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Autore: starlight91    12/03/2017    0 recensioni
La vita riserva molte sorprese per ciascun essere umano. Anche per Robert Langdon, nonostante sia un uomo libero e, nella quotidianità, spensierato, è in arrivo qualcosa in grado di cambiare la sua vita... c'è solo da vedere se in meglio o in peggio.
"Un'altra occhiata a quel bastoncino di plastica che aveva in mano. Cinquantaquattro giorni prima, dalla morte era germogliata la vita.
Stava per avere un figlio."
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Robert Langdon, Sorpresa, Vittoria Vetra
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sono passati ANNI. Tante cose sono successe. Eppure questa storia meritava di essere continuata. Non sono una che lascia le cose a metà, anche se ci vogliono, come in questo caso, anni, porto a termine ciò che comincio.
Spero ci sia qualcuno che si ricorda di me!
Scusandomi, riprendo il mio piccolo lavoro
.




Capitolo 14

 


 

Vittoria uscí dalla doccia sentendosi più o meno dieci anni più giovane.

Era da più di nove mesi che non faceva una doccia così lunga. Di solito, doveva farsi bastare cinque minuti scarsi, dato che qualcuno sembrava avesse un radar dei più sofisticati pronto a captare il momento esatto in cui i suoi muscoli si distendevano sotto il getto caldo e ai profumi di bagnodoccia muschiati.

Non era più abituata a fare con calma, tant'è che si era tuffata in bagno come di soppiatto, afferrando al volo il beauty e l'accappatoio appena emerso dalla sua valigia beige.

Solo quando era ormai a metà dello shampoo, si era ricordata di non aver avvertito l'altro occupante dell'appartamento del suo momento di relax.

"Se ne accorgerá..." pensó abbozzando un sorrisetto, pronta a sentire da un momento all'altro i lamenti della bambina, quando si sarebbe accorta della sua assenza.

Eppure, nemmeno ora che si spazzolava con calma i capelli bagnati, Vittoria non udiva alcun pianto, ne borbottio, ne rumori sospetti.

"La stará tenendo sotto controllo?" Si chiese, iniziando a preoccuparsi. Senza le dovute attenzioni, Lea sarebbe stata capace di infilarsi nel frullatore, tanto era avida di scoprire ed esplorare.

A quel pensiero, pur essendo consapevole della sua eccessiva apprensione, poggió sulla mensola la spazzola ed aprì la porta scorrevole del bagno, lasciando che i vapori caldi si disperdessero nel disimpegno fresco e arioso.

Troppo arioso per i suoi gusti.

Volse lo sguardo a destra, nella camera da letto dove aveva lasciato la bambina addormentata, ma non la vide più tra i due cuscini che aveva accuratamente messo a protezione del suo placido sonno. La finestra era aperta sul terrazzo coperto, ed ebbe il terribile presentimento che Lea, chissà come, fosse riuscita ad aprire le imposte e ad arrivare alla balaustra.

"La tua fantasia corre troppo, cara mia!" Si disse, riscuotendosi e pensando bene di controllare, prima di pensare al peggio.

Fu allora che la vide. Non sola, ne intenta a mangiare la terra dei vasi di ortensie che adornavano quello spazio.

Lea stava celebrando un mite risveglio sulla spalla di suo padre, che seduto sul dondolo la cullava con dolcezza e pazienza, in silenzio.

Vittoria rimase qualche secondo sulla soglia, stringendosi l'accappatoio sul seno e passandosi la mano tra i capelli ancora bagnati. Erano arrivati da poche ore e già pensava al momento in cui si sarebbero dovuti separare di nuovo.

Vedere la sua bambina così tranquilla tra le braccia di quello che per lei era un perfetto sconosciuto la angosciava, poiché tornava a maledirsi per non aver avuto fiducia nei suoi sentimenti e non averlo reso partecipe della paternità a cui stava andando incontro già dall'inizio.

Erano così belli insieme...

Su quel pensiero si riscosse, disincantandosi, notando che ormai Lea sollevava la testolina, pronta a riprendere la sua corsa verso il sapere. Trenta minuti di sonno erano più che sufficienti a ricaricarsi, no?

-Siete qui- disse, per farsi notare -Pensavo foste scappati!

Langdon voltó il capo e la guardó, pensando di essere tornato a quella sera, quando l'aveva vista sulla terrazza dell'Hotel Bernini, rischiarata dalla luce della luna.

Ora, era pieno giorno, un mite giorno di metà ottobre. Il primo di quella vacanza che avrebbero passato tutti e tre insieme.

-È bellissima la vista da qui, e fuori si sta benissimo.

L'uomo si tirò su con la schiena, dato che ormai Lea era completamente sveglia.

-Da quanto siete qui?

-Cinque minuti, più o meno. Aveva iniziato a frignare e l'ho presa.

Vittoria sospiró. Non avrebbe mai immaginato che lo spuntare dei denti di un neonato fosse così estenuante. Non aveva mai dormito così poco...

-Spero ricominci a dormire un po' di più.- disse, avanzando verso di loro e ricambiando il grande sorriso che le fece la piccola, vedendola arrivare.

-Abbi fiducia- Langdon le strizzó l'occhio e le passó la bambina, che si protendeva verso sua madre ormai impaziente.

-Oh, quella non manca mai. Però vorrei che questi denti uscissero una volta per tutte!

-Domani si sveglierá con una dentatura invidiabile, ne sono sicuro.

Vittoria rise, alzando gli occhi al cielo. Non sarebbe cambiato mai! Continuava a prenderla in giro non appena ne trovava l'occasione.

Bació i sottili capelli castani raccolti in un ciuffetto e controlló l'ora sbirciando sotto la manica della giacca dell'uomo.

-Sono le cinque e mezza. Finisco di prepararmi e usciamo a prendere qualcosa da mangiare? Il frigo è vuoto.

Langdon fece spallucce.

-Sei in vacanza, stasera vieni a cena con me.

La donna finse stupore.

-Che cavaliere!- Gli porse nuovamente Lea -Allora finisco di prepararmi... dobbiamo comunque andare a prendere qualcosa per lei. Ho solo altri tre pannolini e il latte in polvere è quasi finito.

Lo storico strinse di nuovo a se la bambina e si alzó, iniziava a tirare un vento fresco e non voleva che potesse raffreddarla troppo. Vide Vittoria rientrare e la seguì, non staccandole gli occhi di dosso mentre, attraverso la porta aperta del bagno, la vide sfilarsi l'accappatoio.

Sperava davvero che Lea dormisse un pó, quella notte.

 

 

Avevano cercato un supermercato e grazie al cielo Roma non ne era di certo sprovvista. Solo la gente accalcata alle casse aveva loro ricordato che erano nella capitale Italiana, e quella confusione era attribuibile solo agli italiani. Quando Langdon aveva provato a dire qualcosa in merito si era guadagnato una occhiataccia da Vittoria.

-Non dimenticarti che anche io e tua figlia siamo italiane!

-Pensavo che Lea avesse la cittadinanza svizzera, non hai detto che è nata a Ginevra?

-Certo- aveva replicato Vittoria -Ma ho voluto darle anche la mia cittadinanza. Porta un cognome italiano del resto!

A Langdon quelle parole erano bastate per prendere coraggio e, due ore più tardi, affrontare l'argomento, seduti ad un elegante tavolo con una candela accesa al centro e la bambina che, finalmente, sonnecchiava nel suo passeggino.

-A proposito di quel discorso, Vittoria...- aveva iniziato a dire, non appena il cameriere aveva poggiato il vassoio di frutti di mare e verdure miste li accanto -Non abbiamo mai parlato seriamente di Lea...-

Aveva paura di affrontare la questione nella maniera sbagliata, o di spaventarla. Ma se davvero quella era sua figlia, era qualcosa che non poteva rimandare in eterno.

-Quale discorso?

Vittoria aveva aggrottato le sopracciglia, ma aveva iniziato a servirsi per nulla intimorita dallo sguardo serio ma pacato dell'uomo.

-Riguardo alla cittadinanza. E al suo cognome.

Solo allora capí. Doveva averlo ferito, prima, sottolineando il fatto che non portasse ne cognome ne cittadinanza paterna.

"Ma cosa potevo fare io?" Si disse, scacciando via quel senso di colpa che, meschino, era tornato a punzecchiarla.

-Allora?

Lo invitó a parlare, e lui non se lo lasció ripetere.

-Ecco... so che la situazione allora era complicata e che hai riconosciuto solo tu Lea, quando è nata...- Langdon quasi tremava. Aveva pensato per giorni a come affrontare l'argomento, piuttosto delicato. Ma era un suo diritto, caspita!

-Doveva pur essere riconosciuta, mi pare. Ovviamente non è colpa tua, non sapevi della sua nascita. Sono consapevole di aver sbagliato, se ti avessi detto che ero incinta di te un anno e mezzo fa, forse le cose...

-No, no ti prego, non volevo ripescare questa storia. Per me è acqua passata, hai avuto i tuoi motivi per non dirmi niente e nemmeno io ti ho incoraggiata a farlo dato che sono sparito... solo che... vorrei poter rimediare, in qualche modo.

Vittoria sapeva di essere l'unica responsabile e a quelle parole le venne un nodo in gola.

-E come? Non si può tornare indietro nel tempo Robert.

Langdon si accorse del suo disagio e della sua tristezza. Non voleva rovinare nessuno di quei momenti che potevano trascorrere insieme. D'istinto poggió la mano sulla sua, rassicurandola.

-È vero che non sono un ragazzino, potrei essere suo nonno, ma se tutto andrà bene potrei vederla crescere e quei mesi che ho perso li recupererei alla grande - le disse, sorridendo e con una tranquillità quasi irreale - Volevo solo dirti che mi piacerebbe portasse anche il mio nome. È l'unica figlia che ho e sicuramente sará così anche un domani...

Vittoria assorbí quelle parole una ad una, come se fossero passate di spugne pronte a lenire il bruciore alle sue ferite ancora non completamente rimarginate. Lo adorava, semplicemente lo adorava. Un altro le avrebbe fatto pesare la situazione come un macigno, o peggio ancora se la sarebbe data a gambe. Lui invece era lì, col desiderio di poter fare di più, e di essere qualcosa di più per Lea, ancora illegittima e senza padre sulla carta.

-Robert, io non so come fare, ma non ho nulla in contrario...- Gli disse soltanto, guardando la bimba profondamente addormentata li accanto e pensando a quanto fosse simile a lui.

-Penserò io a questo. Posso farlo benissimo in ambasciata, ma occorre il tuo consenso. Poi ovviamente dovrai cambiare il nome sui suoi documenti, passaporto compreso. E vorrei anche avesse la cittadinanza americana, Vittoria. Il mondo è grande e più in là potrebbe esserle utile.

La scienziata sospiró. Aveva ragione, anche se le sarebbe sembrato troppo strano non vedere più scritto Leonarda Vetra sui documenti di sua figlia.

-Va bene. Se vuoi possiamo andarci anche domani, non ho nulla in contrario, anzi. Sono felice che tu voglia entrare a far parte della sua vita definitivamente. Una volta che le avrai dato il tuo cognome non potrai più scappare!- Scherzó, per smorzare la leggera tensione che si era creata con la discussione.

Langdon sorrise, soddisfatto e felice. Vittoria era una donna indipendente, così tanto da aver rinunciato a dividere una figlia con lui pur di non dover subire un rifiuto. Andava bene così. Sua figlia era forte e in salute, oltre che splendida e intelligente come sua madre.

Si guardarono negli occhi e ad entrambi parve che il tempo si fosse fermato. Le loro mani erano ancora unite e il cibo nei loro piatti ormai freddo, ma a loro non importava.

Erano insieme, dopo tanto tempo.

Ed entrambi pensarono per un momento di aver finalmente trovato una famiglia.

 

 

Si riscosse nel salone illuminato dalla luce dello schermo al plasma della televisione.

"Che ore sono?" Guardó topolino e le sue braccia segnavano le 00.34.

"Diamine! Mi sono addormentato!" Si passó la mano tra i capelli sale e pepe, ravviandoseli, e la fece scivolare poi sugli occhi stanchi. Ricordava di essersi seduto sul divano che erano appena le 23.00, quando Vittoria aveva portato in camera Lea per farla riaddormentare. Un biberon di latte non era bastato a calmare il suo pianto nervoso e la ragazza aveva dovuto ricorrere al paracetamolo, sempre a causa del dolore da dentizione. Mano a mano che i lamenti di Lea scemavano, lui scivolava nel sonno.

Si alzó, cercando tastoni il telecomando per spegnere l'apparecchio, e lo trovó sotto uno dei cuscini. Mentre premeva il tasto off passó un fotogramma del Papa, mentre recitava l'Angelus quella stessa mattina, e Langdon si chiese cosa avesse pensato sapendo come si erano evolute le cose dal giorno della sua elezione.

Sbadiglió, chiedendosi se Vittoria lo stesse aspettando sveglia, e dopo aver bevuto un bicchiere d'acqua in cucina si avvió verso la camera da letto, buia.

Dovette fermarsi qualche istante, per contemplare meglio quella visione.

Vittoria era stesa su un fianco, rivolta verso il centro del letto. La bocca appena dischiusa e le braccia avvolte attorno a Lea, placidamente addormentata con le mani chiuse a pugno sul petto di sua madre.

Per la prima volta dopo tanto tempo si sentí commosso.

Ma come era arrivato a quel punto? Cosa era successo in quelle ore a Roma, un anno e mezzo prima? Come aveva potuto farsi trasportare così tanto?

Erano non solo finiti a letto, ma anche per fare una figlia. Certo, non in modo intenzionale, ma il trasporto era stato così intenso che nessuno dei due aveva pensato alle conseguenze di quella notte passata insieme.

Langdon restó ancora qualche attimo sulla porta, prima di sbottonare i primi bottoni della camicia e dirigersi verso la metá del letto libera.

Non si era mai sentito così, nel posto giusto finalmente, mentre si stendeva delicatamente accanto a madre e figlia senza nemmeno aver disfatto il letto.

Poggió una mano sul grembo di Lea e in un attimo cadde in un sonno pacifico e profondo.



Continua...

 

  
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