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Autore: Com Amely Mason    12/03/2017    2 recensioni
Il supermercato, si sa, è luogo di incontri più o meno scomodi e sicuramente imprevisti. Una vecchia conoscenza di Haruka/Heles (non tratta dall'anime/manga, ndr) spunterà d'improvviso tra le corsie per farla riflettere un po' su ciò che il futuro le ha recentemente regalato...
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Sorpresa | Coppie: Haruka/Michiru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Entro nel supermercato spingendo il carrello sotto le calde luci al neon, e Milena con la lista della spesa in mano che cammina accanto a me. Le gemelle siedono nel seggiolino per bambini, stringendosi un po' per starci entrambe. Milena sparisce quasi subito partendo dritta e filata per le corsie che le interessano, mentre io e le bambine rimaniamo indietro. Prendo dall'edicola un quotidiano ed il settimanale di disegni da colorare per le bambine. Li infilo nel carrello mentre allontano le mani di una delle due da uno scaffale e mi rimetto sulle tracce di Milena, che nel mentre ci raggiunge già carica di pacchetti.

- Heles, ho bisogno che mi recuperi l'acqua e il latte...- comincia mentre scarica la roba nel carrello. La metto in ordine per evitare che tra due minuti strabordi sorridendole.

- Sì amore, quando ci arriviamo le prendiamo-. In realtà non faccio nemmeno in tempo a finire la frase che se n'è già andata diretta all'ortofrutta.

La gemellina bionda scalcia per attirare la mia attenzione, vuole scendere. La sollevo da sotto le braccia e la deposito a terra, sorprendendomi per l'ennesima volta del suo peso piuma. Istantaneamente la vedo correre ciondolando sulle gambette corte dentro la corsia dei giocattoli proprio alla nostra destra.

L'altra gemellina, assorta nelle figure da colorare con le didascalie, non sembra nemmeno sfiorata dall'idea di lasciare il seggiolino, ora tutto per sè. Spingo il carrello all'imboccattura della corsia e mentre con un occhio lo controllo, con l'altro cerco la bambina. Ora è incantata davanti ad una scatola con dei peluche multicolori, ma un attimo dopo mi corre incontro. Mi abbasso su un ginocchio per prenderla in braccio, ma un attimo prima di arrivarmi addosso si ferma mettendo un finto broncio identico a quello di Milena. Allungo una mano, ma si allontana di un altro passo per scappare. Quando fingo di alzarmi per acchiapparla, scappa con un gridolino entusiasta, i boccoli color verde mare che le rimbalzano sulla schiena.

È proprio mentre con gli occhi identici ai miei controlla che la stia inseguendo che però esce dalla corsia e va a sbattere in pieno contro la gamba di una signora. Virginia, dal seggiolino del carrello che nel mentre Milena è tornata a recuperare, alza gli occhi azzurri con un grido sorpreso.

In un attimo sono accanto alla mia bambina, ma la signora, che più o meno avrà la mia età, l'ha già aiutata a tirarsi su, le sta chiedendo: - Tutto bene piccola?-.

Il mondo oscilla leggermente mentre mia figlia mi salta in braccio e la signora torna in piedi. Il flusso di scuse cortesi che stava scorrendo dalla mia bocca si arresta entro i limiti della giusta cortesia.

I suoi occhi si posano su di me e finalmente mi riconoscono. - Ciao-, mormora.

- Ciao -, rispondo con un sorriso di circostanza, mentre mi sistemo meglio la bambina contro al fianco, consapevole che mi sta di nuovo sporcando la camicia con le manine sporche della terra che ha raccolto per mezzo supermercato.

- Ciao, Heles.-. Si sta riprendendo dallo shock.

- Spero non ti abbia fatto male, sai, stava giocando, le ho detto mille volte di non farlo ma sono cose che capitano, coi bambini -. Scrollo le spalle con un sorriso mentre rassetto con due dita i capelli della mia bambina.

Osservo la faccia della donna dinnanzi a me: il tempo ha reso i suoi capelli morbide onde nocciola che le arrivano alle spalle, ma ha lasciato ancora liscie le curve morbide del suo viso. I suoi occhi color nocciola si spostano impercettibilmente da me alla bambina. Poi abbozza un sorriso di circostanza anche lei. - È tua figlia?-.

La bimba la osserva, sentendosi chiamata in causa. - Sì, è la mia cucciola-, rispondo, stringendola istintivamente contro il mio torace.

- È bellissima -, dice con un sorriso luminoso a cui non so se credere. Mia figlia è bella davvero in ogni caso, ha preso da me e da quello splendorre che ora è mia moglie. Avvicina il viso alla bambina che non la perde di vista un istante e con voce carezzevole le chiede – Come ti chiami, piccolina?-.

Ha beccato la gemella sbagliata, penso ridendo dentro di me. Virginia, nei suoi boccoli biondi come il grano, si sarebbe nascosta nella mia spalla. Ma lei no, e tiradosi su impettita, annuncia: - mi iamo Yeoya-. Un' aria soddisfatta segue l'affermazione.

- Georgia. L'ho chiamata Georgia.-, spiego.

Il viso della donna dinnanzi a me si contrae leggermente. È gelata dalla sorpresa. Mi fissa nelle mie irirdi verdi: so che vorrebbe buttar fuori qualcosa per coprirsi, un'espresione schifata forse. Ma non ce la fa.

Io sostengo il suo sguardo, la testa della mia cucciola sotto il mento che finalmente si è calmata un po'.

Sì, ho dato a mia figlia il tuo nome.

Guardo Georgia senior, la signora contro cui mia figlia è andata a sbattere, la persona che è una volta amavo con tutta me stessa e che poi è scomparsa lasciando il vuoto in me, e non trovo più il sorriso di sfida e ripicca che per tanto tempo ho immaginato.

Trovo solo me, con il cuore di nuovo integro, forte e vigoroso, che accoglie la mia donna e le mie due bambine.

Saluto Georgia Senior con un sorriso e le volto le spalle, tornando verso il carrello, verso Milena e Virginia che ci aspettano. Non mi volto, non sento né il bisogno né il motivo di farlo, perchè il passato ormai per me è come un libro: un vecchio amico che conosco a memoria.

Bacio mia moglie sulle labbra e poso mia figlia nel carrello accanto all'altra, a cui scompiglio i capelli.

Non erano loro la vita che mi aspettavo. Ma sono molto più di quanto avrei mai, nella mia  infinita fantasia, potuto immaginare.

  
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