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Autore: lallaharley    07/03/2017    1 recensioni
Un personaggio lasciato nell'ombra. Camille de Chagny, madre del nostro amato Raoul, è molto più di un personaggio trascurabile. Questa è la storia mai raccontata, di un tempo lontano, in una lontana Persia dove una giovane nobildonna francese conobbe l'angelo della morte e fu la prima a mostrargli un po' di umanità...
- basato sul romanzo di Susan Kay con riferimenti significativi al romanzo di Gaston Leroux.
Genere: Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/Il fantasma, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 3

Il mio incontro con lo Shah si avvicinava. Avevo trascorso una settimana molto piacevole in compagnia di Nadir e Reza. Le mie giornate erano diventate una routine: durante la mattina controllavo i miei documenti, spesso traducendoli dal francese al persiano, consumavo un semplice pasto nelle mie stanze e poi mi recavo da Reza. Avevamo trascorso interi pomeriggi immergendoci nelle fiabe francesi più e meno conosciute e piccoli avvenimenti della mia vita; molto spesso si univa a noi anche Nadir e, entrambi, mi guardavano con occhi sognanti e consideravano fantastiche le storie che raccontavo loro (anche grazie alla mia capacità oratoria, modestamente). In quella casa si respirava un'aria di freschezza e di tranquillità. Non avevo più chiesto a Reza di parlarmi di Erik (anche perché era lui a parlarmi direttamente di lui) per non rovinare, con le mie domande, il mito di questo fantomatico genio. Per Reza ero diventata una seconda madre tanto che, una sera, addormentato tra le mie braccia mormorò "mamma", stringendosi ancora di più a me. Come era prevedibile, la sera prima della mia partenza, Reza scoppiò in lacrime Darius dovette portarlo via a forza. Per quanto mi dispiacesse lasciare quella casa, sapevo che il vero motivo del mio viaggio era per parlare e stringere accordi con lo Shah. Per incontrare quest'ultimo, la seguente mi preparai al meglio, per sembrare maestosa e regale. Indossai un abito da cerimonia, con colori che richiamavano la bandiera francese, dei gioielli di diamanti e rubini, aggiungendo un velo di stampo persiano, per mostrare rispetto per le tradizioni di questo paese. Quando incontrai Nadir, pronta a partire, era ormai mezzodì.
Per arrivare al palazzo dello Shah ci mettemmo più di un'ora, passando per il bazar (il mercato) della città, gremito di gente che camminava velocemente. Come nel giorno del mio arrivo mi sentivo spaesata e confusa, tuttavia la presenza di Nadir mi rassicurava. Finalmente arrivammo davanti al palazzo reale. Se la dimora di Nadir mi era sembrata ricca, quella dello Shah era assolutamente maestosa. Circondato da cancelli d'oro, sembrava di entrare in un altro mondo, mettendo in suggestione gli estranei e delineando il doloroso confine che, in Francia si cercava di dissimulare, mentre qui in Persia si accentuava, che era quello tra nobiltà e popolo. Questo confine e secondo mondo era messo in risalto dal contrasto tra lo splendore del palazzo reale e la decadenza del resto della città. Non che in Francia questa diversità non esista, anzi, come ho detto prima, da noi si cercava (e si cerca ) di nascondere la povertà e illustrare il mondo di bellezza di palazzi come Versailles o i castelli di noi nobili.
Una volta entrati nel palazzo, Nadir mi condusse attraverso grandi saloni, fino ad arrivare in un'anticamera con due grandi entrate.
"Queste due porte si aprono una sulla sala del trono, dove si riunisce il gran consiglio, e l'altra sulla sala delle udienze, dove verrete ricevuta dallo Shah in persona tra un'ora" mi informò, dopodiché fece per andarsene, non prima di aver aggiunto:
" Camille, ascoltatemi, lo Shah è un ragazzo capriccioso e altezzoso, tuttavia non dite mai niente che possa offenderlo, ne vale la vostra vita".
Aveva detto queste parole in francese. Evidentemente anche solo sussurrare poche parole che criticavano il sovrano era considerato un alto crimine. Nadir aveva rischiato molto per avvisarmi così lo rassicurai e, dopo che se ne fu andato cominciai a guardarmi intorno. Inutile dire che dopo un quarto d'ora ero già annoiata, così decisi di entrare nella sala del trono, giusto per fare qualcosa. Vi entrai e notai subito il possente trono collocata su un'alta pedana, impreziosito da un'immensa quantità di gemme preziose, come a indicare la superiorità dell' uomo che vi si sedeva.
Improvvisamente sentii la porta sbattere da dietro di me e mi voltai di scatto: la porta si era semplicemente chiusa, tuttavia tirai un sospiro di sollievo quando mi accorsi che niente era fuori dal normale. Proprio in quel momento sentii una voce provenire da dietro di me dire:
"Non è educato girovagare in casa altrui"
Mi voltai e vidi un uomo seduto comodamente sul trono, vestito con una lunga tunica blu notte e con il volto coperto da una maschera. "Erik" pensai.
Dopo aver riflettuto sulla mia risposta dissi : " Potrei dire la stessa cosa a voi signore".
Lui mi scrutò con uno sguardo gelido e rispose con tono gelido:
"Credete che faccia caso a simili sciocchezze umane?"
La sua voce gelida mi aveva sconvolto: era una voce naturalmente molto bella e impostata con un suono dolce e piacevole all'orecchio; tuttavia il gelo che aveva provocato ne aveva oscurato la bellezza.
Tenendo a mente le parole di Nadir cercai di essere il più cortese possibile: " Credo sia opportuno presentarci, anche se per voi, come avete detto, non valgono le regole di noi comuni mortali..." cominciai a dire, ma lui mi interruppe subito con un gesto noncurante e dicendo:
" Evitiamo i convenevoli petite comtesse , io so chi siete voi, e voi sapete chi sono io".
Sinceramente ero interdetta: come faceva a sapere chi fossi? Ma questa domanda era sovrastata dalla mia curiosità per la maschera. Non riuscivo a capire il perché dovesse nascondere il suo volto. Prima che potessi rispondere lui riprese la parola dicendo con tono minaccioso: " Confido nel fatto che non mi darete noia durante la vostra permanenza, poiché mi dispiacerebbe spezzare il vostro bellissimo collo con il mio cappio".
Provai istintivamente un moto di paura e mi maledissi per questa mia debolezza: mi ero ripromessa, dopo ciò che era successo con il mio odiato patrigno, di non provare più paura e timore nei riguardi di un uomo. Erik dovette accorgersi di questa mia esitazione e aggiunse con tono estremamente e pericolosamente dolce " Ma credo che non sarà  necessario, vedo che siete una piccola creatura indifesa petite comtesse".
Ok. Adesso ero veramente infastidita; passi il fatto che conoscesse già il mio nome, passi la sua arroganza, ma non potevo tollerare questo suo pregiudizio infondato. Cercando di mantenere la calma risposi gelida:
" Non credo abbiate il diritto di esprimere questa vostra affermazione, dato che io non sto esprimendo nessun giudizio sulla vostra persona, pur avendone ascoltati molti".
Lui cominciò a ridere, umiliandomi ancora di più, " Ma ciò che avete sentito sul mio conto non sono semplici storie o giudizi ma verità. Comunque perdonatemi se questo mio commento vi è sembrato inopportuno. Tuttavia devo presupporre che sia fondato, altrimenti non ve la sareste presa così tanto". 
Detto questo mi rivolse un inchino insolente e io ebbi la faccia tosta di rispondere: " Se vi ritenete tanto gentiluomo perché non vi togliete la maschera?".
Prima che potesse rispondere, certamente adirato, sentii la voce di Nadir dire:
"Camille!  Lo Shah è pronto per ricevervi... ma cosa ci fate qui dentro?"
Mi affrettai a rispondere con tono colpevole : " Perdonatemi Nadir, ma mi annoiavo".
Lui mi sorrise, poi finalmente si accorse della presenza di Erik che lo salutò:
"Salve Daroga! Ho voluto conoscere di persona la nostra piccola francese."
Nadir lo ignorò e mi condusse fuori dalla sala, tuttavia prima di uscirne mi voltai e dissi:
" Adieu monsieur" ma notai che Erik era già sparito. Senza commentare seguii Nadir che mi condusse nella sala adiacente che notai, era molto meno maestosa della precedente. Forse gli ambasciatori di altre nazioni non avevano bisogno di essere introdotti a tanta sfarzosità. Al suo interno vidi un uomo vestito pomposamente e, notai , molto giovane. Era Sua Maestà Imperiale lo Shah di Persia al quale venni presentata ufficialmente. Discutemmo dei rapporti delicati tra Francia e Persia. Gli espressi le più sincere speranze del mio ministro per un' eventuale alleanza. Una volta finito lui mi guardò con tono insolente e disse:
" Mi stupisce il fatto che una donna possa essere stata scelta per un ruolo così importante".
Cercai di non mostrare la mia irritazione verso questo suo commento sessista e risposi educatamente:
" Sono onorata di questo mio privilegio Maestà ".
Lui mi sorrise con uno sguardo che esprimeva il suo evidente interesse fisico nei miei confronti, tuttavia disse: " Spero possiate mostrarvi più di una... come vi ha descritto Erik? Ah si... come una arrogante debole creatura che crede di sapere tutto su come gira il mondo".
Ammetto che, contrariamente a ciò che conveniva al mio carattere, dimenticandomi per un momento tutto ciò che mi aveva detto Nadir, in quel momento riuscivo a descrivere Erik nella mia mente con un solo appellativo, che vi potrà rendere semplice capire il mio stato d'animo in quel momento:
"Stronzo".





Note dell'autrice:
Eccomi qua! Buonasera a tutti!
Finalmente Erik è arrivato. È stato molto divertente e interessante scrivere di lui.
In questo capitolo ci sono dei riferimenti al passato di Camille che descriverò in seguito. Ho aggiunto un commento sulla maschera di Erik ( quando Camille gli chiede di togliersela) per fare un paragone con ciò che dice Christine nel romanzo di Leroux.
Il soprannome petite comtesse è un richiamo al modo in cui Erik si rivolge a Raoul.
Da qui in poi le cose cominceranno a movimentarsi e a farsi ( spero) interessanti. 
Spero di poter aggiornare presto :)
Alla prossima!
   
 
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