussultò stringendo i denti per trattenere il dolore quando il duca lo adagiò sul materasso, tamponandogli la ferita macilenta per fermare l’emorragia.
- Toulouse Sunrise era nella traiettoria del proiettile – disse a denti stretti – è colpa mia… - sussurrò poi, coprendosi il volto con la mano destra mentre gli occhi si inumidivano e il respiro si faceva più corto.
 
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Trascorsero due giorni e due notti a seguito dell’incidente, e Toulouse Sunrise ancora non aveva ripreso conoscenza. Sebbene il medico avesse appurato che le sue condizioni fossero stabili, l’infezione non era ancora debellata del tutto, e l’uomo trascorreva le giornate tra sogni agitati e deliranti a causa della febbre alta in un bagno di sudore, la signora Sunrise al suo capezzale che mai lo lasciava solo.
L’atmosfera in casa Sunrise era a dir poco irrespirabile: se in seguito alla confessione fatta da Rein alla sorella circa i sentimenti che la prima aveva nei confronti di Eclipse aveva contribuito a logorare il loro rapporto, sapere che l’amata sorella parteggiava per un criminale difendendolo a spada tratta in qualsiasi circostanza era stato per Fine un duro colpo da digerire.
Semplicemente non era in grado di sopportare il peso di tutte quelle confessioni, non con il padre in quelle condizioni, e per mano dell’uomo che sua sorella diceva tanto di amare.
Preferiva passare le giornate tra la sua camera e quella del padre, evitando il più possibile di incrociare anche solo lo sguardo di Rein.
Più volte era stata in procinto di confessare ogni cosa alla madre, di denunciare tutto il marcio che sapeva nascondersi dietro quella vicenda, ma poi all’ultimo momento rinunciava sempre, forse nella speranza che Rein riacquistasse la ragione, e si assumesse lei la responsabilità di quel difficile compito.
La verità era che, sebbene le riuscisse ancora difficile credere alle parole di Rein che continuava a sostenere con la più decisa delle convinzioni l’innocenza di Eclipse, una parte di lei desiderava davvero che le parole della sorella coincidessero alla verità, che tra le piaghe di quell’amore malato si nascondesse una punta di purezza, e che la gemella non fosse perduta per sempre nel vortice dell’inganno e delle disillusioni.
Il suo atteggiamento di rifiuto celava in realtà la sua angoscia nello scoprirsi così impotente di fronte a tutta quella vicenda.
D’altra parte, Rein trascorreva le giornate a rimuginare su ciò che era successo, a domandarsi il perché Shade non fosse ancora venuto da lei, e alle risposte da dare ai poliziotti in seguito alle loro incessanti domande sull’accaduto.
Era stremata. Non c’era giorno che non mancassero di giungere in casa loro domandando se potevano rubarle qualche minuto per l’indagine circa il tentato omicidio.
Ormai non sapeva più cosa rispondere, come tergiversare in attesa di avere una visione dei fatti più chiara che certamente avrebbe potuto fornirle Shade se solo fosse venuto per raccontarle ogni cosa. Era opportuno rivelare che oltre ad Eclipse c’erano anche altre persone? Se le avessero domandato quante di preciso, non avrebbe saputo rispondere. Era successo tutto così in fretta: la corsa, le grida della notte, il boato dello sparo, il padre a terra privo di sensi…
Sicuramente c’era un secondo individuo oltre che a Eclipse, lo aveva visto scappare dalla finestra mentre Shade si era lanciato al suo inseguimento, ma chi poteva assicurarle che non ce ne fossero altri?
Chi aveva sparato? Neanche a questo sapeva rispondere con certezza. Sophie? Auler Windsworth? Un complice?
Non poteva affermare con sicurezza che non fosse stato Shade a sparare, perché non aveva visto chi aveva azionato la pistola, ma il suo intuito le suggeriva che lui era innocente, e non perché né era innamorata, ma perché in cuor suo se lo sentiva.
Era una sensazione calda, rassicurante, confortante, come quando si era sentita dire “ti amo” e non aveva dubitato neanche per un istante della verità di quelle parole.
- Signorina Sunrise, è consapevole del fatto che la sua testimonianza può gettare una base concreta e sicura per portare avanti l’indagine?- si sentiva sempre domandare.
Ma nonostante questo, non si lasciava sfuggire più del dovuto. Non prima di aver visto Shade.
Aveva anche tentato di dirigersi in giardino nel punto in cui era avvenuto l’incidente in cerca di un qualche indizio che la riconducesse ai Windsworth, ma non aveva trovato nulla.
L’unica certezza era che Eclipse era in casa sua quella notte, e questo bastava a renderlo colpevole. E finché Toulouse non avesse ripreso coscienza, nella speranza di fornire qualche dettaglio più preciso, tutto si riconduceva ad un punto morto.
E Shade ancora non si palesava.
Fino al termine del terzio giorno, quando il sole era ormai tramontato e il cielo si era incupito, e una figura nera e familiare solcò le vetrate della finestra della sua camera, rivelandosi a lei ormai a volto scoperto.
- Shade!- esclamò Rein quando lo vide, gettandosi tra le sue braccia con un nodo alla gola e gli occhi che pungevano. Mai il contatto umano le sembrò così caldo e confortante come in quel momento.
- Perdonami – fu la prima cosa che le disse lui, scostandosi dal suo abbraccio quasi sentisse di non meritarlo – Non immaginavo potesse finire così. Non doveva finire così – mormorò con voce cupa, divorato dal senso di colpa.
- Che fine hai fatto?- gli domandò, osservandolo dirigersi a testa bassa verso le sponde del letto – Mi sono sentita persa in questi giorni – gli confessò mentre tentava con tutta se stessa di ricacciare indietro le lacrime che le pungevano insistentemente gli occhi.
- Mi sono preso del tempo per riflettere, e per cercare indizi che potessero ricondurre ai Windsworth, ma le mie ricerche sono state vane – rispose, gli occhi bassi incapace di guardarla – Non oso immaginare cosa sarebbe potuto accadere in circostanze meno fortuite –
Rein gli si avvicinò, cercando un contatto visivo.
- È colpa mia, Rein… non avrei mai dovuto coinvolgerti in tutta questa storia. Il mio istinto mi aveva suggerito di lasciar perdere, ma non ho voluto dargli retta. E ancora una volta, il mio orgoglio ha preso il sopravvento. Se solo non ti avessi donato quel gioiello…-
- Il passato non si può cambiare, si può soltanto cercare di migliorare il presente – lo interruppe la giovane, prendendogli il viso tra le mani – Se tu non fossi stato presente quella sera, probabilmente mio padre avrebbe comunque rischiato la vita. Tutti avremmo rischiato. Tu ci hai difesi come hai potuto, hai fatto del tuo meglio. È inutile rimuginare sul passato, quello che è stato è stato, con tutte le sue conseguenze. Non oso neanche pensare cosa saremmo adesso se non ci fossi stato tu a proteggerci…-
Shade la guardò per la prima volta negli occhi, riscoprendoli tersi di lacrime.
- Ho avuto paura. Tanta. Paura di perderti, paura di perdere mio padre, la mia famiglia. Neanche immagini quanto questi giorni siano stati infernali per me. Ho perfino discusso con Fine, credo che non sarà più in grado di guardarmi con gli occhi di prima, e questo mi uccide. Mi uccide vedere mia madre devastata dall’angoscia e dal dolore, mi uccide convivere con il terrore di svegliarmi domattina e scoprire che mio padre non ce l’ha fatta a superare la notte, mi uccide sapere che al mondo può esistere una simile cattiveria. Ogni giorno la polizia irrompe in casa nostra domandandomi cosa so riguardo all’incidente, ed ogni volta mi ritrovo incapace di rispondere. Non so più qual è a verità, Shade, ancora una volta mi ritrovo estremamente piccola di fronte alla vastità del mondo. Non so dire con certezza cosa sia accaduto quella notte, ma so per certo che tu hai fatto tutto il possibile. Questo mi basta. Mi basta a convivere con questa terribile sensazione di terrore che mi attanaglia lo stomaco e appesantisce le membra, mi basta ad affrontare gli incubi che mi assalgono la notte tenendomi sveglia ad aspettare l’alba, mi basta a convivere con il mio senso di colpa. Perché una fetta di responsabilità è anche mia, ne sono consapevole. Ma tu sei qui, adesso, e affronteremo insieme quello che verrà, con tutti i rischi che implica –
- Dovrei essere io a confortare te in una situazione simile, e invece non sono in grado di fare neanche questo – le rispose il giovane, sentendosi ancora più responsabile di quanto non fosse già – Neanche posso immaginare cosa hai passato in questi giorni di inferno. Del resto, anche per me le cose non sono state altrettanto facili –
- Ti hanno ferito? – gli domandò, nel tono della voce una premurosa agitazione che gli pugnalò il cuore – Niente di grave – tagliò corto con un’alzata di spalle – niente in confronto a quello che tuo padre sta passando ora… - e strinse i pugni talmente forte, conficcando le unghie nella carne, da farseli quasi sanguinare.
Rein accolse le mani nelle sue, sciogliendo la tensione che albergava in esse.
- Fine sa di noi due – gli confessò cupamente, cercando conforto nei suoi occhi - Non sono riuscita a tenerle nascosta la mia angoscia. Ti crede un assassino, un delinquente senza scrupoli, e biasima la mia ingenuità. Mi detesta. Non abbiamo più un rapporto, nemmeno ho il coraggio di guardarla in viso senza sentirmi terribilmente in colpa per quello che è successo – singhiozzò, liberandosi di quel peso che le opprimeva il petto.
- Tu non hai nessuna colpa, Rein. Non caricarti di responsabilità troppo grandi da gestire. Non sei stata tu a causare tutto questo – le disse Shade di rimando, stringendo le mani nelle sue e penetrandola con lo sguardo.
- Io vorrei soltanto che tutto questo si potesse riavvolgere, come se non fosse mai accaduto. Vorrei riabbracciare mio padre, sentirgli dire che tutto andrà per il meglio. Vorrei vederlo sorridere e alzare gli occhi al cielo di fronte al comportamento buffo e spesso inopportuno di mia madre, consapevole e ormai rassegnato a dover rimediare ai suoi disastri. Vorrei sorridere anche io, osservandoli bisticciare amorevolmente tra loro. Vorrei poter guardare negli occhi mia sorella, e ritrovare quella complicità che da sempre ci ha tenute unite. Ora come ora, il silenzio di questa casa mi assorda, gli occhi muti di Fine mi annientano, le lacrime di mia madre mi spezzano il cuore. E non posso fare a meno di pensare che tutto ciò che ho perso, è stata colpa mia – asserì, affondando il volto nel petto del giovane, inondandogli la camicia di lacrime.
- Ti sei pentita di essere giunta con me fino a questo punto? – le chiese lui cupamente, ma con la rassegnata consapevolezza di chi è pronto ad accogliere una risposta più che negativa.
Rein alzò lo sguardo nel suo, allacciando le sue iridi a quelle di Shade.
- Mi pento di non essere stata in grado di gestire la situazione come avrei dovuto – rispose con voce tremula, asciugandosi le ultime lacrime.
Shade abbassò lo sguardo cupo, divorato dal risentimento e dal rimpianto.
- Che cosa ti ho fatto – mormorò senza avere il coraggio di guardarla – ti ho completamente distrutto l’esistenza. E mi permetto di credere di amarti…- rise amaramente, accennando a voltarle le spalle.
Rein lo sfiorò con la punta delle dita, quasi a pregarlo discretamente di riagganciare lo sguardo al suo.
- Io ti amo – gli sussurrò commossa, quando le loro iridi tornarono a fondersi insieme, e il volto di lui si sciolse sotto il peso di quella confessione, accogliendo quelle parole come fossero gocce di pioggia, ed il suo cuore terra arida e morente reduce da una siccità durata troppo a lungo.
Gli parve di essere tornato ad assaporare l’ossigeno dopo aver passato una vita intera in apnea.
- Nonostante tutto, sei disposta a compromettere il rapporto con la tua famiglia e tua sorella Fine, pur di difendere la mia innocenza? - le domandò con un filo di voce, sentendosi il cuore tremargli in petto.
Rein annuì sincera.
- Come puoi credermi, dopo tutto quello che ti ho fatto? Le menzogne, gli inganni, il male che ho procurato alla tua famiglia… come puoi non odiarmi, dopo tutto questo?-
- Mi basta sapere che sei qui stanotte, per essere certa di ciò che dici. Stai rischiando la vita in questo momento, e credo tu ne sia consapevole. Perché mai saresti tornato, altrimenti?-
- Non potevo lasciarti sola nell’oblio di un male sconosciuto, dopo tutto questo tempo – le confessò – mai mi perdonerò per averti coinvolta, per averti amata così intensamente da esporti al pericolo. Questo è il mio rimorso, e la mia condanna più grande. Non ho saputo proteggerti nemmeno da me stesso. Merito davvero il tuo perdono? La tua comprensione? Se servisse, mi autodenuncerei seduta stante, impedendo alla tua famiglia di soffrire ancora per un’ingiustizia impunita. Ma non posso permettere che Auler e Sophie circolino ancora a piede libero. Vanno fermati. La sera dell’incidente mi hanno accerchiato e privato di qualsiasi difesa. Ero sotto tiro. Se avessi fatto anche solo un passo falso, ci avrebbero uccisi tutti, nessuno escluso. Ho tentato come ho potuto di tenere tuo padre lontano dal pericolo, ma non ci sono riuscito. E quando Sophie ha azionato il grilletto, era ormai troppo tardi per fermare il colpo – si fermò un istante, ansimando per l’angoscia di rivivere quel momento – Era me che dovevano colpire, Rein. Io ero nella traiettoria del proiettile, a quest’ora morente su un letto dovrei esserci io e non un innocente padre di famiglia! Se solo avessi potuto intuire la traiettoria della pallottola, se solo fossi rimasto immobile ad incassare quel colpo a quest’ora nessuna di voi si ritroverebbe a passare le notti a vegliare sulla vita di un uomo, divorate dall’angoscia. Mai mi perdonerò per quello che ti ho fatto, né riuscirò mai a convivere con questa consapevolezza –
La guardò negli occhi, con una serietà che faceva quasi spavento: - Per questo sono tornato stanotte: per accertarmi che tu stia bene, e per assolverti dall’incarico di custodire il gioiello. Mi riprenderò ciò che è mio, e affronterò Sophie a volto scoperto una volta per tutte. Mai più mi permetterò di coinvolgerti in questa losca vicenda. Non posso pretendere il tuo amore in cambio di un rischio così grande –
- Shade, non starai parlando sul serio. Credi davvero che dopo tutto questo io ti permetta di abbandonarmi così? – lo interruppe la turchina, balzando in piedi di fronte a lui – Non ti ho aspettato invano intere notti per sentirmi dire che la vicenda del gioiello non è più affar mio. Mio padre ha rischiato la vita per fermare dei delinquenti senza scrupolo con la sua buona volontà, e il suo tentativo non resterà vano. Ho intenzione di ottenere la giustizia che cerco ad ogni costo, dovessi mettere a repentaglio la mia stessa vita. E non ho passato questi mesi a custodire l’Occhio della Notte per poi farmelo portare via a tuo piacimento, quando ritieni che il mio contributo non ti sia più utile. Che tu lo voglia o no in questa vicenda ci siamo dentro fino al collo entrambi, e ne usciremo insieme. E se non vuoi farlo per me, fallo almeno in nome della bontà di un uomo onesto come mio padre –
Rein terminò il suo discorso con il fiatone, la bocca secca e le gote roventi.
Mai aveva mostrato una simile determinazione fino ad allora, e il fatto stupì anche Shade, che rimase immobile ad ascoltarla, incassando in silenzio ogni parola che gli pioveva addosso con la violenza di uno schiaffo in pieno viso.
- Sia, allora – mormorò dopo un breve minuto di riflessione, analizzando a fondo le intenzioni della turchina e alzandosi dal letto, di fronte a lei – collaboreremo insieme per risalire a qualche indizio che possa ricondurci alla colpevolezza dei Windsworth. Chiederò a Bright di partecipare: in situazioni come queste è essenziale disporre di tutto l’aiuto possibile. Quanto al tuo ruolo nella vicenda voglio mettere subito in chiaro una cosa: qualora la situazione dovesse farsi pericolosa, non importa quanto, automaticamente sarai esonerata da qualsiasi tipo di responsabilità, il che significa che anche a costo di mettermi contro di te, ti impedirò in qualsiasi modo di metterti in mezzo. Sono stato chiaro?-
- D’accordo – rispose Rein, dopo un breve istante di silenzio nel quale si guardarono intensamente negli occhi – Come posso fare con Fine? – domandò poi allarmata.
- Di quanti dettagli è a conoscenza sul nostro conto? –
- Abbastanza da spingerla a fornire una testimonianza a tuo sfavore alla polizia. Al punto in cui siamo arrivate, non so più cosa aspettarmi da lei – affermò sincera.
- Arriverà il momento in cui potrai rivelarle ogni cosa, ma non adesso. È troppo sfiduciata nei tuoi confronti per poter credere alle tue parole. Qualsiasi cosa tenterai di dirle per giustificarmi le interpreterà come un patetico tentativo di scagionarmi dalle accuse. Una cieca prova d’amore completamente priva di fondamento – asserì Shade asciutto – Non dirle niente per ora, assicurati soltanto che non si lasci sfuggire nulla di bocca finché non veniamo a capo della situazione. A quel punto troverò il modo di renderla partecipe di ogni cosa, senza che lei abbia più motivo di dubitare delle tue parole –
- D’accordo – mormorò ancora una volta Rein, abbandonandosi ad un lungo sospiro carico di tensione.
- Non rischierò di perderti. Già troppe volte ho commesso questo errore – le sussurrò Shade, carezzandole il volto con la punta delle dita.
- Non mi perderai – mormorò, a un soffio dalle sue labbra, lacrime capricciose a rigarle il volto di una commozione incontenibile – Abbi fiducia in quello che siamo –


Angolo Autrice:

Finalmente aggiorno di nuovo! 
Dall'ultimo capitolo vi sento preoccupate, so di avervi scovolto di fronte a questo colpo di scena, avevo paura mi prendeste a male parole. So che mi odiate, perchè sembrava tutto (o quasi) risolto, e invece ho voluto metterci un altro imbroglio. Se l'ho fatto, però, è perchè rientrava nei miei piani, e spero non vi abbia deluso.
Come potete vedere Toulouse è ancora vivo, anche se gravemente ferito ed in pericolo di vita. Diciamo che i soccorsi sono arrivati appena in tempo. Ora però resta da smascherare il colpevole, come vedete la situazione tra Fine e Rein non è delle migliori.
Cosa succederà ora? Quali saranno gli sviluppi futuri?
Grazie infinite per il vostro entusiasmo, le vostre recensioni, le vostre lacrime e le vostre emozioni. Spero di trasmettervi almeno metà di quello che voi trastemmete a me con le vostre recensioni.
Grazie a chi mette la storia tra i preferiti (tanti), a chi segue la storia (davvero tanti!) e a chi semplicemente legge soltanto. Grazie a chiunque prenda in considerazione questo scritto.
Spero di continuare ad emozionarvi fino alla fine.
Intanto vi do appuntamento al prossimo capitolo.
Baci

_BlueLady_

 
  
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