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Autore: Mini GD    09/03/2017    4 recensioni
Quando sentivo delle ragazze acidificate in televisione, pensavo al degrado della cultura nella quale erano inserite, alla difficoltà che rappresentava per loro l’essere donna. Che qui, in Italia, non si vivesse come in India, dove la femminilità è una disgrazia, una colpa da espiare.[...]
Io sono una di loro, nonostante la nazionalità diversa.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ogni giorno, ogni mattina, affrontare il mio riflesso nello specchio è sempre più difficile. Penso a te, istintivamente, nonostante tutti continuino a ripetermi che non dovrei farlo, che dovrei amarmi di più e dimenticarti, come se non fosse mai successo nulla.

Per loro è facile, dall’alto della loro esperienza di vita, sicuramente sanno come comportarsi.
Io lo so, lo so che loro vogliono aiutarmi, ma li vedo i loro sguardi, capisco i loro pensieri: provano pietà per me, che porto in volto il tuo marchio.

E pensare che una volta mi piaceva sentirmi dire che ero tua. Non potevo sapere, non potevo prevedere cosa nascondevi dietro quella gelosia, che pensavo fosse romantica.
Ti ho odiato, come ho odiato me stessa. Ci sono stati momenti in cui ho desiderato poter dormire per sempre, restare nel mondo immaginario dove tutto era come prima.

Per te passavo sempre troppo tempo allo specchio, a controllare che fossi perfetta. Adesso lo evito il più possibile, per il disgusto. I miei trucchi li ho tutti rinchiusi in uno scatolo, sotto il letto. Saranno scaduti ormai, ma il coraggio di buttarli non ce l’ho.

Lo psicologo ha detto che il trauma che ho subito mi ha reso fragile, attaccata al passato ma profondamente diversa dalla donna che ero prima. Non gli ho mai raccontato che nel riflesso, la mattina, vedo anche te, il tuo ghigno malefico, lo stesso di quella sera.

Hai sempre amato il buio, lo trovavi sublime. Parlavi di stelle, di sogni, di un futuro con me. Eppure in quel momento, nel posto in cui mi hai dato il primo bacio, hai rovinato tutto il mio destino.
Per i primi tempi non ricordavo nulla. A detta del medico, era un mio sistema di difesa, un modo come un altro per affrontare la spiacevole situazione.

L’occhio destro è divenuto cieco, il padiglione dell’orecchio è stato danneggiato, ma per fortuna sento ancora. Al tatto, la pelle, anche quella del collo, è così deformata che ho passato mesi prima di riuscire a sfiorarla senza avere la sensazione di vomitare.

Quando sentivo delle ragazze acidificate in televisione, pensavo al degrado della cultura nella quale erano inserite, alla difficoltà che rappresentava per loro l’essere donna. Che qui, in Italia, non si vivesse come in India, dove la femminilità è una disgrazia, una colpa da espiare.
Adesso sull’argomento so tutto, mi hanno coinvolto come testimonial in una di quelle associazioni umanitarie che salvano la vita di queste ragazze.

Io sono una di loro, nonostante la nazionalità diversa. Sono stata privata della possibilità di essere me stessa, di essere felice. Perché con una società, dove si viene bombardati costantemente da immagini esteticamente perfette, io sono un difetto.

Parlano di me, hanno pietà per me, credono che mai capiterà a loro una situazione come la mia. Era quello che pensavo anche io. Smetteranno di curarsi di me quando un’altra ragazza sarà rovinata per sempre.

Dovrò andare ad una conferenza, dovrò parlare di cosa significa essere donna. Sono giorni che ripenso alle parole da usare, a cosa significa per me, per quella che sono adesso.
Ho scoperto di non avere niente in mente, se non frasi fatte già da qualcun altro. Sono diventata così mediocre, io che prima amavo leggere e discutere con gli altri.

Adesso vorrei guardarti e chiederti se per te sono ancora una donna. Se ancora in me trovi la bellezza che avevo prima che mi sfregiassi. Se ancora posso essere sensuale, accattivante. E poi ricordo, ricordo le parole di quella sera, la rabbia che avevi usato in quelle orribili frasi e nel tuo ripugnante gesto.

Hai preteso e ottenuto tutto da me. Volevo solo essere libera di poter lavorare, ero felice mentre ti parlavo dei miei progetti. Per questo avevo scelto il nostro posto, per festeggiare sotto la luna piena.
“Per ottenere quella promozione sicuramente avrai aperto le gambe! Sei solo una lurida putt-” Non ti ho lasciato finire, ti ho colpito con tutta la forza della delusione. Ma io non sono mai stata forte, non quanto te. Il segno che ho lasciato sul tuo viso non è durato neanche un millesimo di quello che hai fatto a me.

Piangevo, dentro ero morta e mi hai colpito, colpito per ferirmi.
“Vivrai tutta la vita sapendo di essere mia.”  L’hai detto in tribunale, dopo esserti dichiarato colpevole per ottenere uno sconto di pena. Ti hanno scortato via immediatamente, ma avevi ragione, sei rimasto impresso, a fuoco, dentro di me.

Sei come un tumore, mi consumi lentamente. Sei parte di me che vuole fagocitarmi l’esistenza per lasciarmi esanime e implorante. Fino ad ora non sono mai venuta a trovarti, anche se secondo lo psicologo avrei dovuto; per affrontarti e occultarti dalla mia vita. Ma non può sapere, non capisce cosa provo io. Non comprende che tutto l’amore che ho provato per te mi fa sentire costantemente in colpa, perché ero cieca, instupidita.

Però oggi questa forza l’ho trovata, sono qui ad aspettare che arrivi l’orario delle visite. Alcune guardie mi fissano, non sono una donna che necessita di presentazioni. La pelle tirata, liscia come la plastica, è il prezzo da pagare; i dottori hanno fatto di tutto per salvarmi il movimento dei muscoli facciali e garantirmi autonomia. Ti farà piacere sapermi in questo stato?

Vedendoti ho sentito l’aria mancarmi; avrei dovuto chiamare lo psicologo e chiedergli cosa fare quando sento il panico sopraggiungere.
Quando mi guardi cosa pensi? In tutto questo tempo, ti sei mai accostato al pensiero di aver sbagliato?

Una parte di me vuole nascondersi, per non farsi più trovare dai tuoi occhi, quelli che ho tanto amato. Ma lascio che tu mi guardi. Voglio essere la donna che affronta la sua vita, non quella che se la lascia scivolare addosso. Avevo intenzione di chiederti molte cose, ma, vedendoti, non sembri più essere quel mostro enorme che prende ogni spazio di me. Sei piccolo e anche un po’ pietoso.

Il tempo passa in silenzio e la zavorra che porto dentro, che mi ancorava alla paura, diventa più leggera.

Ma, vendendoti adesso, capisco cosa significa davvero essere donna.

Essere donna è dirsi che non si è colpevoli. Che l’amore vero non tappa le ali, ma fa spiccare il volo, verso posti lontani. Essere donna è essere capaci di amare, di amarsi, anche quando di amabile non c’è più niente, quando le ferite sono così grandi da non riconoscersi più. Io non lo sono stata, non più, per così tanto tempo che credevo non fosse più possibile salvarsi.

Ma poi ho capito di essere viva, di esserlo ancora e anche se lo sei tu, non importa. Che puoi avermi tolto la bellezza, ma non potrai mai privarmi della mia intelligenza. Essere donna significa anche accettare di non poter essere perfette, ma di dare il massimo in ogni situazione.

Essere donna è essere umani, portare dentro un bagaglio di ombre e traumi che ci rendono diversi, eppure non per forza forti. Essere donna non significa essere capaci di salvare anche il marcio, e io adesso so che non potevo salvare te, che sei morto dentro, un mostro senz’anima. L’ho letto nei tuoi occhi.

E così me ne vado, senza proferire parola, senza lasciarti il tempo di dirmi nulla. Hai già rubato così tanto tempo della mia vita, che non posso più sprecarne neanche un secondo. Non dimentico il passato, quello che ci vede assieme. Ma non mi colpevolizzerò più per aver provato qualcosa per te, per il sentimento grande che mi legava a doppio filo a te.

Così non dimentico neanche l’esperienza orribile di cui mi hai reso protagonista, dei mesi in agonia dove non volevo altro che cancellare tutto dalla mente. Voglio essere la forza, dare un messaggio al mondo, alle donne e agli uomini che hanno bisogno di aprire gli occhi. La violenza non è amore, così come non lo è il desiderio di possedere l’altro.

La vita mi ha messo alla prova, facendomi scoprire una parte nuova del mio carattere. Sono cambiata, mi sento più sicura di me. Sono decisa a partire da zero, senza cercare negli altri la fonte della mia felicità. Ora sono pronta a ricominciare da me. 

- Storia: Originale;
  Rating: libero
  Coppia: nessuna 
  Prompt: Cosa significa essere donna?

Questa storia partecipa alla sfida dei prompt indetta dal gruppo facebook "EFP: recensioni, consigli e discussioni"
Spero che il modo in cui ho voluto sviluppare la traccia vi sia piaciuto, senza risultare troppo pesante o, viceversa, troppo superficiale.
Grazie a tutti per aver letto.

  
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