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Autore: TrueCroix2    10/03/2017    2 recensioni
Sono gli dei che scelgono il nostro fato o siamo noi che lo costruiamo? Dopo aver ottenuto immensi poteri, era tempo per il Sangue di Drago di smuovere le grandi potenze e fare ciò che doveva essere fatto. Tamriel doveva piegarsi al suo Thu'hum. Guai al folle che tenterà di fermarlo, mortale o dio che sia.
Racconti sugli eventi successivi al gioco.
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dovahkiin
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Lo sentiva. Gli spiriti dei sottomessi reclamavano la sua anima. Molto male aveva causato nella sua vita, lo sapeva, ma lei amava farlo. Fin dai giorni della sua vita da soldato, lei adorava far soffrire e sentire la gioia del comando, di avere potere decisionale sulla vita, di essere un Giudice. Ecco, essere un Giudice. Ogni Giudice Thalmor aveva il compito di decidere qualsiasi pena verso il condannato, erano bravi nel far rispettare la legge Altmer nel Continente. A loro non importava cosa tu avessi fatto, se ti sospettavano di tradimento il Giudice aveva il dovere di eseguire la sentenza sul posto. Nessun processo, nessun giurato, nessuna sentenza, solo il boia dalle orecchie a punta che trucida il colpevole.
Il Dominio Aldmeri è potere e nessuno deve mai mettersi contro il potere. Rinato dalle ceneri del precedente Dominio, il partito Thalmor ha ben presto ottenuto rispetto all’interno della politica interna della neo Alinor e il concentramento sulla ricerca militare ha garantito al popolo Altmer la giusta spinta verso la gloria. Dopo i disordini interni, ottenere l’Indipendenza dall’Impero fu una passeggiata, dopotutto se ci erano riusciti gli sporchi popoli di Argonia perché la razza perfetta non avrebbe dovuto? Inoltre i tempi erano maturi e i giovani Elfi Alti avevano acquisito destrezza nel dominio delle creature dell’Oblivion e nelle arti militari.
In molti sottovalutavano quel popolo, nessuno riusciva a fiutare con le loro subdole spie il pericolo che si celava tra le forze Altmer.
Solo un gruppo lo comprese, Le Blade.

Discendenti degli invasori Akaviri, quest’Ordine non si limitava solo ad essere la forza militare d’elite dell’Imperatore, essi ricoprivano molteplici ruoli: Fabbri, ricercatori, cacciatori, spie, assassini, soldati, loro erano le mani e gli occhi dell’imperatore Sangue di Drago su tutto il continente. Le Blade ingaggiarono una guerra tra le ombre contro i Thalmor cercando di prevenire il loro inevitabile conflitto con l’Impero. Ogni agente delle Isole Summerset e di Valenwood non riposava mai, ogni giorno cercavano di provocare attentati alle vite dei diplomatici Thalmor o di distruggere una possibile arma letale. Gli elfi però non si diedero per vinto e con la calma misero in atto la giusta punizione per quei miseri e deboli uomini: La Grande Purga.
Nacquero i Giudici Thalmor, potenti Spade Stregate ed Evocatori di creature dell’Oblivion che radunarono in men che non si dica un buon numero di affiliati pronti a dare la caccia alle sciocche Blade. Una ad una furono catturate e relegate nelle vaste prigioni di Alinor. I Giudici furono anche attenti a non lasciar trapelare qualsiasi informazione riguardasse quel rastrellamento all’Alto Comando delle Blade a Bruma. Dopotutto lo aveva detto anche il Gran Giudice Supremo Naarifin: doveva essere una squisita sorpresa per sua Maestà e una dolorosa ferita al cuore per l’Ordine. Mentre la Dominazione Aldmeri cresceva sempre più con l’annessione di Elsweyr, l’Impero si indeboliva pericolosamente fino a giungere al momento dell’attacco. Il 30 della Gelata 4E 171, ebbe inizio la decisiva disfatta del regno degli Uomini che si concluse con il Concordato Oro Bianco. La dignità degli uomini era stata incenerita, l’eresia del loro Dio era stata ammessa e il loro “Impero” era divenuto uno stato cliente del Dominio.
Mancava solo una cosa da fare: Eliminare coloro che avevano osato sfidare per primi il diritto degli Altmer su Tamriel.
Fu così che continuò la Grande Purga. Il Tempio del Signore delle Nubi venne attaccato e i suoi abitanti seviziati. Le ceneri salivano tra le cupe nuvole di quel giorno. In quella spedizione punitiva tra i giudici addetti alla tortura emerse la figura della più sadica elfa mai esistita. Sanguinaria, amante delle grida e delle sofferenze altrui, Elewen risultò essere la torturatrice più esperta dell’intero esercito. A lei vennero affidati gli incarichi più delicati come la tortura del giovane figlio dello Jarl di Windhelm Ulfric, grazie a questo i Thalmor riuscirono ad aggiudicarsi molte informazioni e a far passare il seme del dubbio nella testa di Ulfric. Elewen infine riuscì a diventare Ambasciatrice dei Thalmor a Skyrim dopo il terribile Incidente di Markhart. L’obiettivo era riuscire a trovare nuovi alleati per il Dominio ed indebolire la regione. La Guerra Civile scoppiata grazie ad Ulfric si dimostrò un’ottima opportunità e quindi l’unica cosa che bisognava fare era mantenere quella guerra e uccidere il maggior numero di adoratori di Talos. Tutto procedeva per il meglio se non fosse stato per lui.

Elewen capì già dalla prima volta che lo vide che quel Nord sarebbe stato un pericolo per i suoi piani ma non avrebbe mai immaginato quello che realmente accadde.
Liberazione di prigionieri, intrufolamento all’interno dell’ambasciata con conseguente omicidio di personale, la fine della guerra ed infine l’affronto più grande. Il suo esercito formato da Blade che teneva sotto assedio la fortezza dell’ambasciata dove ora Elewen sentiva la sua fine sempre più vicina.
Odio puro cresceva sempre di più dentro lei, un odio generato da un essere che ora a stento poteva considerare un uomo. A Hrotghar lo aveva lasciato come qualcuno terrorizzato dalle scelte, terrorizzato di non fare la cosa giusta, di dire la cosa sbagliata. Lui ora era qualcosa di più, di inarrivabile. Poteva considerarlo con una punta di eresia... un semidio.
Le mura tremavano mentre lei frettolosamente cercava di prendere più documenti possibili dal suo ufficio. Ne prendeva uno e via nella sacca. Un altro e via nella sacca. Ansimava. Un fiatone uscito fuori per la paura. Doveva andarsene immediatamente e raggiungere Ondolemar a Markarth, lì sarebbe stata al sicuro. Altre esplosioni, i maghi delle Blade stavano creando un pandemonio, in quella stanza echi lontani di grida e di urla cariche di ferocia raggiungevano la tremolante elfa. Avrebbe voluto più tempo, ma di tempo non c’era. Lanciò delle rune esplosive vicino l’ingresso. Avrebbero dovuto faticare per il suo cadavere e lei si sarebbe fatta sudare, questo era certo. Sentiva le pesanti armature con il loro assordante rumore metallico essere sempre più vicine e, come esse si avvicinavano, così nuove strazianti urla elfiche si levavano nell’aria di cenere e zolfo. Elenwen sentiva che il soffitto non avrebbe retto a lungo e che erano solo questioni di minuti prima che la Vendicativa avrebbe sfondato il portone, quindi non poté fare altro che bruciare il resto dei documenti dell’ufficio. Una fiamma calda come l’inferno uscì dal palmo dorato dell’Altmer e incenerì anni di ricerche, di sentenze e di importanti informazioni sul Dominio. Nessuno dovrà mai sapere di quelle e non sarebbero mai finite in mano al nemico, meglio ridurle in cenere invece! Ora poté scappare. Scese di corsa le scale che portavano alle prigioni e alla sala di tortura. Cercò le chiavi della botola che tempo addietro aveva permesso la fuga del dannato “draghetto” che ora voleva la sua testa. Non le trovava. Senza pensarci su due volte sfondò il pavimento con un grido tutt’altro che normale ma pieno di disperazione. La via era lì! Ora poteva fuggire!

Ma non riuscì.

Qualcosa l’aveva sbalzata con forza contro il muro rompendogli qualche costola. Il dolore si sovrappose alla rabbia e le urla furono la sola cosa che riuscì a fare uscire dalla suo bocca. Alzò gli occhi dal polveroso pavimento cercando di capire cosa l’avesse colpita. Distinse sei figure, e mano a mano che la vista andava a fuoco riuscì solo a farle crescere l’angoscia a causa della sua fantasia che stava diventando realtà.
Il forte urto che la colpì era in realtà una poderosa spallata di una rabbiosa cagna umana, anzi della regina di tutte le cagne: Delphine.
La Blade si ergeva imponente sulla dolorante Thalmor e quest’ultima riusciva a sentire ogni tuono proveniente dagli occhi fulminanti che la fissavano. Non ci furono parole, solo fatti, ed infatti veloce come un lampo un calcio colpì Elenwen sul viso rompendogli qualche dente, poi venne presa dal colletto impreziosito d’oro da luride mani sporche di sangue elfico e venne scaraventata sul pavimento verso le altre figure.

"PENSAVI DI SCAPPARE!?" L’urlo di Delphine fece tremare di paura anche le altre Blade intorno, la sua voce infatti era simile al ruggire di una fiera pronta a sbranare la sua preda e a non voler condividere il proprio pasto con nessuno "Guardati! Un tempo con il tuo ego e la tua crudeltà schiacciavi i deboli. Ed ora? Strisci come il verme che sei!"

Elenwen non disse nulla. Anzi sarebbe meglio specificare che non riusciva a sentire nulla. La botta in testa di prima l’aveva così stordita da non farle riuscire più a distinguere i suoni, poi alzò lo sguardo verso l’alto e un ghigno le nacque in volto
"Tutto… è inutile" faceva fatica anche a parlare "ho già avvertito Ondolemar… presto sarà qui con tremila Thalmor pronti… a divorarvi!" Elenwen notò una scintilla di paura su Delphine e vide che le Blade intorno incominciavano a fissarsi come se con i loro sguardi potessero instaurare una silenziosa discussione "Avete perso miserabili insetti!"

Delphine ordinò di legare l’ambasciatrice del Dominio e di portarla su un carro e così fecero. Mentre veniva portata con la forza fuori dai suoi uffici, Elenwen vide con i suoi occhi le fiamme che avvolgevano le rovine di quella che, fino a poche ore fa, si presentava come una gloriosa fortezza. I corpi dei suoi sottoposti marcivano nella nuda terra e l’aria era pregna di fumo che rendeva difficile respirare, la sala dei ricevimenti dove era solita preparare sontuosi banchetti era ora un cumulo di macerie. Era insolito che un gruppo di soldati potesse creare una tale distruzione, chi era capace di tanto potere? Cercò però poi di non pensare a simili inerzie, tra poco sarebbero tutti morti e lei libera di torturare uno ad uno tutti i suoi aguzzini.
Il gelo di Skyrim riuscì a farla riprendere un po’, il sole era oscurato da nubi nere di fiamme e il contrasto con il panorama innevato era molto forte, e in quel paesaggio Elenwen non aspettava altro che la macchia nera delle truppe di Ondolemar, che avevano già avvistato l’esercito delle Blade avvicinarsi all’ambasciata giorni prima. Era solo questione di momenti. Prima di mettere piede sul carro dei prigionieri, Elenwen sentì un rumore assordante vibrare nell’aria, tutti lo sentirono. Era simile ad un forte stridio ma più profondo e rauco, era simile ad un urlo. Alla fiera ambasciatrice Thalmor a quel suono si sentì mancare. Possibile fosse lui?

La paura divenne certezza. Uno stormo di draghi apparve dalle nuvole cineree urlando le loro arcaiche parole, in testa un drago rosso che si distingueva in quella macchia di bestie oscure. Ben presto circondarono i cieli dell’ambasciata e il grido di vittoria degli eserciti delle Blade onoravano il comandate di quei soldati alati. Il drago rosso atterrò generando un tonfo che alzò il nevischio sul terreno e dal suo groppo scese la più grande disgrazia che gli elfi avessero mai potuto vedere dai tempi di Tiber Septim. Quel Nord, acclamato dalle Blade quasi come una divinità, si avvicinò alle sue truppe gridando tre Parole del Potere.

"YOR TOOR SHUL!"

E una vampata di fiamme, calde come quelle dell’Oblivion, uscì come un soffio dalle bocca di quell’individuo. Diede spettacolo per tutti i soldati che avevano combattuto in quella sanguinosa battaglia con una dimostrazione di forza, poi si voltò verso Elenwen guardandola compiaciuto proprio come si guarda un perdente.

"Bane…" quel nome le uscì fuori come vomito.

"Elenwen. Noto che finalmente ti hanno messa al tuo posto"

"Maledetto! Dov’è Ondolemar!?"

"Intendi quell’elfo che ha provato ad intralciare la mia armata e che si è messo a piangere come una puttana gridando di risparmiargli la vita? Un attimo…" Bane prese una sacca che aveva con sé e tirò fuori qualcosa lordo di sangue "ecco digli ciao"

Il disgusto stava facendo vomitare la Thalmor mentre guardava impotente la testa sanguinante e crucciata a causa del dolore inflittogli nel momento della morte di Ondolemar "Non posso crederci… Ondolemar…"

"Vedi? Ecco! Guardati intorno e ammira la sua testa! Questa è la punizione per tutta la sofferenza che voi avete causato in queste terre e in tutta Tamriel. Questa è la punizione per tutti quelli che provano a sfidarmi"
Forse per la prima volta nella sua vita Elenwen pianse lacrime di terrore.

"Portatela al Tempio" ordinò il Sangue di Drago "torturatela per un mese intero. Giorno e Notte. Poi inviate la sua testa ad Alinor"
Le Blade lì vicino si inchinarono e portarono via Elenwen. Intanto Delphine raggiunse il Dovahkiin "Sangue di Drago. Grazie… credevo di essere spacciata e invece ironicamente devo ringraziare questi draghi di cui nemmeno mi fidavo… ma ora qual è il
prossimo passo?

Bane la guardò con uno sguardo rilassato e compiaciuto "Manda un corriere ad ogni Jarl di Skyrim, li riuniremo a Whiterun. Credo sia giunto il momento di discutere con loro dell’invasione"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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