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Autore: Sakkaku    08/03/2017    3 recensioni
Questa storia è ambientata intorno al Medioevo, la protagonista si ritrova a nascondersi in un villaggio dove pensa di riposarsi solo per qualche giorno e ripartire. Le cose andranno diversamente e una parte del suo passato tornerà a galla.
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mythological Creatures'
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Capitolo 10

 

L'uomo rispondeva distratto quando veniva chiamato Falco Nero, con Master non aveva problemi, ma con il nome che lui stesso si era dato, tra l'altro gli sembrava strano come appellativo, mostrava la sua attenzione solo dopo qualche secondo di riflessione.
Se continuo con questo comportamento rischio di fare insospettire tutti quanti. Devo ricordarmi che nessuno mi chiamerà mai più con il mio vero nome, Midolf l'ha vietato e anche se ora non è qui, tutti rispettano ancora il suo volere” pensò l'uomo rassegnato “Dovrei preoccuparmi dei preparativi per il torneo tra fazioni, se qualcosa dovesse andare storto, la colpa ricadrebbe su di me, dopotutto sono l'unico organizzatore responsabile” emise un lungo sospiro.
Qualche volta potrebbero occuparsene anche gli altri due Master, invece di pensare solo a darsi alla pazza gioia e ubriacarsi” si sentiva particolarmente stanco, come se avesse un macigno sulle spalle.
Tutte quelle responsabilità, gli sembravano troppe da gestire. Tutto quanto lo trovava tedioso e monotono, voleva un cambiamento radicale.
Come se potesse essere realmente possibile” chiuse per qualche attimo gli occhi, per dimenticarsi di tutti quei documenti accalcati sul suo tavolo da lavoro.
Il campanile della fazione accanto suonò.
Falco Nero iniziava a prendere seriamente in considerazione di ritirarsi dal ruolo di Master, cosicché avrebbe potuto dire di voler essere chiamato Dirk e non più Falco Nero e anche lui, a quel punto, sarebbe diventato un cittadino normale come gli altri.
E' una pessima idea, dovrei dimenticarmene subito” Falco Nero iniziava a pensare di stare per impazzire e decise di rinfrescarsi “Magari con l'acqua fresca riesco a sistemare tutta questa confusione che ho in testa.”
Quel gesto l'aiutò a riordinare i pensieri e l'uomo si rese conto che non poteva abbandonare il ruolo di Master tanto facilmente. Le responsabilità erano troppe per essere abbandonate senza un minimo controllo, il caos si sarebbe creato in un batter d'occhio e rimediare sarebbe stato complicato per un successore. Se il villaggio neutrale crollava dall'interno, niente lo avrebbe riportato a quello che era un tempo e sarebbe diventato esattamente come la fazione di Clay.
Falco Nero sospirò. Scappare da quel luogo senza proferir parola era escluso.
Si rese conto che in quel momento non aveva la mente lucida, doveva pensare a troppe cose: ai dettagli per il torneo, il pagamento mensile per i soldati e i contadini, al controllo delle scorte di grano e della selvaggina catturata nelle ultime settimane. Prima di prendere una decisione sul da farsi, doveva occuparsi di quei compiti. La sua situazione di certo non era semplice, anzi era piuttosto complessa.
Perché dovrei andarmene?” pensò l'uomo fermando la piuma d'oca a mezz'aria, appena sopra al boccale d'inchiostro, sembrò quasi riprendersi dai mille e più pensieri che bombardavano la sua testa. “Per quale motivo devo rinunciare alla pace del villaggio, solo per un mio capriccio riguardo al modo in cui chi mi circonda mi chiama?” era qualcosa di assurdo, si stupiva da solo per aver pensato a una cosa simile.
Devo riprendere il contegno, è il mio compito avere il giusto controllo e giudizio nelle cose, devo portare alto il nome di Master. Se non lo facessi, tradirei la fiducia dei cittadini che ripongono nelle mie capacità e nelle mie decisioni. E' mio dovere non deluderli” si era deciso a rimanere a comando della fazione, esattamente come aveva fatto finora e di certo avrebbe continuato per vari anni a seguire, almeno finché gli abitanti della fazione avrebbero richiesto i suoi servigi.

 

Elisabeth afferrò la faretra e il suo arco decisa a scoccare qualche dardo in vista del torneo. Di certo, sfigurare in mezzo a tutti quegli uomini che vi avrebbero partecipato, era l'ultima cosa che voleva che accadesse. Prima di dedicarsi all'arco passò dalla stalla.
L'uomo addetto ai cavalli stava facendo fatica a tenere fermo un cavallo.
Elisabeth sorrise riconoscendo la folta criniera nera di Rina.
- Mi perdoni per l'intrusione. Ho notato che la mia giumenta vi sta recando disturbo. Vi chiedo perdono per la sua poca diligenza a obbedire agli ordini, a volte tende a ribellarsi e si ostina a fare come vuole lei.
Lo stalliere la guardò e scosse la testa - Dovrei essere io a scusarmi, Milady. Le avevo promesso che mi sarei preso cura della sua cavalla. Ora la ferita è in via di guarigione, le ho appena tolto la fasciatura e si rifiuta di restare ferma. Volevo mettere ancora per oggi la pomata, giusto per sicurezza, almeno sarò certo di affermare che è completamente guarita.
- Lo so. La mia giumenta si sente in forma e ha solo voglia di uscire dalla stalla, non è abituata a tutto questo riposo. Inoltre le sue scuse, come ho detto prima, non sono necessarie - fece un sorriso al giovane uomo e rivolgendosi a Rina usò un tono di rimprovero. - Si può sapere che razza di comportamento è questo? Mi ero raccomandata: niente capricci, Rina. Per quale ragione stai facendo impazzire questa brava persona? Vuole solo che la tua ferita guarisca al meglio!
La giumenta sembrò sbuffare, come se la ramanzina appena ricevuta dalla padrona fosse superflua. Rina s'impennò e scalpitò con gli zoccoli.
- Ecco anche prima stava facendo così - esclamò lo stalliere.
A quel punto lo sguardo severo di Elisabeth si addolcì.
Avvicinandosi cinse le braccia intorno al collo della giumenta bisbigliando - Oh, Rina... quanto sei dolce. Volevi che qualcuno mi avvisasse?
La cavalla piegò leggermente il collo staccandosi dall'abbraccio e a quel punto la donna guardò negli occhi il proprio destriero.
- E' sbagliato comportarsi in quel modo con gli altri. I tuoi avvisi non li capiscono, sai? Così rischi di passare per una giumenta priva di disciplina.
Rina nitrì in tutta risposta.
- Siete incredibile Milady! Riuscite a capire il linguaggio della vostra cavalla.
- In realtà sono solo dei segnali, nulla di più. Rina è molto capricciosa, conoscendola da sempre riesco a riconoscere alcuni suoi comportamenti, se sono capricci o dei messaggi - diede una pacca sul fianco alla giumenta - E ora fatti mettere di nuovo la pomata e una fasciatura, piccola. Se vuoi partecipare al torneo, dovrai essere uno splendore.
Rina sembrò brontolare picchiando forte una zampa sul fieno.
- Stai tranquilla, starò fuori per poco tempo.
- La ringrazio dell'aiuto Milady - disse inchinandosi lo stalliere.
- Non è necessario, anzi se Rina fa ancora dei capricci, me lo riferisca. Così per punizione starà senza zollette di zucchero.
Nell'udire quelle parole la giumenta rizzò le orecchie e parve diventare più mansueta.
Il cielo era fosco, eppure il sole brillava dietro le nuvole, era accecante, quasi da recare fastidio alla vista.
- Dove crede di andare Milady? - domandò prontamente la guardia sulla torretta, vedendo la donna avvicinarsi.
- Ho intenzione di esercitarmi po' in vista del torneo. Vorrei scoccare quattro frecce nel bosco, in questo modo evito di ferire qualcuno, cosa che potrebbe accadere se un bambino mentre corre mi venisse addosso per sbaglio, potrei sbagliare mira.
Il silenzio fu lungo, la guardia stava valutando se concederle il permesso di uscire.
- Sir Josh è per caso in servizio? - chiese Elisabeth.
La sentinella la innervosiva, si domandava perché ci mettesse così tanto a farla uscire dal villaggio.
- In questo momento no, perché? - domandò di rimando l'uomo.
- Perfetto. Se non vi fidate, lui mi potrà accompagnare. Entro un'ora al massimo torneremo al villaggio.
La sentinella parlò con la guardia a fianco a lui, sicuramente si trattava di un novizio, perché poco dopo, scese in fretta dalla scaletta e si avviò di corsa.
Passarono pochi minuti quando riapparse con Josh che lo seguiva con aria piuttosto assonnata, in spalla aveva una sacca di pelle.
- Mi dispiace rovinarle la sua giornata libera, però ho bisogno di qualcuno per uscire, l'ho capito quando hanno esitato ad accettare la mia richiesta e lei è l'unico che conosco.
- Milady tutto questo fa parte del mio lavoro. Ognuno di noi, quando è libero, se necessario, deve accompagnare gli abitanti del villaggio in giro, per assicurarsi che siano al sicuro dai briganti.
Il portone si aprì lentamente, entrambe le torrette avevano un macchinario con delle valvole rotonde da girare contemporaneamente, se una delle due manopole non girava, era impossibile aprire il portone.
- Certo che è strano. Far svolgere questo lavoro faticoso a dei novizi, lo trovo eccessivo, senza contare che è un ruolo di vitale importanza per la sicurezza del vostro villaggio – disse la donna.
- E' la regola: devi imparare ad aprire il portone autonomamente, altrimenti vuol dire che questo ruolo di guardia non è adatto a te - le spiegò Josh.
- E' comunque strano - insisté Elisabeth - Io ovviamente non voglio mettere il becco nelle vostre regole, sono qui solo per un breve periodo.
Giunti in un posto isolato e con molta vegetazione, la donna si fermò.
L'unico rumore nella foresta era il cinguettio dei passeri e lo squittire degli scoiattoli. I dardi sibilavano tagliando l'aria, andando a colpire vari tronchi. Elisabeth fece una piroetta su se stessa, scagliando tre frecce in simultanea, quando si fermò la gamba sinistra era in avanti leggermente piegata, si affrettò a tornare in posizione eretta.
- Whoa! E' davvero incredibile Milady! La sua bravura è notevole! Sicuramente il premio di miglior arciere sarà assegnato a lei! - Josh incantato, si affrettò a recuperare le frecce, staccandole dai tronchi.
Elisabeth fece spallucce - Ci sarà di sicuro qualcuno più bravo di me con l'arco, mi ritengo un'arciera mediocre.
- Sono sicuro che con la sua velocità riuscirebbe a colpire un cervo in corsa - continuò la guardia.
Lo sguardo di Elisabeth divenne serio - Questo è un mistero. Mi sono imposta di non usare quest'arco per uccidere creature viventi. Lo utilizzo solo per difesa personale e diletto. Dopotutto, se un animale selvatico ci attacca, è perché noi siamo entrati nel suo territorio, anche noi umani difendiamo la nostra casa dai furfanti che s'intrufolano per rubare. Perché mai dovrei ucciderli? Per una mia intrusione? Per un mio capriccio, perché voglio mangiare la sua carne? Trovo sia una cosa ingiusta che debbano morire per una cosa simile. E' molto diverso dall'uccidere un animale allevato dai pastori per nutrirsi, si crescono a questo scopo. Togliere la vita a un cervo, che sia un cucciolo cresciuto o un adulto, che probabilmente deve badare alla salvezza dei suoi piccoli, lo trovo sbagliato, ne va della loro sopravvivenza. Magari anche senza il mio intervento morirà per altre ragioni, perché un orso o un lupo lo attacca, però in quel caso è opera del fato e della natura e non ha niente a che vedere con le mie azioni.
Josh rimase ammutolito. Era la prima volta che sentiva parlare una persona in quella maniera. Alla fine un senso l'aveva, sebbene per la sopravvivenza si fosse ritrovato a uccidere anche senza un vero e proprio pericolo alla sua vita o di quelle persone che lo circondavano, tutto questo lo fece riflettere con quale criterio decideva se uccidere una persona. La risposta faticò ad arrivare, poi capì. Intuizione. Se intuiva un pericolo, lo eliminava prima ancora che potesse recare un reale danno.
E' giusto? Come guardia questo mio comportamento è corretto?” Josh era perso in questi pensieri, lo sguardo appoggiato lontano, senza in realtà vedere qualcosa di preciso.
Elisabeth stava depositando le frecce nella faretra, quando si sentì afferrare il braccio. Dalla stretta percepì che era aggressivo. La donna mantenne la calma, si voltò come se niente fosse. Davanti a sé si ritrovò un uomo che non riconobbe.
- E tu chi saresti? Inoltre vorrei chiederti di lasciarmi il braccio, stai facendo troppa pressione.
- Lurida puttana! - sbraitò l'uomo diventando rosso in volto.
Udendo quelle parole Josh tornò in sé. Lui riconobbe subito l'uomo.
- Sir Denny! Cosa sta combinando? Lasci andare immediatamente Milady! - si avvicinò e a sua volta appoggiò la mano sul braccio dell'uomo tirandolo per fargli lasciare la presa su Elisabeth.
- Che diavolo ti prende? - urlò Denny furente - Ti vuoi mettere per caso contro di me?
- Sto solo facendo rispettare gli ordini del Master, non ha ancora deciso quando puoi tornare, quindi devi tenerti a debita distanza sia dal villaggio e dai suoi abitanti, viandanti passeggeri compresi - rispose Josh, avvicinando la mano libera sull'elsa della sua spada.
Denny sputò per terra - Te ne pentirai, aspetta solo il mio ritorno! Ti prometto che dovrai guardarti le spalle.
- E' quello che faccio già, per me non cambierà nulla - ribatté Josh per nulla intimorito.
Tra una bestemmia e l'altra Denny si allontanò.
La guardia sospirò, era felice che le parole fossero bastate, almeno aveva dovuto evitare di usare la forza. Per sdrammatizzare la scena appena avvenuta, Josh afferrò la sacca, estrasse il contenuto e porse a Elisabeth una balestra.
- Provi con questa. Sembra più pesante, però è maneggevole.
Titubante la donna afferrò la balestra.
La differenza di peso tra le due armi da lancio era quasi inesistente, la gittata era maggiore rispetto all'arco così come la potenza. L'unico inconveniente era che necessitava più tempo per sistemare il dardo successivo prima di poterlo scoccare, mentre con l'arco era più semplice e veloce.
- E' proprio un'arma molto bella, ma preferisco sempre l'arco. Devo ammettere che non mi dispiacerebbe imparare a usare meglio la balestra. Qualche volta dovrei provare - affermò Elisabeth.
Il terreno tremò lievemente, quasi impercettibilmente, eppure la donna se ne accorse. Sapeva di cosa si trattava. Nel suo villaggio natio vi erano alcuni vulcani e quando stavano per eruttare, creavano un lieve movimento del terreno.
- Ci sono vulcani nelle vicinanze?
Josh rimase sorpreso da quella domanda - Sì, sul versante nord-ovest. Può stare tranquilla Milady, sono anni che lancia falsi allarmi è un vulcano dormiente. Oltre a qualche scossone nel terreno, danni effettivi a parte alcune nuvole nere, non ci sono mai stati.
Seppur riluttante Elisabeth annuì - Meglio se rientriamo. Ho promesso alle guardie della torretta che mi sarei assentata per poco tempo.
Le sentinelle salutarono Josh, mentre lanciavano occhiate di dissenso per chi gli stava a fianco.
Elisabeth continuò a camminare come se nulla fosse, si diresse verso la locanda, necessitava di idratarsi.
Quando Charlie la vide solcare la soglia, si affrettò a salutarla allegramente - Bentornata! Cosa posso portarti stavolta Elisabeth? Oppure preferisce il solito? - gli occhi del locandiere brillarono divertiti nello scorgere i suoi clienti abituali stupirsi della cordialità che rivolgeva all'ospite del Master, quasi come se la conoscesse da sempre.
- Grazie Charlie. Il solito mi ci vorrebbe proprio in un momento come questo - gli rispose sedendosi al bancone, qualche sedia lontano dagli altri.
- Se ti mostri così separatista, mica puoi pretendere che ti prendano in simpatia - la rimproverò il locandiere porgendole la sua ordinazione.
- Perché mai dovrei fare il contrario? - domandò avvolgendo il boccale con entrambe le mani.
- Suvvia, Sir Josh mi ha detto che hai intenzione di partecipare al torneo nelle gare con l'arco! A proposito, hai provato la balestra?
Socchiudendo gli occhi lei ribatté - Come fai a saperlo?
- Gliel'ho proposto io. Prima di occuparmi della locanda, ero il balestriere del villaggio. Ora ho troppi impegni, però avevo pensato che avresti potuto prendere il mio posto. Ho notato lo stato del tuo arco, devi averne molta cura, per cui se ti dovessi affidare la mia balestra, sono convinto che sarebbe in ottime mani - fece uno dei suoi sorrisi spontanei - Pensaci - aggiunse prima di allontanarsi per raggiungere un cliente che lo stava chiamando.
I capelli ricadevano sulle spalle, ondulando e seguendo la curva della spalla. Il dorso della mano era deposta sotto il mento, lo sguardo era perso, vagava nel nulla, Elisabeth si era isolata completamente, persino i rumori si erano attutiti.
- Hai dei riflessi rossi, sai? - quelle parole furono pronunciate a una distanza ravvicinata, questo la fece sussultare e la spinse a guardarsi intorno.
Charlie sorrideva divertito, anzi sembrava sghignazzare proprio.
- Dovresti avere un certo tipo di comportamento con le clienti, sai? Immagino che tua sorella non ne sarebbe felice.
- Oh, suvvia! Inoltre è un dato di fatto, i tuoi capelli castani sotto un certo verso sembrano rossi.
- Sarà un riflesso dovuto alla luce della candela.
Il locandiere scosse la testa, non del tutto convinto.
– Ora vado, devo finire ancora qualcosa.
- Sei davvero misteriosa Elisabeth.
- Ci vediamo domani - disse lei, evitando di rispondere alla frecciatina.
- Pensaci - gli urlò dietro.
Le persone riunite, perlopiù uomini, iniziarono a ridere.
- Ehi, Charlie, ci stai provando con l'ospite del Master? Ti vuoi cacciare nei guai?
- Perché mai dovrebbe mettersi nei guai? Sono qui di passaggio, sono una viandante senza meta, quindi, anche se fosse, mica sono affari vostri e non comportatevi come se foste delle comari pettegole! Siete degli uomini!
Charlie rimase sorpreso di questa sua reazione, vide la donna fargli l'occhiolino e un sorriso prima di uscire dalla locanda. Alcuni fischi s'innalzarono, seguiti da fragorose risate.
Elisabeth tornò nella sua stanza, si sorprese di trovarvi Caroline. La cameriera aveva i capelli raccolti in una treccia, con l'eccezione di due ciuffi corti, che arrivavano all'altezza degli zigomi, le davano un'aria quasi regale, solo l'abito la tradiva.
La donna le domandò - Mi stavi aspettando da molto? Ero uscita e poi ho perso tempo alla locanda.
- No, tranquilla, prima ho svolto tutte le mie faccende quotidiane. Poco fa mio fratello mi ha fatto avvisare che stavi tornando, quindi mi sono recata nella tua stanza e ti ho aspettato.
“Riescono a comunicare in modo veloce” pensò Elisabeth.
- Hai bisogno di qualcosa in particolare Caroline?
- A dire il vero sì - la cameriera piegò lievemente la testa verso il basso - Mi devi scusare, ma il Master ha espresso in modo autoritario che dopodomani dovrai partecipare alla festa di apertura del torneo delle fazioni, poiché parteciperai alle gare, la tua presenza è necessaria.
- Quindi? - domandò la donna per nulla turbata.
- E' un posto pieno di uomini rozzi, sgarbati e violenti, soprattutto quelli che appartengono alla fazione di Clay, il suo villaggio è pieno di criminali e ricercati. Ho chiesto se poteva lasciarti riposare, perché devi partecipare a delle gare ed essendo l'unica donna deve essere un peso enorme da portare sulle spalle. Nonostante questo, il Master non ha voluto sentire ragioni.
- Caroline, la colpa non è mica tua. Le decisioni e le responsabilità sono di Falco Nero, lo so bene, per cui non sono per nulla arrabbiata con te.
La cameriera sospirò di sollievo - Grazie al cielo! Temevo che potessi avercela con me, per non essere riuscita a persuadere il Master.
- Figurati, so bene come funzionano le cose, coloro che portano i messaggi sono solo delle pedine dei signori che governano e non hanno colpe.
- Parli in modo strano a volte.
Elisabeth fece spallucce - Sono cresciuta in un piccolo villaggio dove criticavano i signori ricchi, li accusavano di approfittarsi della povera gente rendendoli servi e schiavi solo per i loro capricci. Eppure anche da noi era in vigore una gerarchia, altrimenti lo sciamano perché aveva il potere di decidere tutto per tutti, in modo così autoritario?
Caroline osservò lo sguardo della donna, percepì in esso e nelle parole una rabbia furiosa, decise di cambiare discorso.
- Torniamo a noi. Il motivo per cui sono qui: ho il compito di aiutarti con l'abito, controllare se le misure sono corrette e di sistemarti i capelli. E' solo una prova, però la sarta vuole essere sicura di aver fatto un buon lavoro, ti ha visto in giro e ha modificato un vestito che aveva fatto tempo fa.
- Possiamo fare domani? Al momento sono parecchio stanca, desidero solo riposare. Abbiamo ancora tanto tempo e sono sicura che l'abito sia perfetto così come la sarta l'ha sistemato.
- Ma certamente - Caroline fece un inchino e uscì dalla stanza, lasciando sola Elisabeth.
Nei corridoi incrociò Gina.
- Tu. Seguimi.
La strega obbedì agli ordini della prima cameriera e la seguì in silenzio. Le due donne entrarono nella stanza del lavatoio, in qual momento deserto, tutte le addette erano fuori a ritirare gli abiti e le lenzuola stese durante la mattinata, per farle asciugare al sole.
- Hai bisogno di qualcosa? - domandò sfrontata Gina.
Gli occhi di Caroline si fecero due fessure, il labbro si piegò leggermente verso destra.
- Sai, dovrei torturarti per come ti sei comportata con la nostra ospite. Devi proprio ringraziare Sir Benjamin, per averti allontanato da qui. Se fosse stato per me ti avrei punita e te la saresti vista brutta.
Gina iniziò a ridere - Ahahahah, mi stai per caso minacciando? - chiese senza dar segno di voler smettere di ridere.
- Fino a poco tempo fa, potevi essere temibile solo per la tua amicizia con il Master, perché facevi parte della sua cerchia più ristretta. Ora, si dal caso che non è più così, l'avrai capito anche da sola, quindi se fossi in te, farei attenzione. Sei solita ad allontanarti per giorni e se tu sparissi da un giorno all'altro, nessuno si domanderebbe dove sei finita. Né Sir Benjamin né tanto meno il Master - Caroline pronunciò le parole in tono tagliente.
Nell'udire quelle parole Gina deglutì, aveva percepito qualcosa di strano provenire dalla responsabile delle cameriere, qualcosa che prima di allora, mai le era capitato di avvertire.
E' strana, sembra quasi non umana. Sta facendo così per farmi capire che non gliene importa nulla se sono una fattucchiera, vuole incutermi terrore comportandosi in questo modo. E’ sicuramente un'umana astuta!” pensò Gina facendo un inchino di congedo, lasciando Caroline da sola nel lavatoio.
Da parte sua la donna rimase a fissare la porta, le pupille mutarono in due piccole righe verticali e gli occhi divennero dorati, appena chiuse gli occhi però, tornarono normali.
Direi che è giunto il momento di divertirsi” pensò Caroline, evitò di proposito di ridere a voce alta, doveva impedire che si creassero voci di corridoio sul suo conto, perché per essere credibile, il suo comportamento doveva rimanere immacolato.

  
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