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Autore: Shadow Eyes    10/03/2017    2 recensioni
Una raccolta di storie brevi multi!verse, incentrate sul rapporto tra L e Misa.
1. Obsession;
2. Advantage;
3. Accuracy;
4. 33%;
5. Friendship;
6. Illogical;
7. The True You;
8. Troubling Thoughts;
9. A Moment in Time;
10. Everyday Magic;
11. Heart Song.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: L, Misa Amane
Note: Movieverse, Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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LM Neve
Obsession
[100 Themes Challenge Writing Prompts]





48. Everyday Magic {Death Note | Manga!Verse}




And as far as we go
And how little we know
Joji – “Thom”





I fiocchi di neve gli turbinarono attorno, sospinti dal vento tagliente di dicembre.
«… He’s making a list and checking it twice:»
Era affascinante rilevare quanti piccoli dettagli superficiali arricchivano l’atmosfera cittadina con l’arrivo del Natale, portando a risplendere persino la linea grigia dei palazzi. Le strade si erano trasformate in un trionfo stordente di mezzi di trasporto e passanti inebriati dallo spirito delle feste, un susseguirsi di decorazioni luminose ad intermittenza e rumori frastornanti i cui bassi gli riverberavano nella cassa toracica prima di svanire.
Un paio d’ore…
Avrebbe dovuto resistere poco meno di un paio d’ore, per potersi reimmergere nella quiete del quartier generale.
«Gonna find out Who’s naughty and nice.»
L inspirò e si sforzò di deglutire quando una macchina gli passò accanto con un rombo, il fetore del gas di scarico un’altra indesiderata aggiunta a quel potpourri di odori male assortiti che circolava tutt’attorno.
“Il Natale è pura magia nell’aria!”, gli aveva detto Matsuda. “Respirala, Ryuzaki, lasciati trasportare!”.
Si chiese quanta magia avesse nei polmoni in quel momento.
«Santa Claus is coming to town! He sees you when you’re…»
Continuò a camminare in quel viavai colorato finché la vetrina di un negozio di giocattoli richiamò la sua attenzione, facendolo voltare. Il suo riflesso ricambiò il suo sguardo incuriosito, prima di imitare il suo sgomento: era cereo. Più del solito.
Istintivamente, si portò una mano alle guance e i suoi polpastrelli intirizziti parvero incidergli la pelle come delle lame di rasoio.
La temperatura dev’essere vicina allo zero.
Aldilà del vetro, una commessa lo scorse e gli sorrise. Lui s’affrettò ad afferrare il risvolto del cappello, tirandolo quasi fino a coprirsi gli occhi.
Come il resto del gruppo riuscisse a passeggiare spensieratamente con la minaccia di Kira che incombeva su tutte le loro teste era un mistero. Perdevano tempo prezioso a comportarsi come comuni cittadini quando di comune, in quella faccenda, non c’era nulla.
Amane… Quanti problemi mi crei.
«Ah!»
Un ticchettio frettoloso di tacchi sul marciapiede gli fece trarre un sospiro, che salì in una spirale verso il cielo plumbeo.
«Ryuzaki!»
Il detective piegò la testa di lato, girandosi: tra gli astanti, c’era una figura infagottata in una lunga sciarpa rossa. Ed era in rapido avvicinamento.
… E adesso cosa vorrà?
Con una mano premuta sul berretto di lana e i capelli che le svolazzavano attorno al volto, Misa zigzagò tra la folla in movimento, fermandosi solo quando finalmente lo raggiunse. Era paonazza.
«Aman–»
«Ma che ci fai ancora qui?», lo interuppe lei, piegandosi in avanti per riprendere fiato. «Sei rimasto indietro come uno scemo! Non sarà che…»
Raddrizzandosi di colpo, gli piantò un indice accusatore contro il petto.
«Stai cercando di saltare le spese natalizie?»
L inspirò rumorosamente attraverso le narici, assumendo la migliore espressione oltraggiata che quei pochi secondi di tempo gli avevano concesso di raffazzonare.
«Amane, questa tua sfiducia mi offende nel profondo. Io non sto assolutamente – non oserei mai…!»
«Come no, mai e poi mai!», gli fece il verso lei, poggiandosi le mani sui fianchi. «A Misa non la dai a bere, mio caro… Ormai sa leggere in quella testa da porcospino che ti ritrovi!»
«Ah, davvero?»
«Certo! Scommetto che eri sicuro che, visto c’è anche Light, avrei finito per dimenticarmi la tua promessa, vero?»
«… Non hai alcuna prova.»
Tra le ciocche di frangia che gli ricadevano sugli occhi, il detective intravide la figura minuta di Misa vibrare di sdegno, pronta a ribattere, ma l’improvviso strombazzare di un camion gli impedì di capire ciò che disse. Stordito dal rumore, seguì di riflesso il mezzo imponente mentre si insinuava tra le macchine, tentando di raggiungere con evidente fretta il semaforo in una polverulenta nube di smog.
«… zaki?»
Mancano due secondi esatti al rosso. Non ce la farà a superarlo.
«Ryuzaki, ti senti bene?»
La domanda estemporanea ebbe l’effetto di riconquistare la sua attenzione. L piegò il collo e si volse verso Misa, accigliato, mentre lo stridore di una frenata brusca e il levarsi d’un coro indignato di clacson gli confermavano che il camion era stato costretto a fermarsi davanti all’incrocio, proprio come aveva previsto.
«Sì, perc– Oh.»
Solo allora s’accorse di aver premuto il dorso della mano contro il naso, in cerca di un labile sollievo dal lezzo che aleggiava per strada. Con la mandibola serrata, abbassò il braccio di qualche centimetro, annusando l’aria.
Si sta attenuando.
«Sei pallido.»
«Ho bisogno di zucchero.»
Replica meccanica, pronunciata con un accenno d’impazienza.
Come prevedibile, Misa inarcò le sopracciglia, scetticismo ed esasperazione a contendersi i suoi lineamenti.
«Zucchero?»
L annuì; preferiva che l’amica alzasse gli occhi al cielo per quella scusa, piuttosto che confessarle che la sua voglia di ciondolare per vetrine e circondarsi di passanti chiacchierini, che spintonavano e indicavano le decorazioni cittadine come se non ne avessero mai vista una, aveva già raggiunto i minimi storici.
Farmi promettere di venire con voi…
Quel mondo vivace e brillante non gli apparteneva. Era frastornante.
Ma te di certo non importa, Amane. Non hai riguardo per niente e nessuno, quando ti metti una cosa in testa…
Come se fosse riuscita a percepire la piega fosca del suo umore, Misa lo scrutò in silenzio con gli occhi larghi e pieni di pensieri, dondolandosi sui talloni, le dita affondate nella sciarpa di lana rossa che portava al collo.
«Ryuzaki, è davvero un peso così grande, per te, uscire un po’? Ѐ quasi Natale!»
Il detective sospirò. L’amore per il contatto umano era una caratteristica tipica degli estroversi, così come lo era socializzare quotidianamente. Lui non aveva mai condiviso quegli impulsi. Non s’era mai sentito estatico, o pieno d’energia al pensiero di dover entrare in contatto con altre persone. Soprattutto se costretto.
«Non ti basta che stia mantenendo la promessa, Amane?»
Qualcosa gli si agitò tra le viscere quando si rese conto che quello che aveva detto non suonava affatto come una domanda. Se lo fosse stata davvero, l’avrebbe posta in un tono tale da ammettere repliche, non con l’insofferenza di chi vuole chiudere in fretta la questione.
Misa lasciò cadere lo sguardo sul marciapiede innevato, sembrando molto interessata a contare le impronte di scarpe che lo tappezzavano.
«Stare sempre soli non è un bene…»
«Neanche essere obbligati a stare con qualcuno quando non lo si vuole, se è per questo.»
Questa volta L si morse la lingua – si stava scaldando per un nonnulla. Non poteva permettere che quel piccolo risentimento gli oscurasse il giudizio. Non voleva litigare. Non lo voleva davvero. Del resto, era in grado di comprendere il punto di vista della idol, per quanto non fosse nelle sue corde.
Lei, d’altro canto, non s’è mai sforzata di comprendere il mio…
Batté ciglio.
Forse era quella, la radice del sua irritazione. Possibile fosse davvero così infantile? La retoricità sottesa di quel dubbio lo fece incupire.
«Quando è stata l’ultima volta che hai sorriso?»
La voce di Misa era un sussurro tra le musiche natalizie e il rombare del traffico, un richiamo discreto alla realtà, a lei.
«… Prego?»
«L’ultima volta che hai sorriso.», lo incalzò la ragazza, sollevando gli occhi ambrati in cerca dei suoi. «Quand’è stata?»
L schiuse le labbra. Ne uscì solo vapore.
«Non te lo ricordi nemmeno, non è così?»
Nove giorni fa. Tre e dodici minuti del pomeriggio. Matsuda ha colpito Light per errore con il braccio, lasciandogli il naso arrossato per l’intera giornata.
La sua memoria difficilmente gli permetteva di dimenticare un evento. Persino un dettaglio così insignificante come il movimento goffo di un suo collega, continuava a rimanergli vivido nei ricordi per mesi. Il realizzare che fosse, però, passato così tanto tempo dell’ultima volta che aveva provato uno sprazzo di felicità – per quanto puerile – lo convinse a tenersi per sé quell’obiezione. Misa, seppur partendo da una supposizione errata, aveva colto qualcosa nel segno, dopotutto. Qualcosa a cui lui stesso aveva evitato di fare caso.
«Misa sa cosa vuol dire.» Le dita le si arricciarono attorno agli orli delle maniche del cappotto, tirandoli sopra i polsi bianchi. «C’è stato un periodo in cui non avrebbe saputo nemmeno dire se fuori casa sua fosse giorno o notte. Non le importava.»
Il detective seguì quei movimenti involontari, nervosi, finché le pareti della gola gli si contrassero in maniera talmente convulsa da fargli male. Nella massa informe di sagome e volti che l’attorniavano, d’un tratto Misa gli parve persa. Sola.
… Quando mi guardi, vedi la stessa cosa?
Una serie di brividi gli risalirono lungo la colonna vertebrale, facendogli avvertire una lieve nausea.
«… Ryuzaki, sei sicuro di stare bene?»
L annuì appena.
«Perdonami, Amane.»
Fece un passo verso di lei, scrutandola attraverso i ciuffi di capelli che il vento gli scostava a tratti dal viso emaciato.
«Ho lavorato per così tanto tempo da solo che la mia capacità di comprendere i sentimenti altrui, a volte, non è all’altezza della situazione. Tu eri… In pensiero per me e io ho interpretato le tue azioni come un’arrogante intromissione nei miei affari personali.»
Inspirò ed espirò, rubandosi qualche secondo in più di tempo per dare ordine ai propri pensieri, prima di riprendere a parlare.
«Il mio desiderio di servire le giustizia ha sempre superato in intensità qualsiasi mia altra pulsione. Rinuncerei a tutto, pur di perseguire nel mio scopo. Mangiare, bere, dormire – persino i miei sentimenti personali vengono in secondo piano e tu... L’hai capito. In un certo senso, siamo simili.»
«Simili?»
L chinò lo sguardo livido, infilandosi le mani nelle tasche dei jeans.
«Ciò che tu fai in nome dell’amore, io lo faccio in nome della giustizia.»
«Oh.»
«Ѐ per questo che mi hai costretto a fare una paus–»
A dispetto della piega sofferente che avevano assunto le sue sopracciglia chiare, Misa sbuffò appena e ridacchiò, sventolando una mano.
«Ah, insomma, Ryuzaki! Chi è che chiede scusa così? Guarda quante rughe ti sono uscite sulla fronte per lo sforzo che hai fatto!»
Il detective batté ciglio, distogliendo lo sguardo. Era certo che, infrascata com’era tra berretto di lana e ciocche di frangia, la sua fronte non fosse affatto visibile.
Non vuole che mi senta in imbarazzo...
Ѐ per questo che sta scherzando?
«Amane…»
«Seriamente, che discorsi complicati che fai.», lo bloccò lei, divertita, facendo qualche passo nella sua direzione. «Ma, per tua fortuna, Misa sa come risolvere tutto per il meglio!»
L la sentì premere la punta dell’indice contro il risvolto del suo cappello, pungolandolo appena per richiamare i suoi occhi su di lei, prima di fare un saltello indietro.
«Che ne dici di fare un compromesso? Solo per oggi?»
Non promette bene.
«… Cosa hai in mente?»
«Oh, non fare quella faccia e ascolta l’eccezionale idea di Misa… Dunque!», gorgheggiò la giovane e drizzò le spalle, assumendo l’aria di una maestra che sta per spiegare un concetto molto semplice ad uno studente molto ottuso. «Tu, Ryuzaki, devi essere al massimo della forma per combattere il crimine, no? E Misa-Misa è felice se le persone a cui vuole bene sono felici… Quindi perché non ti godi questa piccola pausa con tutti noi e poi, al ritorno, usi l’energia che ha recuperato per catturare Kira? Due piccioni con una fava! E, se accetti, Misa promette solennemente che ti lascerà in pace per tutto il resto della giornata
Ah.
«Interessante.», si ritrovò a concederle lui, suo malgrado. «Stai dicendo che, una volta raggiunto il quartier generale, non mi rivolgerai più la parola fino a domani mattina?»
«Esatto!»
Un sogno.
«Niente domande fuori luogo? Niente strilli? Niente appuntamenti con Light nel mezzo delle indagini?»
«Croce sul cuore: Misa-Misa giura che se ne starà buona buona in camera sua! … Allora? Accetti?»
L si trattenne dal risponderle immediatamente, giusto per il gusto di guardarla saltellare da un piede all’altro per un po’, in preda alla tensione.
«D’accordo, Amane. Le tue mi sembrano condizioni ragionevoli.», le disse infine, prima battersi l’indice sulle labbra con aria assorta. «Anche se, in realtà, avrei un’ultima domanda…»
«Spara!»
«Sbaglio, o hai appena ammesso di volermi bene?»
Quelle semplici parole, recitate con la magistrale imitazione dell’innocenza di un bambino, ebbero l’effetto di una scarica elettrica sulla idol, che sussultò, fissandolo con espressione sconvolta.
Dopo tutto il tempo passato insieme, credevo fosse più familiare a certi miei meccanismi.
«A-Ah, sì? Misa ha detto proprio così?»
L dovette far forza su tutti i suoi muscoli facciali per non sorridere, ma il brillio intenso dei suoi occhi neri tradì comunque la sua esultanza.
«Temo di sì.»
A pensarci, quella era la prima sensazione gradevole che aveva provato da quando aveva messo piede fuori dal quartier generale. Forse avrebbe dovuto cominciare a considerare seriamente l’idea di essere infantile, sul fronte emotivo.
«Oh, ma guarda quanto tempo abbiamo perso! Light e gli altri si saranno congelati, nel frattempo!», esclamò Misa, tirando il cellulare fuori dalla tasca e mostrandogli lo schermo spento. «Ah, no, giusto… Che scema! Hanno detto che ci avrebbero aspettato nel caffè lì vicino!»
Fingendo di non aver notato il brusco cambio di argomento né la gaffe, L contò le nuvolette di vapore acqueo che le lasciavano le labbra rosse ad ogni respiro, risalendo in spirali evanescenti tra i fiocchi di neve.
«Ah, sì? Hanno detto proprio così?»
«Sì! Q-Quindi… Quindi bando alle ciance e andiamo! Prima li raggiungiamo, prima potrai ingozzarti di dolci e ricominciare a pensare a cose intelligenti
Accennandogli di seguirla, la giovane s’avviò verso il passaggio pedonale, seguita dalla scia infuocata della sua sciarpa. Per un frammento di secondo, nel constrastante biancore delle strade sembrò esserci solo lei.
«No, aspetta.»
«Mh?»
L la vide fermarsi di colpo sul bordo del marciapiede e voltarsi a guardarlo. Stralunato, arrestò il passo e ricambiò quello sguardo vagamente ostile, notando con sorpresa che anche l’espressione impacciata di Misa era mutata. In un broncio, per la precisione.
... Non capisco. Non avevamo appena risolto tutto per il meglio?
«C’è qualcosa che non va?», s’azzardò a domandarle.
Lei esitò, portandosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.
«… No.»
Sta mentendo.
La fronte del detective si corrugò in una piega incerta.
… Di solito non è così facile capirlo.
Prima che avesse il tempo di formulare un’ipotesi riguardo quel curioso cambio di registro, Misa piegò le braccia, afferrando e sciogliendo il nodo che le teneva la sciarpa ben annodata attorno al collo. Qualche fiocco di neve che vi si era posato sopra cadde mentre se la sfilava con grazia, trasportato via dalla corrente algida.
«Non ti azzardare a fraintendere, eh! », borbottò, storcendo le labbra. «Misa stava solo pensando che… Be’, chiudi il becco
L si grattò la guancia.
Perché deve sempre essere così contorta con me?
«“Fraintendere”? Temo che tu stia sopravvalutando la mia capacità di interpretare quello che hai appena farfugliato, Amane.», dichiarò, facendo spallucce. «Comincio ad avere il sospetto che ti si sia ghiacciato il cervello.»
Il suo commento indelicato accese le guance di Misa d’uno scarlatto vibrante.
«Che…? Quella roba succede con i gelati, cretino
«In realtà può verificarsi anche quando si beve qualcosa di molto freddo.», ribatté lui, sollevando l’indice con fare zelante. «O quando l’orofaringe rimane esposta per molto tempo a basse temperature. Hai mai provato a leccare un lampione d’inverno, per esempio?»
L’espressione scandalizzata che le strappò con quella domanda fu una replica più che eloquente.
«Ottimo. Perché, una volta che la lingua si attacca al metallo, so… Da fonti certe che è molto doloroso.»
«Be’, grazie, professore
Scuotendo il capo, Misa parve riacquistare il solito brio e si sollevò sulle punte dei piedi, passandogli con un saltello la sciarpa attorno alle spalle curve. L la lasciò fare; dopotutto, dubitava che la sua intenzione fosse quella di strangolarlo in pubblico per qualche frecciatina.
C’erano troppi testimoni.
«… Sua Grazia potrebbe abbassarsi un po’?»
A quella richiesta grondante sarcasmo, il detective espirò rumorosamente e gli occhi neri gli si socchiusero, increspandosi agli angoli in un accenno di divertimento. C’era qualcosa, nell’intimità di quel gesto, che gli stava facendo accelerare il battito. Che lo stava facendo sentire bene.
«Sai, Amane…»
S’ingobbì in avanti, sfiorando inavvertitamente il naso di Misa con il suo. Si ritrasse un po’.
«Sono certo che, qui in Giappone, sia oltremodo sconveniente per una ragazza stare così vicina ad un ragazzo. Soprattutto per strada.»
«E da quando in qua ti metti a fare il paladino del pudore, tu
«Non ho intenzione di nobilitare con un commento quest’offesa gratuita.»
Emettendo un suono simile allo sbuffo di una teiera, la idol afferrò una delle due estremità rosso fiamma della sciarpa, sollevandola e facendola volteggiare una seconda volta attorno al suo collo con un guizzo del gomito.
«Ci siamo quasi…», mormorò poi, più a sé stessa che a lui, procedendo a tirare e piegare l’altro lato con un una strana luce negli occhi. «Ah, perfetto!»
L contemplò in silenzio il decisamente poco virile nodo a mezzo fiocco che gli sfiorava la guancia.
«… Adesso siamo fidanzati?»
«Seh, nei tuoi sogni!», sbottò Misa, facendogli la linguaccia. «Piuttosto, diamoci una mossa!»
Senza degnarsi di dargli il tempo di risponderle, la giovane saltò oltre marciapiede in un tornado di capelli biondi, mescolandosi alla folla che si era precipitata sulle strisce pedonali allo scoccare del verde.
Stava… Ridendo?
L si infilò le mani in tasca e la seguì, incamminandosi sul velo di neve che aveva imbiancato di fresco l’asfalto, lasciandosi alle spalle le impronte delle sue scarpette da ginnastica logore. C’era un sentore d’errato nel calpestare quel manto uniforme, nel disarmonizzarlo.
«Permesso, vado di fretta… Permesso!»
O forse era il suo disdegno per la sporcizia a suggestionarlo.
Un uomo gli passò accanto, urtandogli la spalla; non si voltò a guardarlo, ma borbottò qualcosa tra i denti che suonava di scuse, mentre veniva inghiottito dal marasma di volti e voci che l’attorniavano, sparendo quasi non fosse mai esistito. Un Taro Yamada tra i tanti.
Il sentimento d’isolamento che una calca del genere riusciva ad instillare era alienante.
«Ryuzaki, sbrigati!»
L si guardò attorno: il berretto nero con teschi di Misa fece capolino da quella miriade di teste, seguito dalla proprietaria che piroettò con agilità tra i passanti per raggiungerlo.
… Ancora non riesco a spiegarmi come una persona così minuta possa contenere così tanta energia.
«Amane, se continui a correre così finirai per scivolare.»
«Sei tu che sei troppo lento, lumaca! Ci stanno aspettando!»
«Ciò non camb–»
Una folata di vento li investì in pieno, spazzando via il resto delle sue parole.
Rabbrividendo, il detective affondò l’indice e il pollice nell’orlo morbido della sciarpa, tirandoselo sul dorso del naso; la lana gli pizzicava la pelle ma la sensazione di sollievo che il suo calore creava, compensò immediatamente quel piccolo fastidio.
«Forza, forza!», trillò Misa, prendendolo sottobraccio per sospingerlo in avanti. «Pensa ai dolcetti!»
«Ai dolcetti…?»
Influenzato da quel suggerimento, L immaginò per un istante di stare camminando in una pasticceria e si perse fra immagini multicolori di manju, biscotti, cioccolatini ed una lista mentale delle fragranze che avrebbero potuto esserci tutt’attorno; l’odore avvolgente del caramello, la delicatezza della vaniglia, una tenue nota di talco. Poteva quasi sentirla.
Un momento… Talco?
Annusò l’aria con circospezione, rendendosi conto che tutti quei profumi non erano frutto della sua immaginazione. Affatto.
«La tua sciarpa ha un buon odore.»
… Adesso è tutto chiaro.
«Eh?»
«La tua sciarpa ha un buon odore, Amane.», ripeté, lasciando vagare lo sguardo sulle persone che gli passavano davanti. «Ѐ per questo che me l’hai prestata?»
Menare il can per l’aia non era esattamente una sua specialità.
«Ah…»
«… Capisco.»
Inizialmente, aveva ipotizzato che infiocchettarlo come un balocco fosse stato un piccolo dispetto per la sua mancanza di tatto – un semplice capriccio mirato ad imbarazzarlo. Non che potesse completamente escluderlo; l’artefice dell’opera era di Misa Amane, del resto.
Eppure…
«E anche se fosse?», eruppe la idol, sollevando il mento con fare altezzoso. «Ad ogni macchina che passa diventi un cadavere!»
«Questo non è vero.»
«Sì che è vero! E Misa non può mica passare la giornata a raccoglierti col cucchiaino
L sospirò.
Finiva sempre così. Ogni frase si trasformava in un battibecco, sebbene le loro intenzioni alla radice fossero tutt’altre. Era davvero così complicato essere onesti, per una volta?
Rallentò il passo.
«Amane…?»
«Mh?»
«Grazie.»
Avvertì le dita della ragazza stingersi attorno al suo gomito e si voltò a guardarla con espressione interrogativa. Lei evitò di ricambiare il suo sguardo ma sorrise appena, infilando la mano libera nella tasca del cappotto.
… Che abbia freddo?
Possibile. Del resto, la postura del suo braccio non le stava certo offrendo un riparo, né un appiglio decente.
Forse dovrei…
Tempo fa, Watari gli aveva sciorinato una serie di regole del galateo, compreso il protocollo da seguire in caso di una passeggiata a braccetto con una signora. Gli era sempre stato chiaro che il buon uomo ci tenesse a non farlo apparire come un buzzurro, durante i suoi rari incontri a tu per tu con i clienti. Non che avesse mai provato in prima persona quel tipo di pressione sociale, ma poteva comunque comprenderne i meccanismi alla base e usarli a suo vantaggio.
Tolse le mani ossute dalle tasche dei jeans e piegò con delicatezza il braccio che Misa gli stava cingendo, accostandoselo al fianco in modo da ripararle la mano dal vento.
«Va meglio?»
La giovane sembrava scioccata.
«Ryuzaki, Misa lo sa che è la terza volta che te lo chiede ma… Sei sicuro sicuro di stare bene?»
Con uno sbuffo leggero L sorrise, lo sguardo perso tra i fiocchi di neve.
«Adesso sì.»
Non lo avrebbe ammesso ad alta voce ma, forse, adesso, un po’ di magia la sentiva.










.:~*~:.

Nel frattempo, nel caffé:
Light, sorrise tra sé: aveva appena scorto in lontanaza Misa e Ryuzaki a braccetto. Ora aveva il materiale per punzecchiare e prendere per il culo il suo rivale per settimane. Così imparava  a ridere delle sue disgrazie. Il naso, ogni tanto, gli faceva ancora male.
FINE

Hah hah hah XD
Dunque! Episodio in cui Misa nota che le indagini vanno a rilento perché tutto lo staff è stremato, in particolare L che mangia e dorme pochissimo per lavorare più ore, e li costringe a fare una pausa con la scusa del Natale e dello shopping. E, visto che comunque è sempre impulsiva e prepotente, il buon L si accorge in ritardo delle sue buone intenzioni.
Il tema è la comunicazione. Che alle volte è un pelino complicata. Giusto un pelino-ino-ino.
Durante una festa, per esempio, se un estroverso vede un introveso che se ne sta solo in un angolo, pensa di fare la cosa giusta avvicinandosi a chiacchierare un po’. L’introverso, invece, magari così finisce per sentirsi ancora più a disagio.
Oppure, se un introverso si trova ad avere a che fare con un estroverso in crisi, potrebbe decidere di rispettare i suoi sentimenti e non fargli domande troppo invadenti. Ma, così facedo, magari l’estroverso potrebbe pensare che all’introverso non gliene importi niente del suo malessere.
Insomma, penso che L e Misa siano un po’ così e io nON SONO BRAVA A SPIEGARE ‘STE COSE. Lo so. ç_____ç Il succo è che, a volte, ci dimentichiamo che esistono altri punti di vista, oltre al nostro. E fraintendiamo. O prendiamo sempre tutto sul personale, quando invece, dietro ad un gesto apparentemente invadente, ci possono essere anche delle buone intenzioni. Per carità, non sempre, eh. Ma questo non deve impedirci di sondare il terreno per capirlo, ok? Brav.
...
E mobbasta veramente però. Passiamo alle mini note, va!
  • La canzone che L sente per strada, “Santa Claus Is Coming to Town”, l’ho scelta perché, se si distorce un po il constesto, può ricordare anche quello che fa Kira, con la sua lista. Il Natale dell’inquietudine hah hah hah XD
  • Onestamente, non so se L abbia la memoria eidetica o meno... Ho fatto qualche ricerca, ma non sono riuscita a trovare una risposta certa, così ho semplicemente scritto che gli sfuggono ben poche cose.
  • “Taro Yamada” (come “John Doe” in America) è un nome usato in Giappone per riferirsi ad un uomo la cui reale identità è sconosciuta. In Italia, viene definito “Ignoto”. E basta. Niente nomi comuni tipo “signor Rossi”, o Pierfranco.
  • Misa è un criceto iperattivo.
Ah, e il prossimo capitolo sarà anche l’ultimo. Ho deciso di costruirlo con una serie di frammenti su questi due paperi, perché mi sono venute mille idee in mente che non sono riuscita a sviluppare bene in singole one shot. Ma, visto che funzionano bene anche come tante piccole finestre sulla quotidianità di L e Misa, così sia.
Passando ai saluti, ringrazio tutti i lettori vecchi e nuovi, in particolare Liry_chan, che ha fatto l’errore madornale di aggiungere questa raccolta ai preferiti hah hah hah hah X°D Sei ancora in tempo per scappare GRAZIE! ~ヾ(^∇^)

See ya,

Shadow Eyes
  
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