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Autore: Novalis    12/03/2017    0 recensioni
Jane Ryan è una ragazza di ventisette anni, è una giornalista per l'Edinburgh Fashion Magazine, e tra le serate con gli amici e la sua pazza coinquilina Abbie, vive una vita tranquilla, ma forse fin troppo monotona, nella bellissima capitale scozzese, Edimburgo.
Terence Ashling è l'ultimogenito di una famiglia ricca e snob. E' cieco e per la sua disabilità è scontroso, solitario e antipatico, o meglio lo è con chi non conosce. Non sa cosa sia l'amore, fatta eccezione che per quel sentimento d'affetto che gli ha dato sua madre.
Riusciranno questi due cuori così diversi ad incontrarsi e a dar vita ad una storia tutta loro?
E ricordate :"Si vede bene solo con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi."- Antoine De Saint Exupery-
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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AD OCCHI CHIUSI

Capitolo Diciannove

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“Non può essere ch’io abbia tanta felicità, dopo tanto dolore. È un sogno; un sogno di quelli che ho fatto spesso, di notte, immaginandomi di stringerla ancora una volta sul mio cuore, come faccio ora; credendo di baciarla e sentendo che mi amava e che non mi avrebbe lasciato mai.” –Jane Eyre- C. Bronte

 

Se inizialmente rimasi sorpresa per il suo gesto, dopo non mi fu difficile sciogliermi tra le sue braccia, beandomi del suo bacio che si rivelò lento e dolce.

Terence mi tenne stretta tra le sue braccia come se fossi fatta di cristallo, accarezzandomi i capelli e baciando le mie labbra con una lentezza e una dolcezza tali da farmi pensare che avesse paura di rompermi, o farmi male. Io assaggiai le sue, assaporandone il sapore dolce, fresco, e delizioso, constatando quanto fossero soffici e piene. Poi, spostai le mie mani passandole tra i suoi capelli, morbidi e lisci.

Avevo spesso immaginato come sarebbe stato baciare Terence, ma ogni mia aspettativa era inferiore a ciò che stavo vivendo adesso.

Il suo bacio fu stravolgente e l’effetto che mi causò fu destabilizzante. Era come se fossimo rinchiusi in un bolla, e non esistesse più niente  e nessuno oltre noi. Le nostre labbra si modellarono come se non avessero voluto fare altro da tempo, come se stessero aspettando questo momento da sempre. Come si aspetta di vedere una fontana d’acqua in un deserto ,o una fonte di luce in fondo ad una galleria. E dentro di me iniziai a sentire una girandola di emozioni che mi costrinse a tenermi a lui, se non fossi voluta cadere. Sentivo un grande calore all’altezza del petto, come se un’infinità di raggi solari mi stessero trapassando il cuore. Ed era bella come sensazione. Tanto bella.

Non so quanto tempo passò. Probabilmente stavano passando minuti, ore o giorni. Sapevo solo che non volevo separarmi da lui per nulla al mondo.

Qualche secondo dopo, però, ci scostammo l’uno dall’altro, per tornare a respirare.

Terence mi guardò sorridente. Anche i suoi occhi ridevano ed erano così belli, luminosi, vivi.

-Ti ho convinta che non stiamo sognando?- tornò ad accarezzarmi la guancia.

Io sorrisi, abbassando lo sguardo.

-Mi sa che ho bisogno di un’altra prova.- aggiunsi dopo poco.

Ridacchiai e poi mi tuffai nuovamente sulle sue labbra, baciandolo con sentimento.

 Quando ci scostammo, lui rideva. Rimanemmo a guardarci in silenzio per vari secondi. Mi trovai a pensare che fosse così bello che Terence vedesse e stesse qui con me. Ero così emozionata, euforica e felice che non trovavo alcuna parola per esprimere ciò che stavo provando. Avevo tante domande da fargli, ma non mi sembrò il momento di esporle. D’altronde, avrei avuto tutto il tempo per fargliele, no?

-Non te ne andrai più, vero?- gli chiesi titubante.

Mi guardò intensamente, facendomi di nuovo tremare le ginocchia.

-Nessuno potrebbe più separarmi da te, Jane Ryan, a meno che sia tu… a dirmi di farlo.- soffiò sulle mie labbra, lasciando su di esse un altro leggero bacio.

Io lo strinsi di nuovo a me. Ascoltare il battito del suo cuore era musica per le mie orecchie.

-Sei ancora arrabbiata con me?- domandò, teso.

Mi scostai da lui, per guardarlo.

-Vorrei esserlo, soprattutto perché non hai capito fin dall’inizio che non era la scelta giusta quella di assecondare tuo padre, ma… non potrei esserlo neanche volendo, perché sono troppo felice di vederti, e la felicità è più grande di tutto. Comunque, dovresti ringraziare Harrison, per avermi fatto capire tante cose di te.

Lui mi accarezzò i capelli, sorridendo.

-Ne sono felice. Per quanto riguarda Harrison, l’ho già ringraziato.- ridacchiò. –Comunque… ti è piaciuta la mia lettera? Spero che non sia risultata troppo pietosa.- continuò, puntando lo sguardo verso il paesaggio che si stagliava dietro di noi. Come se non affrontando il mio sguardo, non si sarebbe sentito a disagio.

-Moltissimo. È stata la lettera più bella che abbia mai ricevuto… anche se è stata l’unica che io abbia mai ricevuto, in effetti- ridacchiai,- ma è stata splendida, davvero. E mi è piaciuto anche il modo in cui me l’hai fatta recapitare.- gli risposi sinceramente.

-I cari Charlotte, Lizzy e Tony…! Avevo già deciso che ti avrei fatto arrivare la mia lettera in maniera speciale, e quando sono stato contattato da Lizzy, perché voleva sapere come stessi, mi è venuta l’idea. Sono contento che ti sia piaciuta.- mi sorrise, felice.

-Ma a proposito… hai scritto davvero di essere geloso di un certo “modello da strapazzo”?- ricordai ciò che avevo letto.

Terence si schiarì la voce, in evidente imbarazzo. Trattenni una risata.

-Può darsi. Comunque, visto che ne parli… che ne è stato di lui?- riprese a guardarmi.

-Mah niente di che! Ci siamo solo fidanzati ufficialmente.- lo presi in giro, mordendomi le labbra per non scoppiare a ridere.

Lui si scostò un secondo da me, corrucciandosi.

-Ti piace scherzare, Jane Ryan?

-Sì.- diedi finalmente libero accesso alle mie risate.

Dopo poco, rise anche lui, stringendomi di nuovo tra le sue braccia.

-Mi era mancato anche il suono della tua risata.- mi strinse forte.

Rimanemmo così per diversi attimi, poi sciolse il nostro abbraccio, e mi prese per mano.

 -Beh… non sono più abituato a invitare ragazze ad appuntamenti, ma… ti andrebbe di passare la giornata con me?- il suo sguardo era titubante.

Davvero credeva che avrei rifiutato una simile proposta? Dopo che non lo vedevo da settimane ed avevo sofferto moltissimo per la sua mancanza nella mia vita?

-Certo che sì. E spero di passarne anche molte altre con te.- gli feci un occhiolino, sicura di me stessa.

-Bene,- sembrò sollevato.- ti andrebbe dunque di iniziare, facendo una passeggiata nel parco e andando a bere una cioccolata calda? Conosco un negozio che la fa buonissima.- mi propose.

-Ovvio che sì.- feci entusiasta.

 -Perfetto. -mi strinse la sua mano, leggermente imbarazzato.- Questa volta lascia che ti guidi io.- continuò con fermezza.

Gli sorrisi.

Probabilmente, visti dall’esterno, sembravamo entrambi due adolescenti, impacciati e timidi, al primo appuntamento. Ma andava bene così.

Camminammo in silenzio, scendendo la piccola collinetta di “Arthur seat” e iniziando a passeggiare tra la tanta gente. La neve cadeva lenta, in piccoli e soffici fiocchi bianchi. Faceva molto freddo ma la presenza di Terence era una sufficiente, e molto piacevole, fonte di calore.

-Terence?- lo chiamai ad un certo punto.

-Sì?- si voltò verso di me, curioso.

-Ti aspettavi che io fossi così? Nel senso, ora che mi hai visto, sei rimasto… deluso?- preferii guardare davanti a me, più che affrontare il suo sguardo che sentii posarsi su di me.

-Sì, sono rimasto deluso.

Sentii il mio cuore perdere un colpo. Abbassai un attimo lo sguardo.

-Sono rimasto deluso da me stesso, per non averti immaginato così bella nella mia mente. Quando sei cieco, il tatto diventa la tua vista e quando accarezzai il tuo volto me lo disegnai in un certo modo nella mia testa. Ti avevo immaginato bella, ma non… così tanto.- si schiarì la voce.

Sorrisi imbarazzata, sentendomi le guance arrossire.

-Non capisco perché tu non ti piaccia. Ricordo ancora quando mi parlasti delle tue insicurezze sul tuo aspetto fisico. Sei veramente bella, Jane, e devi credermi. Hai una di quelle bellezze raffinate, e semplici che non possono far altro che disarmarti.- mi sorrise per un attimo, tornando a volgere lo sguardo davanti a sé.

Lo guardai, con il cuore in gola. Forse questo, era uno dei complimenti più belli che mi fossero mai stati dati. Ricordavo ancora Christopher Wilson quando, con i suoi ammalianti occhi grigi, mi aveva detto che ero bella. Avevo creduto alle sue parole, a volte, ma adesso che sapevo che erano parti di uno sporco piano, le parole che Terence mi rivolse brillarono di una pura autenticità.

-Grazie Terence.- gli sussurrai.

Terence strinse più forte la presa delle nostre mani.

Poi continuammo a camminare in silenzio. Ogni tanto rise, soprattutto quando vide dei bambini giocare o far arrabbiare qualche nonno o quando il naso a carota di un pupazzo di neve fatto da una ragazzina, cadde miseramente a terra. E io mi beavo del suono della sua risata. Era come se lo conoscessi adesso, per la prima volta. Quello che avevo frequentato fino adesso, era stato il Terence cieco, scontroso, freddo, che rideva poco o mai e che mostrava la bellezza del suo animo, poche volte. Quello di adesso, che vedeva e sorrideva sempre, sentivo che era diverso.

Ridemmo e continuammo a camminare, fino a quando non si fermò davanti a un negozietto che vendeva cioccolata calda e dolci natalizi. Era abbastanza piccolo, ma riuscimmo a trovare un piccolo tavolo per noi.

Al suo interno, fummo accolti dal tipico profumo dei buoni dolci, da un caloroso camino e da delle graziose tendine a quadretti bianchi e rosa che coprivano due piccole finestre. C’era anche un piccolo alberello di Natale, e qualche campanellina festiva messa qua e là. Una radio posata sul bancone d’ingresso, invece, trasmetteva con volume basso, delle canzoni.

-È bellissimo qui.- osservai, iniziando a togliermi il cappotto.

-Faccio io.- disse Terence, sfilandomelo del tutto e spostandomi, in modo cavalleresco, la sedia su cui mi sedetti.

-Quanta galanteria.- lo stuzzicai, ridacchiando.

-Io sono un gentleman, signorina.- fece un sorriso sghembo.

Io risi, di risposta. Lo era davvero.

-Sono contento che ti piaccia questo posto.- continuò togliendosi il suo giubbotto e rimanendo con una camicia bianca visibile solo dal colletto, coperta da un maglioncino rosso.

Poi, prendemmo i nostri menù. C’erano così tante leccornie che avevo l’imbarazzo per la scelta. Alla fine optai per della cioccolata calda con panna e per una fetta di torta al limone. Anche Terence scelse le mie stesse golosità.

Dopo aver ordinato, quando la proprietaria del negozio se ne andò, prese a fissarmi, sorridendomi.

-Perché mi guardi così?- domandai, leggermente imbarazzata.

-Così come? È la prima volta che ti guardo sul serio, non puoi dirmi di non farlo.- mi fece un occhiolino.

-Giusto…- ridacchiai.- Allora ho una scusa per farlo anch’io.- ricambiai l’occhiolino, posando la guancia sul palmo della mia mano, e prendendo ad osservalo con gli occhi a cuoricino. Proprio come facevo da ragazzina, di fronte al poster di qualche attore. Solo che Terence era più bello di qualsiasi attore, ed era proprio qui davanti ai miei occhi.

-Mi trovi bello, almeno?- mi chiese, con sguardo malizioso.

Mi fu inevitabile non ripensare alla prima volta che lo conobbi. Quando mi fece la stessa identica domanda.

-Tendo a non giudicare l’aspetto esteriore di una persona se non conosco prima la sua interiorità!- gli risposi, ridendo.

Aspettavo che anche lui ricordasse le mie parole del nostro primo incontro.

Tempo due secondi, e infatti anche lui scoppiò a ridere.

-Sapevo che avresti collegato la mia domanda alla prima volta che ci incontrammo.- rise ancora.- Comunque, conosci bene la mia interiorità adesso e … mi hai già detto di trovarmi bello.- mi fece di nuovo l’occhiolino.

Abbassai lo sguardo, sorridendo. Che tipo che era!

Qualche istante dopo, iniziarono a trasmettersi le note di “Stay with me” di Sam Smith.

-Grazie Jane.- disse poco dopo, tornando serio.

Mi piaceva il modo in cui pronunciava il mio nome. Lo guardai sorpresa.

-Perché ho ammesso che ti trovo bello?- sollevai un sopracciglio, facendo un mezzo sorriso.

Lui scosse il capo, sorridendo leggermente e prendendo la mia mano posata sul tavolo, e stringendola alla sua.

-Per diverse cose. Per essermi stata sempre vicina, accettando tutti i miei difetti senza rimanerne spaventata. Per essere sempre stata forte e non aver mai avuto paura di esprimere la tua opinione, facendomi capire tante cose. Per aver fatto un lungo viaggio per essermi vicino. E soprattutto per non avermi dimenticato.- sussurrò l’ultima frase, abbassando lo sguardo.

Io sollevai una mano per accarezzargli una guancia, facendo incatenare di nuovo i suoi occhi ai miei.

-Come si può dimenticare la persona che ti ha rapito il cuore, e stregato l’anima?- ora toccò a me abbassare lo sguardo, in pieno imbarazzo.

Aver letto tanti grandi romanzi inglesi, mi permetteva a volte di dire frasi molto romantiche. Ma era la verità! Terence Ashling mi aveva stregato l’anima come Elizabeth Bennett aveva fatto con Mr Darcy, o come Jane Eyre aveva fatto con il signor Rochester. Nella mia vita avevo amato solo Freddie, prima di Terence, ma… neanche lui era riuscito a far vibrare le corde della mia anima come aveva fatto il ragazzo dagli occhi azzurri.

Sentii il sorriso di Terence posarsi su di me, baciando poi il palmo della mia mano, appoggiata ancora sulla sua guancia.

-Qui l’unica che mi ha stregato l’ anima, sei tu, Jane Ryan. Credo davvero che tu sia stata il mio miracolo.

Sorrisi, sentendo i miei occhi farsi ,di nuovo, lucidi. Stavo diventando una dalla lacrima facile, ma era così bello sentirsi rivolgere questa frase, che per diverse volte avevo solo immaginato. Poi Terence spostò la mia mano, stringendola alla sua sul tavolo.

-Sei stata coraggiosa a venire in ospedale, nonostante… la mia famiglia. A tal proposito, - si schiarì la voce,- ti chiedo scusa anche per questo. Harrison mi ha detto come si è comportata mia sorella.- il suo volto si corrucciò.

-Non preoccuparti. Tu non sei loro e, sapendo di aver fatto la cosa giusta, non ho badato minimamente alle parole di tua sorella, che… se posso permettermi, è davvero una strega.- lo guardai.

-Puoi permettermi eccome! Lei è uguale a mio padre, e con mio fratello, non merita alcun appellativo gentile. -mi strinse più forte la mano.

-Piuttosto tu… come stai? Stai davvero bene?- gli accarezzai, di nuovo, una guancia. Il suo volto era così liscio e profumava di dopo barba.

Lui chiuse un attimo gli occhi, al mio tocco.

-Sto benissimo, Jane. Come non lo ero da tantissimo tempo.  E non lo dico solo perché sono tornato a vedere, e perché ho la fortuna di essere qui con te, ma anche perché… sono successe tante cose, in questo periodo.

-Ah sì?- feci curiosa.

Lui annuì con il capo, sorridendomi.

-Sul tuo bellissimo volto leggo che vuoi che ti racconti un po’ di novità, giusto?- chiese.

A quanto sembrava ero proprio un libro aperto!

-In effetti sono molto curiosa e ho sete di risposte. Ma, non per il momento… voglio solo che oggi stiamo insieme, senza che alcun problema pesi su di noi.- feci sincera.

Ero la prima a voler sapere tante cose. Volevo capire come si fosse risolta la questione con Tessa, con suo padre e con il signor Campbell, come mai i mass media non parlassero più della sua famiglia, come avesse avuto l’incidente che lo aveva riportato a vedere e… tanto altro. Ma, oggi non era sicuramente il giorno adatto.

Lui annuì nuovamente.

-Ti prometto che ti racconterò tutto. Ogni più piccolo dettaglio.- fece una croce immaginaria sul cuore.

Nel frattempo due tazze a forma di pupazzo di neve, belle fumanti, arrivarono insieme a due piattini di torta. Il profumo della cioccolata calda era inebriante. Terence mi lasciò la mano, sorridente.

Poi prese il suo cucchiaino mangiando un po’ della mia panna.

-Ehi, quella è la mia tazza!- mi lamentai, sorridendo, e pizzicandogli la mano.

-Ahi!- si lamentò di risposta.- La tua cioccolata ha molta più panna della mia, non lamentarti.- continuò, facendomi la linguaccia.

Terence Ashling che mi faceva la linguaccia. Andava tutto bene.

***

La meta successiva al negozietto della cioccolata, fu un mercatino di Natale che fu allestito sul Royale Mile, dove era stato decorato anche un alto abete, ora non ancora illuminato.

C’erano immensi tavoli addobbati di oggetti natalizi troppo deliziosi! Cappellini, coperte ricamate a mano, orecchini, braccialetti, palline, festoni, sculture e tante altre meraviglie.

Terence guardava tutto con gli occhi sgranati, come se fosse un bambino davanti a tanti regali. Aver vissuto tanti anni senza vedere niente, se non il buio più totale, doveva permettergli adesso di vedere tutto con più meraviglia. Era come se guardasse il mondo, con i suoi colori, le sue luci e la sua vivacità, per la prima volta.

-È bellissimo qui. Stasera, se vuoi, ci torniamo. So che illuminano tutto.- fece entusiasta.

Poi si fermò vicino a un bancone che vendeva cornici per quadri e fotografie, tutte in legno intagliato.

-Ti serve una cornice?- feci incuriosita.

-Sì, ne vorrei una piccola in cui racchiudere una fotografia di mia madre.- mi spiegò, guardandomi per un attimo, per poi tornare a osservare i numerosi lavori artigianali che lo fronteggiavano.

Rimanemmo a lungo per cercare quella giusta, poi aiutato dalla signora che li vendeva, optammo per una piccola cornice in legno chiaro con intagliati due piccoli cuori intrecciati.

-Ottima scelta.- gli dissi, osservando la busta con il suo nuovo acquisto.

-Sono d’accordo.- mi sorrise,- Oh guarda che belli.- si fermò, poi, vicino a venditore di gioielli.

-Sono fatti a mano.- ci disse il vecchio signore che li vendeva.

Erano meravigliosi. Tutti gioielli in un materiale simile all’argento, impreziositi da pietre colorate. Mi colpì subito un braccialetto con pietre blu e un anello.

Poco dopo Terence prese l’anello che stavo guardando e me lo mise davanti gli occhi.

-Ti starebbe bene. Provalo.- mi sorrise.

-Cosa? Oh no, non preoccuparti.- accompagnai la frase con un gesto della mano.

-Insisto. Mi piace e vorrei vedere come ti sta.- continuò, prendendomi la mano. -Posso farglielo indossare, vero?- si rivolse al signore.

-Certo.- gli rispose il vecchio venditore, sorridendo bonariamente.

L’anello era molto semplice. Era argentato con al centro una piccola pietra rossa, ora colpita da un raggio solare, che tentava di far capolino nel cielo coperto da nubi bianche. Terence me lo infilò all’anulare della mano sinistra, con molta facilità. Sembrava fosse fatto per me.

Rimasi a guardarlo per diversi istanti. Era bellissimo.

-Quanto costa?

Lo sentii fare questa domanda, e prima che potessi fare qualcosa, me lo comprò.

-Ti sta benissimo.- mi disse con gli occhi luminosi, prendendomi poi per mano.

-Grazie, Terence. Ma non dovevi, davvero...

-Perché non dovevo? Ora siamo insieme Jane, e l’anello è uno dei simboli più importanti dell’unione di due persone. In più, quando lo vedrai penserai sempre a me, e quando lo vedranno gli altri, sapranno che hai già il cuore impegnato.- mi rispose, senza voltarsi, continuando a camminare.

 Sorrisi, sentendomi di nuovo battere forte il cuore. “Ora siamo insieme”. Quanto poteva essere bella una frase così. Stare insieme. Essere uniti. Inseparabili.

-Non ho bisogno di un oggetto per pensare  a te.- gli feci presente, sorridendo.

-Effettivamente con una bellezza della mia portata, è difficile non pensare a me.- mi prese in giro, ridendo.

Risi anch’io finché non si fermò davanti ad un'altra bancarella. Due ragazze stavano vendendo angioletti e palline da appendere all’albero di Natale.

-Che meraviglia! Non faccio un albero di Natale da quando… ero piccolo.- mi sorprese.

Terence non decorava un abete natalizio da così tanto tempo? Potevo scommetterci che colpevole di questo doveva essere stato quell’odioso del padre.

-Ciò è male Terence. Dobbiamo assolutamente porre rimedio alla cosa. Ti chiedo, dunque, se ti va domani sera di venirmi a prendere dal lavoro, di venire poi a casa mia e di aiutare me ed Abbie a fare l’albero.- gli proposi.

Lui rimasi qualche altro istante con lo sguardo puntato sul luccichio che emanavano quei deliziosi addobbi, per poi guardarmi.

-Sarebbe bellissimo! E magari sempre domani, coglierò l’attimo per raccontarti un po’ di novità che sono successe, se vorrai ascoltarmi ovviamente. Una te la posso anticipare: Harrison si è licenziato, ora vivo a casa sua e non vengo più scorrazzato su auto di lusso. Sono tre novità, in realtà, ma non fa nulla…

Fu inevitabile per la mia bocca non dischiudersi dalla sorpresa. Cosa mi aveva appena detto?

-Oddio, non ci credo! Davvero?- feci con stupore.

-Assolutamente sì. Ma te ne parlerò meglio domani. Ora aiutami a scegliere qualche decorazione per l’albero.- mi si avvicinò, lasciandomi un bacio a stampo sulle labbra.

-Va bene.- balbettai, scossa per questo nuovo bacio.

***

Io e Terence trascorremmo il resto delle ore, divertendoci e comprando quanti più addobbi possibili. Non potemmo fare molti giri per la città, vista la neve che aveva iniziato a coprire i marciapiedi e a rendere le strade bagnate. Tornammo nuovamente al parco di Holyrood per costruire un pupazzo di neve che, ahimè, non venne molto bene. Ma poco importava, perché ciò ci procurò ulteriori risate.

Quando la neve smise di ballare nel cielo, era già sera. Avevamo cenato in un piccolo locale scozzese, mangiando dei panini e bevendo coca cola.

Dopo cena, avevamo deciso di ritornare a passeggiare lungo il Royal Mile, ora tutto illuminato a festa. Sembrava che le stelle del cielo si fossero trasferite sull’alto albero di Natale posto al centro della strada. Tutto brillava, compresi gli occhi dei bambini estasiati davanti alla magia del Natale, e compresi gli occhi di Terence, più vivi che mai.

-Mi era mancato così tanto vedere.- mi disse, mantenendo lo sguardo fisso sulle numerose lucine che ci fronteggiavano, e stringendomi la mano con delicatezza.- Mi erano mancati i colori, la luce… la vita.

Io annuii con il capo, rimanendo a guardare il suo profilo perfetto. Lui era per me, la luce più bella di tutte.

-Terence ti va di venire a un matrimonio?- gli chiesi, dopo un  po’.

Lui si voltò e prese a guardarmi curioso.

-Un matrimonio? – i suoi occhi brillavano come diamanti azzurri.

-Sì. È di una mia collega. Te lo accennai quando andammo al centro per cani, non so se ricordi. La messa e la cerimonia avranno luogo fra pochi giorni, il 20 per la precisione. Quindi mi chiedevo se,- titubai,- vuoi venire con me.- volsi lo sguardo sull’abete.

-Certo, molto volentieri.- vidi con la coda dell’occhio che mi sorrise.

***

A fine serata, quando a malincuore dovetti ritornare a casa, Harrison si fece trovare vicino al parco di Holyrood, appoggiato a una… DeLorean grigia, modello anni ‘80. Una caffettiera, insomma.

-Harrison!- gli corsi incontro, sorridente.

Era bello rivedere quel vecchio uomo, dal cuore grande e dagli occhi buoni. Se non fosse stato per lui, dubitavo che le cose sarebbero andate come erano andate.

Lui mi sorrise, tendendomi una mano. Io la rifiutai, abbracciandolo direttamente.

Harrison rimase immobile per qualche secondo, per poi ricambiare il mio abbraccio, gentilmente.

-Ha sorpreso anche me con i suoi abbracci.- fece Terence, divertito.

-È bello vederla felice signorina.- mi disse il vecchio autista, scostandosi da me.

Io gli sorrisi. La sincerità con cui disse questa frase, non fece altro che renderlo più adorabile.

-Grazie per tutto Harrison.- gli dissi.

-Dovere, signorina.- ricambiò il sorriso.

-Certo è però che mi sarebbe piaciuto che mi anticipasse qualcosa, piuttosto che dirmi di avere pazienza e di aspettare.- feci una smorfia, ridendo.

Harrison rise.

-Signorina, non sa che l’attesa del piacere è essa stessa il piacere?- mi fece l’occhiolino.

-Bella risposta, Harry!- gli batté il cinque, Terence.

Io scossi la testa, ridacchiando. Guardandolo meglio mi accorsi che non era vestito con la sua divisa da autista.

-Anche se Harrison non è più il mio autista, siamo rimasti amici ovviamente. In quest’ultimo periodo ho ancora bisogno di qualcuno che mi accompagni, perché ho perso allenamento con la guida.- mi lesse nel pensiero Terence, avvicinandosi a me.

-E io l’accompagno molto volentieri. Mi sono dimesso come autista degli Ashling, ma non come autista di Terence, il mio amico.

I due si sorrisero, come un padre può sorridere orgoglioso a un figlio e come un figlio può sorridere felice a un padre, e mi fu inevitabile non pensare a come la vita fosse strana. Il vero padre di Terence non mostrava a suo figlio l’affetto e l’amore che avrebbe dovuto, e una persona che non aveva alcun rapporto di parentela con lui, invece sì. Pensai che Harrison fosse il miracolo di Terence.

-Mi fa molto piacere. Era sofferente sapere che un uomo buono come lei, prestasse servizio presso una famiglia così… sgarbata.- dissi.

I due annuirono, e dopo poco fummo tutti in macchina, con meta la mia casa. Pensai, a quando io e Terence ne avremmo potuto condividere una tutta nostra. Arrossii al pensiero.

***

-Jane mi puoi passare la pallina verde, per favore?- gridò Abbie, sopra uno sgabello.

Io, Terence, Abbie e Tom avevamo impiegato almeno un’ora per montare ogni ramoscello dell’albero di Natale. Avremmo voluto comprarlo vero, ma non avendo un giardino, e a causa del lavoro, non avremmo potuto curarlo dopo il periodo natalizio, così ne avevamo comprato uno sintetico.

I due ragazzi erano in cucina a lucidare la stella che avremmo usato come puntale, regalata ad Abbie da sua nonna, qualche anno fa.

Io ero tuffata nella scatola dove avevamo conservato le palline acquistate negli altri anni.

-Questa?- le passai una pallina di vetro verde.

-Sì, è perfetta.- me la prese dalle mani e l’appese ad un ramoscello.

Abbie era l’artista della casa. Ogni Natale addobbava l’albero senza permettermi di appendere nulla. Si creava degli schemi, e dei disegni, e quando arrivava il giorno voleva che tutto fosse fatto come diceva lei.

Io la lasciavo fare, perché era davvero brava nell’addobbarlo, ma quando si allontanava o si distraeva, coglievo l’attimo per aggiungerci io qualche decorazione.

-Eccoci qui!- fece Tom, sorreggendo trionfante la luminosa stella che avremmo messo sulla punta dell’albero.

-È solo merito mio, se è venuta così luminosa.- disse Terence, prendendo in giro l’amico.

-Ma per favore!- gli disse Thomas spintonandolo leggermente.

Io ed Abbie scuotemmo il capo, dicendo insieme : “Uomini! Sono come i bambini”.

-Sta venendo benissimo, amore mio. –le disse il suo ragazzo, abbracciandola da dietro.

Anche se lei era sopra uno sgabello, lui era ancora più alto di lei.

-E tu non l’aiuti?- mi domandò Terence, cingendomi la vita con un braccio.

Il suo calore e il suo profumo, mi fecero battere forte il cuore.

-Non me lo permette, la signorina. L’albero può essere addobbato solo da lei. In cambio, le faccio da sguattera passandole palline.- presi in giro la mia amica, attendendo una sua risposta.

Abbie si voltò un attimo verso di me, con un angioletto, di quelli comprati da me e Terence, in mano.

-Invece di essere onorata di passare le palline a Lady Abbie Anderson, si dà anche della sguattera. Ma sentitela!- storse il naso, stizzita.

Scoppiammo tutti a ridere.

-Senta Milady, non è che mi permetterebbe di aiutarla a  decorarlo? È un desiderio che ho da anni.- fece Terence, sorridendo.

Tutti lo guardammo. Abbie alzò un sopracciglio per qualche istante, chiaramente indecisa sul da farsi.

-E sia Sir, ma solo perché lei è Sir Terence di Edimburgo.

Ridemmo nuovamente tutti.

Due ore dopo eravamo stravacati sul divano del salotto a guardare uno show televisivo. Eravamo tutti molto stanchi e anche un po’ impolverati per via della polvere che era posata su alcuni scatoloni di palline, ma felici per il risultato ottenuto. Palline rosse e verdi si fondevano benissimo con pupazzi di neve in legno e angioletti brillantati. Tutti illuminati da lucine bianche.

Terence si era mostrato un bravissimo decoratore di abeti natalizi, grazie al suo buon gusto, e il risultato finale era splendido. Certo io non avevo fatto molto, ma vedere la luce di gioia che brillava negli occhi di Terence mentre appendeva le varie decorazione, proprio come fosse un bambino, era stato uno spettacolo bellissimo.

-Va bene, questo show mi ha  già annoiato. Io e Tom ce ne andiamo…- disse Abbie, tirando per il braccio il suo ragazzo, ad un certo punto.

Iniziammo tutti a guardarla.

-Ma amore, questa è la parte dove…- cercò di protestare Tom.

-Niente ‘ma’ tesoro. Andiamo in camera mia e lasciamo questi due fanciulli da soli a godersi un po’ dell’intimità che è stata loro privata in questo periodo.- Abbie fu categorica. Poi si voltò verso di me, facendomi l’occhiolino.

Io mimai un “grazie” con le labbra, sorridendole.

Thomas si alzò di malavoglia, dando una pacca sulla spalla al suo amico. Poco dopo si allontanarono, bisticciando, mentre salivano le scale.

Quando non si sentirono più le loro voci, ma solo il rumoreggiare della tv, voltai lo sguardo verso Terence.

-Hai proprio un’amica fantastica.- disse, iniziando ad accarezzarmi i capelli.

-Anche il tuo non è male.- sorrisi, socchiudendo gli occhi per la delicatezza con cui mi arrivavano le sue carezze.

Lui annuì con  il capo. Poi mi prese il polso con delicatezza, e mi avvicinò più a sé iniziando a baciarmi. Lasciò un bacio prima sulla mia fronte, poi sulle mie guance, poi sul mio naso, poi su i miei occhi che si erano automaticamente chiusi. Una parte del viso alla volta. Proprio come quando vide il mio viso per la prima volta, usando le mani.

-Posso baciarti?- chiese, avvicinandosi di più.

Sentii il suo profumo di pulito così forte, che sarei voluta rimanere così per sempre.

-Non lo stai già facendo?- sussurrai, sorridendo e mantenendo gli occhi chiusi.

-Non qui, però!- mi rispose prima di tuffarsi sulle mie labbra.

Mi baciò come aveva fatto il giorno prima. Con una delicatezza e una gentilezza estremi. Io risposi al bacio, stringendo tra la mia mano il suo maglione, per tenerlo il più possibile vicino a me. Le sue labbra erano come il Paradiso e sapevo che da quel momento, ne avrei sempre avuto bisogno.

Quando ci scostammo l’uno dall’altro, posai la testa sul suo petto, mentre lui mi cinse i fianchi con un braccio, e prese ad accarezzarmi i capelli con l’altra mano.

-Credi che sia il momento giusto per raccontarti alcune cose, Jane?- mi domandò.

Mi sembrò che questa domanda, dato il modo in cui me la pose, fosse una richiesta per Terence. Come se avesse la necessità di liberarsi di un peso che lo teneva lontano da me. Mi fece piacere sapere che adesso, contrariamente a come era prima, voleva aprirsi con me e non nascondermi nulla.

Annuii senza rispondergli. Ritenni anch’io che fosse il momento giusto per dirmi quelle novità che ieri non avevo voluto ascoltare. Eravamo insieme. Felici. Uniti. E nessun ricordo avrebbe potuto rovinare l’atmosfera.

-Bene.- si schiarì la voce, come se si stesse preparando a un discorso molto lungo.- Vuoi farmi tu delle domande? Sai… non so da che parte cominciare.- ammise, ridacchiando.

-Va bene,- sollevai lo sguardo, sorridendogli.- Parto allora con il chiederti come sia avvenuto l’incidente che ti ha ridato la vista.

Era come essere tornati al giorno in cui avevamo giocato al “do ut des”, solo che adesso ci sarebbe stato solo il “do”.

-Domanda interessante. -sospirò,- Dunque… Jane, come ti ho raccontato tempo fa, ho avuto un incidente di pugilato anni fa, della portata tale da farmi cadere in coma e da procurarmi dei danni al nervo ottico. La vista mi sarebbe tornata solo grazie a un miracolo o grazie… a un colpo della stessa potenza del primo che avrebbe potuto guarire il mio ematoma celebrale, causa della perdita della vista.

Io annuii contro il suo petto, ascoltando attentamente.

-Quando ho deciso di accettare il fidanzamento con la figlia dei Campbell, l’ho fatto per diverse ragioni: per insicurezza, per fragilità, per paura… per stupidità. Pensavo che si mi fossi lasciato andare con te, ti avrei resa infelice, ma anche questo dovresti saperlo, come Harrison mi ha fatto presente. La situazione è peggiorata quando ho capito che anche Tessa era infelice, che amava un’altra persona e che la nostra unione sarebbe stata troppo deleteria. Non dormivo al pensiero che avrei rovinato anche la sua vita, e non sono mai stato un egoista. In più avevo sognato mia madre il giorno prima di firmare l’accordo pre matrimoniale. Era bella come ricordavo e mi diceva solo una parola : coraggio. Il giorno dopo, presi la decisione di andare da mio padre.  Gli dissi chiaramente che non sarei stato più al suo gioco e che non avrei messo da parte la mia felicità per i suoi stupidi affari. Inutile dirti che litigammo pesantemente, anzi furiosamente. Gli rivoltai addosso tutto il rancore che avevo covato nei suoi confronti per tanti anni, fino a che, stanco e arrabbiato, decisi di piantarlo in asso, e andarmene. Camminai con James, in quanto Ulisse era nella mia stanza, lasciando che la rabbia mi scorresse nella vene, e mi ritrovai sperduto in una città per me sconosciuta. Ho rischiato molto, sai?-fece una pausa, poi riprese.- Vagai per la città, sentendo la rabbia fondersi con la paura. Probabilmente quello fu uno dei momenti in cui avvertii di più il peso della mia cecità. Camminando, passo dopo passo, non mi accorsi di essere finito in strada, e tra i vari clacson che suonavano inferociti, avvertii la presenza di una macchina in arrivo. Questa si fermò  in tempo, ma fu tutto così improvviso, che persi l’equilibrio e caddi sull’asfalto procurandomi un colpo alla testa. Un colpo così forte, però, da essere paragonato a quello che mi portò al tappetto, tanti anni fa.- rabbrividii immaginando la scena.- È grazie a questo se ora ci vedo.- si fermò.- Quando mi sono risvegliato dal coma farmacologico, e ho riaperto gli occhi, sono scoppiato a piangere.- fece una pausa, sospirando.- Riuscivo a vedere. Mi sentivo così forte, vivo, pieno di energia, come se avessi vissuto per anni con una batteria scarica, in quel momento rigenerata al massimo. Vedevo i colori della mia stanza, i tubicini che erano legati alle mie braccia, il sole che si rifletteva sulla finestra  e anche… la mia famiglia. Aspettarmi di vederli felici per la mia ritrovata vista, era troppo, ma non mi sarei mai aspettato che mi dicessero, senza troppe cerimonie, che erano pronti, per citarli, “ a perdonarmi e a mettere una pietra sopra alla nostra discussione, così da procedere come stabilito, con il matrimonio”.- Terence rise.

-Perché adesso ridi?- feci curiosa, sollevando il mio sguardo su di lui.

-Perché sto pensando a quello che successe dopo questa frase che disse mio padre. Ascolta. C’era  anche Tessa Campbell nella mia stanza, che riconobbi grazie a delle descrizioni sul suo aspetto fisico che mi aveva fatto mia sorella, insieme a quello che dedussi fosse suo padre, ma me ne accorsi dopo. Si alzò in piedi e disse, mantenendo la calma, che lui era il peggior genitore che avesse mai incontrato, che non mi avrebbe mai sposato e che se non avesse iniziato ad amarmi come meritavo, avrebbe fatto di tutto per fargli passare seri guai finanziari. Dovevi vederla. Così piccola e minuta, fronteggiava la mia famiglia, mantenendo la testa alta e stringendo le mani a pugno. Suo padre la rimproverò seduta stante, ma lei fu ferrea e disse che se avesse concesso che la pantomima del nostro fidanzamento continuasse, ne avrebbe sofferto come non mai, e non gli avrebbe rivolto mai più la parola.

Non mi fu difficile immaginarmi la scena. Quella piccola donna dai capelli ramati mi aveva conquistata quando l’avevo incontrata. Così forte e determinata. Così pronta a fare di tutto per rendere tutti felici.

-E poi?- feci avida di altre informazioni.

-E poi lei uscì dalla stanza, seguita da suo padre. Mio padre e i miei fratelli cercarono di seguirli, e io firmai le mie dimissioni il giorno stesso, carico come non mai. Quando tornai ad Edimburgo trovai Harrison ad aspettarmi. Con il suo aiuto, presi la decisione di andarmene da quella casa intrisa di troppi brutti ricordi. D’altronde, con la vista e la forza ritrovata, non avevo più alcun motivo di dipendere da mio padre. Venni a sapere, in seguito, che il signor Campbell recise il contratto con la Ashling Corporation, dimostrandosi un padre più attento alle esigenze di sua figlia. Da allora, ho ricevuto un sacco di minacce da parte di mio padre, tutte indirizzate a tagliarmi fuori dall’eredità e altre sciocchezze simili. Ma non ho badato minimamente alle parole che mi sono state rivolte.- si fermò.

-Ma tu mi raccontasti che il signor Campbell decise di firmare un accordo con tuo padre, proprio per inserire sua figlia nella tua famiglia… come mai, poi, ha cambiato idea? Si era accorto solo in quel momento delle esigenze di sua figlia?- mi spostai per guardarlo negli occhi.

-Tessa mi ha raccontato di essersi sempre mostrata debole nella sua famiglia. Suo padre deve non aver pensato mai, neanche per un momento, che il matrimonio con me le avrebbe procurato dolore. Mi ha raccontato, infatti, che le ha sempre mostrato affetto e che sicuramente, l’idea di farla sposare con me, era dettata dalla speranza di garantirle un futuro prospero. Poi… beh, lei ha finalmente tirato furi gli artigli, e suo padre l’ha ascoltata. Per quanto mi riguarda…tutt’ora continuo a ricevere pressioni da mia sorella e mio padre. Pensa che mi hanno scritto un centinaio di messaggi, sottolineando quanto fossi egoista. Io, egoista. Capisci?- Terence fece un riso amaro.

Corrugai la fronte, pensando a come fosse stato sfortunato Terence ad avere delle persone del genere, al suo fianco per tanti anni.

-Dunque è questo il motivo per cui le tv e i giornali non hanno parlato più del matrimonio tra te e la figlia dei Campbell?

-Sì. Non appena io e mio padre litigammo, come mi ha raccontato Tessa, lui fece mettere a tacere la stampa, temendo che io potessi diffondere prematuramente la mia scelta di rompere il fidanzamento. Sai, lui è sempre stato un tipo teso a  preservare la sua immagine pubblica, più che pensare alle cose essenziali.- mi rispose, deluso.

Ripensai a quando Harrison mi aveva raccontato del periodo della malattia della mamma di Terence e di come il signor Ashling si fosse più preoccupato di silenziare i giornali che stare accanto a sua moglie.

D’istinto, mi strinsi più a lui.

-E questo è tutto! Ora ovviamente non sono più ricco, almeno materialmente, perché spiritualmente lo sono. Il mio cuore è ricco di gioia e felicità e questo grazie a te.- mi accarezzò la testa.- Continuerò a lavorare come speaker radiofonico, sperando di mettere qualche risparmio da parte per comprarmi una casa e poi…- lasciò la frase in sospeso.

-E poi?- domandai, in attesa.

-Mi sono iscritto ad un accademia d’arte. Riuscirò, così, finalmente a coltivare il mio sogno di studiare storia dell’arte.- lo sentii sorridere.- E questo è stato possibile anche grazie ad Harrison, che mi ha finanziato le prime spese.

Mi sentii così felice quando disse così, che mi vennero gli occhi lucidi e dovetti mordermi le labbra per non piangere. Era così bello sapere che Terence aveva smesso di essere una zattera alla deriva, e che aveva deciso di diventare il capitano della sua vita.

-Sono felice. Tanto.- Mi sollevai, per abbracciarlo e dargli un bacio sulla guancia.

-Anch’io, Jane, anch’io.- mi strinse a sé.- Hai altre domande, dubbi, curiosità?- chiese, poi.

Ci pensai un attimo.

-Volevo sapere cosa è stato esattamente a spingerti a ribellarti a tuo padre. Quando ci incontrammo l’ultima volta… ti feci un discorso che sperai ti avrebbe dato quella fiducia tale a farti prendere le giuste decisioni, ma… così non è stato.- sospirai.- è stato solo il fatto di sapere che anche Tessa ne avrebbe sofferto dal tuo fidanzamento? Non avevi considerato che anche lei avrebbe sofferto della decisione, già prima?- lo sommersi di domande, guardandolo negli occhi.

Terence ricambiò lo sguardo, per poi posarlo aldilà della finestra nel salotto.

-Non credere che le parole che mi rivolgesti quella sera al parco, mi furono indifferenti. Solo che… avevo paura, Jane.- tornò a guardarmi intensamente.- Te l’ho detto. Vedevo il matrimonio come un’altra costrizione di mio padre, che mi avrebbe permesso di starti lontano e di non affezionarmi ulteriormente a te, e che mi avrebbe garantito di avere al mio fianco una figura diversa da quella della mia famiglia. Sapevo, infatti, che anche se mi piacevi molto, non sarebbe stato giusto che tu ti prendessi carico della mia disabilità. Sono stato uno stupido, lo so, perché non ho pensato che tu sei una ragazza… speciale, e che mi saresti stata accanto solo per vero interesse. E poi… non so perché, ma mi immaginavo Tessa come una classica figlia di papà, viziata e vanitosa, disposta persino a sposare un cieco sconosciuto, per avere un po’ di popolarità in più. Purtroppo sono stato reduce di varie esperienze che prevedevano donne interessate al portafoglio della mia famiglia, e non alla mia persona.- tornò a guardarmi, prendendo ad accarezzarmi una guancia.- Poi, più passavano i giorni, più ascoltavo i discorsi di mio padre, più capivo che Tessa era tutt’altro di quello che avevo creduto, e più ti… pensavo, più capivo che era l’ora di smetterla con quell’enorme bugia. –sospirò, passandosi nervosamente una mano nei capelli.

Annuii con il capo, poi mi avvicinai al suo volto, e premetti le mie labbra sulle sue, per infondergli tutta la mia comprensione. Terence approfondì il nostro bacio.

-Mi hai perdonato davvero, Jane?- mi domandò, dopo aver smesso di baciarmi.

-Sì, Terence. Hai fatto degli errori, ma non è stata colpa tua. Ora sei qui con me, hai preso in mano la tua vita, e hai fatto le scelte giuste. L’importante, adesso, è guardare avanti, verso il futuro.- mormorai.- Comunque… Ulisse?- feci, dopo poco.

-Purtroppo non è più con me. Avrei voluto tanto tenerlo, ma sarebbe stato egoistico da parte mia avere un cane per non vedenti, ora che Dio mi ha ridato la vista. Penso che sarà d’aiuto a tante altre persone. L’ho riportato al centro, dunque.- fece un mezzo sorriso, ma nei suoi occhi lessi un po’ di tristezza.

-Hai fatto la cosa giusta.- posai di nuovo le mie labbra sulle sue.

***

Mi erano sempre piaciuti i matrimoni. Promesse d’amore eterno, vestiti scintillanti, fiori, sviolinate, confetti nel cielo, e ancora tanto amore, mi rendevano emozionata e felice.

La mattina del 20 dicembre, mi svegliai molto presto per prepararmi. Barbara aveva richiesto la mia presenza a casa sua, in qualità di damigella d’onore, almeno tre ore prima dell’inizio della cerimonia.

Guardai la mia immagine riflessa nello specchio un’ultima volta, e poi uscii. L’abito rosa antico che indossavo, uguale a quella di Jessica, mi faceva sentire graziosa, e le Mary Jane con il tacco, mi facevano sembrare più alta. Per impreziosire il mio vestito avevo indossato anche una collanina con un ciondolo d’argento, un braccialetto molto semplice al polso sinistro, e l’anello di Terence, ovviamente. Sopra il mio cappotto color panna, avevo lasciato i capelli sciolti, lavorati dal parrucchiere in morbide ciocche  dalla punta abboccolata. Il mio viso era leggermente truccato con colori neutri e una matita nera per gli occhi.

Abbie, era rimasta a casa per prepararsi e per preparare l’attrezzatura adatta per fare le foto alla mia collega e al suo futuro consorte. Anche lei si era svegliata felice come una Pasqua, super carica a immortalare sorrisi e occhi brillanti in memorabili fotografie.

Presi così un taxi, che mi accompagnò davanti alla casa di Barbara, riconoscibile anche in lontananza per i diversi palloncini bianchi, appesi ai lampioni frontali al giardinetto della sua abitazione.

Quando suonai al campanello della sua casa, mi aprì una signora piuttosto anziana, incredibilmente somigliante alla biondina, che mi guidò lungo uno stretto corridoio coperto da nastri bianchi, coriandoli e altre cianfrusaglie memori della notte prima, in cui avevamo festeggiato il suo addio al nubilato. Non mi fu difficile scorgere il fermento che impregnava quella casa. Persone che salivano delle scale, altre che le scendevano, il pianto di un bambino, voci femminili che parlavano di trucchi, tacchi e lacche.

Fui condotta davanti alla camera di Barbara, leggermente aperta, e quando la intravidi seduta alla sua toeletta, non riuscii a non socchiudere le labbra per lo splendore e la luce che emanava. Dopo aver ringraziato la signora, entrai nella sua stanza.

-Jane, tesoro. Finalmente sei qui! - mi accolse con la voce tremolante, voltandosi un attimo verso di me.

-Ciao bellissima. Sei meravigliosa.- le dissi sinceramente, avvicinandomi alla sua figura.

-Tu lo sei. Sapevo che l’abito da damigella che ho scelto sarebbe stato quello giusto.- mi sorrise un secondo, per poi rivoltarsi verso lo specchio che la fronteggiava.

Due ragazze la stavano preparando, aggiungendo alcune roselline bianche ai suoi capelli, raccolti in parte verso l’alto, e in parte lasciati sciolti, e truccandole le guance con un pennello.

-Colombella, ha ragione Barbie. Sei splendida.

Mi voltai, accogliendo questo dolce complimenti da parte di Freddie, seduto sul letto di Barbara, intento ad annodarsi la cravatta, con mani tremolanti.

Era strano vedere loro due, sempre euforici, pimpanti, pronti a sostenere gli altri, così tesi.

-Grazie Fred. – gli sorrisi sincera, sentendomi le guance imporporarsi.- Aspetta, che ti aiuto!- gli dissi avvicinandomi a lui, per poi piegarmi sulle ginocchia per annodargli la cravatta.

Portava le lenti a contatto sui profondi occhi marroni e i capelli scuri pettinati all’indietro. Pensai che fosse molto carino.

-È che sono così nervoso! È la prima volta che faccio da testimone a un matrimonio.- balbettò, teso come una corda di violino.

-Ehi, guardami negli occhi!- gli ordinai, fissando il mio sguardo nel suo, mentre le mie dita si cimentavano a dare una bella forma alla cravatta.- Sei un figo pazzesco, okay? E sei il migliore amico di Barbara! Vedrai che andrai alla grande.- gli diedi una pacca sulla spalla, alzandomi dopo poco.

-Sei sempre stata un angelo con me, colombella.- mi rispose, guardandosi allo specchio.- Mi piace anche il nodo che mi hai fatto alla cravatta.- sorrise, contento.

-Ehi, sono io che dovrei essere tesa, non tu Fred. Io sono la sposa, ricordi?- continuò leggermente isterica, Barbie.

-Ehi calma Barbie, anche tu sei bellissima, stai sposando l’uomo che ami e coronando il tuo sogno d’amore e andrà tutto bene. D’accordo?- mi calai nei panni di coach emozionale, per la seconda volta.

La mia collega annuì con il capo, ispirando ed espirando per diverse volte, fino a che non dovette chiudere le labbra per permettere alla truccatrice di metterle il rossetto.

-E Jessica?- domandai, qualche istante dopo, appoggiandomi allo stipite della porta.

-È nella sua stanza, due porte avanti alla mia, a finire di prepararsi. È più in ansia di me, pensa. Ma credo che ciò sia dovuto al fatto che ha invitato al mio matrimonio anche il ragazzo per cui ha una cotta.- disse, prima di tornare a inspirare ed espirare, con le labbra , adesso, dipinte di un bel rosso messo in risalto dalla sua carnagione lattea.

Annuii sorridendo, volgendo lo sguardo verso la camera di Barbara, in pieno stile etnico, proprio come era lei. Oggi, però, mi trovai a pensare che avesse un aspetto molto elegante e che anche senza i suoi numerosi bracciali tintinnanti, fosse sempre splendida.

-E tu sei pronta per fare la damigella, Jane? – mi domandò il mio ex, alzandosi in piedi.

-Spero di sì. Ieri pomeriggio mi hai visto alle prove in chiesa. Sono stata piuttosto brava a mimare di sorreggere il lungo velo di Barbie, lungo la navata centrale, non trovi?- ridacchiai.

-Più che brava, oserei dire.- rise Freddie.- E il tuo principe dove l’hai lasciato?- continuò, chiedendomi.

Solo due giorni prima avevo invitato entrambi a cena fuori, per raccontare le meravigliose  novità che mi erano successe.

-Si sta preparando. Ci incontreremo direttamente in chiesa.- risposi sorridendo.

Poi ridacchiai tra me e me, ripensando a come la sera prima Terence si fosse ingelosito sapendo che alla festa di addio al nubilato di Barbara sarebbe venuto uno spogliarellista tutto muscoli. Alla fine non era venuto proprio nessuno, ma era stato divertente prenderlo in giro.

-E il tuo?- chiesi, poi.

-Idem.- mi sorrise.

Dopo qualche minuto, le due ragazze artefici di trucco e parrucco, esclamarono all’unisono che avevano finito. Poi, preso un lungo velo incellofanato e posato su una poltrona, glielo sistemarono delicatamente sul capo, lasciando che strascichi di velo bianco si appoggiassero al pavimento, cadendole appena sulle spalle.

Barbara iniziò a guardarsi allo specchio che la fronteggiava, piegando la testa di lato.

-Okay… credo che inizierò a piangere… tra 3,2…

-NO!- la interrompemmo, urlando in sincrono tutti quanti.

Ci mancava che rovinasse tutta l’opera d’arte che aveva creato la make up artist, per via delle lacrime.

Barbara ridacchiò per la nostra reazione, per poi sventolare una mano davanti agli occhi.

-Mi sento bellissima. Non so che dire.- disse con le labbra tremolanti.

-E non dire niente, perché sei bellissima. Ora, se mi permetti, splendida principessa, vorrei ammirarti a figura intera.- le tese la mano il mio ex.

Barbara la strinse alla sua, e dopo qualche attimo si alzò in piedi, mostrando la sua graziosa figura, fasciata dallo splendido abito a sirena che ,già una volta, le avevo visto indosso.

-Semplicemente da mozzafiato.- le dissi, sentendo anche i miei occhi inumidirsi.

Era così potente la bellezza di una donna in procinto di coronare il suo sogno d’amore, da scuotere il cuore in profondità.

-Vi ringrazio. Sinceramente. Per tutto.- Barbie scandì ogni frase, sbattendo velocemente le palpebre.

**

La cattedrale di Saint Giles non era mai stata così bella. La navata centrale era stata decorata con vasi di peonie, le panche in legno chiaro con delle decorazioni floreali. Dalle vetrate colorate poste in alto, che rappresentavano diverse scene bibliche, filtrano dei pallidi raggi solari che, nonostante il freddo, facevano capolino nel cielo.

La chiesa era gremita di parenti e amici dei due sposi. Le porte dietro di noi si chiusero, e dopo qualche attimo la marcia nuziale ebbe inizio. Barbara era a braccetto con suo padre e con passo cadente solcò con leggerezza il lucido pavimento della navata centrale. Io e Jessica, ci guardammo solo un attimo sorridendo e sorreggendo il pesante velo con estrema delicatezza per evitare che toccasse terra. Due bambine, invece, che seppi essere due nipotine della mia bionda collega, iniziarono a spargere petali di rosa, precedendo di poco la sposa.

Sentivo gli occhi di tutti posati addosso a noi, e ammetto che mi sentii agitata all’idea di fare qualche sbaglio durante la marcia. Già mi immaginavo, incespicare nell’abito di Barbara e cadere di faccia, davanti a tutti i presenti.

Per fortuna ,però, le cose andarono bene, e quando giungemmo davanti al presbiterio, io e Jessica lasciammo ricadere il velo, e ci spostammo verso le nostre panche. Il signor Richardson sollevò il velo dal viso di sua figlia per poi posare, con mani tremolanti e occhi lucidi, la sua mano su quella di Michael, l’ormai prossimo marito.

-Sei bellissima.- mi sussurrò all’orecchio Terence, non appena mi sedetti. Lo guardai per un secondo arrossendo e vedendo che mantenne lo sguardo fisso sugli sposi.

-Grazie.- sussurrai, di risposta.

Poi, concessi ai miei occhi di guardarlo meglio. Era vestito in maniera elegante, con un completo giacca e pantalone nero, una camicia del medesimo colore e una piccola rosa bianca come boutonniere. Non portava alcuna cravatta e i suoi capelli erano pettinati con del gel. Profumava del suo solito ammaliante profumo, intensificato da una gradevole acqua di colonia.

Quando la messa ebbe inizio, cercai di non farmi distrarre dalla bellezza di Terence e iniziai ad ascoltare le parole del sacerdote. Poi, Terence prese la mia mano nella sua, intrecciando le nostre dita e l’intenzione di concentrarmi sulla messa, andò a farsi benedire.

***

Il castello di Culzean era uno dei luoghi più belli di tutta Edimburgo. Situato nelle Lowland, era un residenza neogotica eretta su una casatorre medievale, dal design interno chic e raffinato in stile italiano. Era circondato da un lato da un ampio giardino, con tanto di laghetto per cigni, e dall’altro era limitato da una costa rocciosa che si affacciava sul mare.

Credo che Barbara non avrebbe potuto scegliere una località più fiabesca per celebrare la sua festa di matrimonio. Le sale interne presentavano uno stile sfarzoso, ma classico, e i tavoli ,su cui tutti noi ospiti eravamo accomodati, erano arredati con un livello massimo di eleganza e bon-ton.

Al mio tavolo erano seduti Freddie e il suo ragazzo, Steve ed Arabella, Vincent con una ragazza che non avevo mai visto, e ovviamente il mio Terence, in questo istante intento a osservarsi attorno, come un bambino nel paese dei balocchi. Sembrava che stesse avendo una sindrome di Stendhal nel vedere così tanta bellezza e arte.

Il pavimento era candido e lucido, le pareti dipinte di un colore neutro erano circondate da lunghe tavolate, al momento riempite solo di bevande, e a diversi metri dai tavoli era situata una postazione Dj. A illuminare tutto, oltre i raggi solari che filtravano dalle grandi finestre ai lati della stanza, vi erano anche grossi lampadari coperti di gocce di cristallo che si riflettevano sui pavimenti.

-È assurdamente meraviglioso questo posto!- fece Terence dopo poco, prendendo a guardarmi.

Vidi, con la coda dell’occhio, che tutti smisero di parlottare per guardarlo. Ovviamente non erano mancate le domande su noi due, soprattutto da parte di Price e Steve che erano rimasti alquanto stupiti nel vedermi con il figlio degli Ashling, ora non più cieco. Prima di entrare in sala, mi avevano, infatti, letteralmente allontanato da Terence per interrogarmi.

-Concordo. Trovo che questo castello sia il massimo del buon gusto.- gli rispose Freddie.

Mi trovai a pensare che fosse strano che il mio ex e Terence conversassero. Poi presi a osservare il suo ragazzo. Alto, biondo, dal volto pieno di lentiggini e dai profondi occhi verdi. Non male! Stavano bene insieme, molto meglio di quanto stessimo bene insieme io e lui, da fidanzati. Poi, forse sentendosi osservato, Edward mi guardò un attimo, sorridendomi con imbarazzo. Io sorrisi, di rimando.

Da lì partì una conversazione sul design e sullo stile di alcuni dei quadri presenti in sala tra loro due. Per la prima volta, potei approfondire il talento di Terence sulle opere artistiche. Ci disse che in questo castello erano esposte delle opere di un artista chiamato Robert Adam e il modo in cui descrisse i colori, le sfumature, le forme, le espressioni dei soggetti delle tele, me lo fece… amare ancora di più.

Poco dopo, però, tutti smisero di parlare, per via dell’entrata dei due sposi nella sala. Il Dj mise, come musica di sottofondo, la base della marcia nunziale in una versione remixata che ci fece sorridere e dopo che sia Barbara che Michael presero posto al loro tavolo, il banchetto ebbe inizio.

La festa si stava svolgendo in una maniera impeccabile. I camerieri servirono ottime pietanze e ,con regolarità, il centro della sala si riempiva di ospiti pronti a scatenarsi al ritmo di canzoni moderne e non.

Anch’io ballai, soprattutto con Barbie e con gli altri miei colleghi scatenandomi e ridendo come una matta. Mi erano tanto mancati questi momenti di spensieratezza!

-Il tuo Terence è proprio un bel bocconcino, comunque. Quegli occhi color del mare, quelle labbra…- mi disse Freddie, prendendo le mie mani e ballando con me.

-Mi spiace ma non è più sulla piazza, Fred.- risi.

-Oh tesoro, ma io ho il mio Edward, che per me sarà sempre il più bello di tutti, ma volevo comunque farti sapere che approvo la scelta e che… sono tanto felice per te.- mi si avvicinò scoccandomi un bacio sulla guancia.

Io sorrisi, abbracciandolo per un attimo. Poi continuammo a ballare sfrenatamente.

Fu quando gli ospiti iniziarono a raccogliersi in coppie e a ballare a ritmo di una canzone più lenta, che capii che i balli più sfrenati avevano lasciato il posto a dei balli più romantici.

Quando tornai a sedermi, notai Terence guardarmi sorridente con un luccichio negli occhi. Era l’unico rimasto seduto al nostro tavolo.

-Che c’è?- gli domandai, bevendo dell’acqua.

-Non balli più?- sviò la mia domanda, sempre sorridendomi.

-Beh… non posso di certo ballare da sola, in mezzo a tutte queste coppie…- gli feci notare, sorridendo di rimando.- Purtroppo il mio cavaliere non vuole accompagnarmi nelle danze, quindi…- lasciai la frase in sospeso, sfidandolo con lo sguardo.

Avevo provato a convincerlo un’infinità di volte a ballare con me, ma aveva sempre rifiutato l’offerta, preferendo restare al tavolo, a guardarmi.

-Il tuo cavaliere potrebbe voler ballare le canzoni belle con te, e non quelle commerciali. Quindi ti va di ballare, Jane?- mi tese la sua mano.

Il suo sorrisetto non voleva andarsene.

-Accetto.- presi la sua mano.

Poi ci avviammo al centro della sala. Terence appoggiò una mano sulla mia schiena e con l’altra strinse la mia a mezz’aria.

Mi trovai a pensare che i suoi gesti mostrarono una sicurezza che non gli avevo mai visto. Ricordai quando ballammo insieme il giorno della sagra del cioccolato.

-Quindi “Fix you” merita di essere ballata?- gli domandai.

Una mia mano era posata sulla sua spalla e i nostri occhi si guardavano attentamente.

-I Coldplay meritano sempre di essere ballati.- mi rispose, ballando lentamente.

-Ballammo una loro canzone anche il giorno della sagra del cioccolato. Tu mi avvicinasti a te, poi mi allontanasti e io…

-E tu te la prendesti, parlandomi con freddezza.- mi interruppe, continuando a guardarmi.- Sai, ti svelo un segreto, volevo baciarti già da quel giorno ma avevo troppa paura per farlo.

Sentii il cuore prendere a battermi con forza.

-Ti svelo un segreto anch’io, avrei voluto che tu mi baciassi.- abbassai lo sguardo, leggermente imbarazzata.

Terence, di risposta, mi sollevò il mento e posò le sue labbra sulle mie.

-So quello che ti ha fatto Mary Anne. Me ne ha parlato Tom qualche giorno fa…- aggiunse dopo poco.

Sgranai per un attimo gli occhi, sorpresa. Poi, pensai che fosse normale che Tom gli avesse raccontato tutto.

-Ah sì? Beh… è acqua passata ormai. Credo di essermi difesa abbastanza bene. Non so se ti ha detto che le ho dato uno schiaffo.- sorrisi.

Tornando indietro, anche un bel pugno non sarebbe stato male.

-Non potevo aspettarmi di meglio, dalla mia Jane. Comunque non l’ha passata liscia neanche con me. Le ho telefonato qualche giorno fa e… l’ho ripagata con la sua stessa medaglia.

-Ovvero?- chiesi curiosa, mentre mi fece girare su me stessa.

Notai mentre giravo che Barbara era stretta a suo marito, con la testa sul suo petto e gli occhi chiusi, Arabella e Steve si stavano baciando, Jessica stava ballando in modo impacciato e timido con il ragazzo che le piaceva, effettivamente molto simile a Logan Lerman, che la guardava sorridendo, Fred ed Edward ridacchiare tra loro ed Abbie, con la sua Canon tra le mani a scattare foto a chiunque.

-Le ho chiesto un appuntamento.

-Cosa hai fatto tu?- sgranai gli occhi, per la seconda volta.

-Le ho fatto credere di aver mollato Tessa per stare con lei. Dovevi vederla. Non era più nella pelle. Ha abboccato all’amo in pochi istanti e quando ha visto che ero tornato a vedere ha quasi fatto i salti di gioia.- Terence rise, come se avesse detto una battuta.

-Oddio, ma stai dicendo sul serio?- non riuscivo a crederci.

-Certo che sì. Ovviamente la pantomima è durata poco. Le ho detto poco dopo, che era tutto uno scherzo. Era furiosa, Jane!- scoppiò a ridere.- Do ut des, no?

Scossi la testa ridendo. Quando avesse trovato il tempo di fare tutto questo, era un mistero, ma era stato un gesto carino il suo. Aveva preso in giro Mary Anne, come lei aveva fatto con me, in un maniera meno crudele, però.

-E ovviamente a tutto ciò,  è seguito un bel discorso. Non credo che si permetterà più di prendere in giro qualcuno.- mi fecie l’occhiolino.

-Grazie Terence.- feci sorridendo leggermente.

 

-Di cosa? Avrei voluto  dare un bel pugno anche al modello, ma preferisco non spendere troppe energie con chi non se lo merita.- contrasse leggermente la mascella, chiaramente infastidito da ciò che mi avevano combinato quei due.

-L’importante è che sia passato tutto.- gli accarezzai una guancia, sorridendo.- Comunque tu mi devi promettere di non dare mai più neanche un pugno a nessuno.- lo ammonii puntandogli un dito contro il petto.

Se solo pensavo che a causa di un pugno era diventato cieco, mi sentivo montare rabbia e tristezza.

Un lampo gli attraversò gli occhi.

-Promesso.- disse serio.

Ballammo in silenzio per un altro po’.

-Alla fine com’è andata con lo spogliarellista ieri sera?- mi chiese poi, avvicinandomi più  a sé. Il suo sguardo era puntato dietro di me.

Io risi.

-Ce la siamo spassati. Un bel tipo, davvero. Muscoloso, atletico, abbronzato…

-Okay, okay… non voglio sapere tutti i dettagli. L’importante è che ti sia divertita.- rispose, leggermente offeso.

-Ehi gelosone, scherzavo. Non è venuto neanche lo spogliarellista.- risposi, dandogli un pizzicotto sulla guancia, e scoppiando a ridere.

-Ah ah, che divertimento.- scosse la testa, sorridendo. -Ti diverti troppo a farmi ingelosire. Mi sa che anch’io dovrò usare la stessa strategia. Sai un giorno ho incontrato Sandy. Sandy era una bella ragazza e …

-Ehy!- lo ammonii con lo sguardo.

Scoppiò a ridere.

Mancavano poche note alla fine della canzone, ma tutti stavano ancora ballando con interesse e mi sembrò che attorno a tutti noi si fosse creata una bolla magica, dove ognuno poteva vivere il suo sogno romantico.

-Jane?- richiamò la mia attenzione.

-Sì?

-Domani ti va di venire in un posto con me?

CONTINUA…

 

 

Alleluia! Sono finalmente riuscita a pubblicare! *cori angelici si innalzano nel cielo*. No, vabbè, a parte gli scherzi, mi dispiace davvero tanto di avervi lasciato senza capitolo per così tanto tempo! Purtroppo, dopo le vacanze natalizie, sono stata molto  impegnata con l’università e fino a ieri sono stata impegnata con la sessione invernale. Per fortuna, gli esami che ho fatto sono andati bene :)

Spero che l’attesa sia valsa la pena, però! E che il capitolo vi piaccia. È molto lungo e mi scuso per questo…

Il prossimo sarà l’epilogo, quindi quello finale. Mi dispiacerà tantissimo non poter più scrivere del mio adorabile, fantastico, gentile Terence, e della mia fantastica Jane ma credo sia giusto dare un finale a queste due colombelle ^^

In questi giorni( proprio da oggi) inizierò a scriverlo e spero di non farvi attendere troppo per leggerlo, anche perché ho già in mente le varie scene ;)

Grazie per leggermi, per seguirmi, per preferire o ricordare la mia storia. Sono piccole grandi soddisfazioni.

In particolare grazie a: Clojuno, marioasi, Alba Ellingtown e Helmwige per le bellissime recensioni allo scorso capitolo! Davvero, amo troppo leggere i vostri commenti su ciò che scrivo. Spero di avere il piacere di leggerne altri anche per questo! <3

Grazie a : angorvat, Occhi di fuoco, Chanty 21, mary66, Mrs Kaneky, toretto_lavigne, Callem, e JadeSmoky99 per aver aggiunto “Ad occhi chiusi” nelle proprie seguite. <3

Grazie a : inchiostroelacrime, SIL1996, e nuovamente a JadeSmoky99 per averla aggiunta alle proprie ricordate! <3

E grazie a: lisa934, vichi1, nuovamente a Alba Ellingtown e maggiostesy per averla aggiunta alle proprie preferite <3

Grazie mille a tutte ragazze! Ci vediamo al prossimo capitolo,

Novalis

 

   
 
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