AD
OCCHI CHIUSI
Capitolo
Diciannove
“Non
può essere ch’io abbia tanta felicità,
dopo tanto dolore. È un sogno; un sogno
di quelli che ho fatto spesso, di notte, immaginandomi di stringerla
ancora una
volta sul mio cuore, come faccio ora; credendo di baciarla e sentendo
che mi
amava e che non mi avrebbe lasciato mai.” –Jane
Eyre- C. Bronte
Se inizialmente
rimasi
sorpresa per il suo gesto, dopo non mi fu difficile sciogliermi tra le
sue
braccia, beandomi del suo bacio che si rivelò lento e dolce.
Terence mi tenne
stretta tra le sue braccia come se fossi fatta di cristallo,
accarezzandomi i
capelli e baciando le mie labbra con una lentezza e una dolcezza tali
da farmi
pensare che avesse paura di rompermi, o farmi male. Io assaggiai le
sue,
assaporandone il sapore dolce, fresco, e delizioso, constatando quanto
fossero soffici
e piene. Poi, spostai le mie mani passandole tra i suoi capelli,
morbidi e
lisci.
Avevo spesso
immaginato
come sarebbe stato baciare Terence, ma ogni mia aspettativa era
inferiore a ciò
che stavo vivendo adesso.
Il suo bacio fu
stravolgente
e l’effetto che mi causò fu destabilizzante. Era
come se fossimo rinchiusi in
un bolla, e non esistesse più niente
e
nessuno oltre noi. Le nostre labbra si modellarono come se non avessero
voluto fare
altro da tempo, come se stessero aspettando questo momento da sempre.
Come si
aspetta di vedere una fontana d’acqua in un deserto ,o una
fonte di luce in
fondo ad una galleria. E dentro di me iniziai a sentire una girandola
di
emozioni che mi costrinse a tenermi a lui, se non fossi voluta cadere.
Sentivo
un grande calore all’altezza del petto, come se
un’infinità di raggi solari mi
stessero trapassando il cuore. Ed era bella come sensazione. Tanto
bella.
Non so quanto
tempo
passò. Probabilmente stavano passando minuti, ore o giorni.
Sapevo solo che non
volevo separarmi da lui per nulla al mondo.
Qualche secondo
dopo,
però, ci scostammo l’uno dall’altro, per
tornare a respirare.
Terence mi
guardò
sorridente. Anche i suoi occhi ridevano ed erano così belli,
luminosi, vivi.
-Ti ho convinta
che non
stiamo sognando?- tornò ad accarezzarmi la guancia.
Io sorrisi,
abbassando
lo sguardo.
-Mi sa che ho
bisogno
di un’altra prova.- aggiunsi dopo poco.
Ridacchiai e poi
mi
tuffai nuovamente sulle sue labbra, baciandolo con sentimento.
Quando
ci scostammo, lui rideva. Rimanemmo a
guardarci in silenzio per vari secondi. Mi trovai a pensare che fosse
così
bello che Terence vedesse e stesse qui con me. Ero così
emozionata, euforica e
felice che non trovavo alcuna parola per esprimere ciò che
stavo provando.
Avevo tante domande da fargli, ma non mi sembrò il momento
di esporle.
D’altronde, avrei avuto tutto il tempo per fargliele, no?
-Non te ne
andrai più,
vero?- gli chiesi titubante.
Mi
guardò intensamente,
facendomi di nuovo tremare le ginocchia.
-Nessuno
potrebbe più
separarmi da te, Jane Ryan, a meno che sia tu… a dirmi di
farlo.- soffiò sulle
mie labbra, lasciando su di esse un altro leggero bacio.
Io lo strinsi di
nuovo
a me. Ascoltare il battito del suo cuore era musica per le mie orecchie.
-Sei ancora
arrabbiata
con me?- domandò, teso.
Mi scostai da
lui, per
guardarlo.
-Vorrei esserlo,
soprattutto perché non hai capito fin dall’inizio
che non era la scelta giusta
quella di assecondare tuo padre, ma… non potrei esserlo
neanche volendo, perché
sono troppo felice di vederti, e la felicità è
più grande di tutto. Comunque,
dovresti ringraziare Harrison, per avermi fatto capire tante cose di te.
Lui mi
accarezzò i
capelli, sorridendo.
-Ne sono felice.
Per
quanto riguarda Harrison, l’ho già ringraziato.-
ridacchiò. –Comunque… ti è
piaciuta la mia lettera? Spero che non sia risultata troppo pietosa.-
continuò,
puntando lo sguardo verso il paesaggio che si stagliava dietro di noi.
Come se
non affrontando il mio sguardo, non si sarebbe sentito a disagio.
-Moltissimo.
È stata la
lettera più bella che abbia mai ricevuto… anche
se è stata l’unica che io abbia
mai ricevuto, in effetti- ridacchiai,- ma è stata splendida,
davvero. E mi è
piaciuto anche il modo in cui me l’hai fatta recapitare.- gli
risposi
sinceramente.
-I cari
Charlotte,
Lizzy e Tony…! Avevo già deciso che ti avrei
fatto arrivare la mia lettera in
maniera speciale, e quando sono stato contattato da Lizzy,
perché voleva sapere
come stessi, mi è venuta l’idea. Sono contento che
ti sia piaciuta.- mi
sorrise, felice.
-Ma a
proposito… hai
scritto davvero di essere geloso di un certo “modello da
strapazzo”?- ricordai
ciò che avevo letto.
Terence si
schiarì la
voce, in evidente imbarazzo. Trattenni una risata.
-Può
darsi. Comunque,
visto che ne parli… che ne è stato di lui?-
riprese a guardarmi.
-Mah niente di
che! Ci
siamo solo fidanzati ufficialmente.- lo presi in giro, mordendomi le
labbra per
non scoppiare a ridere.
Lui si
scostò un
secondo da me, corrucciandosi.
-Ti piace
scherzare,
Jane Ryan?
-Sì.-
diedi finalmente
libero accesso alle mie risate.
Dopo poco, rise
anche
lui, stringendomi di nuovo tra le sue braccia.
-Mi era mancato
anche
il suono della tua risata.- mi strinse forte.
Rimanemmo
così per
diversi attimi, poi sciolse il nostro abbraccio, e mi prese per mano.
-Beh…
non sono più abituato a invitare ragazze
ad appuntamenti, ma… ti andrebbe di passare la giornata con
me?- il suo sguardo
era titubante.
Davvero credeva
che
avrei rifiutato una simile proposta? Dopo che non lo vedevo da
settimane ed
avevo sofferto moltissimo per la sua mancanza nella mia vita?
-Certo che
sì. E spero
di passarne anche molte altre con te.- gli feci un occhiolino, sicura
di me
stessa.
-Bene,-
sembrò
sollevato.- ti andrebbe dunque di iniziare, facendo una passeggiata nel
parco e
andando a bere una cioccolata calda? Conosco un negozio che la fa
buonissima.-
mi propose.
-Ovvio che
sì.- feci
entusiasta.
-Perfetto.
-mi strinse la sua mano,
leggermente imbarazzato.- Questa volta lascia che ti guidi io.-
continuò con
fermezza.
Gli sorrisi.
Probabilmente,
visti
dall’esterno, sembravamo entrambi due adolescenti, impacciati
e timidi, al
primo appuntamento. Ma andava bene così.
Camminammo in
silenzio,
scendendo la piccola collinetta di “Arthur
seat” e iniziando a passeggiare tra la tanta gente.
La neve cadeva lenta,
in piccoli e soffici fiocchi bianchi. Faceva molto freddo ma la
presenza di
Terence era una sufficiente, e molto piacevole, fonte di calore.
-Terence?- lo
chiamai
ad un certo punto.
-Sì?-
si voltò verso di
me, curioso.
-Ti aspettavi
che io
fossi così? Nel senso, ora che mi hai visto, sei
rimasto… deluso?- preferii
guardare davanti a me, più che affrontare il suo sguardo che
sentii posarsi su
di me.
-Sì,
sono rimasto
deluso.
Sentii il mio
cuore
perdere un colpo. Abbassai un attimo lo sguardo.
-Sono rimasto
deluso da
me stesso, per non averti immaginato così bella nella mia
mente. Quando sei
cieco, il tatto diventa la tua vista e quando accarezzai il tuo volto
me lo
disegnai in un certo modo nella mia testa. Ti avevo immaginato bella,
ma non…
così tanto.- si schiarì la voce.
Sorrisi
imbarazzata,
sentendomi le guance arrossire.
-Non capisco
perché tu
non ti piaccia. Ricordo ancora quando mi parlasti delle tue insicurezze
sul tuo
aspetto fisico. Sei veramente bella, Jane, e devi credermi. Hai una di quelle bellezze raffinate, e
semplici che non possono far altro che disarmarti.- mi
sorrise per un
attimo, tornando a volgere lo sguardo davanti a sé.
Lo guardai, con
il
cuore in gola. Forse questo, era uno dei complimenti più
belli che mi fossero
mai stati dati. Ricordavo ancora Christopher Wilson quando, con i suoi
ammalianti occhi grigi, mi aveva detto che ero bella. Avevo creduto
alle sue
parole, a volte, ma adesso che sapevo che erano parti di uno sporco
piano, le
parole che Terence mi rivolse brillarono di una pura
autenticità.
-Grazie
Terence.- gli sussurrai.
Terence strinse
più
forte la presa delle nostre mani.
Poi continuammo
a
camminare in silenzio. Ogni tanto rise, soprattutto quando vide dei
bambini
giocare o far arrabbiare qualche nonno o quando il naso a carota di un
pupazzo
di neve fatto da una ragazzina, cadde miseramente a terra. E io mi
beavo del
suono della sua risata. Era come se lo conoscessi adesso, per la prima
volta.
Quello che avevo frequentato fino adesso, era stato il Terence cieco,
scontroso, freddo, che rideva poco o mai e che mostrava la bellezza del
suo
animo, poche volte. Quello di adesso, che vedeva e sorrideva sempre,
sentivo
che era diverso.
Ridemmo e
continuammo a
camminare, fino a quando non si fermò davanti a un
negozietto che vendeva
cioccolata calda e dolci natalizi. Era abbastanza piccolo, ma riuscimmo
a
trovare un piccolo tavolo per noi.
Al suo interno,
fummo
accolti dal tipico profumo dei buoni dolci, da un caloroso camino e da
delle
graziose tendine a quadretti bianchi e rosa che coprivano due piccole
finestre.
C’era anche un piccolo alberello di Natale, e qualche
campanellina festiva
messa qua e là. Una radio posata sul bancone
d’ingresso, invece, trasmetteva con
volume basso, delle canzoni.
-È
bellissimo qui.-
osservai, iniziando a togliermi il cappotto.
-Faccio io.-
disse
Terence, sfilandomelo del tutto e spostandomi, in modo cavalleresco, la
sedia
su cui mi sedetti.
-Quanta
galanteria.- lo
stuzzicai, ridacchiando.
-Io sono un
gentleman,
signorina.- fece un sorriso sghembo.
Io risi, di
risposta.
Lo era davvero.
-Sono contento
che ti
piaccia questo posto.- continuò togliendosi il suo giubbotto
e rimanendo con
una camicia bianca visibile solo dal colletto, coperta da un
maglioncino rosso.
Poi, prendemmo i
nostri
menù. C’erano così tante leccornie che
avevo l’imbarazzo per la scelta. Alla
fine optai per della cioccolata calda con panna e per una fetta di
torta al
limone. Anche Terence scelse le mie stesse golosità.
Dopo aver
ordinato,
quando la proprietaria del negozio se ne andò, prese a
fissarmi, sorridendomi.
-Perché
mi guardi
così?- domandai, leggermente imbarazzata.
-Così
come? È la prima
volta che ti guardo sul serio, non puoi dirmi di non farlo.- mi fece un
occhiolino.
-Giusto…-
ridacchiai.-
Allora ho una scusa per farlo anch’io.- ricambiai
l’occhiolino, posando la
guancia sul palmo della mia mano, e prendendo ad osservalo con gli
occhi a
cuoricino. Proprio come facevo da ragazzina, di fronte al poster di
qualche
attore. Solo che Terence era più bello di qualsiasi attore,
ed era proprio qui
davanti ai miei occhi.
-Mi trovi bello,
almeno?- mi chiese, con sguardo malizioso.
Mi fu
inevitabile non
ripensare alla prima volta che lo conobbi. Quando mi fece la stessa
identica
domanda.
-Tendo a non
giudicare
l’aspetto esteriore di una persona se non conosco prima la
sua interiorità!-
gli risposi, ridendo.
Aspettavo che
anche lui
ricordasse le mie parole del nostro primo incontro.
Tempo due
secondi, e
infatti anche lui scoppiò a ridere.
-Sapevo che
avresti
collegato la mia domanda alla prima volta che ci incontrammo.- rise
ancora.-
Comunque, conosci bene la mia interiorità adesso e
… mi hai già detto di
trovarmi bello.- mi fece di nuovo l’occhiolino.
Abbassai lo
sguardo,
sorridendo. Che tipo che era!
Qualche istante
dopo,
iniziarono a trasmettersi le note di “Stay with me”
di Sam Smith.
-Grazie Jane.-
disse
poco dopo, tornando serio.
Mi piaceva il
modo in
cui pronunciava il mio nome. Lo guardai sorpresa.
-Perché
ho ammesso che
ti trovo bello?- sollevai un sopracciglio, facendo un mezzo sorriso.
Lui scosse il
capo,
sorridendo leggermente e prendendo la mia mano posata sul tavolo, e
stringendola alla sua.
-Per diverse
cose. Per
essermi stata sempre vicina, accettando tutti i miei difetti senza
rimanerne spaventata.
Per essere sempre stata forte e non aver mai avuto paura di esprimere
la tua
opinione, facendomi capire tante cose. Per aver fatto un lungo viaggio
per
essermi vicino. E soprattutto per non avermi dimenticato.-
sussurrò l’ultima
frase, abbassando lo sguardo.
Io sollevai una
mano
per accarezzargli una guancia, facendo incatenare di nuovo i suoi occhi
ai miei.
-Come si
può
dimenticare la persona che ti ha rapito il cuore, e stregato
l’anima?- ora
toccò a me abbassare lo sguardo, in pieno imbarazzo.
Aver letto tanti
grandi
romanzi inglesi, mi permetteva a volte di dire frasi molto romantiche.
Ma era
la verità! Terence Ashling mi aveva stregato
l’anima come Elizabeth Bennett
aveva fatto con Mr Darcy, o come Jane Eyre aveva fatto con il signor
Rochester.
Nella mia vita avevo amato solo Freddie, prima di Terence,
ma… neanche lui era
riuscito a far vibrare le corde della mia anima come aveva fatto il
ragazzo
dagli occhi azzurri.
Sentii il
sorriso di
Terence posarsi su di me, baciando poi il palmo della mia mano,
appoggiata
ancora sulla sua guancia.
-Qui
l’unica che mi ha
stregato l’ anima, sei tu, Jane Ryan. Credo davvero che tu
sia stata il mio
miracolo.
Sorrisi,
sentendo i
miei occhi farsi ,di nuovo, lucidi. Stavo diventando una dalla lacrima
facile,
ma era così bello sentirsi rivolgere questa frase, che per
diverse volte avevo
solo immaginato. Poi Terence spostò la mia mano,
stringendola alla sua sul
tavolo.
-Sei stata
coraggiosa a
venire in ospedale, nonostante… la mia famiglia. A tal
proposito, - si schiarì
la voce,- ti chiedo scusa anche per questo. Harrison mi ha detto come
si è
comportata mia sorella.- il suo volto si corrucciò.
-Non
preoccuparti. Tu
non sei loro e, sapendo di aver fatto la cosa giusta, non ho badato
minimamente
alle parole di tua sorella, che… se posso permettermi,
è davvero una strega.-
lo guardai.
-Puoi
permettermi
eccome! Lei è uguale a mio padre, e con mio fratello, non
merita alcun
appellativo gentile. -mi strinse più forte la mano.
-Piuttosto
tu… come
stai? Stai davvero bene?- gli accarezzai, di nuovo, una guancia. Il suo
volto
era così liscio e profumava di dopo barba.
Lui chiuse un
attimo
gli occhi, al mio tocco.
-Sto benissimo,
Jane.
Come non lo ero da tantissimo tempo.
E
non lo dico solo perché sono tornato a vedere, e
perché ho la fortuna di essere
qui con te, ma anche perché… sono successe tante
cose, in questo periodo.
-Ah
sì?- feci curiosa.
Lui
annuì con il capo,
sorridendomi.
-Sul tuo
bellissimo
volto leggo che vuoi che ti racconti un po’ di
novità, giusto?- chiese.
A quanto
sembrava ero
proprio un libro aperto!
-In effetti sono
molto
curiosa e ho sete di risposte. Ma, non per il momento…
voglio solo che oggi
stiamo insieme, senza che alcun problema pesi su di noi.- feci sincera.
Ero la prima a
voler
sapere tante cose. Volevo capire come si fosse risolta la questione con
Tessa,
con suo padre e con il signor Campbell, come mai i mass media non
parlassero
più della sua famiglia, come avesse avuto
l’incidente che lo aveva riportato a
vedere e… tanto altro. Ma, oggi non era sicuramente il
giorno adatto.
Lui
annuì nuovamente.
-Ti prometto che
ti
racconterò tutto. Ogni più piccolo dettaglio.-
fece una croce immaginaria sul
cuore.
Nel frattempo
due tazze
a forma di pupazzo di neve, belle fumanti, arrivarono insieme a due
piattini di
torta. Il profumo della cioccolata calda era inebriante. Terence mi
lasciò la
mano, sorridente.
Poi prese il suo
cucchiaino mangiando un po’ della mia panna.
-Ehi, quella
è la mia
tazza!- mi lamentai, sorridendo, e pizzicandogli la mano.
-Ahi!- si
lamentò di
risposta.- La tua cioccolata ha molta più panna della mia,
non lamentarti.-
continuò, facendomi la linguaccia.
Terence Ashling
che mi
faceva la linguaccia. Andava tutto bene.
***
La meta
successiva al
negozietto della cioccolata, fu un mercatino di Natale che fu allestito
sul
Royale Mile, dove era stato decorato anche un alto abete, ora non
ancora
illuminato.
C’erano
immensi tavoli
addobbati di oggetti natalizi troppo deliziosi! Cappellini, coperte
ricamate a
mano, orecchini, braccialetti, palline, festoni, sculture e tante altre
meraviglie.
Terence guardava
tutto
con gli occhi sgranati, come se fosse un bambino davanti a tanti
regali. Aver
vissuto tanti anni senza vedere niente, se non il buio più
totale, doveva
permettergli adesso di vedere tutto con più meraviglia. Era
come se guardasse
il mondo, con i suoi colori, le sue luci e la sua vivacità,
per la prima volta.
-È
bellissimo qui.
Stasera, se vuoi, ci torniamo. So che illuminano tutto.- fece
entusiasta.
Poi si
fermò vicino a
un bancone che vendeva cornici per quadri e fotografie, tutte in legno
intagliato.
-Ti serve una
cornice?-
feci incuriosita.
-Sì,
ne vorrei una
piccola in cui racchiudere una fotografia di mia madre.- mi
spiegò, guardandomi
per un attimo, per poi tornare a osservare i numerosi lavori
artigianali che lo
fronteggiavano.
Rimanemmo a
lungo per
cercare quella giusta, poi aiutato dalla signora che li vendeva,
optammo per
una piccola cornice in legno chiaro con intagliati due piccoli cuori
intrecciati.
-Ottima scelta.-
gli
dissi, osservando la busta con il suo nuovo acquisto.
-Sono
d’accordo.- mi
sorrise,- Oh guarda che belli.- si fermò, poi, vicino a
venditore di gioielli.
-Sono fatti a
mano.- ci
disse il vecchio signore che li vendeva.
Erano
meravigliosi.
Tutti gioielli in un materiale simile all’argento,
impreziositi da pietre
colorate. Mi colpì subito un braccialetto con pietre blu e
un anello.
Poco dopo
Terence prese
l’anello che stavo guardando e me lo mise davanti gli occhi.
-Ti starebbe
bene.
Provalo.- mi sorrise.
-Cosa? Oh no,
non
preoccuparti.- accompagnai la frase con un gesto della mano.
-Insisto. Mi
piace e
vorrei vedere come ti sta.- continuò, prendendomi la mano.
-Posso farglielo
indossare, vero?- si rivolse al signore.
-Certo.- gli
rispose il
vecchio venditore, sorridendo bonariamente.
L’anello
era molto
semplice. Era argentato con al centro una piccola pietra rossa, ora
colpita da
un raggio solare, che tentava di far capolino nel cielo coperto da nubi
bianche.
Terence me lo infilò all’anulare della mano
sinistra, con molta facilità.
Sembrava fosse fatto per me.
Rimasi a
guardarlo per
diversi istanti. Era bellissimo.
-Quanto costa?
Lo sentii fare
questa
domanda, e prima che potessi fare qualcosa, me lo comprò.
-Ti sta
benissimo.- mi
disse con gli occhi luminosi, prendendomi poi per mano.
-Grazie,
Terence. Ma
non dovevi, davvero...
-Perché
non dovevo? Ora
siamo insieme Jane, e l’anello è uno dei simboli
più importanti dell’unione di
due persone. In più, quando lo vedrai penserai sempre a me,
e quando lo
vedranno gli altri, sapranno che hai già il cuore
impegnato.- mi rispose, senza
voltarsi, continuando a camminare.
Sorrisi,
sentendomi di nuovo battere forte il
cuore. “Ora siamo insieme”.
Quanto
poteva essere bella una frase così. Stare insieme. Essere
uniti. Inseparabili.
-Non ho bisogno
di un
oggetto per pensare a
te.- gli feci
presente, sorridendo.
-Effettivamente
con una
bellezza della mia portata, è difficile non pensare a me.-
mi prese in giro,
ridendo.
Risi
anch’io finché non
si fermò davanti ad un'altra bancarella. Due ragazze stavano
vendendo
angioletti e palline da appendere all’albero di Natale.
-Che meraviglia!
Non
faccio un albero di Natale da quando… ero piccolo.- mi
sorprese.
Terence non
decorava un
abete natalizio da così tanto tempo? Potevo scommetterci che
colpevole di
questo doveva essere stato quell’odioso del padre.
-Ciò
è male Terence.
Dobbiamo assolutamente porre rimedio alla cosa. Ti chiedo, dunque, se
ti va
domani sera di venirmi a prendere dal lavoro, di venire poi a casa mia
e di
aiutare me ed Abbie a fare l’albero.- gli proposi.
Lui rimasi
qualche
altro istante con lo sguardo puntato sul luccichio che emanavano quei
deliziosi
addobbi, per poi guardarmi.
-Sarebbe
bellissimo! E magari
sempre domani, coglierò l’attimo per raccontarti
un po’ di novità che sono
successe, se vorrai ascoltarmi ovviamente. Una te la posso anticipare:
Harrison
si è licenziato, ora vivo a casa sua e non vengo
più scorrazzato su auto di
lusso. Sono tre novità, in realtà, ma non fa
nulla…
Fu inevitabile
per la
mia bocca non dischiudersi dalla sorpresa. Cosa mi aveva appena detto?
-Oddio, non ci
credo!
Davvero?- feci con stupore.
-Assolutamente
sì. Ma
te ne parlerò meglio domani. Ora aiutami a scegliere qualche
decorazione per
l’albero.- mi si avvicinò, lasciandomi un bacio a
stampo sulle labbra.
-Va bene.-
balbettai,
scossa per questo nuovo bacio.
***
Io e Terence
trascorremmo il resto delle ore, divertendoci e comprando quanti
più addobbi
possibili. Non potemmo fare molti giri per la città, vista
la neve che aveva
iniziato a coprire i marciapiedi e a rendere le strade bagnate.
Tornammo
nuovamente al parco di Holyrood per costruire un pupazzo di neve che,
ahimè,
non venne molto bene. Ma poco importava, perché
ciò ci procurò ulteriori risate.
Quando la neve
smise di
ballare nel cielo, era già sera. Avevamo cenato in un
piccolo locale scozzese,
mangiando dei panini e bevendo coca cola.
Dopo cena,
avevamo
deciso di ritornare a passeggiare lungo il Royal Mile, ora tutto
illuminato a
festa. Sembrava che le stelle del cielo si fossero trasferite
sull’alto albero
di Natale posto al centro della strada. Tutto brillava, compresi gli
occhi dei
bambini estasiati davanti alla magia del Natale, e compresi gli occhi
di
Terence, più vivi che mai.
-Mi era mancato
così
tanto vedere.- mi disse, mantenendo lo sguardo fisso sulle numerose
lucine che
ci fronteggiavano, e stringendomi la mano con delicatezza.- Mi erano
mancati i
colori, la luce… la vita.
Io annuii con il
capo,
rimanendo a guardare il suo profilo perfetto. Lui era per me, la luce
più bella
di tutte.
-Terence ti va
di
venire a un matrimonio?- gli chiesi, dopo un
po’.
Lui si
voltò e prese a
guardarmi curioso.
-Un matrimonio?
– i
suoi occhi brillavano come diamanti azzurri.
-Sì.
È di una mia
collega. Te lo accennai quando andammo al centro per cani, non so se
ricordi.
La messa e la cerimonia avranno luogo fra pochi giorni, il 20 per la
precisione. Quindi mi chiedevo se,- titubai,- vuoi venire con me.-
volsi lo
sguardo sull’abete.
-Certo, molto
volentieri.- vidi con la coda dell’occhio che mi sorrise.
***
A fine serata,
quando a
malincuore dovetti ritornare a casa, Harrison si fece trovare vicino al
parco
di Holyrood, appoggiato a una… DeLorean
grigia, modello anni ‘80. Una caffettiera, insomma.
-Harrison!- gli
corsi
incontro, sorridente.
Era bello
rivedere quel
vecchio uomo, dal cuore grande e dagli occhi buoni. Se non fosse stato
per lui,
dubitavo che le cose sarebbero andate come erano andate.
Lui mi sorrise,
tendendomi una mano. Io la rifiutai, abbracciandolo direttamente.
Harrison rimase
immobile per qualche secondo, per poi ricambiare il mio abbraccio,
gentilmente.
-Ha sorpreso
anche me
con i suoi abbracci.- fece Terence, divertito.
-È
bello vederla felice
signorina.- mi disse il vecchio autista, scostandosi da me.
Io gli sorrisi.
La
sincerità con cui disse questa frase, non fece altro che
renderlo più
adorabile.
-Grazie per
tutto
Harrison.- gli dissi.
-Dovere,
signorina.-
ricambiò il sorriso.
-Certo
è però che mi
sarebbe piaciuto che mi anticipasse qualcosa, piuttosto che dirmi di
avere
pazienza e di aspettare.- feci una smorfia, ridendo.
Harrison rise.
-Signorina, non
sa che
l’attesa del piacere è essa stessa il piacere?- mi
fece l’occhiolino.
-Bella risposta,
Harry!- gli batté il cinque, Terence.
Io scossi la
testa,
ridacchiando. Guardandolo meglio mi accorsi che non era vestito con la
sua
divisa da autista.
-Anche se
Harrison non
è più il mio autista, siamo rimasti amici
ovviamente. In quest’ultimo periodo
ho ancora bisogno di qualcuno che mi accompagni, perché ho
perso allenamento
con la guida.- mi lesse nel pensiero Terence, avvicinandosi a me.
-E io
l’accompagno
molto volentieri. Mi sono dimesso come autista degli Ashling, ma non
come
autista di Terence, il mio amico.
I due si
sorrisero,
come un padre può sorridere orgoglioso a un figlio e come un
figlio può
sorridere felice a un padre, e mi fu inevitabile non pensare a come la
vita fosse
strana. Il vero padre di Terence non mostrava a suo figlio
l’affetto e l’amore
che avrebbe dovuto, e una persona che non aveva alcun rapporto di
parentela con
lui, invece sì. Pensai che Harrison fosse il miracolo di
Terence.
-Mi fa molto
piacere.
Era sofferente sapere che un uomo buono come lei, prestasse servizio
presso una
famiglia così… sgarbata.- dissi.
I due annuirono,
e dopo
poco fummo tutti in macchina, con meta la mia casa. Pensai, a quando io
e
Terence ne avremmo potuto condividere una tutta nostra. Arrossii al
pensiero.
***
-Jane mi puoi
passare
la pallina verde, per favore?- gridò Abbie, sopra uno
sgabello.
Io, Terence,
Abbie e
Tom avevamo impiegato almeno un’ora per montare ogni
ramoscello dell’albero di
Natale. Avremmo voluto comprarlo vero, ma non avendo un giardino, e a
causa del
lavoro, non avremmo potuto curarlo dopo il periodo natalizio,
così ne avevamo
comprato uno sintetico.
I due ragazzi
erano in
cucina a lucidare la stella che avremmo usato come puntale, regalata ad
Abbie
da sua nonna, qualche anno fa.
Io ero tuffata
nella
scatola dove avevamo conservato le palline acquistate negli altri anni.
-Questa?- le
passai una
pallina di vetro verde.
-Sì,
è perfetta.- me la
prese dalle mani e l’appese ad un ramoscello.
Abbie era
l’artista
della casa. Ogni Natale addobbava l’albero senza permettermi
di appendere nulla.
Si creava degli schemi, e dei disegni, e quando arrivava il giorno
voleva che
tutto fosse fatto come diceva lei.
Io la lasciavo
fare,
perché era davvero brava nell’addobbarlo, ma
quando si allontanava o si
distraeva, coglievo l’attimo per aggiungerci io qualche
decorazione.
-Eccoci qui!-
fece Tom,
sorreggendo trionfante la luminosa stella che avremmo messo sulla punta
dell’albero.
-È
solo merito mio, se
è venuta così luminosa.- disse Terence, prendendo
in giro l’amico.
-Ma per favore!-
gli
disse Thomas spintonandolo leggermente.
Io ed Abbie
scuotemmo
il capo, dicendo insieme : “Uomini! Sono come i
bambini”.
-Sta venendo
benissimo,
amore mio. –le disse il suo ragazzo, abbracciandola da dietro.
Anche se lei era
sopra
uno sgabello, lui era ancora più alto di lei.
-E tu non
l’aiuti?- mi
domandò Terence, cingendomi la vita con un braccio.
Il suo calore e
il suo
profumo, mi fecero battere forte il cuore.
-Non me lo
permette, la
signorina. L’albero può essere addobbato solo da
lei. In cambio, le faccio da
sguattera passandole palline.- presi in giro la mia amica, attendendo
una sua
risposta.
Abbie si
voltò un
attimo verso di me, con un angioletto, di quelli comprati da me e
Terence, in
mano.
-Invece di
essere
onorata di passare le palline a Lady Abbie Anderson, si dà
anche della
sguattera. Ma sentitela!- storse il naso, stizzita.
Scoppiammo tutti
a
ridere.
-Senta Milady,
non è
che mi permetterebbe di aiutarla a
decorarlo? È un desiderio che ho da anni.- fece
Terence, sorridendo.
Tutti lo
guardammo.
Abbie alzò un sopracciglio per qualche istante, chiaramente
indecisa sul da
farsi.
-E sia Sir, ma
solo
perché lei è Sir Terence di Edimburgo.
Ridemmo
nuovamente
tutti.
Due ore dopo
eravamo
stravacati sul divano del salotto a guardare uno show televisivo.
Eravamo tutti
molto stanchi e anche un po’ impolverati per via della
polvere che era posata
su alcuni scatoloni di palline, ma felici per il risultato ottenuto.
Palline
rosse e verdi si fondevano benissimo con pupazzi di neve in legno e
angioletti
brillantati. Tutti illuminati da lucine bianche.
Terence si era
mostrato
un bravissimo decoratore di abeti natalizi, grazie al suo buon gusto, e
il
risultato finale era splendido. Certo io non avevo fatto molto, ma
vedere la
luce di gioia che brillava negli occhi di Terence mentre appendeva le
varie
decorazione, proprio come fosse un bambino, era stato uno spettacolo
bellissimo.
-Va bene, questo
show
mi ha già
annoiato. Io e Tom ce ne
andiamo…- disse Abbie, tirando per il braccio il suo
ragazzo, ad un certo punto.
Iniziammo tutti
a
guardarla.
-Ma amore,
questa è la
parte dove…- cercò di protestare Tom.
-Niente
‘ma’ tesoro.
Andiamo in camera mia e lasciamo questi due fanciulli da soli a godersi
un po’
dell’intimità che è stata loro privata
in questo periodo.- Abbie fu categorica.
Poi si voltò verso di me, facendomi l’occhiolino.
Io mimai un
“grazie”
con le labbra, sorridendole.
Thomas si
alzò di
malavoglia, dando una pacca sulla spalla al suo amico. Poco dopo si
allontanarono,
bisticciando, mentre salivano le scale.
Quando non si
sentirono
più le loro voci, ma solo il rumoreggiare della tv, voltai
lo sguardo verso
Terence.
-Hai proprio
un’amica
fantastica.- disse, iniziando ad accarezzarmi i capelli.
-Anche il tuo
non è
male.- sorrisi, socchiudendo gli occhi per la delicatezza con cui mi
arrivavano
le sue carezze.
Lui
annuì con il
capo. Poi mi prese il polso con
delicatezza, e mi avvicinò più a sé
iniziando a baciarmi. Lasciò un bacio prima
sulla mia fronte, poi sulle mie guance, poi sul mio naso, poi su i miei
occhi
che si erano automaticamente chiusi. Una parte del viso alla volta.
Proprio come
quando vide il mio viso per la
prima
volta, usando le mani.
-Posso
baciarti?-
chiese, avvicinandosi di più.
Sentii il suo
profumo
di pulito così forte, che sarei voluta rimanere
così per sempre.
-Non lo stai
già
facendo?- sussurrai, sorridendo e mantenendo gli occhi chiusi.
-Non qui,
però!- mi
rispose prima di tuffarsi sulle mie labbra.
Mi
baciò come aveva
fatto il giorno prima. Con una delicatezza e una gentilezza estremi. Io
risposi
al bacio, stringendo tra la mia mano il suo maglione, per tenerlo il
più
possibile vicino a me. Le sue labbra erano come il Paradiso e sapevo
che da
quel momento, ne avrei sempre avuto bisogno.
Quando ci
scostammo
l’uno dall’altro, posai la testa sul suo petto,
mentre lui mi cinse i fianchi
con un braccio, e prese ad accarezzarmi i capelli con l’altra
mano.
-Credi che sia
il
momento giusto per raccontarti alcune cose, Jane?- mi
domandò.
Mi
sembrò che questa
domanda, dato il modo in cui me la pose, fosse una richiesta per
Terence. Come
se avesse la necessità di liberarsi di un peso che lo teneva
lontano da me. Mi
fece piacere sapere che adesso, contrariamente a come era prima, voleva
aprirsi
con me e non nascondermi nulla.
Annuii senza
rispondergli. Ritenni anch’io che fosse il momento giusto per
dirmi quelle
novità che ieri non avevo voluto ascoltare. Eravamo insieme.
Felici. Uniti. E
nessun ricordo avrebbe potuto rovinare l’atmosfera.
-Bene.- si
schiarì la
voce, come se si stesse preparando a un discorso molto lungo.- Vuoi
farmi tu
delle domande? Sai… non so da che parte cominciare.- ammise,
ridacchiando.
-Va bene,-
sollevai lo
sguardo, sorridendogli.- Parto allora con il chiederti come sia
avvenuto
l’incidente che ti ha ridato la vista.
Era come essere
tornati
al giorno in cui avevamo giocato al “do
ut des”, solo che adesso ci sarebbe stato solo il
“do”.
-Domanda
interessante.
-sospirò,- Dunque… Jane, come ti ho raccontato
tempo fa, ho avuto un incidente di
pugilato anni fa, della portata tale da farmi cadere in coma e da
procurarmi
dei danni al nervo ottico. La vista mi sarebbe tornata solo grazie a un
miracolo o grazie… a un colpo della stessa potenza del primo
che avrebbe potuto
guarire il mio ematoma celebrale, causa della perdita della vista.
Io annuii contro
il suo
petto, ascoltando attentamente.
-Quando ho
deciso di
accettare il fidanzamento con la figlia dei Campbell, l’ho
fatto per diverse
ragioni: per insicurezza, per fragilità, per
paura… per stupidità. Pensavo che
si mi fossi lasciato andare con te, ti avrei resa infelice, ma anche
questo
dovresti saperlo, come Harrison mi ha fatto presente. La situazione
è
peggiorata quando ho capito che anche Tessa era infelice, che amava
un’altra
persona e che la nostra unione sarebbe stata troppo deleteria. Non
dormivo al
pensiero che avrei rovinato anche la sua vita, e non sono mai stato un
egoista.
In più avevo sognato mia madre il giorno prima di firmare
l’accordo pre
matrimoniale. Era bella come ricordavo e mi diceva solo una parola :
coraggio.
Il giorno dopo, presi la decisione di andare da mio padre. Gli dissi chiaramente che
non sarei stato più
al suo gioco e che non avrei messo da parte la mia felicità
per i suoi stupidi
affari. Inutile dirti che litigammo pesantemente, anzi furiosamente.
Gli
rivoltai addosso tutto il rancore che avevo covato nei suoi confronti
per tanti
anni, fino a che, stanco e arrabbiato, decisi di piantarlo in asso, e
andarmene. Camminai con James, in
quanto Ulisse era nella mia stanza, lasciando che la rabbia mi
scorresse nella
vene, e mi ritrovai sperduto in una città per me
sconosciuta. Ho rischiato
molto, sai?-fece una pausa, poi riprese.- Vagai per la
città, sentendo la
rabbia fondersi con la paura. Probabilmente quello fu uno dei momenti
in cui
avvertii di più il peso della mia cecità.
Camminando, passo dopo passo, non mi
accorsi di essere finito in strada, e tra i vari clacson che suonavano
inferociti, avvertii la presenza di una macchina in arrivo. Questa si
fermò in
tempo, ma fu tutto così improvviso, che
persi l’equilibrio e caddi sull’asfalto
procurandomi un colpo alla testa. Un
colpo così forte, però, da essere paragonato a
quello che mi portò al tappetto,
tanti anni fa.- rabbrividii immaginando la scena.- È grazie
a questo se ora ci
vedo.- si fermò.- Quando mi sono risvegliato dal coma
farmacologico, e ho
riaperto gli occhi, sono scoppiato a piangere.- fece una pausa,
sospirando.-
Riuscivo a vedere. Mi sentivo così forte, vivo, pieno di
energia, come se
avessi vissuto per anni con una batteria scarica, in quel momento
rigenerata al
massimo. Vedevo i colori della mia stanza, i tubicini che erano legati
alle mie
braccia, il sole che si rifletteva sulla finestra
e anche… la mia famiglia. Aspettarmi di
vederli felici per la mia ritrovata vista, era troppo, ma non mi sarei
mai
aspettato che mi dicessero, senza troppe cerimonie, che erano pronti,
per
citarli, “ a perdonarmi e a mettere una pietra sopra alla
nostra discussione,
così da procedere come stabilito, con il
matrimonio”.- Terence rise.
-Perché
adesso ridi?-
feci curiosa, sollevando il mio sguardo su di lui.
-Perché
sto pensando a
quello che successe dopo questa frase che disse mio padre. Ascolta.
C’era anche
Tessa Campbell nella mia stanza, che
riconobbi grazie a delle descrizioni sul suo aspetto fisico che mi
aveva fatto
mia sorella, insieme a quello che dedussi fosse suo padre, ma me ne
accorsi
dopo. Si alzò in piedi e disse, mantenendo la calma, che lui
era il peggior
genitore che avesse mai incontrato, che non mi avrebbe mai sposato e
che se non
avesse iniziato ad amarmi come meritavo, avrebbe fatto di tutto per
fargli
passare seri guai finanziari. Dovevi vederla. Così piccola e
minuta,
fronteggiava la mia famiglia, mantenendo la testa alta e stringendo le
mani a
pugno. Suo padre la rimproverò seduta stante, ma lei fu
ferrea e disse che se avesse
concesso che la pantomima del nostro fidanzamento continuasse, ne
avrebbe
sofferto come non mai, e non gli avrebbe rivolto mai più la
parola.
Non mi fu
difficile
immaginarmi la scena. Quella piccola donna dai capelli ramati mi aveva
conquistata quando l’avevo incontrata. Così forte
e determinata. Così pronta a
fare di tutto per rendere tutti felici.
-E poi?- feci
avida di
altre informazioni.
-E poi lei
uscì dalla
stanza, seguita da suo padre. Mio padre e i miei fratelli cercarono di
seguirli,
e io firmai le mie dimissioni il giorno stesso, carico come non mai.
Quando
tornai ad Edimburgo trovai Harrison ad aspettarmi. Con il suo aiuto,
presi la
decisione di andarmene da quella casa intrisa di troppi brutti ricordi.
D’altronde, con la vista e la forza ritrovata, non avevo
più alcun motivo di
dipendere da mio padre. Venni a sapere, in seguito, che il signor
Campbell
recise il contratto con la Ashling Corporation, dimostrandosi un padre
più
attento alle esigenze di sua figlia. Da allora, ho ricevuto un sacco di
minacce
da parte di mio padre, tutte indirizzate a tagliarmi fuori
dall’eredità e altre
sciocchezze simili. Ma non ho badato minimamente alle parole che mi
sono state
rivolte.- si fermò.
-Ma tu mi
raccontasti
che il signor Campbell decise di firmare un accordo con tuo padre,
proprio per
inserire sua figlia nella tua famiglia… come mai, poi, ha
cambiato idea? Si era
accorto solo in quel momento delle esigenze di sua figlia?- mi spostai
per guardarlo
negli occhi.
-Tessa mi ha
raccontato
di essersi sempre mostrata debole nella sua famiglia. Suo padre deve
non aver
pensato mai, neanche per un momento, che il matrimonio con me le
avrebbe
procurato dolore. Mi ha raccontato, infatti, che le ha sempre mostrato
affetto
e che sicuramente, l’idea di farla sposare con me, era
dettata dalla speranza
di garantirle un futuro prospero. Poi… beh, lei ha
finalmente tirato furi gli
artigli, e suo padre l’ha ascoltata. Per quanto mi
riguarda…tutt’ora continuo a
ricevere pressioni da mia sorella e mio padre. Pensa che mi hanno
scritto un
centinaio di messaggi, sottolineando quanto fossi egoista. Io, egoista.
Capisci?- Terence fece un riso amaro.
Corrugai la
fronte,
pensando a come fosse stato sfortunato Terence ad avere delle persone
del
genere, al suo fianco per tanti anni.
-Dunque
è questo il
motivo per cui le tv e i giornali non hanno parlato più del
matrimonio tra te e
la figlia dei Campbell?
-Sì.
Non appena io e
mio padre litigammo, come mi ha raccontato Tessa, lui fece mettere a
tacere la
stampa, temendo che io potessi diffondere prematuramente la mia scelta
di
rompere il fidanzamento. Sai, lui è sempre stato un tipo
teso a preservare
la sua immagine pubblica, più che
pensare alle cose essenziali.- mi rispose, deluso.
Ripensai a
quando
Harrison mi aveva raccontato del periodo della malattia della mamma di
Terence
e di come il signor Ashling si fosse più preoccupato di
silenziare i giornali
che stare accanto a sua moglie.
D’istinto,
mi strinsi
più a lui.
-E questo
è tutto! Ora
ovviamente non sono più ricco, almeno materialmente,
perché spiritualmente lo
sono. Il mio cuore è ricco di gioia e felicità e
questo grazie a te.- mi
accarezzò la testa.- Continuerò a lavorare come
speaker radiofonico, sperando
di mettere qualche risparmio da parte per comprarmi una casa e
poi…- lasciò la
frase in sospeso.
-E poi?-
domandai, in
attesa.
-Mi sono
iscritto ad un
accademia d’arte. Riuscirò, così,
finalmente a coltivare il mio sogno di
studiare storia dell’arte.- lo sentii sorridere.- E questo
è stato possibile
anche grazie ad Harrison, che mi ha finanziato le prime spese.
Mi sentii
così felice
quando disse così, che mi vennero gli occhi lucidi e dovetti
mordermi le labbra
per non piangere. Era così bello sapere che Terence aveva smesso di essere una zattera alla deriva, e
che aveva deciso di
diventare il capitano della sua vita.
-Sono felice.
Tanto.-
Mi sollevai, per abbracciarlo e dargli un bacio sulla guancia.
-Anch’io,
Jane,
anch’io.- mi strinse a sé.- Hai altre domande,
dubbi, curiosità?- chiese, poi.
Ci pensai un
attimo.
-Volevo sapere
cosa è
stato esattamente a spingerti a ribellarti a tuo padre. Quando ci
incontrammo
l’ultima volta… ti feci un discorso che sperai ti
avrebbe dato quella fiducia
tale a farti prendere le giuste decisioni, ma…
così non è stato.- sospirai.- è
stato solo il fatto di sapere che anche Tessa ne avrebbe sofferto dal
tuo
fidanzamento? Non avevi considerato che anche lei avrebbe sofferto
della
decisione, già prima?- lo sommersi di domande, guardandolo
negli occhi.
Terence
ricambiò lo
sguardo, per poi posarlo aldilà della finestra nel salotto.
-Non credere che
le
parole che mi rivolgesti quella sera al parco, mi furono indifferenti.
Solo
che… avevo paura, Jane.- tornò a guardarmi
intensamente.- Te l’ho detto. Vedevo
il matrimonio come un’altra costrizione di mio padre, che mi
avrebbe permesso
di starti lontano e di non affezionarmi ulteriormente a te, e che mi
avrebbe garantito
di avere al mio fianco una figura diversa da quella della mia famiglia.
Sapevo,
infatti, che anche se mi piacevi molto, non sarebbe stato giusto che tu
ti
prendessi carico della mia disabilità. Sono stato uno
stupido, lo so, perché
non ho pensato che tu sei una ragazza… speciale, e che mi
saresti stata accanto
solo per vero interesse. E poi… non so perché, ma
mi immaginavo Tessa come una
classica figlia di papà, viziata e vanitosa, disposta
persino a sposare un
cieco sconosciuto, per avere un po’ di popolarità
in più. Purtroppo sono stato
reduce di varie esperienze che prevedevano donne interessate al
portafoglio
della mia famiglia, e non alla mia persona.- tornò a
guardarmi, prendendo ad
accarezzarmi una guancia.- Poi, più passavano i giorni,
più ascoltavo i
discorsi di mio padre, più capivo che Tessa era
tutt’altro di quello che avevo
creduto, e più ti… pensavo, più capivo
che era l’ora di smetterla con
quell’enorme bugia. –sospirò, passandosi
nervosamente una mano nei capelli.
Annuii con il
capo, poi
mi avvicinai al suo volto, e premetti le mie labbra sulle sue, per
infondergli tutta
la mia comprensione. Terence approfondì il nostro bacio.
-Mi hai
perdonato
davvero, Jane?- mi domandò, dopo aver smesso di baciarmi.
-Sì,
Terence. Hai fatto
degli errori, ma non è stata colpa tua. Ora sei qui con me,
hai preso in mano
la tua vita, e hai fatto le scelte giuste. L’importante,
adesso, è guardare
avanti, verso il futuro.- mormorai.- Comunque… Ulisse?-
feci, dopo poco.
-Purtroppo non
è più
con me. Avrei voluto tanto tenerlo, ma sarebbe stato egoistico da parte
mia
avere un cane per non vedenti, ora che Dio mi ha ridato la vista. Penso
che
sarà d’aiuto a tante altre persone. L’ho
riportato al centro, dunque.- fece un
mezzo sorriso, ma nei suoi occhi lessi un po’ di tristezza.
-Hai fatto la
cosa
giusta.- posai di nuovo le mie labbra sulle sue.
***
Mi erano sempre
piaciuti i matrimoni. Promesse d’amore eterno, vestiti
scintillanti, fiori,
sviolinate, confetti nel cielo, e ancora tanto amore, mi rendevano
emozionata e
felice.
La mattina del
20
dicembre, mi svegliai molto presto per prepararmi. Barbara aveva
richiesto la
mia presenza a casa sua, in qualità di damigella
d’onore, almeno tre ore prima
dell’inizio della cerimonia.
Guardai la mia
immagine
riflessa nello specchio un’ultima volta, e poi uscii.
L’abito rosa antico che
indossavo, uguale a quella di Jessica, mi faceva sentire graziosa, e le
Mary Jane con il tacco, mi facevano
sembrare più alta. Per impreziosire il mio vestito avevo
indossato anche una
collanina con un ciondolo d’argento, un braccialetto molto
semplice al polso
sinistro, e l’anello di Terence, ovviamente. Sopra il mio
cappotto color panna,
avevo lasciato i capelli sciolti, lavorati dal parrucchiere in morbide
ciocche dalla punta
abboccolata. Il mio
viso era leggermente truccato con colori neutri e una matita nera per
gli occhi.
Abbie, era
rimasta a
casa per prepararsi e per preparare l’attrezzatura adatta per
fare le foto alla
mia collega e al suo futuro consorte. Anche lei si era svegliata felice
come
una Pasqua, super carica a immortalare sorrisi e occhi brillanti in
memorabili
fotografie.
Presi
così un taxi, che
mi accompagnò davanti alla casa di Barbara, riconoscibile
anche in lontananza
per i diversi palloncini bianchi, appesi ai lampioni frontali al
giardinetto
della sua abitazione.
Quando suonai al
campanello della sua casa, mi aprì una signora piuttosto
anziana,
incredibilmente somigliante alla biondina, che mi guidò
lungo uno stretto
corridoio coperto da nastri bianchi, coriandoli e altre cianfrusaglie
memori
della notte prima, in cui avevamo festeggiato il suo addio al nubilato.
Non mi
fu difficile scorgere il fermento che impregnava quella casa. Persone
che
salivano delle scale, altre che le scendevano, il pianto di un bambino,
voci
femminili che parlavano di trucchi, tacchi e lacche.
Fui condotta
davanti
alla camera di Barbara, leggermente aperta, e quando la intravidi
seduta alla
sua toeletta, non riuscii a non socchiudere le labbra per lo splendore
e la
luce che emanava. Dopo aver ringraziato la signora, entrai nella sua
stanza.
-Jane, tesoro.
Finalmente sei qui! - mi accolse con la voce tremolante, voltandosi un
attimo
verso di me.
-Ciao
bellissima. Sei
meravigliosa.- le dissi sinceramente, avvicinandomi alla sua figura.
-Tu lo sei.
Sapevo che
l’abito da damigella che ho scelto sarebbe stato quello
giusto.- mi sorrise un
secondo, per poi rivoltarsi verso lo specchio che la fronteggiava.
Due ragazze la
stavano
preparando, aggiungendo alcune roselline bianche ai suoi capelli,
raccolti in
parte verso l’alto, e in parte lasciati sciolti, e
truccandole le guance con un
pennello.
-Colombella, ha
ragione
Barbie. Sei splendida.
Mi voltai,
accogliendo
questo dolce complimenti da parte di Freddie, seduto sul letto di
Barbara,
intento ad annodarsi la cravatta, con mani tremolanti.
Era strano
vedere loro
due, sempre euforici, pimpanti, pronti a sostenere gli altri,
così tesi.
-Grazie Fred.
– gli
sorrisi sincera, sentendomi le guance imporporarsi.- Aspetta, che ti
aiuto!-
gli dissi avvicinandomi a lui, per poi piegarmi sulle ginocchia per
annodargli
la cravatta.
Portava le lenti
a
contatto sui profondi occhi marroni e i capelli scuri pettinati
all’indietro.
Pensai che fosse molto carino.
-È
che sono così
nervoso! È la prima volta che faccio da testimone a un
matrimonio.- balbettò,
teso come una corda di violino.
-Ehi, guardami
negli
occhi!- gli ordinai, fissando il mio sguardo nel suo, mentre le mie
dita si
cimentavano a dare una bella forma alla cravatta.- Sei un figo
pazzesco, okay? E
sei il migliore amico di Barbara! Vedrai che andrai alla grande.- gli
diedi una
pacca sulla spalla, alzandomi dopo poco.
-Sei sempre
stata un
angelo con me, colombella.- mi rispose, guardandosi allo specchio.- Mi
piace
anche il nodo che mi hai fatto alla cravatta.- sorrise, contento.
-Ehi, sono io
che
dovrei essere tesa, non tu Fred. Io sono la sposa, ricordi?-
continuò
leggermente isterica, Barbie.
-Ehi calma
Barbie,
anche tu sei bellissima, stai sposando l’uomo che ami e
coronando il tuo sogno
d’amore e andrà tutto bene. D’accordo?-
mi calai nei panni di coach emozionale,
per la seconda volta.
La mia collega
annuì
con il capo, ispirando ed espirando per diverse volte, fino a che non
dovette
chiudere le labbra per permettere alla truccatrice di metterle il
rossetto.
-E Jessica?-
domandai, qualche
istante dopo, appoggiandomi allo stipite della porta.
-È
nella sua stanza,
due porte avanti alla mia, a finire di prepararsi. È
più in ansia di me, pensa.
Ma credo che ciò sia dovuto al fatto che ha invitato al mio
matrimonio anche il
ragazzo per cui ha una cotta.- disse, prima di tornare a inspirare ed
espirare,
con le labbra , adesso, dipinte di un bel rosso messo in risalto dalla
sua
carnagione lattea.
Annuii
sorridendo,
volgendo lo sguardo verso la camera di Barbara, in pieno stile etnico,
proprio
come era lei. Oggi, però, mi trovai a pensare che avesse un
aspetto molto
elegante e che anche senza i suoi numerosi bracciali tintinnanti, fosse
sempre
splendida.
-E tu sei pronta
per
fare la damigella, Jane? – mi domandò il mio ex,
alzandosi in piedi.
-Spero di
sì. Ieri
pomeriggio mi hai visto alle prove in chiesa. Sono stata piuttosto
brava a
mimare di sorreggere il lungo velo di Barbie, lungo la navata centrale,
non
trovi?- ridacchiai.
-Più
che brava, oserei
dire.- rise Freddie.- E il tuo principe dove l’hai lasciato?-
continuò,
chiedendomi.
Solo due giorni
prima
avevo invitato entrambi a cena fuori, per raccontare le meravigliose novità che mi
erano successe.
-Si sta
preparando. Ci
incontreremo direttamente in chiesa.- risposi sorridendo.
Poi ridacchiai
tra me e
me, ripensando a come la sera prima Terence si fosse ingelosito sapendo
che
alla festa di addio al nubilato di Barbara sarebbe venuto uno
spogliarellista
tutto muscoli. Alla fine non era venuto proprio nessuno, ma era stato
divertente prenderlo in giro.
-E il tuo?-
chiesi,
poi.
-Idem.- mi
sorrise.
Dopo qualche
minuto, le
due ragazze artefici di trucco e parrucco, esclamarono
all’unisono che avevano
finito. Poi, preso un lungo velo incellofanato e posato su una
poltrona, glielo
sistemarono delicatamente sul capo, lasciando che strascichi di velo
bianco si
appoggiassero al pavimento, cadendole appena sulle spalle.
Barbara
iniziò a
guardarsi allo specchio che la fronteggiava, piegando la testa di lato.
-Okay…
credo che
inizierò a piangere… tra 3,2…
-NO!- la
interrompemmo,
urlando in sincrono tutti quanti.
Ci mancava che
rovinasse tutta l’opera d’arte che aveva creato la
make up artist, per via
delle lacrime.
Barbara
ridacchiò per
la nostra reazione, per poi sventolare una mano davanti agli occhi.
-Mi sento
bellissima.
Non so che dire.- disse con le labbra tremolanti.
-E non dire
niente, perché
sei bellissima. Ora, se mi permetti, splendida principessa, vorrei
ammirarti a
figura intera.- le tese la mano il mio ex.
Barbara la
strinse alla
sua, e dopo qualche attimo si alzò in piedi, mostrando la
sua graziosa figura,
fasciata dallo splendido abito a sirena che ,già una volta,
le avevo visto
indosso.
-Semplicemente
da
mozzafiato.- le dissi, sentendo anche i miei occhi inumidirsi.
Era
così potente la
bellezza di una donna in procinto di coronare il suo sogno
d’amore, da scuotere
il cuore in profondità.
-Vi ringrazio.
Sinceramente. Per tutto.- Barbie scandì ogni frase,
sbattendo velocemente le
palpebre.
**
La cattedrale di
Saint
Giles non era mai stata così bella. La navata centrale era
stata decorata con
vasi di peonie, le panche in legno chiaro con delle decorazioni
floreali. Dalle
vetrate colorate poste in alto, che rappresentavano diverse scene
bibliche,
filtrano dei pallidi raggi solari che, nonostante il freddo, facevano
capolino
nel cielo.
La chiesa era
gremita
di parenti e amici dei due sposi. Le porte dietro di noi si chiusero, e
dopo
qualche attimo la marcia nuziale ebbe inizio. Barbara era a braccetto
con suo
padre e con passo cadente solcò con leggerezza il lucido
pavimento della navata
centrale. Io e Jessica, ci guardammo solo un attimo sorridendo e
sorreggendo il
pesante velo con estrema delicatezza per evitare che toccasse terra.
Due bambine,
invece, che seppi essere due nipotine della mia bionda collega,
iniziarono a
spargere petali di rosa, precedendo di poco la sposa.
Sentivo gli
occhi di
tutti posati addosso a noi, e ammetto che mi sentii agitata
all’idea di fare
qualche sbaglio durante la marcia. Già mi immaginavo,
incespicare nell’abito di
Barbara e cadere di faccia, davanti a tutti i presenti.
Per fortuna
,però, le
cose andarono bene, e quando giungemmo davanti al presbiterio, io e
Jessica
lasciammo ricadere il velo, e ci spostammo verso le nostre panche. Il
signor
Richardson sollevò il velo dal viso di sua figlia per poi
posare, con mani
tremolanti e occhi lucidi, la sua mano su quella di Michael,
l’ormai prossimo
marito.
-Sei
bellissima.- mi
sussurrò all’orecchio Terence, non appena mi
sedetti. Lo guardai per un secondo
arrossendo e vedendo che mantenne lo sguardo fisso sugli sposi.
-Grazie.-
sussurrai, di
risposta.
Poi, concessi ai
miei
occhi di guardarlo meglio. Era vestito in maniera elegante, con un
completo
giacca e pantalone nero, una camicia del medesimo colore e una piccola
rosa
bianca come boutonniere. Non
portava
alcuna cravatta e i suoi capelli erano pettinati con del gel. Profumava
del suo
solito ammaliante profumo, intensificato da una gradevole acqua di
colonia.
Quando la messa
ebbe
inizio, cercai di non farmi distrarre dalla bellezza di Terence e
iniziai ad
ascoltare le parole del sacerdote. Poi, Terence prese la mia mano nella
sua,
intrecciando le nostre dita e l’intenzione di concentrarmi
sulla messa, andò a
farsi benedire.
***
Il castello di
Culzean
era uno dei luoghi più belli di tutta Edimburgo. Situato
nelle Lowland, era un residenza
neogotica eretta su una casatorre medievale, dal design interno chic e
raffinato in stile italiano. Era circondato da un lato da un ampio
giardino,
con tanto di laghetto per cigni, e dall’altro era limitato da
una costa
rocciosa che si affacciava sul mare.
Credo che
Barbara non
avrebbe potuto scegliere una località più
fiabesca per celebrare la sua festa
di matrimonio. Le sale interne presentavano uno stile sfarzoso, ma
classico, e
i tavoli ,su cui tutti noi ospiti eravamo accomodati, erano arredati
con un
livello massimo di eleganza e bon-ton.
Al mio tavolo
erano
seduti Freddie e il suo ragazzo, Steve ed Arabella, Vincent con una
ragazza che
non avevo mai visto, e ovviamente il mio Terence, in questo istante
intento a
osservarsi attorno, come un bambino nel paese dei balocchi. Sembrava
che stesse
avendo una sindrome di Stendhal nel vedere così tanta
bellezza e arte.
Il pavimento era
candido e lucido, le pareti dipinte di un colore neutro erano
circondate da
lunghe tavolate, al momento riempite solo di bevande, e a diversi metri
dai
tavoli era situata una postazione Dj. A illuminare tutto, oltre i raggi
solari che
filtravano dalle grandi finestre ai lati della stanza, vi erano anche
grossi
lampadari coperti di gocce di cristallo che si riflettevano sui
pavimenti.
-È
assurdamente
meraviglioso questo posto!- fece Terence dopo poco, prendendo a
guardarmi.
Vidi, con la
coda
dell’occhio, che tutti smisero di parlottare per guardarlo.
Ovviamente non
erano mancate le domande su noi due, soprattutto da parte di Price e
Steve che
erano rimasti alquanto stupiti nel vedermi con il figlio degli Ashling,
ora non
più cieco. Prima di entrare in sala, mi avevano, infatti,
letteralmente
allontanato da Terence per interrogarmi.
-Concordo. Trovo
che
questo castello sia il massimo del buon gusto.- gli rispose Freddie.
Mi trovai a
pensare che
fosse strano che il mio ex e Terence conversassero. Poi presi a
osservare il
suo ragazzo. Alto, biondo, dal volto pieno di lentiggini e dai profondi
occhi
verdi. Non male! Stavano bene insieme, molto meglio di quanto stessimo
bene
insieme io e lui, da fidanzati. Poi, forse sentendosi osservato, Edward
mi
guardò un attimo, sorridendomi con imbarazzo. Io sorrisi, di
rimando.
Da lì
partì una conversazione
sul design e sullo stile di alcuni dei quadri presenti in sala tra loro
due.
Per la prima volta, potei approfondire il talento di Terence sulle
opere
artistiche. Ci disse che in questo castello erano esposte delle opere
di un
artista chiamato Robert Adam e il modo in cui descrisse i colori, le
sfumature,
le forme, le espressioni dei soggetti delle tele, me lo
fece… amare ancora di
più.
Poco dopo,
però, tutti
smisero di parlare, per via dell’entrata dei due sposi nella
sala. Il Dj mise,
come musica di sottofondo, la base della marcia nunziale in una
versione
remixata che ci fece sorridere e dopo che sia Barbara che Michael
presero posto
al loro tavolo, il banchetto ebbe inizio.
La festa si
stava
svolgendo in una maniera impeccabile. I camerieri servirono ottime
pietanze e
,con regolarità, il centro della sala si riempiva di ospiti
pronti a scatenarsi
al ritmo di canzoni moderne e non.
Anch’io
ballai,
soprattutto con Barbie e con gli altri miei colleghi scatenandomi e
ridendo
come una matta. Mi erano tanto mancati questi momenti di spensieratezza!
-Il tuo Terence
è
proprio un bel bocconcino, comunque. Quegli occhi color del mare,
quelle
labbra…- mi disse Freddie, prendendo le mie mani e ballando
con me.
-Mi spiace ma
non è più
sulla piazza, Fred.- risi.
-Oh tesoro, ma
io ho il
mio Edward, che per me sarà sempre il più bello
di tutti, ma volevo comunque
farti sapere che approvo la scelta e che… sono tanto felice
per te.- mi si
avvicinò scoccandomi un bacio sulla guancia.
Io sorrisi,
abbracciandolo per un attimo. Poi continuammo a ballare sfrenatamente.
Fu quando gli
ospiti
iniziarono a raccogliersi in coppie e a ballare a ritmo di una canzone
più
lenta, che capii che i balli più sfrenati avevano lasciato
il posto a dei balli
più romantici.
Quando tornai a
sedermi, notai Terence guardarmi sorridente con un luccichio negli
occhi. Era
l’unico rimasto seduto al nostro tavolo.
-Che
c’è?- gli
domandai, bevendo dell’acqua.
-Non balli
più?- sviò
la mia domanda, sempre sorridendomi.
-Beh…
non posso di
certo ballare da sola, in mezzo a tutte queste coppie…- gli
feci notare,
sorridendo di rimando.- Purtroppo il mio cavaliere non vuole
accompagnarmi
nelle danze, quindi…- lasciai la frase in sospeso,
sfidandolo con lo sguardo.
Avevo provato a
convincerlo un’infinità di volte a ballare con me,
ma aveva sempre rifiutato
l’offerta, preferendo restare al tavolo, a guardarmi.
-Il tuo
cavaliere
potrebbe voler ballare le canzoni belle con te, e non quelle
commerciali.
Quindi ti va di ballare, Jane?- mi tese la sua mano.
Il suo
sorrisetto non
voleva andarsene.
-Accetto.- presi
la sua
mano.
Poi ci avviammo
al
centro della sala. Terence appoggiò una mano sulla mia
schiena e con l’altra
strinse la mia a mezz’aria.
Mi trovai a
pensare che
i suoi gesti mostrarono una sicurezza che non gli avevo mai visto.
Ricordai
quando ballammo insieme il giorno della sagra del cioccolato.
-Quindi
“Fix you” merita
di essere ballata?- gli
domandai.
Una mia mano era
posata
sulla sua spalla e i nostri occhi si guardavano attentamente.
-I Coldplay
meritano
sempre di essere ballati.- mi rispose, ballando lentamente.
-Ballammo una
loro
canzone anche il giorno della sagra del cioccolato. Tu mi avvicinasti a
te, poi
mi allontanasti e io…
-E tu te la
prendesti,
parlandomi con freddezza.- mi interruppe, continuando a guardarmi.-
Sai, ti
svelo un segreto, volevo baciarti già da quel giorno ma
avevo troppa paura per
farlo.
Sentii il cuore
prendere a battermi con forza.
-Ti svelo un
segreto
anch’io, avrei voluto che tu mi baciassi.- abbassai lo
sguardo, leggermente
imbarazzata.
Terence, di
risposta,
mi sollevò il mento e posò le sue labbra sulle
mie.
-So quello che
ti ha
fatto Mary Anne. Me ne ha parlato Tom qualche giorno fa…-
aggiunse dopo poco.
Sgranai per un
attimo
gli occhi, sorpresa. Poi, pensai che fosse normale che Tom gli avesse
raccontato tutto.
-Ah
sì? Beh… è acqua
passata ormai. Credo di essermi difesa abbastanza bene. Non so se ti ha
detto
che le ho dato uno schiaffo.- sorrisi.
Tornando
indietro,
anche un bel pugno non sarebbe stato male.
-Non potevo
aspettarmi
di meglio, dalla mia Jane. Comunque
non l’ha passata liscia neanche con me. Le ho telefonato
qualche giorno fa e…
l’ho ripagata con la sua stessa medaglia.
-Ovvero?- chiesi
curiosa, mentre mi fece girare su me stessa.
Notai mentre
giravo che
Barbara era stretta a suo marito, con la testa sul suo petto e gli
occhi
chiusi, Arabella e Steve si stavano baciando, Jessica stava ballando in
modo
impacciato e timido con il ragazzo che le piaceva, effettivamente molto
simile
a Logan Lerman, che la guardava sorridendo, Fred ed Edward ridacchiare
tra loro
ed Abbie, con la sua Canon tra le mani a scattare foto a chiunque.
-Le ho chiesto
un
appuntamento.
-Cosa hai fatto
tu?-
sgranai gli occhi, per la seconda volta.
-Le ho fatto
credere di
aver mollato Tessa per stare con lei. Dovevi vederla. Non era
più nella pelle.
Ha abboccato all’amo in pochi istanti e quando ha visto che
ero tornato a
vedere ha quasi fatto i salti di gioia.- Terence rise, come se avesse
detto una
battuta.
-Oddio, ma stai
dicendo
sul serio?- non riuscivo a crederci.
-Certo che
sì.
Ovviamente la pantomima è durata poco. Le ho detto poco
dopo, che era tutto uno
scherzo. Era furiosa, Jane!- scoppiò a ridere.- Do ut des,
no?
Scossi la testa
ridendo. Quando avesse trovato il tempo di fare tutto questo, era un
mistero,
ma era stato un gesto carino il suo. Aveva preso in giro Mary Anne,
come lei
aveva fatto con me, in un maniera meno crudele, però.
-E ovviamente a
tutto
ciò, è
seguito un bel discorso. Non
credo che si permetterà più di prendere in giro
qualcuno.- mi fecie
l’occhiolino.
-Grazie
Terence.- feci
sorridendo leggermente.
-Di cosa? Avrei
voluto dare un bel
pugno anche al
modello, ma preferisco non spendere troppe energie con chi non se lo
merita.-
contrasse leggermente la mascella, chiaramente infastidito da
ciò che mi
avevano combinato quei due.
-L’importante
è che sia
passato tutto.- gli accarezzai una guancia, sorridendo.- Comunque tu mi
devi
promettere di non dare mai più neanche un pugno a nessuno.-
lo ammonii
puntandogli un dito contro il petto.
Se solo pensavo
che a
causa di un pugno era diventato cieco, mi sentivo montare rabbia e
tristezza.
Un lampo gli
attraversò
gli occhi.
-Promesso.-
disse
serio.
Ballammo in
silenzio
per un altro po’.
-Alla fine
com’è andata
con lo spogliarellista ieri sera?- mi chiese poi, avvicinandomi
più a
sé. Il suo sguardo era puntato dietro di
me.
Io risi.
-Ce la siamo
spassati.
Un bel tipo, davvero. Muscoloso, atletico, abbronzato…
-Okay,
okay… non voglio
sapere tutti i dettagli. L’importante è che ti sia
divertita.- rispose,
leggermente offeso.
-Ehi gelosone,
scherzavo. Non è venuto neanche lo spogliarellista.-
risposi, dandogli un
pizzicotto sulla guancia, e scoppiando a ridere.
-Ah ah, che
divertimento.-
scosse la testa, sorridendo. -Ti diverti troppo a farmi ingelosire. Mi
sa che
anch’io dovrò usare la stessa strategia. Sai un
giorno ho incontrato Sandy.
Sandy era una bella ragazza e …
-Ehy!- lo
ammonii con
lo sguardo.
Scoppiò
a ridere.
Mancavano poche
note
alla fine della canzone, ma tutti stavano ancora ballando con interesse
e mi
sembrò che attorno a tutti noi si fosse creata una bolla
magica, dove ognuno
poteva vivere il suo sogno romantico.
-Jane?-
richiamò la mia
attenzione.
-Sì?
-Domani ti va di
venire
in un posto con me?
CONTINUA…
Alleluia! Sono
finalmente riuscita a pubblicare!
*cori angelici si innalzano nel cielo*. No, vabbè, a parte
gli scherzi, mi
dispiace davvero tanto di avervi lasciato senza capitolo per
così tanto tempo!
Purtroppo, dopo le vacanze natalizie, sono stata molto
impegnata con l’università e fino a
ieri sono
stata impegnata con la sessione invernale. Per fortuna, gli esami che
ho fatto
sono andati bene :)
Spero che
l’attesa sia valsa la pena, però! E che il
capitolo vi piaccia. È molto lungo e mi scuso per
questo…
Il prossimo
sarà l’epilogo, quindi quello finale. Mi
dispiacerà tantissimo non poter più scrivere del
mio adorabile, fantastico,
gentile Terence, e della mia fantastica Jane ma credo sia giusto dare
un finale
a queste due colombelle ^^
In questi
giorni( proprio da oggi) inizierò a
scriverlo e spero di non farvi attendere troppo per leggerlo, anche
perché ho
già in mente le varie scene ;)
Grazie per
leggermi, per seguirmi, per preferire o
ricordare la mia storia. Sono piccole grandi soddisfazioni.
In particolare
grazie a: Clojuno,
marioasi, Alba
Ellingtown e Helmwige
per le bellissime recensioni allo scorso capitolo!
Davvero, amo troppo leggere i vostri commenti su ciò che
scrivo. Spero di avere
il piacere di leggerne altri anche per questo! <3
Grazie a : angorvat, Occhi di fuoco, Chanty 21,
mary66, Mrs
Kaneky, toretto_lavigne,
Callem, e JadeSmoky99 per aver
aggiunto “Ad
occhi chiusi” nelle proprie seguite. <3
Grazie a : inchiostroelacrime, SIL1996, e
nuovamente
a JadeSmoky99
per averla aggiunta alle proprie ricordate! <3
E grazie a: lisa934, vichi1, nuovamente a
Alba
Ellingtown e maggiostesy
per averla aggiunta alle proprie preferite <3
Grazie mille a
tutte ragazze! Ci vediamo al prossimo
capitolo,
Novalis