Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Rossini    13/03/2017    0 recensioni
Prosegue la saga de "Le cronache dei draghi e dei re", cominciata con "L'apprendista di fuoco". Il sistema è ormai sovvertito: la pace che per secoli era perdurata, adesso è stata interrotta da una serie di trame, guerre e rivolgimenti che hanno persino portato al ritorno di un'antichissima dinastia. Ma i fratelli del re appena deposto sono ancora tutti in circolazione, per quanto sparsi su tre continenti. Spetta dunque al nuovo sovrano Targaryen gestire questa complessa situazione, che diviene ancora più ingarbugliata pensando alle misteriose e oscure energie che all'est e all'ovest risorgono sotto forma di vita e fiamme. Esiste forse qualcosa che i Sette maghi del passato più ancestrale, col tempo decaduti e divenuti schiavi, nascondono a tutti i partecipanti - nessuno escluso - di questo ennesimo e disastroso gioco del trono?
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri
Note: Lime, Otherverse | Avvertimenti: Non-con, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 2
UN REGNO DEBOLE
 
 
 
                Era da lungo tempo che quella riunione era cominciata: si era tirata appresso praticamente tutto il pomeriggio. Il sole era ormai tramontato. E Lord Alexis Braff aveva come l’impressione che non si fosse discusso praticamente di niente: Gabryaerys era nuovo alle dinamiche di governo perfino di una singola città, figurarsi dell’intero regno. E questo si notava; si notava parecchio. Aveva vissuto migliaia e migliaia di anni eppure esisteva ancora qualcosa di cui chiaramente non ci capiva niente: non sarebbe durato molto senza l’aiuto del Maestro dei Sussurri, suo servo e demone delle ombre. Eppure era apparentemente convinto di poter fare da solo: da circa un’ora ormai parlava da solo, con gli altri tre demoni – quello delle energie, quello delle nevi e quello degli elementi – che non facevano praticamente nient’altro se non assentire. Probabilmente il re nutriva dei sospetti verso il suo capo delle spie. Probabilmente era questo che aveva voluto dirgli quando, mentre Braff sgozzava per lui il suo predecessore, gli aveva detto qualcosa del genere: “ci sono molte cose che devi chiarirmi”. In tutti quegli anni il demone delle ombre aveva imparato a conoscere il suo padrone, tanto bene da preferire di gran lunga il continuare a servirlo sì, ma a distanza. Lavorare nell’ombra appunto, nella Capitale, dove aveva corso mille rischi e aveva messo in piedi mille sotterfugi pur di preparare l’opportuno terreno per l’insediamento del nuovo re. Probabilmente Gabryaerys non lo aveva ancora capito, non se n’era ancora accorto… ma una volta giunto in occidente aveva trovato contro un avversario dalla forza assai più ridimensionata rispetto a quello che avrebbe potuto essere. Ma spiegare tutto ciò al nuovo re sarebbe stato futile, così la pensava il demone delle ombre: il nuovo re era un uomo totalmente accecato dalla sua boria, e ciecamente animato da un continuo desiderio di riscatto che forse mai sarebbe potuto essere soddisfatto. Era continuamente impaurito e sotto pressione perché temeva che quello che aveva gli potesse venir tolto. Ecco perché non si fidava del suo demone delle ombre: perché era una creatura fin troppo indipendente dalla sua volontà. E d’altro canto almeno in questo Braff non poteva poi dargli tutto questo torto: lui rimaneva ancora vincolato al potere del sigillo, ma in giro per il mondo c’era un demone che – chissà come – era stato in grado di ridimensionare il vincolo impostogli dal giuramento di Cair Dedalos, e che dunque ora non rispondeva più alle chiamate del loro comune signore. Un altro dei servitori, il demone degli spiriti, era probabilmente perito tra le nevi dell’Estremo Nord, non molto distante dalla fortezza dell’Ultima Porta. Il re, come Braff e come tutti gli altri servitori presenti, non ne avvertivano più neanche la presenza sulla faccia del mondo, cosa che invece continuavano a percepire del demone “traditore”, l’Idromante.
                Fu proprio in merito a quest’ultimo che la discussione stava vertendo quando Braff, perso nei suoi pensieri di quando era umano e aveva degli affezionatissimi allievi, e di quando aveva rinunciato suo malgrado alla sua umanità presso la città dei draghi, venne riportato bruscamente nella sala delle riunioni di Roccia del Re. Il re gli aveva appena urlato contro, come di consueto. Lui si vide costretto a rispondere: «Come dite, sire?»
                «Ti ho chiesto» fece Gabryaerys della Casa Targaryen con tono rabbioso «Se hai una qualche vaga idea di dove quel dannato demone delle fonti possa trovarsi: altrimenti mi chiedo che cosa diavolo me lo tengo a fare io un maestro delle spie…»
                «Signore, non si tratta di un individuo connaturato da comuni caratteri di rintracciabilità… stiamo parlando di uno di noi, e uno di noi… che ha eluso l’incanto di Cair Dedalos. Si tratta di un precedente fino ad ora mai riscontrato, dunque… di difficile decifrazione. Posso giurarti che mi metterò da subito a lavoro, ma molto di più… no, non posso fare»
                «Mi domando quanto valga un tuo giuramento a questo punto, “Lord Braff”» il tono del re a questo punto divenne insieme provocatorio e beffardo «Il demone che prese un nome…»
                «Mio signore» provò a questo punto ad intervenire il demone degli elementi: era dall’intera riunione che ci provava, ma… non era un gran parlatore. Per Braff non fu affatto complesso interromperlo: «Maestà, se mi posso permettere, ci sono ben altre cose di cui dovresti preoccuparti. È vero: la questione dei miei confratelli, tre dei quali qui presenti, e poi però uno sconfitto e defunto nel nord, uno apparentemente volatilizzato nel sud, e un altro disertore, è importante e preoccupa anche me. Tuttavia direi che non è impellente»
                «Ah, no? E cosa lo sarebbe allora, Maestro dei Sussurri?»
                «Maestà ,il tuo è un regno debole. A nord hai un apparente alleato nei Worchester che prima o poi, pur continuando a giurarti fedeltà, si consoliderà come una realtà assolutamente indipendente, specie se – come tutte le premesse paiono suggerire – comincerà tra poco una guerra contro i Bolton cui tu stesso sarai costretto a partecipare, visto che il figlio del defunto re tuo predecessore è in realtà figlio di Henrich signore di Forte Terrore, e dunque un tuo diretto concorrente: il bambino di cognome fa Lannister. Qui al centro, ai nostri più diretti confini, tu Sire di problemi ne hai due: uno più ovvio e naturale, l’altro più oscuro e al momento meno impellente. A nord hai l’Incollatura e la Valle di Arryn, governate dall’unico signore dell’occidente su cui sostanzialmente non sono mai stato in grado di fare delle indagini adeguate: Lord Petyr Baelish. Egli se n’è stato buono con Axelion e dubito che abbia ragioni per non farlo con te, però ti vede più debole e con meno amici e dunque… avrebbe senza dubbio meno remore a voltarti le spalle. Inoltre una conclusione su cui sono arrivato solo di recente è che Baelish sia legato a doppio filo con i Goldsmith di Braavos, suoi diretti dirimpettai al di là del Mare Stretto. Questo aprirebbe il ben più complesso problema dell’oriente, cosa che ancora non posso fare perché non ho finito con i nostri dirimpettai»
                «Bene. Uno è Baelish, e ci siamo…» fece il re, che dunque almeno lo stava seguendo, «E l’altro chi sarebbe?»
                «Castel Granito, Maestà. Essa è l’antica roccaforte di quelli che per il momento sono i tuoi più diretti e pericolosi avversari: due Lannister sono tuoi prigionieri, Lady Hana e Napoleon. Axelion, Lionel e Duhenlar sono morti. Ma c’è ancora Constant, che tramava per consegnare a Lorthan Tyrell il Trono di Spade, c’è ancora Marcus, che qualcuno giurerebbe di aver intravisto presso la battaglia che abbiamo da poco alle spalle, c’è ancora Mirietta, la cui sorprendente audacia non si confarebbe alla giovane età, e c’è ancora Daniel, che da qualche parte nel nord si addestra con la magia. Se, come pare, questi tuoi nemici sono al momenti divisi, allora ciò significa che tu hai tempo, ma non molto»
                «E cosa dovrei fare?»
                «Ci sono due mosse che suggerirei: la prima, devi prendere la capitale dei Lannister e manifestare così il tuo potere. Sarebbe una manovra piuttosto facile: Castel Granito è ben protetta da una robusta cinta muraria, da un’area piuttosto stretta di colline rocciose e dal mare. Ma al momento è politicamente isolata, e presentarti da vincitore di un’ennesima battaglia in una roccaforte nemica assediata sarebbe senza dubbio qualcosa di estremamente vantaggioso, in termini di propaganda. Inoltre lì vicino c’è Altogiardino e io posso fin d’ora assicurarti l’appoggio di Gino della Casa Barron in ogni modo possibile: politico, militare, logistico»
                «Gino della Casa Barron, dici?»
                «Sì. Deve a me il suo ruolo, ed è un mio buon amico»
                «Ah» rise Gabryaerys «Sentito ragazzi? Il demone delle ombre adesso ha perfino degli amici». Inutile dire che il demone delle energie, degli elementi e delle nevi risero a loro volta, dato che il loro re e padrone gli aveva appena comandato di farlo. Niente da fare: il re doveva avere un terrore matto che anche Braff finisse per comportarsi come il demone delle fonti, e d’altro canto lui ormai da tempo aveva concluso che avrebbe dannatamente voluto. Solo che non ne aveva il potere: Cair Dedalos era ancora così fortemente vincolante nei suoi confronti… come diamine aveva fatto quel vecchio eremita di un Idromante a spezzare l’incantesimo?
                Braff si era ancora distratto, e ancora era tornato alla sua vecchia vita di decine di migliaia di anni prima. Di nuovo Gabryaerys lo riprese, sempre con quel suo tono da impaziente nevrastenico: «Allora? Qual è l’altra mossa da giocare con i Lannister?»
                «L’altra mossa…» ripeté il Maestro dei Sussurri, tornando per l’ennesima volta alla triste e amara realtà, «L’altra mossa è… Maestà, sull’altra mossa io… debbo dirvela, sono tenuto a farlo come vostro servitore, sarebbe l’azione politica più saggia da fare, ma… voi non dovete prenderla malamente… insomma… siete voi il re, potete sempre rifiutarvi, per cui…»
                «Insomma! Ma che ti prende? Di quando in qua sei diventato così vile, Braff?»
                «Maestà, l’altra mossa consisterebbe… in un matrimonio»
                «Non se ne parla neanche»
                «Ecco: lo sapevo! Potrei… potrei semplicemente esprimervi…»
                «Sei solo un demone tu, Braff, certe cose non le capisci»
                «Sì, è vero, Sire, ma io volevo solo esporre un fatto…»
                «Ah» si rassegnò miracolosamente il re, con un sospiro. Poi disse: «Spara. Di che si tratta?»
                «Se il vostro sangue e quello dei vostri più diretti avversari potessero mischiarsi… allora il vostro discendente avrebbe forse la combinazione che più di tutte nella storia abbia mai garantito la pace nei Sette Regni»
                «Targaryen» rifletté il re «E Lannister… insieme»
                «Lady Hana è pura a quanto mi risulta, e ancora molto giovane: era la quartogenita e penultima di Lionel»
                «Ci devo riflettere»
                «Maestà, io…»
                «Ho detto che ci devo riflettere» scandì dunque il re, ponendo fine alla questione. Poi proseguì: «C’è altro?». E il demone degli elementi: «Sì, mio signore, io…»
                «Non avrei finito» lo interruppe quello delle ombre «Con la mia disamina sul perché il vostro sia un regno debole, Maestà. Il terzo punto è certo meno pressante della guerra che si prepara a nord e di quella che dovremmo preparare a ovest. Ma, a essere franchi, è pure quello che mi preoccupa di più, visto che è quello su cui sono meno informato. Sul continente orientale è ormai chiaro che stia avvenendo qualcosa, lo si percepisce nell’aria: non c’è uomo che abbia la propria residenza tra la laguna sorvegliata dal titano braavosiano e la Baia dei Draghi e che non sappia che lì prima o poi succederà qualcosa. Qualcosa di dirompente ed eminentemente nuovo: mai visto nella storia del mondo. Un re dell’est»
                «Un re…» balbettò Gabryaerys, incredulo, «Dell’est?»
                «Sì, signore, un re con tutti i crismi: un esercito, una capitale, un’aristocrazia. E uno spropositato potere contrattuale in termini sia politici che economici. Immagino saprete bene dove voglio arrivare: tre quarti del proprio fabbisogno al momento le grandi città dell’ovest, e specialmente la Capitale, lo prendono dall’Essos. E se crolla l’Essos crolla la Capitale. E se crolla la Capitale, Maestà… crolliamo tutti, voi per primo. E mi permetto di segnalare che già fin d’ora, data la guerra che abbiamo alle spalle, la popolarità dei governanti è scesa al minimo qui a Roccia del Re. Veniamo fischiati tutti: dal più alto funzionario di corte, al più basso servitore morto di fame che per campare ci pulisce il pitale. Già sotto Axelion questa città è stata sull’orlo della guerra civile e… ora che la guerra esterna è finita… il popolo non ci metterà molto a tornare a concentrare le proprie attenzioni sulle sue tavole vuote, e le sue pance gorgoglianti di fame. Non stiamo messi bene, Maestà: bisogna lavorare. E bisogna lavorare da subito, da questo momento»
                «Ed è quello che faremo» chiuse dunque il re «Parlerai il prima possibile con Irwin e con Baelish, come disposto. E così farai pure con Abigail. Questa questione del Concilio si deve chiudere entro oggi, Maestro delle Spie»
                «Sì, maestà». Braff non era affatto convinto che Gabryaerys avesse, come si dice in gergo politico, “trovato la quadra”. Non se la sentiva di insistere, perché era stanco, lo era il re e lo erano un po’ tutti. Ma l’ultimo dei Targaryen – il cui vero cognome in realtà era Naharis – anche il quel caso stava commettendo un errore: avrebbe riempito l’intero Concilio Ristretto di adulatori se non fosse arrivato ancora una volta il consiglio salvifico del suo demone delle ombre a redarguirlo. Riempire il Concilio di stretti collaboratori era una cosa che ormai non funzionava da decadi: non era più la funzionalità la qualità su cui era più opportuno far vertere le nomine, era la condivisione del potere. Se si accontentava più gente, certo il Concilio diveniva animato da una politica meno unitaria, ma richiamava più forze a una responsabilità e dunque liberava parzialmente il re da quest’ultima. La premessa di Gabryaerys era che avrebbe messo i più fidati dei suoi demoni all’interno del Concilio, e su questo rimase irremovibile. Creò appositamente una specie di incarico da “super-maestro” che riuniva insieme le funzioni di quello delle leggi con il Primo Cavaliere. Tale carica avrebbe normalmente preso quest’ultimo nome, e sarebbe stata ricoperta dal demone delle energie, la guardia del corpo di Gabryaerys, il suo servitore che mai lo lasciava. Sulla carica di Maestro delle Armi, lasciata libera dalla defezione e fuga di Lord Henrich Bolton, invece, Braff era riuscito quanto meno ad instillare una pulce nel ragionamento del re. Il demone delle energie, cui sarebbe spettato il primo cavalierato, era almeno di dimensioni normali: certo, la maschera di carne umana che Gabryaerys aveva fabbricato appositamente per lui per nascondere il suo spoglio cranio nero non sarebbe stato il massimo davanti a un pubblico di comuni mortali, rimostranza che il Maestro dei Sussurri aveva fatto in mille modi al re. Ora, sul Primo Cavaliere Braff aveva fallito, ma sul Maestro delle Armi… c’era poco da fare! Il demone degli elementi non aveva solo teschio nero: era alto e grosso due volte qualsiasi uomo ed il suo corpo era completamente costituito di roccia. Come si poteva pretendere che la guardia reale avesse mai eseguito gli ordini impartiti da una creatura così palesemente inumana? Ecco perché, su suggerimento di Braff, il re aveva accettato di affiancare al suo demone di roccia un co-maestro che si sarebbe dovuto occupare delle funzioni più strettamente amministrative e burocratiche (e dunque politiche), lasciando al demone il più circoscritto ambito militare. Per la carica di co-maestro delle armi ci si era infine accordati sul nome di Senus della Casa Willoughby. Il nord aveva bisogno di un maggiore peso in quel nuovo governo, questo era un dato acclarato cui perfino il re non aveva avuto modo di segnalare alcuna opposizione. E il più illustre membro del nord uscito vincitore dalla questione con gli Applegate lì presso la Capitale era proprio il vecchio Senus. Non c’erano altri ruoli, visto che al conio sarebbe andato – stando alle intenzioni del re e del suo Maestro dei Sussurri – Petyr della Casa Baelish, mentre alle scuole e agli ospitali si sarebbe tentata la riconferma di Adlai Irwin, apparentemente molto saldo nel suo controllo delle scuole sia della Capitale che del Regno Unificato. Braff poteva vantarsi di aver conseguito il successo di lasciare almeno uno dei suoi “colleghi” fuori dal governo del regno: il demone delle nevi, che a questo punto era fuori dalla discussione. E d’altro canto, presentare un secondo individuo con una maschera di carne umana avrebbe ulteriormente contribuito ad arricchire di antipatie e sospetti un governo che da questo punto di vista stava già partendo piuttosto male. Il potere del Maestro dei Sussurri almeno, visto che era da una vita che lavorava con le ombre e con gli inganni, gli consentiva di rendere il suo aspetto del tutto presentabile agli occhi di qualsiasi morto di fame di Fondo delle Pulci, del tutto umano per così dire. Oh, anche la sua vera e più profonda natura si sostanziava in un teschio spoglio e nero, con orbite animate da una luce rossa, questo lui lo sapeva bene, visto che lo vedeva ogni sera prima di andare a letto. Ma per il resto della sua giornata, egli aveva deciso di divenire e rimanere un uomo di mezza età, con stempiatura, capelli rossi e ricci, e baffi e pizzo del medesimo colore. Questo era Lord Braff, e sarebbe stata una figura decisamente più rassicurante di qualsiasi gigante di roccia e mostro con maschera di pelle che di lì a poco avrebbero ricoperto gli incarichi politici più alti nella vita di Roccia del Re.
                Il re e la sua spia avevano deciso di affidare a Baelish il ruolo di Maestro del Conio, promuovendolo quindi di grado data la posizione di solo Lord Ambasciatore della propria casa che Lord Petyr ricopriva, appunto perché non sapevano bene cosa aspettarsi da lui e, in vista di un eventuale conflitto con i Bolton di Forte Terrore, il suo ruolo di governatore del territorio in mezzo che collegava il sud al nord del continente diveniva fondamentale. Insomma, meglio – molto meglio – farselo amico un tipo del genere, che nemico. Il principio era il medesimo per il giovane Gran Maestro, il quale non deteneva un peso in termini di controllo su di un determinato territorio, ma deteneva un peso in termini di controllo su di una determinata porzione di sudditi. Ma l’incarico di convincere due così delicate e importanti personalità, Gabryaerys – che non era un politico – aveva pensato bene di affidarlo a Braff, il quale ora si ritrovava con questa patata bollente di andare a convincere quei due boriosi signori. Ma poco importava: d’altronde era anche questo il mestiere di Maestro dei Sussurri.
                Così il Concilio Ristretto era pressoché tutto formato. Rimanevano incarichi secondari come quello di Maestro delle Strade e quello di Altissimo Segretario. Il primo non era assolutamente urgente: era stato creato appositamente da Lionel per metterci il suo pupillo, e validissimo ingegnere, Pamir Gaholla. Ma… insomma… a fini strettamente pratici, un lord ingegnere serviva solo nel caso in cui fossero capitate impellenze di squisito carattere architettonico o urbanistico. E, in quei suddetti casi, il consiglio che Braff aveva dato al re era di tornare a rivolgersi allo stesso Pamir Gaholla, che lo volesse o meno. Pamir Gaholla, il quale in quel momento, insieme ad altri fedeli del vecchio re e membri del suo Concilio – ovvero Lady Hana, sorella di Axelion, e Lord Finnis Gushing, Maestro delle Leggi uscente – si trovava ancora dietro le sbarre di una galera. Naturalmente, si trattava di prigionieri politici non di pericolosi criminali, messi in quelle condizioni nell’istante dopo la presa del potere; presto si sarebbe discusso del loro trasferimento in appartamenti privati ed eventualmente di una definitiva liberazione, o almeno così la pensava Lord Braff. Per quanto concerneva invece l’Altissimo Segretariato, era un ruolo un po’ più interessante: il voto diretto del re all’interno del Concilio, visto che il re non poteva votare. Ecco perché Lionel lo aveva dato a sua figlia, ed ecco perché Axelion lo aveva lasciato a sua sorella. Tuttavia, un’altra idea interessante balenò nella mente del Maestro dei Sussurri: ancora una volta, fare di un nemico un potenziale amico. La cosa era decisamente più complessa, visto che Abigail Baratheon non era solo una “figura complicata e sospetta” (come Baelish o Irwin), bensì la madre di un lattante che poteva rivendicare benissimo per sé il Trono di Spade. Accecata com’era dal desiderio di potere e dall’ira per aver perso, sicuramente Abigail non sarebbe stata facile da convincere, ma se Lord Alexis fosse stato in grado di compiere quest’impresa allora si sarebbe potuto parlare definitivamente di capolavoro politico. Era difficile, quasi impossibile… tuttavia non c’erano ragioni valide per non tentare.
                Il Maestro dei Sussurri, fece dunque per abbandonare la sala, lasciando il re in compagnia dei suoi più affezionati leccapiedi: il nuovo Primo Cavaliere, il nuovo Maestro delle Armi, e… il demone delle nevi, che fortunatamente era rimasto senza incarico, almeno per un po’…
                Prima che Braff potesse definitivamente andarsene per tornare al suo lavoro, recandosi a parlare con Baelish, con Irwin e con Abigail, il demone degli elementi ebbe l’inaudita rapidità e lucidità per dire, senza mai lasciare la sua fedele ascia bipenne: «Maestà, scusami se mi permetto, ma purtroppo devo darti una notizia che complicherà ulteriormente il quadro già difficile fornitoti dallo Spettromante»
                «Lord Braff» lo riprese il Maestro dei Sussurri; e il grosso omone di roccia: «Sì, come vuoi. Quando sono arrivato dall’est, Padrone, eri ancora nel pieno dell’assestamento dopo la vittoria nella tua guerra, ragion per cui sono rimasto in silenzio. Ma la questione è urgente e, se permetti, vorrei infine comunicartela»
                «Ma certo, demone degli elementi» fece Gabryaerys; poi aggiustò subito il tiro: «Anzi: certo, Maestro delle Armi. Riferiscimi pure la tua questione».
                Braff non adorava sentir parlare quel bestione. Lui, il demone delle energie, e quello delle fiamme – per quanto quest’ultimo non esattamente ”ciarliero” – erano riusciti a rielaborare, con fatica e duro lavoro, dal momento del loro comune risveglio, un modo di muovere le ossa che gli rimanevano in grado di far uscire una voce pressoché uguale a quella degli altri esseri umani. Il demone delle fonti, era praticamente sparito quasi fin da subito. Quello degli spiriti, l’unico al momento riuscito a trovare quella pace eterna a cui in teoria ciascuno di loro era condannato a non giungere mai, non era mai stato in grado di emettere suoni diversi da urla, strepiti e mugugni. Svariati e numerosi: certo. Ma mai una parola. Per quanto riguardava i due restanti, i presenti demoni delle nevi e appunto degli elementi, in realtà erano in grado di parlare, solo che le loro voci… non erano molto umane. Inquietantemente stridula quella del “collega” dei ghiacci e delle energie fredde, inquietantemente cupa e bassa quella del mago delle rocce, le sabbie e la terra. Ecco perché sostanzialmente il Maestro dei Sussurri, quando poteva, evitava di esser presente a una comunicazione verbale del Lipomante o del Necriomante. Purtroppo, troppo spesso non vi riusciva.
                «Maestà» fece ancora il primo di questi due, con la sua profonda voce inumana, «La ragione per cui ho lasciato il mio incarico di guardiano della città morta e della prigioniera che vi era rinchiusa, è che essa è stata liberata»
                «Cosa?!» reagì subito Gabryaerys; e Lord Braff chiese: «Liberata?!», al quale si aggiunse perfino il demone delle energie che constatò: «Che dici! Impossibile!»
                «Stranieri venuti dall’oltremare in groppa a un leone alato» continuò a spiegare il Lipomante «Sono riusciti a distruggere la sfera. Per sconfiggerli, sono stato costretto ad andare in forma espansa. Ma sono riusciti a scappare. Il mare si è calmato. L’esiguo numero di uomini-bestia rimasto sotto il mio comando si è dileguato… e…»
                «E?!» domandò Braff, forse perfino più agitato del suo re in quel momento, «Parla, stupido idiota! Non capisci che è forse la cosa peggiore che ci poteva capitare?! Tutto quello che ho detto fino ad ora sono stronzate, se Kimera si trova libera nell’est!»
                «Le b-bestie» balbettò l’omaccione di pietra «E i v-vegetali… hanno cominciato a comportarsi in modo anomalo»
                «E ci credo!»
                «A… riprodursi rapidamente e poi…»
                «Poi…!?» gridò il re Targaryen, in preda al furore, e anche se continuava ad avere gli occhi coperti dal suo lungo cappuccio violetto, Braff non poté non immaginarseli iniettati di sangue, «COSA?!?!»
                «Sono stato allontanato»
                «Allontanato?» fece il demone delle energie «Come?»
                «La terra… le acque…»
                «Cosa?»
                «Era come se tutte le forze al di dentro delle isole non mi volessero più con loro, e… sono stato respinto»
                «BRAFF!» comandò a questo punto il re Naharis, in preda all’esagitazione, «Quando hai finito con quello che abbiamo già detto! Metti in moto tutti i fumi e le ombre di cui disponi e cerca di farmi sapere di ogni singola foglia che si sposta in quel maledetto continente!»
                «Sì, maestà!» fece Lord Alexis, e se ne approfittò per lasciare la sala. Ma non poté non continuare ad ascoltare la voce ringhiante del re gridare: «TARARUS! Cerca in ogni biblioteca possibile, ogni informazione anche vaga: devo sapere cosa aspettarmi da queste creature che nessuno ha mai conosciuto da chissà quante migliaia d’anni a questa parte! Demone delle nevi! Prendi il tuo falcone, va lì e riferiscimi ogni cosa. E quanto a te, idiota di uno scoglio con le braccia, sparisci! Non voglio vederti per almeno una settimana!!».
                Lord Braff accelerò il passo, ma sapeva che anche tutti gli altri demoni sarebbero usciti dalla medesima porta. Temeva che sarebbe accaduto quello che stava per accadere, ma fu animato da un alito di speranza quando, tutti accelerati, il demone delle nevi e quello delle rocce lo oltrepassarono senza degnarlo di uno sguardo nemmeno fugace. Così non fece il demone delle energie il quale, sempre ammantato nei suoi abiti da principe, con il suo mantellino e la sua coroncina sul cranio spoglio, praticamente neanche fece un passo dal soglio della porta chiusa della camera delle riunioni. Disse soltanto: «Braff!», e Braff si fermò: non poteva non farlo. Rispose: «Tararus» e, senza voltarsi, attese che quello lo raggiungesse. «Sembrerebbe che ti dobbiamo molto» sorrise il teschio nero. Poi, calzò la terrificante maschera di carne senz’anima, e continuò: «Sembrerebbe che senza il tuo lavoro nessuno di noi si troverebbe qui oggi. Il Padrone non sarebbe il re, e noi non lo staremmo servendo in una reggia senza eguali»
                «Vacci piano a definirla “senza eguali”, amico mio» rispose il Maestro dei Sussurri al Primo Cavaliere «Abbiamo abitato ben più splendide regge in altri tempi, in altri luoghi, rammenti?»
                «Diciamo che questo è il meglio che ci si offre adesso, allora»
                «Sottoscrivo» confermò Braff, e facendo per andare, concluse: «Ora vado: ho molto lavoro da fare. Ce l’abbiamo tutti!». Ma il demone delle energie lo riprese, insistendo: «Braff!». E Braff rispose: «Che c’è ancora?»
                «Ero ironico»
                «Ma non mi dire! Io invece sono sarcastico»
                «Mi chiedo quanto effettivamente dobbiamo al tuo lavoro per la vittoria che abbiamo alle spalle. E non dobbiamo invece al lavoro fatto nell’est. Alla cattura di Kimera e alla creazione degli uomini-bestia»
                «Dobbiamo tanto. A tutti e due. Insomma, dove vuoi arrivare?»
                «Voglio arrivare che non riesco a capire perché continuiamo a tenerti con noi. Con le tue parole fumose, i salamelecchi, e le mille cose che sostieni di aver fatto e che pure nessuno saprebbe dimostrare»
                «È parte del mestiere di Maestro dei Sussurri»
                «Vecchia scusa»
                «No, è la verità. E ti spiego anche il perché: abbiamo la prova di un nostro fratello nella sfortuna, il maestro delle fonti, che è stato in grado di svincolarsi da Cair Dedalos. E per tanto, libero dal proprio obbligo di servire Gabryaerys, non si è più visto. Non è più qui, né a nord, né ad est. Non è più da nessuna parte. Io sono qui: se davvero volessi tradirvi, e avessi il potere di farlo, allora sarei davvero uno stupido a rimanere dove sono, non trovi? Non ti sono mai stato simpatico, Tararus, tu non lo sei mai stato a me. Ma pensi davvero che io sia così stupido? E tu invece? Perché, da uomo come da diavolo, continui a dedicarti anima e corpo alla causa cieca del servizio a un padrone? Cos’è che ti spinge ad essere il più ruffiano dei ruffiani? A fare anche quello che non è l’incantesimo ad obbligarti? Perché il giuramento di Cair Dedalos tu ce l’hai dentro quella lucida e spoglia testa nera?»
                «Siamo stati creati per questo»
                «Per essere schiavi»
                «Per servire. Servire è un atto divino, Braff. Gli dèi non sono servi degli uomini. Ma servono gli uomini»
                «Sei un pazzo. Lo sei sempre stato» concluse di nuovo il Maestro dei Sussurri. Lanciò al suo vecchio confratello un sorriso provocatorio da sotto i baffi rossi. Dunque gli diede definitivamente le spalle, con tutta l’intenzione di non voltarsi più. Tararus tornò ad urlargli: «Ti terrò d’occhio Braff! Voglio che tu lo sappia questo. Ora che ne ho la diretta opportunità, io ti terrò d’occhio!»
                «Non me ne fai paura, demone delle energie della tempesta» gli rispose il demone delle ombre «Faccio questo mestiere da troppo tempo ormai. Ho gente in grado di tenere d’occhio quelli che tu userai per tenermi d’occhio! Ahahah». Non c’era altro da dire. Un governo del Regno con al suo interno membri che si spiano, si minacciano, si odiano: decisamente questo Gabryaerys Naharis della Casa Targaryen non stava partendo molto diversamente da tutti gli altri.
   
 
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