CAPITOLO
6 - JENICE.
Mi piacerebbe ascoltaste questa canzone, mentre leggete il capitolo.
La adoro, e la adora anche Cameron, o forse la odia.
Resta di fatto che è stata la colonna sonora di buona parte della sua vita.
https://www.youtube.com/watch?v=zLzturC1ZeE
Quando
rientrò a casa, Cam era davvero stanco.
Una volta accompagnata la sua alunna a casa era andato al ristorante e
subito dopo ad un bar in zona.
Era rimasto insieme ai ragazzi fino alle 4:00 circa, ed era davvero stato contento
di averli trovati perfettamente uguali a qualche anno prima.
Quando si stese sul letto a due piazze iniziò a pensare alla serata.
Chi si aspettava che potesse accadere una coincidenza simile? Che
potesse incontrarla in quel ristorante con quell'abito e quell'aria da
donna.
Un po' rimase scioccato nel vederla così:
Aveva abbandonato le sue scarpe e i suoi vestiti comodi, era
costantemente priva di qualsiasi traccia di trucco, i suoi capelli
erano sempre sciolti e in disordine... Ed invece quella sera se l'era
trovata così bella davanti.
Non che di solito non fosse bella, precisiamo.
Solo che era troppo piccola per lui, troppo infantile per poterle
piacere, o almeno questo era ciò che pensava.
Sapeva di aver commesso un errore madornale quando l'aveva baciata,
entrambe le volte, ma fu più forte
di lui. Non voleva illuderla, portarsela a letto o averci una storia.
Semplicemente aveva dato voce al suo istinto che mai prima di allora,
per cinque lunghi anni, gli aveva suggerito di provarci con qualcuna.
Si rendeva conto che ciò che faceva era pericoloso, avrebbe perso il
posto di lavoro, sarebbe risultato come un depravato, e proprio per
questo decise più volte di stargli lontano.
Ogni volta che la vedeva però, ogni volta che quell'odore prepotente
entrava nei suoi polmoni, ogni volta che lei lo guardava e lui
ricambiava, tutte le sue
premesse crollavano.
E di così per l'intera settimana, e quella successiva anche.
Lei lo guardava, lui la guardava.
Lui la cercava, lei si faceva trovare.
Si rincorrevano con lo sguardo: In aula, in cortile, al bar della
scuola, nei corridoi.
Ma mai più uno scambio di battute, se non quelle dovute
all'interrogazione alla quale la signorina Turner andò più che bene.
Le mise nove, ma non perché fosse bella e in confidenza, semplicemente
perchè lo meritava.
Non si era fatta tradire dall'ansia nemmeno per un istante, non aveva
lasciato che il loro trascorso influisse
sulle sue capacità espositive, non aveva permesso al suo professore di
metterla in difficoltà per nemmeno un secondo.
Però lui non le aveva più rivolto la parola, tantomeno lei.
Ad entrambi bastava guardarsi e sorridersi, il resto era di contorno.
Durante l'interrogazione Cameron aveva pensato più volte a quel bacio,
alle sue labbra morbide e alla sua mano intrecciata alla sua.
Aveva interrogato poi Cooper ed aveva provato a guardarla non come
insegnante ma come uomo.
Aveva un bellissimo corpo da donna, capelli sempre ordinati e trucco
impeccabile... Ma non gli piaceva.
Non riusciva a guardarla come una possibile donna da corteggiare, da
portare a letto o semplicemente da baciare.
La vedeva come una semplice mocciosa con un seno prosperoso e un bel
visino.
Allora aveva provato a soffermarsi su altre sue studentesse.
Per un attimo pensò che
quello dell'insegnante non era un ruolo adatto a lui, visto che perdeva
la testa per le sue alunne, ma dovette ricredersi dal momento in cui
non provò praticamente nulla osservando quelle ragazze.
Se non con lei.
E allora capì di essersi irrimediabilmente preso una sbandata per
quella ragazzina.
Voleva
parlarne con qualcuno, ricevere consigli. Qualcuno che gli avrebbe
fatto tranquillamente notare che era un coglione e che si stava
mettendo nei guai, ed il suo pensiero andò diritto su di lui.
Ci sapeva fare con le ragazze, ed insieme a Cameron e ad Abram ne aveva
conquistate più di quanto credesse.
Tra i tre era quello più spigliato, quello più diretto
e sfacciato. Non era uno di quei ragazzi belli da togliere il fiato,
non aveva niente di particolare, niente di diverso.
Semplicemente era maledettamente attraente.
Era a conoscenza del fatto che alle donne faceva un certo effetto, e
proprio per questo sapeva come giocare con loro.
Non si era mai impegnato con nessuna, non aveva mai dato il suo numero
ad una donna ed aveva sempre fatto in modo di non rivedere mai la
stessa ragazza due volte, mettendo in chiaro sempre fin da subito che
non cercava relazioni.
Quella sera si sarebbe portato a casa quella bella ragazza dai capelli biondi,
l'amica l'avrebbe lasciata ad Abram.
Ma proprio mentre pensava alla serata che si prospettava più che
soddisfacente, il telefono squillò.
"Cam, fai presto che sto per uscire. Vuoi venire?" Chiese allacciandosi
la cinta in pelle e tenendo il telefono tra la spalla e l'orecchio.
"No, Tony. Perché non vieni da me? Ho le pizze." Sentì nella voce
dell'amico una supplica sottintesa.
Tony sbuffò "Dai, Cameron. C'ho una puntata da giorni!" Ammise,
infilandosi il portafoglio in tasca.
Si aspettava che Cameron cedesse o che gli chiedesse come fosse la
tipa, così come aveva fatto sempre, ma restò in silenzio per qualche
istante. "Ho anche le birre." provò nuovamente.
Ok, c'era qualcosa che decisamente non andava.
Non era il tipo da restare a casa il venerdì sera, tantomeno da
rifiutare un uscita o costringere un amico a fargli compagnia a casa
sul divano.
Anthony sbuffò un'ennesima volta, poi sbottonò il primo bottone della
camicia e si sedette svogliatamente sulla poltrona.
"Che succede, Cameron?" chiese preoccupato.
Non lo vedeva così da troppo tempo.
L'amico però non sembrava intenzionato a dirglielo, e quindi Tony finse
di arrendersi.
"Da te tra mezz'ora, va bene?" chiese prima di staccare il telefono.
Si sfilò la camicia e indossò una semplice maglia rossa a maniche
lunghe.
Infondo, casa di Cameron era come casa sua. E
in passato lo era anche stata. Sapeva
perfettamente dove teneva le chiavi di riserva, dove aveva i risparmi e
il codice dell'allarme.
Conosceva a memoria l'ordine dei libri sugli scaffali, il numero esatto
di penne nella tazza sulla scrivania e la posizione di ogni cornice sul
mobiletto ad angolo.
C'era una foto che ritraeva i tre felici.
Chissà quante volte pensava a lei, forse tante quante quelle in cui era
lui a pensarla.
Ossia di continuo. Non c'era attimo in cui non le tornava in mente,
tutto sapeva di lei.
Tutto in quella casa era stato toccato da lei, così come tutto nella
loro casa le apparteneva.
Il suo ricordo veniva a bussare alla sua porta ogni notte, anche mentre
dormiva. Il suo sorriso illuminava ogni suo sogno, la sua risata
risuonava cristallina nella sua mente.
Un groppo in gola, le mani sudate, gli occhi lucidi.
Era lì per consolare Cameron, non per lasciarsi tirare su da lui.
Si fece forza ancora una volta e scacciando quella brutta sensazione salì
le scale che lo portavano alla sua camera.
Come aveva previsto era corso subito da lui. Aveva capito che c'era
qualcosa che non andasse, ma Cameron non sapeva proprio come iniziare a
parlarne.
Dirgli che semplicemente era interessato ad una ragazza era troppo
banale, e aveva paura che il suo amico la prendesse non propriamente
bene, vista l'età della ragazza in questione.
Per questo decise di rimandare il discorso a dopo il film che stavano
guardando.
Però Tony non sembrava voler rinunciare a sapere cosa passasse per la
testa del suo migliore amico, e quindi prese a parlare.
"Senti Cam... Se è per Jenice, lo sai che puoi sempre
parlarmene.. " Azzardò guardandolo diritto negli occhi.
Cameron sobbalzò leggermente e scosse
piano la testa. "No, non è di Jenice che voglio parlare.." deglutì. "Ho
conosciuto una ragazza, Tony."
Gli occhi del biondo si illuminarono di gioia.
Non sentiva pronunciare quelle parole da anni, non credeva nemmeno
fosse più possibile che lui si interessasse ad un' altra.
"Dio, amico! E
me lo dici così?" si posizionò più comodo sul divano, i popcorn sulle
gambe e lo sguardo di un bambino che ha appena ricevuto il regalo che
desiderava.
"Ha 18 anni. Sono nei casini... È una mia alunna." sputò tutto di
getto, quasi come se quelle parole lo stessero mangiando da dentro.
Il suo sguardo era basso, le sue mani si torturavano l'una con l'altra.
Anthony rimase in silenzio. Ecco, stava per succedere.
Stava per ricevere quelle parole che tanto aspettava. Gli avrebbe dato
del coglione, stupido, imbecille e persino immaturo. Gli avrebbe detto
che avrebbe perso il lavoro, che avrebbe rovinato la vita di quella
ragazza e anche la sua.
"È fantastico." disse semplicemente.
Cosa, fantastico?
Il fatto che fosse un depravato o che fosse un vigliacco? Cameron
rimase a bocca aperta, voleva dire qualcosa ma proprio non sapeva cosa.
"È fantastico che tu ti stia legando a qualcuna. Sì è piccola, sì è una
tua alunna. Ma è maggiorenne e tra un po' non sarà nemmeno più una
studentessa."
Lo stava incoraggiando. Cazzo! Non erano quelle le parole di cui
aveva bisogno, non così che lui si sarebbe staccato da lei e dal suo
profumo. Ma
in cuor suo si sentiva sollevato. Forse, in realtà erano quelle le
parole di cui aveva tanto bisogno.
Cameron gli parlò di lei, di quei baci, del suo profumo, delle sue
mani. Gli parlò di quella sera e del suo abito, delle sue labbra e del
suo reggiseno nero.
Ci tenne a specificare che non era nemmeno lontanamente cotto di lei,
che la sua era semplice attrazione e curiosità, e lui sembrò capire
tranquillamente.
Quando Tony andò via, verso le 02:00, Cameron si sentì decisamente più
sicuro e meno preoccupato.
"Ragazzi,
lo dico esclusivamente per voi. Tra poco sarà Natale, da gennaio in poi
la vostra attenzione andrà tutta sulle materie da recuperare, e i
vostri voti positivi si azzereranno. Il programma del secondo
quadrimestre è duro,
non prendete sotto gamba questo quinto anno. Entro la settimana
prossima, massimo per il 18, pretendo che tutti abbiate una mappa
concettuale dove mi esponente almeno i collegamenti che volete fare per
la vostra tesina." Parlò
tutto d'un fiato, Cameron.
Non
voleva fare nessuna paternale, né tantomeno mettere loro ansia; Voleva
semplicemente aiutarli e prepararli.
Molti di loro iniziarono a dire che avevano già pronto
tutto, che i collegamenti erano una sciocchezza, altri pensarono bene
di dire che la tesina non l'avrebbero proprio portata. "Troppo
sbatti" a
detta loro.
Li guardò uno ad
uno, e negli occhi di tutti, compresi quelli che si fingevano poco
interessati, scorse un sentimento che personalmente conosceva
benissimo: L'ansia. Non dell'esame, quello era solo una circostanza.
L'ansia di crescere, di iniziare una nuova vita, di staccarsi dai
compagni di sempre con la quale si è cresciuti e iniziarne a
frequentare di nuovi, in un ambiente totalmente differente come
l'università o il lavoro.
L'ansia
di lasciarsi andare, di spingersi a vivere davvero, lontano dalla
scuola. L'ansia di essere consapevoli che non si è più piccoli, ma
adulti. Adulti che non potranno andare più dalla madre a chiedere
aiuto, economico e non, che non potranno più uscire tutte le sere con
gli amici o con il fidanzato, che non avranno più la spensieratezza di
un tempo. Adulti che dovranno pensare al loro futuro, perché il tempo
dei giochi finiva lì.
Oppure era lui che era cresciuto troppo in fretta. Che non aveva mai
avuto una madre ad aiutarlo, non era mai stato spensierato e che aveva
imparato a vivere con mille preoccupazioni. Che piccolo non lo era mai
stato, che il tempo dei giochi era finito senza mai iniziare.
Forse
era lui che aveva avuto più paura di finire la scuola che di un esame,
perché questo implicava non avere più scusanti per non
prendere
la propria vita tra le mani, per cambiare. E lui un cambiamento lo
fece, uno drastico. A 19 anni, undici mesi dopo il diploma al liceo
classico, Cameron prese in mano le redini della sua vita. Non aveva più
un padre a cui badare, una madre a cui annuire, non aveva più un
fratello da invidiare. Il maggio del 2009, tra insicurezze e i primi
rimpianti, Cameron lasciò casa dei suoi.
Trovò
un appartamento in centro, vicino alla scuola dove insegnava attualmente,
e ci
si
trasferì. Con i pochi soldi che aveva racimolato riuscì a vivere
autonomamente per tre mesi e mezzo, poi ad inizio settembre affondò
letteralmente.
Tony e Jenice lo aiutarono, e insieme i tre presero una casa più
grande, un po' più lontana
dal centro. La sua attuale casa, quella in cui ha lasciato entrare una
sua alunna. I tre stettero insieme per un anno, fino ai 20 anni di
Jenice, l'estate successiva. Li lei si ammalò gravemente,
leucemia. Le caddero pian piano tutti i capelli, la sua chiamata nera
scomparve. Il suo sorriso si spense, le sue mani si fecero sempre più
fredde.
Arrivò
il
momento in cui i tre dovettero separarsi, Jenice in ospedale, Tony
-sotto richiesta di Cameron- a casa di quella che era allora la sua
ragazza, più grande di loro di 7 anni. Doveva svagare. Vedere tutti i
giorni sua sorella star male, e morire, non era ciò che poteva aiutarlo
con gli studi e con la sua vita. Valerìa,
una barista di origini polacche, abitava in periferia, lontanissima da
dove Tony aveva trascorso gli ultimi anni. Quando Jenice morì,
Cameron era solo. Era seduto sul divano a guardare un film senza
seguirlo, quando ricevette la chiamata di Tony. Tony piangeva, senza
versare una lacrima, ma piangeva. Lo senti a dal suo tono, da come le
mano gli tremavano quando Cam raggiunse l'ospedale. La malattia l'aveva
sconfitta, aveva vinto.
Jenice
aveva smesso di lottare dopo un anno. Un anno di agonia, un anno di
pianti, di finti sorrisi e di parrucche nere. Un anno di sofferenza,
per Anthony, per Jenice e per Cameron. I tre che erano inseparabili, i
tre che erano sempre stati insieme fin da quando avevano 15 anni e i
due fratelli si avvicinarono a quel ragazzo così silenzioso e seduto in
disparte. I tre che vissero insieme, che affittarono
quell'enorme appartamento per sentirsi più indipendenti e vivi. I tre,
quella sera, si separarono. La prima ad andarsene fu Jenice, il secondo
Cameron. Tony restò sempre lì, ad aspettare che il suo amico tornasse,
per un abbraccio, per uno sfogo. Ma Cameron per tre mesi non uscì di
casa. I genitori, per provare a comprare un po' della sua felicità gli
regalarono un auto e la casa nella quale abitava.
Ma non servì a
nulla. Non aveva senso quella casa senza Jenice. Non aveva senso
quell'auto senza Jenice. Non aveva senso la vita senza Jenice.
Tony però non si lasciò abbattere, tranne che nei primi mesi. Valerìa
partì per le Polonia dopo che Tony scoprì che era madre di due gemelli
nella città natale.
Non aveva più nessuno Tony, se non i suoi ricordi. Però c'era ancora
Cameron, ed insieme promise che sarebbero tornati quelli di prima.
Tutto cambiò ai suoi 22 anni. Tony e i compagni delle scuole superiori
pensarono bene di fargli una sorpresa.
Molti si chiedevano com'è che Anthony fosse così.. Ancora vivo. Ma la
risposta era semplice "Vivo per Jenice." e da allora nessuno chiese più
nulla.
Vivere per Jenice significava essere i suoi occhi, il suo corpo.
Attraversare ostacoli e imbattersi in nuove avventure per far vedere a
Jenice cosa si era persa arrendendosi. In realtà quella
era solo una scusa per convincere Cameron a tornare quello di prima.
Quella sera i suoi compagni di classe gli regalarono una torta su cui
c'era scritto "Vivi." e Cameron pianse. Pianse davanti a Stefanie, la
ragazza che gli piaceva i primi anni di liceo, pianse davanti agli
amici con cui faceva baldoria in classe, pianse davanti a quelli che
lui chiamava secchioni, pianse davanti a suo fratello Tony, e pianse
davanti alla sua amata Jenice. Quel pianto aveva nascoste tante parole
non dette, pensate, massacranti, malinconiche. Tutti sapevano che
quelle parole erano per Jenice, e lei le sentì.
Da allora Cameron Carter rinacque.
Angolino~
Allora, mi scuso subito
per non aver pubblicato per due settimane, sono stata a letto malata e
non sono riuscita a combinare niente con il pc ç_ç
Almeno però mi sono
portata molto avanti con la storia, e ho scritto più o meno altri due
capitoli che conto di pubblicare in settimana, per fami perdonare u.u
Stavolta,sempre causa
forze maggiorni, non ho portato nemmeno un disegno, e spero di
riuscirne a fare almeno uno per il prossimo capitolo.
Adesso sapete di Jenice.
Conoscete il passato di Cameron, conoscete Tony e il suo buon cuore (Di
cui scriverò sicuramente qualcosa!)
Spero che vi piaccia
quanto avete letto, a presto!
Bacini baciotti :*