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Autore: martinablu    12/03/2017    2 recensioni
"A cosa sei disposto a rinunciare Spock di Vulcano per riavere il tuo T’hy’la?" fu la domanda.
"A tutto" fu la risposta.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Costanti universali
Capitolo 1

Il capitano James Tiberius Kirk aveva un passato difficile sulle sue ancor giovani spalle.
Nato grazie al sacrificio di suo padre,  vissuto con una madre indifferente ed un patrigno violento,  era sopravvissuto al più grande massacro della storia della Federazione, e poi agli attacchi di Nerone, Khan e di Krall.
Era temprato al dolore e alla sofferenza, ma quello che stava vivendo gli sembrava semplicemente insopportabile.
Con passo incerto, cercando di nascondere il dolore, fisico e morale,  completò a stento il tragitto verso il suo alloggio.
Pregò  qualsiasi divinità che Spock fosse ancora sul ponte, anche se il suo turno stava per finire.
Aveva bisogno di pulirsi, lavarsi, lavare via l’odore di quell’essere disgustoso, e riorganizzare i pensieri prima di decidere cosa fare e soprattutto come dire al suo compagno, al suo T’hy’la, quello che era successo sul pianeta.
In una nebbia confusa  si strappò quasi con rabbia i vestiti da dosso ed entrò nella doccia, lasciando che l’acqua bollente lavasse via il sangue e quello che rimaneva della violenza subita.
Cercò di non pensare  al respiro fetido sul suo corpo, alla mente annebbiata che gli aveva impedito  anche di reagire, a quelle mani artigliate che lo toccavano dappertutto.
Perché ora?
Perché proprio ora,  quando la sua vita sembrava perfetta?
Cosa poteva dire o fare per il suo T’hy’la, per non farlo soffrire come lui stava soffrendo?
Appena  aveva ripreso lucidità, aveva  schermato il legame telepatico che condivideva con il suo compagno. Aveva bisogno di tempo per metabolizzare il suo dolore e impedire che travolgesse anche lui.
E poi aveva paura delle conseguenze.
I Letosiani erano un popolo potente e minacciavano di allearsi con i Romulani. Il che avrebbe messo a disposizione di questi ultimi l’enorme giacimento di cristalli di dilitio che c’era sul pianeta.
Per questo l’Enterprise era stata mandata a negoziare un nuovo trattato di alleanza.
Per questo la Federazione aveva spedito il suo capitano più noto ed amato a parlare con  il Gran Consiglio.
Ed era stato un successo, il trattato doveva solo essere firmato da rispettivi rappresentanti.
Sino a che il figlio del Gran Cancelliere non lo aveva attirato sul pianeta con la scusa di discutere gli ultimi dettagli e gli aveva offerto quella bevanda rituale.
E dire che Bones gli diceva sempre di stare attento a  quello che mangiava o beveva… ma lui non voleva essere scortese e così aveva accettato.
Meno di dieci minuti dopo si era ritrovato completamente impotente nelle mani di quella bestia. Non era riuscito neppure a muoversi o gridare dal dolore, né tantomeno a chiamare Spock attraverso il loro legame.
Prese dei respiri profondi, cercando di calmare i ricordi, ma continuava a sentire l’odore di quell’essere sulla sua pelle, come se fosse penetrato nella sua anima.
Prese il sapone e lo straccio ed iniziò a sfregare la sua pelle sino a che non diventò rossa e dolente.
Cosa doveva fare?
 Certo, appena saputo quello che era successo, la Federazione avrebbe interrotto ogni rapporto con i Letosiani, chiedendo  giustizia. Ma i Letosiani erano un popolo molto chiuso, aggressivo e xenofobo. Poteva essere lui la probabile causa di un conflitto di così vasta portata?
E poi sarebbe stato creduto? Non c’era nessuno con lui. Con un briciolo di razionalità pensò che aveva fatto male a lavarsi e cancellare le tracce, sarebbe dovuto andare prima da Bones.
Ma proprio non ce la faceva ad affrontare il suo migliore amico in quel momento.  Non senza l’aiuto di Spock.
Mentre finalmente le lacrime bagnavano il suo viso, mescolandosi all’acqua calda, chiuse il flusso della doccia e indossò l’accappatoio.
Poi, nel buio rassicurante, si sedette alla scrivania ad aspettare  che il suo compagno tornase a casa.
 
 
Spock entrò nella cabina condivisa da quasi un anno con il suo T’hy’la e si bloccò trovandola completamente al buio.
Eppure speva che Jim era rientrato, il computer lo aveva individuato lì.
Durante il tragitto dal ponte alla cabina condivisa aveva soppresso e giudicato illogico il leggero senso di preoccupazione che si era impadronito di lui nelle ore precedenti.
Aveva tentato più volte di contattare Jim attraverso il legame condiviso, senza successo.
Ma non era infrequente che il suo T’hy’la schermasse il legame mentre era impegnato in missione, perché, come diceva sempre, lo distraeva.
Appena entrato rimase per un attimo sulla porta, confuso dall’oscurità, subito prima che il suo olfatto sensibile lo sentisse.
No. Non poteva essere.
“Jim…” chiamò cercando di restare calmo, anche se sentiva la rabbia salire.
“Luci al venti per cento” ordinò, appellandosi a tutti gli insegnamenti di Surak per non vomitare, mentre l’odore  penetrava nelle sue narici, nel suo cervello.
Odore di qualcun altro. Qualcun altro, qualcuno che non era lui, sul corpo del suo compagno.
E lui era lì, seduto alla scrivania nel suo accappatoio, guardando vuoto.
“Cosa hai fatto???” chiese con voce dura.
 
“Spock…” balbettò Jim, guardandolo confuso.
“Come hai potuto? Come hai potuto stare con un altro?” chiese tagliente il vulcaniano, lasciando che il disgusto trapelasse dalla sua voce.
“Io…” provò a giustificarsi l’umano, mentre le lacrime gli si formavano negli occhi blu.
 “Credevo che ti fossi reso conto che il legame che condividiamo esige fedeltà assoluta” ringhiò Spock.
“Ma io…”
“Tu cosa? Non sei riuscito ad onorare l’impegno? Hai colto la prima occasione mentre non c’ero per divertirti? Per questo hai schermato il legame”
“Se mi lasci spiegare…”
“Cosa devi spiegare? Non neghi di aver avuto un rapporto sessuale…  e sapevi bene che la fedeltà era una delle poche cose che pretendevo, che tutti i vulcaniani pretendono, in un legame. Ma forse la tua natura umana ti impedisce di onorare un impegno”
Gli occhi di Kirk si allargarono per lo sconcerto.
“Forse non è come sembra….” riuscì a dire con voce strozzata
“Sì, devo concordare. Non sei come mi sei sembrato in questi ultimi anni, non sei cambiato rispetto al cadetto insolente e bugiardo che saltava da un letto all’altro in Accademia”
Ora gli occhi di Jim denotavano rabbia, rabbia e dolore.
“Così non sei disposto a lasciare che ti spieghi”
“No, in effetti non sono disposto a lasciare che insulti un legame che dovrebbe essere sacro” rispose il vulcaniano, prima di voltarsi e lasciare la cabina.
 
Jim guardò la porta chiusa della cabina per vari secondi, tremando come una foglia ed incredulo su quello che era appena accaduto.
Tutto il suo mondo era crollato in un solo minuto.
Le gambe gli cedettero e lui piombò a terra in un mucchio informe.
Pianse sino  a che non si addormentò esausto.
 
 
“Jim… apri, lo so che sei lì dentro. Apri o uso il mio codice di override medico”
La voce di McCoy  gli giunse ovattata e confusa.
Poco dopo sentì McCoy digitare il suo codice.
“Jim sto entrando. Non  so se hai litigato con il folletto, ma… oddio che è successo??” esclamò il medico nel vederlo rannicchiato al suolo.
 
“Devi venire in infermeria, Jim. Non posso trattarti qui”  bisbigliò McCoy, mentre lo teneva stretto fra le braccia, seduti sul letto matrimoniale della cabina
“No ti prego, non ce la faccio… ti prego” supplicò Jim.
“Jim… devo fare delle analisi specifiche, non  conosco bene la biologia dei Letosiani, potrebbe averti attaccato qualcosa”
Piangendo a tratti, Jim era ruscito a raccontare tutto al medico.
L’orrore si era dipinto sulla faccia del suo migliore amico, subito prima che lo stringesse in un abbraccio stretto.
“Sì che ce la fai. Tu sei forte, l’uomo più forte che conosco. Ora chiama quel deficiente dalle orecchie a punta che chiami marito, tramite quella cosa che avete in testa, e digli di raggiungerti in infermeria”
“Ha chiuso il legame. Non riesco a chiamarlo” balbettò il capitano.
“Che bastardo… vedrà cosa gli faccio appena mi viene a tiro” ringhiò McCoy
“Non è colpa sua… ha solo sentito…”
“Cosa? Come sarebbe a dire che non è colpa sua? Ti ha lasciato qui solo e ferito, dopo quello che hai passato. Non ha lasciato che spiegassi… se lo prendo gli tiro il collo, giuro”
“Bones…”
“Uhura a Capitano Kirk” gracchiò il comunicatore sul tavolo.
“Jim, ti metto fuori servizio… lascia stare, qualunque cosa sia se ne può occupare quel maledetto computer con le orecchie a punta”
Ma Jim aveva già raggiunto, con fatica, il comunicatore.
“Qui Kirk”
“Capitano… posso sapere cosa sta succedendo? Perché  Spock ha lasciato la nave?”
“Lasciato la nave?” chiese Jim con voce tremante.
“Sì, ha comunicato alla Flotta che prendeva una aspettativa per motivi personali e ha preso un trasporto per New Vulcan”
“Quando?” riuscì a chiedere il giovane capitano.
“Questa notte”
Senza dire altro Jim lasciò andare il comunicatore e si accasciò fra le braccia di McCoy.
 
Un mese dopo
New Vulcan
 
Spock uscì sulla veranda della casa di suo padre e fissò per un po’ il sole che scendeva dietro le colline.
Questo nuovo pianeta somigliava molto al suo vero pianeta, ma anche le piccole differenze contribuivano a rimarcare che tutto un mondo era andato perduto.
Dopo la distruzione di Vulcano, Spock era riuscito a sopravvivere alla perdita del suo pianeta e di sua madre solo grazie a Jim.
Si era appoggiato a quella amicizia e lentamente l’aveva vista trasformarsi in qualcos’altro.
T’hy’la. Amico, fratello, amante.
Il legame più raro e sacro fra due individui.
Le immagini della cerimonia di legame, che avevano celebrato su quella stessa veranda, continuavano a tormentare Spock nelle sue notti solitarie.
La mancanza di Jim, nella sua vita, nel suo letto, nella sua mente, era a volte insopportabile.
Ma ancora più insopportabile era il tradimento subito.
Come aveva potuto? Come aveva potuto tradire una cosa così bella e preziosa?
Aveva schermato il legame da quando aveva lascito Jim nella cabina sull’Enterprise, ben sapendo che se l’avesse contattato la rabbia e il dolore l’avrebbero travolto.
E lui non  sapeva se voleva o meno rompere definitivamente quella cosa preziosa che condividevano.
Aveva bisogno di tempo.
Per questo aveva rifiutato ogni contatto, ogni comunicazione proveniente dall’Enterprise.
Ma  da un paio di giorni sentiva qualcosa premere sullo scudo che aveva eretto per schermare il legame, come un’ondata di marea che si infrange su una diga, minacciando di distruggerla.
Inquieto, aveva scacciato la sensazione, bollandola come illogica, ma anche la meditazione non aveva avuto molto effetto.
 Ed in quel momento sentiva che la sensazione, aumentata prima di ora in ora, si stava indebolendo.
E non sapeva se era un bene o un male.
“Spock” suo padre lo richiamò con voce calma, ma ferma.
“C’è una comunicazione urgente dall’Enterprise per te”
“Padre, ti ho già pregato di rifiutare…”
“Spock, è il tenente Uhura e sembra davvero sconvolta…”
Una sensazione indefinibile, preoccupazione, paura, panico, si  impadronì di Spock mentre seguiva il padre verso il comunicatore sul tavolo del piccolo soggiorno.
 
“Spock… finalmente” la voce di Uhura era rotta dal pianto,  il suo viso sconvolto e gonfio.
“Nyota…” balbettò Spock capendo che qualcosa di incommersurabile era successo.
“Devi venire Spock. Ora”
“Nyota, io non credo che sia opportuno”
“Sta morendo, Spock. Jim sta morendo. McCoy dice che non passerà la notte” 



Salve. Mi chiamo Martina e questa è la mia prima FF. Quindi siate clementi e ditemi se devo andare avanti.
Sono innamorata di Kirk e Spock li trovo insuperabili, ma questa è una storia un po' triste che mi frulla nella testa da un po'.
Grazie e  chiedo scusa per gli errori.
   
 
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