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Autore: ryuji01    07/03/2017    0 recensioni
Tutti sanno dell'avventura fantastica dell'eroe di SAO, Kirito, e della sua donzella, Asuna. Però nessuno è a conoscenza che il più rovinoso videogioco della storia dell'umanità ha avuto un bug.
Un bug di gioco come tanti altri, ma in quel caso una così grande luce di speranza. E così forse qualcuno saprà anche dei 5 amici che hanno lottato per questa causa, ed il perché di quello che è succcesso.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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UNA PORTA DI SPERANZE; MANDAR GIÙ
 
Al mio risveglio parlammo; in verità non tanto. Non avevamo niente da dirci.
 
Passato qualche giorno che rimanevo seduto sul loro letto, e che i due ragazzi mi portavano da mangiare in camera, mi accorsi, spiando svogliatamente nel mio menu, d’avere un inventario che non avevo mai visto prima. Ero un po’ stranito, dato che avevo solo altri due inventari e che ero già intontito di mio, ma, una volta letto come era nominato, mi ricordai; quello era stato il nostro primo inventario in comune, tra me e Masao.
Forse era stato per abitudine nel vederlo, o forse perché non mi serviva più, che lo avevo dimenticato.
Quando lo aprii, dentro era depositato un solo item, che conoscevo bene: era il ciondolo di Wingroot.
 
Andai fuori casa, passando per la cucina, dove Akane e Ryu rimasero attoniti nel vedermi. Saltai oltre il parapetto della veranda, atterrando sul piato di fronte; resi oggetto dei funghi e subito dopo il pendente del drago, che lasciai cadere a terra.
Le radici iniziarono a ingrandirsi ed a contorcersi fino a quando non comparve; il suo corpo mi sembrava più sproporzionato di quando l’avevo visto per l’ultima volta evocato da Masao.
Gli occhi del drago mi scorrevano freddi e duri, senza sentimento. Ma non mi faceva paura, conoscevo la tattica ed ero anche decisamente più potente di quella prima volta; avanzavo sicuro a passi svelti curo, dovevo ricongiungermi con quella creatura, perché questa non se l’era scordato, ma noi eravamo amici.
Ma che cazzo dico?
Vistomi, il dragone cominciò ad  agitare le sue enormi radici con cui tentava di spazzarmi via, ed io le evitai tutte, senza  usare nemmeno la spada per deviarla. Schivavo semplicemente, non volevo fargli del male.
Ma che cazzo dico?
In quel momento eravamo ormai faccia a faccia, così gli tesi le braccia con le mani piene di funghi; erano diversi da quelli della prima volta, erano grandi e gialli. Wingroot allungò il collo, portando il suo muso vicino alle mie mani, per annusarne il contenuto; si ritrasse un poco, poi subito ci si riavvicinò, divorando i funghi. Lo abbracciai, e il drago me lo lasciò fare, non seppi più cosa provare.
Perché!?
 
 
Da quella giornata era trascorso parecchio tempo. Tuttavia la ricerca dell’ultimo cilindro era in una fase di stallo. Avevamo una pista, e il significato della filastrocca saltava all’occhio, ma questa volta la ricerca era concretamente difficile.
 
Se contate i giorni passati
lo troverete al piano corrente
è dal primo che sono partiti
e vi ricominceranno dopo il cento
Finita la missione ritornate
laddove è iniziata l’ingiusta penitenza
ed alla caverna del drago sfogate
impugnando armi la vostra sofferenza.
 
 
Ryu con carta e penna aveva fatto il conto più e più volte. Se ci trovavamo su SAO dal 6 novembre di due anni prima, e considerando che il 2024 era stato un anno bisestile, allora erano passati 477 giorni da quando eravamo arrivati lì, perciò il piano dove si trovava l’ultimo cilindro quell’esatto giorno era il settantasettesimo, ovviamente mai raggiunto da nessuno.
Così dovemmo aspettare un intero mese, ed adesso era ormai quasi finito quell’agosto passato da schifo, mesti, preoccupati, impotenti.
 
Arrivato il giorno, al primo piano, non trovammo alcun cambiamento, e così fu per quelli a seguire ed a seguire ancora. Così una volta al decimo piano decidemmo di cercarlo separati, in modo da poter coprire un’area più vasta.
 
 
Oramai era ottobre, il 22 ottobre, il giorno dell’equinozio di autunno, e noi non eravamo ancora riusciti a trovare il cilindro.
Tutta la giornata da mezzanotte a quel pomeriggio avevo vagato senza metà, ma con un obbiettivo per tutto il sud del tranquillo trentesimo piano.
Il sole che scendeva era come un boccone troppo grosso da digerire, ma da dover mandare giù. Se fosse arrivato anche il 74 giorno da quando avevamo iniziato la ricerca, avremmo dovuto nuovamente aspettare, impotenti, che passasse un altro mese.
 
Seduto alla veranda di una locanda, mentre bevevo uno strano liquido dal sapore molto pungente, guardavo quel sole andarsene piano ed inesorabilmente.
– Se ha finito, signore. Tra poco chiudiamo –
Mi disse un ragazzino facendomi intendere che dovevo andarmene. Era vestito da cameriere, ma il fatto che ci fosse un bambino dentro tale divisa, mi faceva strano.
Non che non sembrasse affidabile, o che bambini così piccoli non debbano guadagnarsi da vivere senza dipendere da altri, ma i bambini su SAO si trovavano solitamente ai piani più bassi.
– Qualche problema, signore? – Ancora il bambino.
– No, no. Quant’è il conto? –
– Il tutto fa 40 –
cosa?! Per un solo un bicchiere!?  A pensarci i prezzi erano alquanto alti anche a “Le cinque spezie”, ma non ero mai stato da quel lato della cassa…
Premetti il pulsante sulla schermata di pagamento e mi alzai arreso alla sconfitta; mentre stavo scendendo gli scalini della veranda, però, sentoii una voce dire qualcosa di molto interessante. Era una cameriera la persona di cui avevo sentito la voce dire di una porta comparsa quel giorno tra le viuzze della città.
Mi precipita da lei.
– Mi scusi. Potrebbe dirmi, dov’è comparsa esattamente la porta? – Qualcosa mi aveva pervaso l’animo.
– Beh… ecco… –
Solo a quelle parole mi accorsi di essere stato, oltre che scortese, un poco improvviso e di aver origliato, e tanto per non bastare il mio tono di voce eccitato di sicuro non aveva aiutato. Allora mi affrettai a chiedere scusa, ma non feci comunque in tempo.
 
– Qualche problema, signore? –
Era il bimbo di prima, che mi guardava con la più rispettosa minacciosità di cui fosse capace, era fermo a piedi uniti, ed, anche se per quella posizione sarebbe potuto apparire instabile, aveva una specie di aura tanto forte da fare quasi indietreggiare me, come se fossi colpevole. Ma poi ricordai le mie buone intenzioni.
Mi schiarii la voce.
– Stavo chiedendo se una di loro avrebbe potuto indicarmi qual è il punto esatto dove è comparsa la porta di cui stavano parlando. Comunque sia, scusate la mia sgarbatezza, ma devo insistere –
Il bambino sospirò.
– Aspetta un attimo e ti ci porto io –
– Grazie –
 
Finito di togliersi la divisa da cameriere, il bambino mi raggiunse fuori dalla locanda ed subito s’incammino, senza dire alcuna parola o farmi cenno di seguirlo.
Gli stetti dietro per un po’, stando in silenzio, ma poco dopo non riuscii a trattenermi oltre e gli domandai.
– Qual è il tuo nome? –
Non ci fu risposta.
– Quale è, dai?! –
Ancora niente.
Allora iniziai a assillare quel taciturno ragazzetto, trattandolo da bambino, girandogli attorno e accarezzandogli il capo. Per quanto fosse un metodo stupido, in qualche modo, funzionò. Infatti quando si girò verso di me e notò che stavo ridendo soddisfatto, mi rispose.
 
 – Mi chiamo Anvir –
– Bene, io sono Kaii –
 
Dopo che fummo andati a zonzo per un po’ nelle strette viuzze laterali della cittadina, il ragazzo mi indicò una porta ed avvicinatomi ad essa potei notare con gioia che la toppa della serratura era una cavità circolare.
– Grazie per avermi portato qui, Anvir – Lo ringraziai, una volta fermatici di fronte alla porta.
– Di niente – Risponde lui.

– Te ne potresti andare? –
– Chiedi ad uno di accompagnarti ad un posto, di cui ai sentito parlare solo origliando e poi pretendi che la persona che ti ci accompagni non si incuriosisca? –
– Io… ecco… vedi… – Sospirai.
È inutile provare a tenere nascosti i fatti. Ma non devo coinvolgerlo nell’affare del bug.
 
– E va bene, seguimi… – M’arresi, mentre avvisavo gli altri di tutta la faccenda con un messaggio.
–  Cosa stai facendo? – Chiese Anvir vedendomi scrivere.
– Sto avvertendo i miei compagni; non sono un solo player, io –
 
Dopo che furono arrivati tutti, chi prima chi dopo, col piccolo cilindro dai riflessi scuri aprii la porta, la quale si spalancò verso l’interno velocissima, ma muta, lasciandomi lì su due piedi in una posizione strana.
– Andiamo –
 
– La quest è iniziata al quinto piano, nel bosco muschioso; questa è la quinta tappa, probabilmente l’ultima, se ci aiuti ti daremo un quinto esatto della ricompensa finale, ci stai? –
– Sì, sì, mi va bene…. Piuttosto, abbiamo una pista da seguire –
– Beh, se lo schema è simile a quello degli ultimi obbiettivi – Inizia Ryu – Puoi star certo che ci aspetta una camminata di una decina e passa di minuti. Dopodiché un indovinello, e un boss di fine quest da sconfiggere, e poi è fatta; potremo andarcene in pace –
Anvir lo guardò perplesso, e solo in quel momento mi accorsi di quello che Ryu aveva appena detto, ed allora intervenni, cercando di salvare la situazione.
– Intende da qui! Ognuno per le proprie strade… –
Una volta che il ragazzino volse da un’altra parte lo sguardo, disinteressato, diedi un’occhiataccia a Ryu, che con gli occhi chiedeva ironicamente pietà.
 
Passati quei famigerati dieci minuti, che si rivelarono una mezz’ora, e camminata tutta la lunghezza di quel corridoio che alle volte, allargandosi in una piccola grotta, dava la falsa speranza stesse finendo, ci ritrovammo in un’enorme stanza perfettamente cubica ed illuminata a giorno. Le sue pareti erano color onice, accecanti, e quasi non si riuscivano a vedere gli spigoli della figura.
I miei occhi faticavano ad abituarsi a quel livello di luminosità, ed avevano iniziato a lacrimare, e lo stesso valeva per gli altri ragazzi eccetto che per Anvir, il quale subito additò un punto sul soffitto, domandando.
– Cos’è quello? –
Puntammo tutti i nostri sguardi verso l’alto, e man mano, abituatici alla luce, cercammo il punto che il bambino aveva indicato sul soffitto, e proprio al centro di quello vedemmo un piccolissimo cilindro d’un metallo diafano.
– È l’ultimo cilindro – Dissi, mettendogli la mia sinistra sulla testa del ragazzino e premendola un poco, per congratularmi. Qualcosa sgorgava dal mio cuore, era un sensore caldo, che mi infuocava la schiena quasi facendomi male; ero felice. Troppo felice…
 
– Ma come facciamo a raggiungerlo?! – Chiede giustamente Akane.
– Non si potrebbe colpire – Propose Anvir.
– No, per toglierlo e da far girare come fosse una chiave nella toppa di una serratura – Gli spiegò Ryu.
– Ah –
Seppur quel vocio di sottofondo, sentivo che qualcosa mancava, delle voci. Non era la prima volta che, durante quella ricerca, lo notavo, ma tre era un numero troppo inconsistente per una gilda, per un gruppo.
 
Masao…
 
A quel lontano pensiero mi persi, e subito dopo mi ritrovai; m’era venuta un’idea.
Così, come ero abituato a fare in quei casi, non ascoltai parola altrui e feci di testa mia. Mi tolsi dal collo il ciondolo di Wingroot; il laccio a cui l’avevo legato con Masao, smuovendomi un poco i capelli della nuca, mi fece rabbrividire.
Lo lasciai cadere a terra e con la solita transizione virtuale e meccanica, il drago si configurò davanti ai miei occhi. Io lo abbraccia per qualche secondo, poi gli indicai il punto sul soffitto dove si trovava il cilindretto.
– Portami lì – Gli sussurrai, e mentre incominciava a distendere le lunghe radici delle sue ali per farmi giungere dove gli avevo chiesto, gli inforcai il collo. Gli accarezzai il muso qualche volta, come se avesse un qualche senso.
Da vicino il cilindro era persino più trasparente che visto dal pavimento. Allungai la mia mano a quel frammento vitreo che ai miei occhi pareva un simulacro sacro, ma non esitai; toccata appena, la sua superficie brillò lasciandomi accecato per un momento. Sembrava quasi non volessi girarlo, dalla debolezza della mia stretta, e dalla lentezza con cui stavo ruotando il polso; era come se il mio corpo avesse saputo che, una volta fatto, sarebbe successo qualcosa di triste, come se nel profondo avessi già capito di avere ancora qualcosa da perdere.
 
Le radici di Wingroot si accorciarono, mentre io tenevo in alto, vincente, l’ultimo cilindro, ma le espressioni che vidi sulle facce degli altri erano diverse da quelle che m’aspettavo.
– Cos’è successo, Kaii?! – Si gettò Akane verso di me, ed a seguirla gli altri.
Sul momento non capii, ma comunque qualcosa mi fece cedere le gambe e cadere in ginocchio.
– Kaii! –
Solo allora compresi, quando m’accorsi che la mia vista s’era fatta sfocata, e che le guance mi pizzicavano.
Felicità? Tristezza? Entrambe forse?
Eravamo liberi, finalmente sarebbe tutto finito, avrei rincontrato Jō; però una parte del mio cuore, celata da tempo immemore perché troppo stolta da sembrare umana, era riemersa con tutta la sua imponenza, schiacciandomi a terra.
La verità è che non voglio andarmene, perché, seppure io sappia che lui vorrebbe che ce ne andassimo via da questo luogo funesto, per me sarebbe come tradirlo; mi sembrerebbe di lasciare che scompaia ulteriormente, ciò che apparteneva a lui, i momenti condivisi, ogni posto visitato: scomparirebbe tutto, tutto quello che abbiamo vissuto e tutto quello che non avremmo voluto vivere.
– Masao…  – Mi dovetti costringere a sputare fuori in qualche modo, per lasciar iniziare il pianto.
 
 
– Scusate, ma il boss… ? – Ci riportò Anvir alla realtà.
– Guardate quassù… – Disse qualcuno che era me, ma non ero stato io a parlare.
 
– Ciaaaaao! – Prolungò il saluto, beffarda, quell’ombra che stava scendendo dall’alto. Io la conoscevo, e lei conosceva me.
Atterrò lentamente la figura, senza far rumore alcuno.
Era alta quanto me, e portava una maglia e un’armatura come la mia, e il mio stesso cinturone che teneva su un paio di larghi pantaloni di tessuto beige uguali ai miei, e con appeso la mia stessa bipenne. Aveva gli occhi marroni e i capelli rossicci.
Mi venne da ridere.
Mi ero quasi dimenticato di averli di quel colore.
 
Lo sguardo pieno di sarcasmo del ragazzo si soffermò un attimo su Anvir e poi riprese a guardarci tutti.
– Mi riconoscete? –
Nessuno rispose, non c’era bisogno di risposta.
– Porta lontano Anvir, Kaii!! Qui ci pensiamo noi! –
 
Iniziai a correre senza pensarci tanto, era come se ci fossi abituato, oppure il mio corpo recepiva ancora tutte le informazioni esterne; comunque fosse la mia mente era assente dalla scena, distratta.
Oramai ero solo triste, e preoccupato, ed un dolore lancinante mi spaccava il petto trasversalmente; correvo ed il mio cuore si faceva sempre più pesante ed i ricordi erano dolorosi.
 
Mi fermai, stavo soffocando; avevo il fiato così corto che, tempo d’espirare neanche una minima parte dell’aria inspirata, dovevo inspirarne di nuova. Mi salì un conato di vomito e caddi a terra; non ce la facevo più, ero spossato, avevo tremende fitte di dolore agli stinchi, e qualcosa sembrava volesse farmi contemporaneamente esplodere ed implodere il costato.
Per non pensare a nessuna delle mie sofferenza, chiesi al bambino lì con me la sua opinione su quello che era accaduto qualche attimo prima.
– Come pensi sia possibile? Quello che è appena successo intendo – Non ero molto bravo a nascondere il dolore fisico.
– Beh… è successo qualcosa di strano quando stavi prendendo il cilindro? –
Ci pensai un attimo, e poi mi sovvenne tra gli spasimi di dolore.
– Sì, è brillato, non era mai successo con gli altri cilindri –
– Forse allora in quel momento i dati del tuo menù sono stati trascritti nel sistema, che poi ha creato una copia fisionomica del tuo avatar, dove li ha caricati. Non penso sia stato così difficile, alla fin fine noi in questo videogioco siamo fatti di dati –
– In quel caso allora dovrebbe possedere anche gli item che ho nell’inventario –
– Proprio così. Ma piuttosto io mi chiedo se ti abbia copiato anche ricordi, e pensieri –
 – Ma è ridicolo! Siamo dei dati, d’accordo, ma non lo sarà diventato anche tutto ciò che ci passava per la testa? –
– Beh effettivamente no, però è possibile che possa avere salvate nella sua “mente” ciò che recepiva il tuo campo visivo, come fosse una registrazione –
Stetti zitto a riflettere, e poi risi un poco, sconsolato.
 
– Chissà che sensazioni potrà mai provare un ammasso di dati, vedendo ciò che ho visto io –
 
Alzai il capo, desideroso, ma non pretenzioso di una risposta, ma l’unica cosa che potei vedere furono gli occhi di Anvir. Il suo volto era inespressivo, ma non serviva un’espressione deformante con degli occhi così distorti ed impuri, dentro ai quali si mischiavano emozioni discordanti e inconcepibili
Sorpresa? Offesa? Dolore?
 
– Cos’hai Anvir? – Interruppi quel flusso di sentimenti, curioso e caritatevole.
– Non è niente, è solo che… –
Solo che cosa? –
– Hai mai combattuto con i tuoi compagni? –
– Sì, ci ho fatto diversi duelli per allenarmi. Perché? –
– Stavo riflettendo, se ha le registrazioni anche di questi combattimenti, conoscerà tutte le loro skill e i loro modi di combattere –
– Ma questo vorrebbe dire che… ?! –
 
– Eeeeee già! –
 
Sentenziò una voce dall’oscurità del corridoio…
 
– Come va? – Ci chiese quello con un sorriso sardonico.
– Cos’hai fatto a Ryu ed ad Akane!? –
– A quei due là dici. Penso tu lo sappia bene – Un sapore aspro ed amaro mi pervase la bocca.
 
Mi alzai da terra, piano, non avevo più forze; ero stato completamente svuotato con grezza violenza.
Ma comunque fosse dovevo provare a fare qualcosa contro quel mio sosia virtuale, e così raccolsi tutta la forza rimanente in me ed alzai l’ascia sopra il capo; quello però mi si avvicino con dei passi, basso, e mi colpi lacerandomi l’addome con la lama della sua bipenne, e facendo indietreggiare traballante.
Avanzai, ancora più stanco, e provai di nuovo ad attaccare, cercando di non scoprirmi troppo, ma fu inutile. Non aveva memorizzate nel suo cervello solo ciò che avevo visto, ma probabilmente persino come mi muovevo.
Ha le mie stesse statistiche, sa tutto su di me e su come combatto, ed ha pure i miei stessi item.
Un altro mio vano attacco andò a vuoto, ed il contrattacco della mia copia mi spinse lontano.
Trovato!
Facendo in modo di non farglielo notare, mi infilzai la schiena con un picchetto recuperato in una delle tasche dei miei pantaloni, menomale che l’avevo riempita solo di quelli così non dovetti selezionare l’item da tirar fuori.
Adesso la mia barra vita era abbastanza bassa per lo stremo che volevo mostrare. Lentamente mi stavo alzando, dolorante, quando lui mi ributtò a terra calciandomi per la faccia.
Da terra alzai dello stretto necessario gli occhi, per guardare Anvir paralizzato dalla paura; mi dispiaceva dovesse assistere a quella scena.
Quell’umanoide con le mie sembianze prendeva a calci quel mio stolto essere, che si contorceva e si stringeva sempre più nelle sue strette membra. Tuttavia non scappavo dai calci, seppure fossero dolorosi, dovevo resistere, ma come potevo fare ora.
 
– Fermo!! – Gridò Anvir da lontano, quel suo strillo sembrava quasi arrabbiato, al contrario di quello che il suo corpo voleva mostrare.
La figura che si innalzava si di me continuava a calpestarmi e a prendermi in giro per la mia debolezza, la mia barra della vita era pericolosamente vuota.
– Fermo, t’ho detto! – Questa volta quel bambino, che conoscevo da una mezza giornata, si era lanciato all’attacco di quel falso me con una spada, portando questo a dover distogliere l’attenzione da me per schivare e parare i colpi.
 
Perfetto!
 
Con la mano che mi si muoveva di più afferrai il ciondolo di Wingroot e me lo misi in bocca. Non lo ingoiai subito, restio; mandato giù  non ci sarebbero più state prove tangibili della vita di Masao su SAO, a parte un nome scolpito in una roccia. Tuttavia dovetti inghiottire, e mandare giù il groppo che avevo alla gola ed indietro le lacrime agli occhi. La mia barra vita si riempì fino a metà.
 
Masao, questa tu la consideravi vita?
 
Silenzioso e cupo mi levai da terra, il mio corpo impolverato e ferito si apprestò a fare un passo. Dall’inventario tirai fuori il dado a venti facce e lo lasciai cadere davanti ai miei piedi.
Il dado smise di roteare con la quattordicesima faccia rivolta verso l’alto.
Per quanto, qua, tu possa svanire del tutto, ogni tuo ricordo morire, qualcuno che dall’altra parte si ricorda di te c’è già. Quindi, se anche io morissi qua, ti prego, dimmi che anche tu mi perdonerai o che non mi hai mai incolpato di niente.
Attivai la mia skill per ascia più potente.
Un atro passo, un altro passo ancora. Deve essere una cosa rapida ed indolore. Quando con lui me ne sarò andato pure io da questo mondo, non avrò più problemi.
E così, instabile, separai dal corpo di quella mia copia quel suo volto ridente, con la soddisfazione mia più tremenda e raccapricciante.
 
Vomitai.
 
 

 
DIARIO VIRTUALE

Benritrovati a tutti. Spero che vi sia piaciuto il capitolo, come vedete faccio sempre dei finali molto interessanti (un tizio che vomita!!!! Evvai!!!). Basta non ho niente da dire, mancano solo due capitoli e prego di riuscirli a finire entro le vacanze. Ma vabbè…
Ci ritroviamo al prossimo capitolo!
   
 
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