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Autore: Laylath    09/03/2017    3 recensioni
(Seguito di Un anno per crescere).
Da quel fatidico anno che unì in maniera indissolubile un gruppo di ragazzi così diversi tra di loro, le stagioni sono passate per ben cinque volte.
In quel piccolo angolo di mondo, così come nella grande città, ciascuno prosegue il suo percorso, tra sorprese, difficoltà, semplice vita quotidiana. Si continua a guardare al futuro, con aspettativa, timore, speranza, ma sempre con la certezza di avere il sostegno l'uno dell'altro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 18. Gli avvenimenti di East City. Quinta parte.

 


 
Una volta rotto il ghiaccio non fu un problema prendere in simpatia Erin: perso il primo timido timore, la giovane aveva manifestato il suo carattere gioioso riuscendo a conquistare persino la titubante zia. Andrew si era immaginato un’evoluzione simile: conosceva abbastanza bene i sentimenti della sua miglior amica per sapere che non era la nipote il vero problema. Con tutta probabilità Laura si stava anche convincendo che era stata una vera benedizione che il fratello avesse lasciato una discendenza, in questo modo lo poteva considerare tornato da lei, seppur in una strana maniera. Erin, del resto, aveva praticamente tutto della famiglia Hevans: capelli, occhi, persino l’ovale del viso. Sembrava davvero di aver a che fare con una Laura uscita dal passato, una Laura che ancora non aveva conosciuto le difficoltà della vita e riteneva che il mondo fosse pieno di sorprese a portata di mano.
No, è questo secondo incontro la parte più difficile – pensò l’ingegnere, mentre con Laura ed i figli osservava la donna che si era alzata dal tavolo del ristorante e ora parlava sommessamente con Erin che li aveva preceduti nell’entrare.
A dire il vero si era chiesto più volte che tipologia di ragazza potesse piacere ad Henry, ma non era mai riuscito a trovare una risposta che lo convincesse del tutto: in paese non aveva mai avuto nessuna relazione sentimentale, sebbene più di una ragazza si sarebbe fatta volentieri avanti.
Più di una volta aveva pensato a come il suo amico vivesse in realtà una doppia vita: quella in paese e quella del soldato in città, quest’ultima quasi del tutto sconosciuta a lui e Laura. Aveva sempre parlato loro di come era grande e bella East City, degli scherzi tra commilitoni, di qualche evento speciale a cui aveva partecipato, ma mai e poi mai della sua vita privata. Solo qualche volta gli aveva detto che aveva avuto relazioni amorose e in quelle occasioni ne aveva sempre parlato con estrema praticità, come se fossero delle semplici esperienze di vita che andavano fatte.
“…uno come te a letto andrà solo con sua moglie, la prima notte di nozze. Ma non prenderlo come un insulto: ad essere soldati spesso si finisce per essere molto più pragmatici… sarà la consapevolezza che prima o poi la guerra ti può portare via”.
Ricordava bene quella frase detta mentre stavano sdraiati in un prato, quando ancora non avevano idea di quello che la vita avrebbe riservato loro tra qualche anno. All’epoca Ellie era ancora una ragazzina e Andrew non poteva immaginare che sarebbe diventata sua moglie.
Ed è lei la persona che sarebbe diventata la tua di moglie?
Era una donna incredibilmente comune, senza nessuna bellezza esagerata che, scioccamente, aveva attribuito alle relazioni del suo miglior amico. Abito scuro e modesto, sebbene elegante, corpo minuto leggermente appesantito dall’età, viso regolare con già qualche ruga attorno agli occhi. I capelli castani erano raccolti in una morbida crocchia e qualche forcina rendeva un poco più elegante quella pettinatura di tutti i giorni. A guardarla bene dava l’idea di una donna abituata a stare ogni giorno dietro il bancone del proprio negozio, senza concedersi un minimo di tregua. Effettivamente la parola sacrificio sembrava leggersi in quella figura che poco tendeva ad attirare l’attenzione, ed Andrew si trovò a chiedersi come poteva essere circa vent’anni prima.
Si arrischiò a dare un’occhiata a Laura e vide che gli occhi grigi erano profondamente perplessi da quanto stavano vedendo: sicuramente anche lei si era immaginata una persona completamente diversa. La madre di Erin non corrispondeva minimamente ai canoni di bellezza che avevano provato ad attribuire ad Henry.
“Non sembra nemmeno sua madre…” mormorò la rossa.
“Vero, ma il sangue della tua famiglia l’ha fatta da padrone – obiettò lui – forza e coraggio, Lauretta, andiamo a conoscerla”.
Si fecero avanti, con Henry ed Heymans che li seguivano qualche passo dietro.
La donna per qualche secondo tormentò un lembo della sua gonna scura, ma poi lanciò un’occhiata alla figlia e si avvicinò a sua volta.
“Mamma – presentò Erin – vorrei presentarti la signora Laura… la sorella di mio padre. Zia, questa è mia madre: Teresa Hidden. Questo signore invece è l’ingegner Andrew Fury, il miglior amico di papà, mentre loro sono i miei cugini, Heymans ed Henry”.
La donna strinse la mano di Laura con aria confusa, mormorando appena piacere: le sue guance arrossirono lievemente e per qualche istante sembrò vergognarsi profondamente nel notare la differenza tra il suo vestito modesto e quello più elegante che si intravedeva dal cappotto della rossa. Tuttavia dopo quest’iniziale esitazione alzò gli occhi castani con aria fiera e guardò in faccia quella che, in fondo, era la sua antagonista in tutta quella vicenda, se di antagonismo si poteva parlare.
“Ci conosciamo, finalmente – disse con voce calma – Henry parlava spesso della sua sorella minore”.
“Di lei invece non ha mai detto niente – ribatté col medesimo tono Laura, recuperando il parte la freddezza che aveva caratterizzato i primissimi momenti dell’incontro con Erin – nemmeno una volta”.
Ci fu quasi una scossa elettrica tra quelle strani rivali, come se ciascuna stesse cercando di ribadire il suo ruolo predominante nella vita di Henry: da una parte la sorella, dall’altra la madre di sua figlia.
Fu Erin a spezzare quella sfida, invitando tutti quanti a sedersi al tavolo e assicurando che in quel posto si mangiava davvero bene. Quasi fosse stato evocato, proprio in quel momento arrivò il proprietario del piccolo ristorante e con un sorriso invitò gli ospiti a sedersi in modo che potesse esporre il menù del giorno.
“Naturalmente siete ospiti miei e di Heymans – si affrettò a dire Erin, mentre si sedeva tra il cugino e la madre – l’idea di questo incontro è stata nostra”.
 
Tutto sommato fu un pranzo tranquillo, sebbene fosse chiaro un certo imbarazzo tra alcuni dei convitati.
A farla da padrone erano Erin ed Andrew: la prima non faceva altro che chiedere del proprio genitore ed il secondo era fin troppo contento di parlarle di lui. Heymans ed Henry ascoltavano con curiosità, intervenendo ogni tanto con qualche domanda, ma preferendo tenere una parte più discreta. Quanto a Laura e a Teresa, parlavano solo se strettamente necessario, specie se tirate in ballo da Andrew o da Erin: si costringevano a sorridere, ma era chiaro che nessuna era entusiasta di stare allo stesso tavolo dell’altra.
“Quando ho detto a mamma che avevo trovato un lavoro non ci voleva credere – stava dicendo Erin, rispondendo a una domanda di Andrew – pensava che avrei lavorato con lei alla merceria, come avevo fatto fino a quando andavo a scuola. Ma quel posto da governante sembrava fatto apposta per me e così mi sono presentata al colloquio e sono stata assunta: credo di essere riuscita subito simpatica alla signora”.
“Benedetta la tua faccia tosta, ragazza – commentò Teresa – andare a un colloquio con una famiglia così benestante appena finite le scuole, senza nemmeno un briciolo d’esperienza”.
“Non sono certo una che si pone molti problemi – ridacchiò lei – e i fatti mi hanno dato ragione”.
“E lei, signora? – intervenne Andrew – Ha sempre lavorato in merceria?”
“Quasi sempre – rispose lei laconica – era dei miei genitori e l’ho rilevata completamente dopo la loro morte. Non è una grande cosa, ma permette di vivere più che dignitosamente”.
“Oh, con il mio stipendio in aggiunta…”
“Quello lo devi tenere da parte, mia cara: non sai mai cosa ti riserva il futuro”.
Andrew riprese a discorrere con Erin che, cambiato di nuovo argomento, chiedeva di suo padre quando ancora andava a scuola. Tuttavia non mancò di riflettere sulle implicazioni delle ultime frasi sentite: era chiaro che Teresa Hidden aveva avuto varie difficoltà economiche dovendo allevare una figlia senza l’aiuto di un marito e questo non fece che aumentare la forma di rispetto che iniziava a nutrire per quella donna piccola ma stranamente forte.
Il pranzo terminò e sembrava che quell’incontro di famiglia fosse andato relativamente bene, nonostante la fredda cortesia di due delle componenti. I tre cugini promisero di rivedersi quello stesso pomeriggio, approfittando del giorno libero di Erin, mentre i tre adulti presero congedo.
Almeno era quello che pensava di fare Andrew, ma le sue gambe si mossero da sole verso la signora Hidden che aveva già fatto un pezzo di strada inversa alla loro.
“Signora…” la chiamò.
“Mi dica, ingegnere – disse lei, fermandosi e girandosi ad attenderlo. Adesso gli occhi castani erano stanchi, ma anche più gentili, come se fosse finalmente serena dopo aver terminato quella prova – posso esserle utile?”
“Mi chiedevo se – Andrew si sentì uno sciocco per quanto stava dicendo, ma qualcosa gli disse che doveva farlo, altrimenti non si sarebbe mai dato pace – ecco, le andrebbe di vederci questo pomeriggio?”
“Prego?” lo fissò lei con aria stranita.
“Mi rendo conto che questo pranzo è stato difficile per lei – continuò, sentendosi imbarazzato come non succedeva da anni – e sono sicuro che l’ha fatto soprattutto per amore di sua figlia. Però… ecco, Henry era il mio miglior amico e…”
“… e lei era il miglior amico che lui potesse desiderare, era solito dirlo – concluse la donna, parlando per la prima volta del soldato defunto – per quanto fosse legato ai suo commilitoni, Henry ha sempre attribuito un posto privilegiato a lei”.
Andrew si trovò ad arrossire a quelle parole, proprio come quando Henry gli faceva un complimento che non si aspettava.
“Sì, in fondo anche io vorrei parlare con lei – continuò Teresa sorridendo – credo che mi farebbe piacere. Con i ragazzi, durante il pranzo, sarebbe stato impossibile: ci sono cose che non voglio che Erin sappia, non ancora. Come per esempio le vicende di sua zia… oh, non faccia quell’espressione: Henry è stato poco esaustivo nelle sue lettere che giustificavano la sua permanenza in paese, ma non sono nata ieri, signore”.
“Quando le va di vederci?” si limitò a chiedere Andrew.
“Lavoro fino alle cinque, posso chiudere un po’ prima – rispose lei prendendo dalla borsa un bigliettino ed una penna – ecco, questo è l’indirizzo, non è molto lontano da qui. Crede… crede che vorrà venire anche lei?
“Solo se lo desidera, signora. In fondo è la sorella di Henry, forse merita pure lei di conoscere tutta la storia, non crede?”
“Ma sì, in fondo ha ragione. Allora vi aspetto per le cinque”.
 
La casa di Teresa e di Erin si trovava in un basso caseggiato che al piano di sotto vedeva l’unico grande ambiente della merceria e, a quello di sopra, l’abitazione delle due donne. A questa si accedeva tramite delle scale che si trovavano dietro il bancone, celate da una porta, e l’ospite veniva accolto da un piccolo ma accogliente salotto che, sicuramente, fungeva anche da sala da pranzo.
Il tavolo era solo per quattro persone e quando Andrew e Laura arrivarono, trovarono già disposto un servizio da the di semplice ma buona fattura. Anche il resto del mobilio denotava una certa dignità, come dimostrava la credenza di legno scuro dove si vedevano, dagli scomparti con ante di vetro, dei bei piatti da portata smaltati. Sopra la mensola del caminetto vi erano alcuni ninnoli di delicata fattura e una foto incorniciata di Erin che mostrava orgogliosa il suo diploma scolastico.
Teresa si era cambiata e ora indossava un vestito azzurro spento: sembrava molto più a suo agio ora che si trovava nella propria casa e sembrava anche più disposta nei confronti di Laura che, a sua volta, aveva concesso di dare una seconda possibilità a quella strana rivale, in nome dell’amore che nutriva per il fratello.
“Credo che la presenza dei ragazzi abbia impedito di dire molte cose – iniziò la padrona di casa, dopo che ebbe terminato di servire il the assieme a dei pasticcini fatti in casa – anzi, praticamente di dire tutto”.
Lanciò un’occhiata stranita a Laura che, inaspettatamente stava sorridendo.
“La prego di scusarmi – si affrettò a dire la rossa – è che tutto questo mi ricorda una situazione difficile che ho vissuto con Heymans diversi anni fa. So cosa vuol dire rivelare un passato difficile da ricordare, specie se lo si è tenuto gelosamente nascosto per anni per proteggere i propri figli”.
“Immagino la sua storia, signora – annuì l’altra – come ho già detto all’ingegnere, per quanto Henry non abbia mai spiegato nei dettagli il motivo della sua permanenza in paese, avevo tutti gli elementi per capire quanto era successo. Sapevo bene di che pasta erano fatti i suoi genitori: Henry mi aveva raccontato più volte di quanto fossero all’antica e di difficile gestione. Non credo che mi avrebbero accolto bene a casa vostra se mai la nostra relazione fosse andata avanti”.
“Parlavate già di sposarvi?” gli occhi grigi di Laura si puntarono su di lei, mentre la mano che reggeva la tazza si irrigidiva leggermente.
“Sposarci, no – corresse lei – ma sono stata la relazione più seria che Henry Hevans abbia mai avuto nella sua vita. E credo che se il destino avesse deciso diversamente in quelle trincee, presto o tardi si sarebbe arrivati a quel momento”.
“Perché dice che i genitori di Henry non l’avrebbero accolta molto bene? – chiese Andrew incuriosito – in fondo, a parte la nascita di Erin, non mi sembra che…”
“Già, non sembra adesso – annuì lei, alzandosi e andando alla credenza dove era posata una scatola di cartone. La portò al tavolo e la aprì, tirando fuori delle lettere e diverse foto – vorrei che questo restasse tra di noi: Erin non sa molti dettagli sul mio passato e vorrei restasse così”.
Andrew e Laura si guardarono perplessi, non riuscendo a credere che quella signora potesse avere un passato in qualche bordello. E anche l’idea di Henry in un simile posto era inverosimile.
“Mi dica, signora – sorrise Teresa, allungando una foto – crede che i suoi retrogradi genitori, quelli che le impedivano persino di diventare una sarta, avrebbero accettato l’idea che io lavorassi nell’esercito?”
 
Laura prese con incredulità quella vecchia foto dai bordi un po’ rovinati.
Doveva esser stata scattata in qualche ufficio militare, come denotavano la scrivania piena di documenti, lo stemma dell’esercito alla parete e gli archivi alle pareti. Nonostante l’ambiente di lavoro l’atteggiamento dei due soggetti fotografati non era formale, come se fossero stati colti di sorpresa in un momento di svago. Un giovane sergente Henry Hevans, seduto in una delle sedie davanti alla scrivania, sorrideva sfacciatamente all’obbiettivo mentre una giovane soldatessa dai corti capelli castani, in piedi accanto a lui, aveva l’aria più imbarazzata, eppure indiscutibilmente felice per il momento che stava vivendo. Sull’angolo destro della foto c’era a penna una data: settembre 1881. Un anno dopo quel sergente sarebbe morto al fronte.
La rossa alzò lo sguardo su Teresa, cercando la somiglianza tra quella donna e la giovane soldatessa dall’aria sbarazzina della foto. A guardarla bene, scavando dietro gli anni, il lavoro, la fatica di crescere una figlia da sola… tagliando quei capelli castani e rendendoli più lucenti.
“Nel 1881 avevo ventuno anni ed ero appuntato dell’esercito – spiegò Teresa con un sorriso – non ero un vero e proprio soldato, facevo piuttosto parte del reparto amministrativo. Come potete vedere la  mia divisa prevedeva la gonna al ginocchio piuttosto che i pantaloni, come invece succede per le soldatesse vere e proprie. Anche il nostro corso in Accademia era molto più breve: durava solo un anno invece che due e l’insegnamento dell’uso delle armi era ridotto al minimo”.
“Credo che Erin sarebbe molto fiera di sapere che sua madre è stata una soldatessa – constatò Andrew, prendendo in mano la foto e guardandola con attenzione – perché non dirglielo?”
“Per via di quello che la divisa ha comportato – rispose la donna, posandosi allo schienale – dovete sapere che nell’esercito esistono le regole anti fraternizzazione. Le relazioni tra soldati sono proibite, specie per evitare favoritismi tra i differenti gradi. Certo, è una regola che spesso viene aggirata, specie tra i ranghi più bassi, ma è comunque un rischio e la relazione dev’essere sempre tenuta nascosta e di certo non può diventare ufficiale”.
“A meno di non lasciare l’esercito” capì Andrew.
“Alcune soldatesse fanno questa scelta – scrollò le spalle l’altra – e probabilmente anche io avrei seguito il loro esempio se le cose con Henry fossero andate avanti”.
“Come vi siete conosciuti?” chiese Laura.
“Era marzo dell’anno della foto… mi sembra passata una vita intera. Dovete sapere che Henry era abbastanza famoso tra le ragazze e non disdegnava di fare lo splendido con loro. Piaceva un sacco, aveva quel non so che di diverso rispetto ai ragazzi di città ed era facile volergli bene. Ci conoscevamo di vista e avevamo scambiato qualche parola quando lui passava in amministrazione per lavoro, ma niente di più. Per quanto lo trovassi bello e simpatico non mi passava nemmeno per la testa l’idea di una relazione con lui. Poi un giorno… così per caso, non mi ricordo nemmeno il motivo, ci trovammo a fare una pausa caffè assieme: una chiacchierata come tante, eppure è nato qualcosa… sembra strano a dirlo. Non dico fosse colpo di fulmine, ma prendemmo a parlare più spesso e da lì ad uscire assieme il passo fu breve”.
“Quindi iniziaste una relazione clandestina…”
“Oh, i nostri colleghi lo sapevano – ridacchiò lei – come vi ho detto tra i ranghi più bassi il controllo non era così alto. E poi noi del reparto amministrativo non eravamo dei veri e propri soldati, almeno non secondo i canoni classici. Era un qualcosa di più lecito, se proprio vogliamo usare il termine. La sorprende questa storia, signora?”
Laura scosse il capo con espressione di disappunto.
“È solo che… non mi aspettavo minimamente che mio fratello fosse così donnaiolo”.
“Prima di me le sue erano relazioni all’acqua di rose – scosse il capo Teresa – aveva fama di ottimo baciatore, ma tutto si concludeva sempre con qualche uscita. Non credo si fosse mai innamorato davvero: semplicemente gli piaceva divertirsi, ma da quanto so ha sempre mantenuto un atteggiamento più che corretto con tutte quante. Del resto noi dell’esercito a volte siamo strani: credo che fossimo più propensi ad accettare questa tipologia di relazioni piuttosto che quelle stabili. Henry, come altri, sosteneva che fosse per via della consapevolezza di poter morire da un momento all’altro”.
“Quasi se avesse avuto sentore di quello che gli sarebbe successo…” Laura serrò gli occhi con tristezza.
“Erano anni difficili, la guerra era sempre dietro l’angolo – inaspettatamente Teresa allungò una mano e strinse quella della rossa, quasi a consolarla – i fronti non si chiudevano mai e le tregue erano di pochi mesi. Era da sciocchi non pensarci… la gente comune magari non ci faceva caso, la guerra tanto era al fronte e non in città e non era così tremenda da provocare razionamenti. Le notizie si leggevano nei giornali, alla radio, ma a volte erano relegate come notizie secondarie tanto era scontata come cosa. Ma per un soldato è ben diverso, credimi: sai bene che prima o poi potrà essere richiamato il tuo plotone”.
“E poi che successe?” chiese Andrew.
“La nostra relazione proseguì serenamente fino all’inizio del 1882. Ogni tanto Henry tornava in paese per licenza e allora ci tenevamo in contatto tramite lettera. Mi parlava spesso di sua sorella e del suo miglior amico: per quanto capissi che la realtà placida della campagna non faceva per lui, era chiaro che era molto legato a quel posto e a voi due… ammetto che all’epoca avrei voluto davvero conoscervi. Ripensando a quel periodo mi sembra davvero assurdo l’atteggiamento che ho mantenuto durante il pranzo”.
“Poteva comunque trovarci dopo la morte di Henry – obiettò l’ingegnere – anche perché, con una bambina in arrivo…”
“No, non l’avrei mai fatto – scosse il capo Teresa – ammetto che dopo la morte di Henry l’ho odiata tantissimo, signora: le ho dato la colpa di avermi portato via il mio compagno per gli ultimi mesi che avremmo potuto trascorrere assieme. Se penso… se penso che ci siamo visti appena due giorni prima che lui partisse per il fronte…” la frase si interruppe con voce spezzata, mentre un dolore vecchio di anni tornava a farla da padrone.
Andrew guardò Laura e la vide arrossire quasi colpevolmente.
Certo, quelle parole non erano del tutto prive di un fondamento, anche se la responsabilità non era veramente di nessuno. Ma era ovvio che Teresa si fosse sentita derubata di quegli ultimi preziosi mesi che avrebbe voluto passare assieme ad Henry.
“Se pensa che io mi sia divertita a restare incinta e ad essere praticamente ripudiata dai miei genitori… e poi sposare un uomo che mi ha fatto passare quindici anni d’inferno!” disse Laura dopo qualche secondo di silenzio imbarazzante. Adesso il rossore sulle sue guance era dovuto anche alla rabbia.
“Suvvia – intervenne Andrew – sono sicuro che Henry non vi vorrebbe vedere litigare in questo modo”.
“Facile fare leva su di lui, Andy – lo rimproverò Laura – non voglio aggiungere un nuovo senso di colpa a quanto ho già subito in passato”.
“Nessuno ti sta dicendo di farlo”.
“A me pare invece che sia appena successo? Lo neghi?” si rivolse direttamente a Teresa, tralasciando la forma di cortesia in quel momento di astio.
“Che ti accuso di esser stata una sconsiderata? E che per colpa tua abbiano pagato le conseguenze anche altri? Non lo nego proprio!” ribatté lei a tono.
“Beh, nemmeno tu sei stata brava a tenere le gambe chiuse, Teresa Hidden!”
“Buone…” mormorò Andrew, non sapendo come gestirle.
“Osi paragonare tuo fratello con un uomo che ti ha fatto passare quindici anni d’inferno? Io con Henry avevo una relazione seria! Se ci siamo lasciati andare era perché lui era disperato… e anche io! Tu… tu non hai idea di… di cosa voglia dire passare la notte con la persona che ami… e poi piangere disperatamente per la paura di non vederlo mai più. Non è così… non è così che dovrebbe andare la prima volta!” adesso calde lacrime colavano sul viso pallido di Teresa, mentre le sue mani si stringevano convulsamente al bordo della scatola di cartone.
Laura rimase in silenzio davanti a quella sfuriata, ma anche sul suo viso colava qualche lacrima di rabbia
Andrew da parte sua non sapeva cosa dire: trovarsi davanti a due forme di dolore così diverso lo destabilizzava. Ciascuna di loro aveva le sue ragioni e se il suo cuore lo portava ad empatizzare maggiormente con Laura, dall’altra non poteva fare a meno di solidarizzare anche con Teresa.
Forse da un certo punto di vista capiva maggiormente cosa aveva passato quest’ultima la tremenda notte in cui si era concessa ad Henry. Perché anche lui aveva provato cosa voleva dire abbracciare la propria compagna senza sapere se sarebbe stata l’ultima volta o meno. Le immagini della gravidanza e del parto di Kain tornarono come fulmini a ciel sereno nella sua mente, così come il ricordo della paura attanagliante che aveva provato quando sembrava che Ellie dovesse morire assieme al bambino.
“Se volete – mormorò dopo qualche minuto – terminiamo qui questo incontro…”
Laura si girò verso di lui, come se si rendesse conto della sua presenza solo in quel momento. I suoi occhi grigi tradivano l’esigenza di andare via da quel posto, ma poi tornarono a fissare la foto che mostrava quei due soldati sorridenti.
“Ecco – mormorò con difficoltà dopo qualche secondo – anche se è difficile… forse è giusto andare sino alla fine di questa storia”.
“Sì, lo credo anche io…” annuì Teresa, asciugandosi le lacrime con la manica del vestito.

 




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Eccomi, 
scusate il ritardo, ma sono stata parecchio impegnata in questi giorni.
Allora, finalmente conosciamo la famosa compagna di Henry, Teresa. Com'era da prevedere non è un incontro rose e fiori, tant'è vero che ho preferito "allontanare" i ragazzi per permettere un chiarimento più profondo di quello che si sarebbe fatto con la loro presenza.
Non sono situazioni facili come potete immaginare e di certo il dolore per la morte di Henry torna ad essere più vivo che mai. 
Ho preferito dividere il capitolo in due parti, altrimenti veniva troppo lungo.
A presto :)

 
  
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