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Autore: anilasnoches    11/03/2017    0 recensioni
Simone si distrasse di nuovo notando un’incrinatura nella voce dell’uomo, le cui parole adesso uscivano fuori con una certa fatica. Se solo potesse esprimersi mediante una tastiera in questo momento, pensò, farebbe filtrare tranquillamente le sue parole attraverso la rete. Queste sarebbero state recapitate al destinatario sotto forma di neutre informazioni digitali, lasciandosi dietro ogni emozione, tono o sfumature. Parole che non tradivano alcun sentimento. Parole che non ti tradivano mai.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ma che ci faccio qui? Non conosco nessuno e queste facce mi sembrano lontane anni luce da me. Ma che avrò mai da condividere  con questa gente? Probabilmente soltanto il desiderio di non esserci. Questi erano i primi pensieri che frullavano nella testa di Simone nel momento di aggregarsi  al circolo degli alcolisti anonimi. Quando prese posto, un uomo aveva già preso parola.
-- La mia devozione all’alcol inizia – non ci crederete - quando avevo solo sette anni. Ero in chiesa con mio padre durante l’eucarestia quando gli chiesi inorridito se quello che stava bevendo il prete fosse davvero il sangue di Gesù. Divertito, mi spiegò che quello era vino, invitandomi a stare in silenzio. Senza rendersene conto, quel giorno mi convinse del fatto che il vino fosse il sangue di Cristo. Io rimasi colpito pensando che il sangue del figlio di Dio fosse una bevanda che piacesse tanto agli adulti. Una volta diventato grande, anche io avrei voluto bere il sangue di Gesù --.
L’uomo si interruppe, sospirando amaramente. Portava degli occhiali da sole, che poggiavano perfettamente sugli zigomi sporgenti e sul naso prominente. Simone si impietosì – di una pietà miserevole, la stessa che si sarebbe potuta provare per uno stupido - pensando che i più maliziosi potessero sospettare che con quegli occhiali volesse dissimulare eventuali bugie. Se solo adesso si trovasse comodamente seduto a “messaggiare” col suo computer, non avrebbe certo bisogno di indossarli – concluse nella sua testa.
-- Delle sere in cui tornavo a casa completamente ubriaco ricordo soltanto l'espressione frustrata e impotente di mia moglie, la stessa che aveva quando guardava le inchieste televisive sulle stragi di civili in medio oriente. Sapete, era una donna molto sensibile e interiorizzava eccessivamente la sofferenza che la circondava, anche a migliaia di chilometri di distanza -- .
Simone si distrasse di nuovo notando un’incrinatura nella voce dell’uomo, le cui parole adesso uscivano fuori con una certa fatica. Se solo potesse esprimersi mediante una tastiera in questo momento, pensò, farebbe filtrare tranquillamente le sue parole attraverso la rete. Queste sarebbero state recapitate al destinatario sotto forma di neutre informazioni digitali, lasciandosi dietro ogni emozione, tono o sfumature. Parole che non tradivano alcun sentimento. Parole che non ti tradivano mai.
-- Una di queste sere si avvelenò con l’arsenico nella nostra camera da letto, morendo tra atroci sofferenze. Io me ne accorsi solo la mattina dopo quando entrai a chiedere perché non aveva preparato la colazione --.
La sua voce si spense nella commozione generale. Una donna stava addirittura per mettersi a piangere. La pesante matita nera che le cerchiava gli occhi sembrava il contorno di un fumetto, ed uno strato di trucco le ricopriva come una seconda pelle il resto del viso. Asciugandosi le lacrime che cominciavano a scendere, si ripulì in parte dal make-up, scoprendo una faccia cadaverica e piena di rughe. Le guance scolpite e colorite le diventarono cadenti e pallide, e la matita nera che colava le fece comparire delle orribili occhiaie sotto le orbite infossate. Tutte le sue imperfezioni, in pratica, ora le apparivano evidenti sul volto.
Con una faccina lacrimante in chat avrebbe comunicato il suo pianto senza dover mostrare quanto in realtà sia un cesso invecchiato male, si disse Simone con un sorriso.
Quando riuscirono a calmarla, prese inaspettatamente la parola.
-- Cominciare a bere è la cosa più stupida che ho mai fatto. Se potrei scancellare qualcosa, scancellerei il giorno che ho cominciato. Io vorresti tanto tornare indietro… --.
Si interruppe allo scoppiare della risata di Simone, che non riuscì a trattenere la sua ilarità. Tenendosi il viso fra le mani, questi pensava che anche l’internauta più ignorante avrebbe potuto pensarci cinque volte prima di scrivere quelle vaccate e….
Quando si scopri il viso, il suo pensiero cessò traumaticamente. Di colpo si rese conto di aver ingenuamente dimenticato per pochi secondi di non essere nella sua stanzetta buia, davanti al monitor acceso. Adesso odiava se stesso per essersi lasciato convincere da sua madre a partecipare a quel raduno. Lui aveva provato a spiegargli che andare a condividere il suo presunto problema con una massa di sconosciuti ubriaconi non lo avrebbe aiutato, ma lei non aveva voluto ascoltarlo. 
L’ambiente in cui si trovava era completamente buio al di fuori della cerchia degli presenti, illuminata da una lampada bianca calata per svariati metri da sopra il soffitto. Sembrava che tutto il mondo si concentrasse in quel limitato cono di luce.
Era questo il contesto in cui tutti gli sguardi dei presenti cadevano irrimediabilmente su di lui. Sguardi pieni di biasimo, che probabilmente si trattenevano dal muovere rimproveri solo per rispetto della tacita regola per cui i partecipanti delle terapie di gruppo dovessero astenersi dal giudicarsi l’un l’altro.
Dal canto suo, Simone non riusciva a dire niente. Con tutta quell’attenzione addosso in lui si risvegliò il timore reverenziale di cogliere reazioni umane che lo avrebbero sicuramente deluso. Anche il sorriso più sincero ,ai suoi occhi ,poteva diventare insostenibilmente falso.
Intanto i secondi passavano inesorabili. Nessuno osava sconfessare quel silenzio che si protraeva indisturbato, nell’attesa di una disperata giustificazione da parte di quel ragazzo così inopportuno. Ad un certo punto lo sguardo di Simone si perse nel vuoto. In una sorta di meccanismo di difesa, la sua mente lo aveva riportato ad una mattinata d’estate di molti anni prima. Improvvisamente sentiva la sabbia che scottava sotto i piedi. Il mare si stendeva immenso ed imperscrutabile di fronte a lui. Dopo essersi preso qualche momento per farsi coraggio, si mise a correre  con tutta la foga di cui può disporre un bambino. Nel giro di pochi secondi la sabbia divenne umida e melmosa. L’acqua gli bagnò le caviglie. La paura di immergersi scomparve. Ecco, non gli rimaneva che tuffarsi….
Quando un brivido gli percorse tutto il corpo, i suoi sensi lo riportarono alla realtà. Stava in piedi nell’oscurità, investito da una corrente d’aria fredda. Non aveva esattamente coscienza del come, ma aveva oltrepassato il cono di luce. Per un attimo cercò di immaginare quanto potesse essere grande in realtà quell’ambiente, prima di voltarsi e rendersi conto che adesso nessuno poteva più vederlo. Finalmente era libero di parlare. Finalmente era libero di urlare a tutti quello che avrebbe voluto dire fin dall’inizio. 
-- Aggiungetemi su facebook, il mio nome è “Social Simo” --.
   
 
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