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Autore: Himenoshirotsuki    14/03/2017    8 recensioni
Le Jinian, un popolo, una leggenda. Dimenticate dagli umani e anche da tutte le altre razze, questa tribù di quasi solamente donne viaggia da una parte all'altra del mondo. Nascoste agli occhi di ogni mortale, sono le uniche ancora in grado di usare la magia elementale, senza che essa, a lungo andare, le corrompa. Nemeria è solo una delle tante bambine della tribù e non ha niente di speciale. Adora sua sorella Etheram e il suo dolce fratellino Rakhsaan, ama combinare guai e, come tutte le sue compagne, si è sempre esercitata nell'arte della magia e della manipolazione degli elementali che vivono in lei per poter un giorno diventare una Jinian. Ma tutto cambia all'improvviso quando la sua tribù viene attaccata da una banda di briganti, vestiti con un'armatura completamente nera e una maschera bianca a coprir loro il viso. Il destino mette Nemeria davanti a una scelta: diventare un vero guerriero e combattere per sopravvivere oppure vivere all'ombra di ciò che il fato ha scritto per lei.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Fuoco 2

3

Famiglia

"Ogni famiglia ha un segreto, e il segreto è che non è come le altre famiglie."
Alan Bennet

La mattina seguente, a svegliarla fu un cicaleccio rumoroso, seguito da un rapido tramestio. Con le palpebre pesanti e le immagini di morte impresse a fuoco nella retina, Nemeria si mise a sedere. Noriko non era vicino a lei, ma ne riconobbe la voce calma e pacata da fuori, mentre discuteva con Hami - o forse era Hirad? - di quello che avrebbero dovuto fare quel giorno.
Rimase ad ascoltarli per un po', con lo sguardo perso nel vuoto e le lacrime ancora impigliate nelle ciglia. Aveva sognato di essere catturata dal predone e assistere all'uccisione di tutti i sopravvissuti della sua tribù. Li avevano legati e poi l'uomo l'aveva costretta a guardare mentre tagliavano loro la testa, sordi alle urla dei bambini e alle suppliche delle loro madri, fino a quando non era arrivato il suo turno. Con lei erano stati molto più crudeli. Avevano stretto un nodo scorsoio attorno al collo e l'avevano impiccata alla tenda dell'Alta Sacerdotessa, sopra i cadaveri fatti a pezzi, in modo che fosse l'ultima cosa che vedesse. Avevano scelto una corda corta, troppo corta, persino Nemeria si era resa conto che non sarebbe morta subito e così era stato. Poteva ancora percepire con chiarezza la canapa che premeva contro la giugulare e l'aria che le raschiava la gola mentre si dibatteva per liberarsi, artigliando il vuoto, la sensazione di mancamento che, come una iena, le strappava ogni energia, fino a quando non aveva smesso di muoversi.
Si massaggiò il collo e trasse un profondo respiro per calmarsi, ma il tremore che le scuoteva le mani non l'abbandonò. Così si rannicchiò su se stessa, stringendosi il più possibile le gambe al petto. Lo faceva spesso quando aveva paura o quando succedeva qualcosa di brutto e Etheram non era lì per consolarla.
Una volta sua sorella l'aveva sorpresa mentre piangeva sotto le coperte nel cuore della notte. Fuori infuriava una tempesta di sabbia e il vento stava scaricando la sua furia sulle tende del villaggio dal primissimo pomeriggio. Era stato in quell'occasione che Etheram le aveva detto di assumere quella posizione e di contrarre tutti i muscoli, così da impedire al Jin cattivo, così Etheram aveva denominato la paura, di farla tremare.
“Inspira, espira, inspira, espira.”
Affondò le unghie nelle gambe e strinse i denti. Si dondolò per un po' continuando a ripetersi quelle parole, fino a quando non sentì la gelida stretta allo stomaco allentarsi e il pulsare del suo cuore diminuire. Solo allora riuscì ad alzarsi. Si sentiva ancora scossa, e il sonno le pesava sulle palpebre, ma l'idea di tornare a dormire la terrorizzava.
Non appena mise piede fuori dalla tenda, Hirad, o almeno credeva fosse lui, le venne incontro, le mise tra le mani un panino duro come un sasso e le fece cenno di avvicinarsi. Noriko sedeva assieme ad Hami vicino all fuoco ormai spento.
- Ben svegliata. Noriko ieri sera non ha fatto in tempo a spiegarti come funziona qui, ma scommetto che eri stanca. - le sorrise Hirad, invitandola a prendere posto vicino a lui, - Altea mi ha detto che ti ha trovata mentre gironzolavi per le strade e che avevi una faccia davvero triste. Non che anche a cena tu non l'avessi, però mi è sembrato che... -
- Arriva al punto. - lo richiamò Hami, prima di addentare una nespola.
Aveva una voce bassa, quasi baritonale, che si contrapponeva a quella squillante di Hirad. Questi gli rivolse un'occhiata truce, ma poi tossicchiò e si ricompose, tornando a guardare Nemeria.
- Dicevo, ti puoi svegliare quando ti pare, a meno che il capo non ti abbia affidato un compito. Però sarebbe meglio ti alzassi assieme agli altri, perché Afareen quasi sempre va in città a “fare la spesa”. Ah, sono sempre lei e Chalipa a occuparsi di servire i pasti, quindi se hai fame ed è l'ora di pranzo basta che tu vada da loro. -
- Ma come faccio a sapere che è il momento di mangiare? - domandò timidamente Nemeria, - Siamo sottoterra e non vedo nessun orologio qui intorno. -
- Ed è qui che ti sbagli! - Hirad le indicò orgoglioso un vaso di pietra a forma di cono, - Vieni, ti faccio vedere. È una mia invenzione, ne vado particolarmente fiero. -
- Non l'hai inventato tu. Ne hai visto uno al mercato e poi l'hai riprodotto come potevi. - lo corresse Hami, ma Hirad lo ignorò.
Il ragazzo agguantò Nemeria sottobraccio e la trascinò con sé. Contro ogni aspettativa, aveva una presa salda che mal si sposava con le braccia mingherline e le dita lunghe e affusolate.
- Vedi, all'interno ho inciso dodici tacche di deflusso ad altezze differenti. Il punto più alto è per la prima ora, quelli sotto, come immaginerai, indicano le altre. Da questa sfera defluisce l'acqua. In base al suo livello riusciamo a capire che ore sono. È strano, lo so, all'inizio non è semplice, ma basta farci l'abitudine. -
- Non l'avevo mai visto. - commentò ammirata Nemeria, - Mi sono sempre orientata con la meridiana, non credevo fosse possibile leggere l'ora anche senza il sole. -
- Oh, sì che è possibile. È molto, molto più semplice di quello che tu possa pensare. Se vuoi, una di queste volte ti posso insegnare a... -
- Hirad, ti prego, niente cose complicate a quest'ora della mattina. - lo rimproverò Hami, stiracchiandosi, - Lo so che ti piace parlare di queste robe scientifiche, ma la nostra Nemeria vorrebbe solo sapere quali sono le sue mansioni. -
Come se si fosse appena ricordato di una cosa importante, Hirad si batté una mano sulla fronte.
- Sì, hai perfettamente ragione! Dunque, Dariush ti ha affidata a me. Andremo a esplorare le catacombe, le mapperemo e riporteremo le nostre scoperte sui miei libri. Sai, sono davvero ampie, si estendono sotto tutta la città e forse anche fuori, e sono quasi sicuro che se cercheremo bene troveremo anche un nuovo rifugio. Ah, giusto, visto che verrai con me devi assolutamente vedere cosa ho scoperto fino ad oggi, così anche tu... -
- Aspetta... significa che dovremo uscire da qui e infilarci in quei tunnel? -
- Mi pare ovvio. Ma non preoccuparti, non ci perderemo. Cioè, a volte mi è capitato di perdermi, ma questo solo durante le mie prime uscite. Adesso conosco benissimo tutte le gallerie esplorate, sono il re di questo posto! -
Hirad si sfregò le mani e si infilò nella tenda blu alla sua destra, per poi tornare quasi subito con in mano varie pergamene.
- Come puoi vedere, ho disegnato tutto, appuntando il nome di ogni singolo cunicolo. Il Capo non pretende che anche tu li impari, non ancora almeno, e... -
Andò avanti a parlare a raffica, ma Nemeria udiva appena la sua voce. In quelle gallerie c'erano i fantasmi e, nel buio, potevano nascondersi anche altri nemici che avrebbero potuto assalirla non appena si fosse distratta. La sua mente le rimandò l'immagine del predone, dei suoi occhi di ghiaccio che la cercavano, mentre lei correva disperata nel tentativo di sfuggirgli. Quasi le parve di sentire le sue mani serrarsi attorno alla gola. Si massaggiò il collo, fingendo di tossire, la pelle pervasa dai brividi e il battito del cuore accelerato.
- Bene, visto che non ci sono state obiezioni, io vado a prepararmi. - concluse Hirad, visibilmente elettrizzato all'idea di uscire a esplorare le catacombe, - Ricordati di farti dare qualcosa da mangiare da Afareen, dille di abbondare già che ci sei, dato che non sappiamo per che ora saremo di ritorno. -
Nemeria annuì vagamente e, mentre il ragazzo si allontanava, si lasciò ricadere sulla prima sedia libera. Era instabile e una delle gambe era più corta delle altre, ma aveva bisogno di sedersi, pensare, riprendere fiato.
- Dovresti fare quello che Hirad ti ha detto. - le suggerì Noriko in tono neutro.
Nemeria fece spallucce e appoggiò il mento sulle dita intrecciate.
- Lo so, devo solo... rimettere a posto le idee. Mi ha detto così tante cose e adesso ho una gran confusione in testa. -
- A me sembrava fossi concentrata su altro, in realtà. - la bambina si allungò verso di lei e inclinò la testa per catturare il suo sguardo, - Se non te la senti, puoi dirlo, nessuno qui ti giudicherà. A parte Hirad, quasi nessuno ha il coraggio di avventurarsi nelle catacombe. -
- Anche tu? -
Noriko sorrise debolmente. Spostò l'attenzione altrove, l'espressione malinconica che aveva un momento prima era sparita, celata dietro le sue iridi color ghiaccio. Gli occhi di Noriko avevano qualcosa che spaventava e affascinava Nemeria, un connubio di paura e calma che le provocava l'inspiegabile impulso di confessarsi e, allo stesso tempo, allontanarsi.
- Quando mi sono unita al gruppo di Dariush, anche io sono stata incaricata di seguire Hirad, ma preferisco stare all'aria aperta. -
Nemeria incassò la testa nelle spalle, poi si girò a guardare verso l'entrata. L'immagine di Dariush che stringeva i piccoli seni di Altea, della sua mano che le premeva contro le scapole per tenerla ferma, le fece ribollire il sangue e rivoltare lo stomaco.
- Dariush è davvero il vostro capo? - chiese in un ringhio, strinse i pugni e inspirò profondamente, obbligandosi a mantenere il controllo.
Noriko rimase qualche istante a fissarla con la stessa calma con cui si contempla un paesaggio. 
- Tutti lo reputano tale, quindi lui pensa di esserlo. - rispose, allungando le gambe fin a sfiorare i ceppi anneriti.
- Nonostante faccia del male ad Altea? -
La bambina non rispose.
Nemeria scosse il capo schifata. La rabbia le graffiava lo sterno come una bestia feroce e il sangue affluiva rovente alle mani. Sentiva il potere del fuoco spingere per uscire, un bisogno urgente che si confondeva con un altro, più doloroso e devastante, che però cercava di ignorare.
- C'è un detto dalle mie parti che recita “Siediti sulla sponda del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico”. - mormorò Noriko con voce piatta, - È solo questione di tempo, Dariush avrà quel che si merita. -
“Mentre aspetti il cadavere, però, il nemico ucciderà ancora.”
Nemeria serrò le palpebre e si sforzò di togliersi quelle immagini orrende dalla testa, che si affastellavano mescolandosi ad altre relative al passato: Dariush sul corpo di Altea, il sangue che sgorgava dalla gola di Hediye, lo sguardo tagliente dello Sha'ir, le lame arrossate alla luce abbacinante del sole. Si portò le mani alle tempie e si obbligò a respirare, come se l'aria potesse abbassare la pressione che le schiacciava la gola.
- Guardami. - le ordinò Noriko.
Nemeria obbedì e alzò la testa in un movimento lento, quasi sofferto. Osservò il corpo sottile della bambina, la sagoma snella che la giacca lasciava trasparire, le spalle rilassate sotto la canapa e le dita aggrappate al proprio braccio per trattenerla dal compiere azioni impulsive. La pietra di luna divenne più tiepida e Nemeria avvertì il fuoco che le bruciava dentro affievolirsi, come se qualcuno vi avesse gettato sopra dell'acqua. Solo allora si rese conto di stare tremando, che non era solo la rabbia a scuoterla.
- Devi rimanere sulla tua sponda del fiume e attendere. - le ripeté pacata Noriko, lo sguardo sempre fisso su di lei, - E se nel buio vedi qualcosa, ricordati dove sei e non avere paura. Non serve, non qui. -
A quelle parole, Nemeria sussultò. Provò a divincolarsi, ma era come paralizzata, incatenata a quello sguardo che, solo adesso se ne rendeva conto, era fin troppo maturo per appartenere a una fanciulla così giovane.
- Come fai a sapere...? -
- Sono una brava osservatrice. - rispose semplicemente, come se fosse la cosa più ovvia.
Poi si alzò e le diede le spalle, allontanandosi. Nemeria rimase a osservarla mentre camminava, il cervello pieno di domande e una pressante angoscia che le premeva sul petto. Il dubbio di quante cose Noriko potesse sapere le si insinuò tra le costole e le stritolò i polmoni, strappandole via la poca aria che contenevano. Se non fosse stata seduta, ne era certa, le ginocchia le avrebbero ceduto.
Non si accorse della presenza di Hirad finché il ragazzo non la scosse e non le mise in mano una mappa e uno zaino. Dalla sua espressione soddisfatta, Nemeria capì che non vedeva l'ora di uscire.
- Che faccia preoccupata, diamine! Te l'ho già detto prima, non ci perderemo. - la rincuorò, sfoderando un sorriso smagliante, mentre la trascinava verso l'uscita.
Nemeria lo lasciò fare senza opporre resistenza. Scivolò fuori dal passaggio segreto con un po' di fatica e si lasciò guidare da Hirad, che, tutto contento di avere compagnia, continuava a parlare.
Girarono per le gallerie conosciute per buona parte della mattina, fermandosi solo per bere o per mangiare. Come Nemeria aveva immaginato, le catacombe erano cupe e spaventose anche alla luce del sole, un labirinto di pietra nel quale si sarebbe facilmente persa senza una guida. Di tanto in tanto, un ragno o un ratto sgattaiolava fuori da qualche angolo buio, per poi sparire di nuovo, ma a differenza del giorno precedente, Nemeria non vi badò.
Mentre Hirad cercava di spiegarle come orientarsi, la sua mente vagava e si perdeva in pensieri sempre più tetri, abitati da occhi e da mani pronte a ghermirla. Le sembrava di camminare in un sogno, uno dei tanti che faceva quando viaggiavano attraverso il deserto, e per un istante riuscì a convincersi che quello che stava vivendo era tutta un'illusione, uno scherzo causato dal caldo. Poi però il vento le portava alle orecchie la parlata stretta e dura dei cittadini di Kalaspirit e la realtà tornava a gravarle addosso come un macigno.
Alla fine della giornata, quando Hirad, ormai stanco e avvilito dalla poca partecipazione della sua compagna, la ricondusse alla base, Nemeria non cenò nemmeno. Si infilò nella tenda e tirò su le coperte fin sopra la testa.
 
Nelle due settimane che seguirono, Nemeria dovette imparare molte cose. Stare con i ragazzi del campo, far parte della “famiglia”, non era facile come aveva pensato. E, in generale, non lo era vivere a Kalaspirit. Il mito della città benevola e ospitale era solo una maschera per i viaggiatori meno esperti o quelli che non si soffermavano abbastanza tempo per scoprirne il vero volto, freddo, ostile, talvolta anche razzista. Gli occhi di Nemeria e Noriko, la carnagione chiara dei gemelli e le orecchie lunghe di Altea e Dariush erano dettagli più che sufficienti per causare una certa diffidenza, che unita ai loro abiti sdruciti e alla puzza che si portavano dietro si trasformava rapidamente in odio. Era per questo che per la maggior parte del tempo si muovevano sottoterra, attraverso quel labirinto di gallerie e tunnel che sembrava arrivare ovunque in città.
Nonostante sapesse quanto fosse necessario conoscerle, Nemeria aveva difficoltà a ricordarseli. Quando usciva con Hirad e questi le indicava i segni distintivi di ognuno, li dimenticava quasi subito e, per quanto si sforzasse di trattenere quelle informazioni, il giorno successivo qualsiasi conoscenza avesse acquisito sull'argomento era svanita.
Altea e Hami la rimproveravano, mentre Mehrdad e Malakeh, quelle poche volte che non erano fuori assieme alla Sha'ir, a Chalipa e Kimiya, si lanciavano un'occhiata d'intesa, sussurrandosi qualcosa all'orecchio che li faceva ridere. Più di una volta Nemeria ebbe la tentazione di affrontarli e chieder loro cosa ci fosse di tanto divertente, ma poi la pietra di luna diventava calda e la sua irritazione scemava abbastanza da farle riporre l'ascia di guerra.
Noriko, invece, non le parlava più, sembrava aver perso completamente interesse nei suoi confronti. Se da una parte questo la tranquillizzava, dall'altra le dispiaceva, anche se non riusciva a capirne il motivo.
L'unico con cui le piaceva passare il tempo era Hirad. Lui scherzava e minimizzava la sua sbadataggine con una risata o il racconto di un aneddoto su quando era finito in un nido di ragni o era inciampato nel femore di qualche vecchio scheletro. Non sembrava più scoraggiato dal suo silenzio, anzi, più Nemeria taceva più lui sembrava impegnarsi, tirando fuori i racconti e le curiosità più strane. Sapeva davvero molte cose, sia sulle catacombe che sulla città stessa, e amava parlarne, anche se difficilmente riusciva ad arrivare fino in fondo al suo discorso senza divagare. Col passare dei giorni, Nemeria cominciò ad apprezzare la sua compagnia e il suo continuo sproloquiare. Qualche volta addirittura le venne voglia di conversare e seguirlo nei suoi voli pindarici, sebbene lei fosse la prima a perdersi. In un certo qual modo, tutte quelle nozioni riuscivano parzialmente a occupare la sua mente, la tenevano ancorata alla realtà e allo stesso tempo la distraevano dai suoi demoni personali che, però, venivano a trovarla ogni volta che chiudeva gli occhi.
Svegliarsi al mattino era sempre un sollievo: l'incubo era finito ed era obbligata a pensare ad altro, anche se la rabbia, la paura e l'angoscia erano i suoi inseparabili compagni. La seguivano ovunque andasse, si annidavano in un angolo remoto della sua mente e sbucavano fuori alla prima occasione. Le bastava incrociare lo sguardo tagliente di Dariush, scorgere uno strano movimento nel buio o udire una voce simile a quella di Etheram o Hediye perché questi l'assalissero con i loro suoni, le loro immagini, le loro sensazioni. In quei momenti, Nemeria si sentiva sopraffatta e il bisogno di parlare con qualcuno di quello che ne era stato della sua gente e di quello che accadeva ad Altea diventava quasi insopportabile.
Aveva provato a richiamare l'elementale, ma ogni volta che ci provava la paura di essere scoperta le strisciava dentro le ossa e la frenava. Gli unici momenti in cui le sembrava di tornare a respirare era quando usciva con Hirad.
Fu durante una delle loro esplorazioni che lui le rivelò che la loro base segreta probabilmente era stato il luogo di ritrovo di alcuni sovversivi, che, quasi cinquant'anni prima, avevano attentato alla vita del governatore della città.
- Non mi ricordo dove l'ho letto o l'ho sentito dire, però ho ben impressa la faccia di mia madre quando mio padre glielo disse. Che dire, è stato uno degli eventi più straordinari avvenuti qui a Kalaspirit. - disse addentando una focaccina al miele, e alzò gli occhi masticando con espressione assorta.
Lo faceva spesso quando estraeva dalla sua “biblioteca mentale”, così lui amava definire la sua straordinaria memoria, tutte le informazioni su un argomento. Nemeria attese in religioso silenzio che riprendesse a parlare.
- Questi qui, insomma gli uomini che volevano attentare alla vita del governatore, non si sapeva da dove fossero sbucati o perché volessero farlo fuori. La maggior parte della gente pensava fossero dei poveracci che, stanchi di vivere per strada, avevano pensato di unirsi per fare il loro colpaccio. Sai, per soldi si è disposti a tutto, anche se, a essere sincero, credo ben poco a questa versione. -
- Perché? -
- Per come sono andate le cose e per come si erano organizzati. - snocciolò, pulendosi i calzoni dalle briciole di pane e facendole cenno di seguirlo, - La nostra base, non so se ci hai fatto caso, ha i muri estremamente lisci, come se fossero stati levigati. Ora, non sono un genio dell'ingegneria, tanto meno mi intendo di architettura, però sono più che certo che quella stanza non sia stata scavata da mano umana. Sono più propenso a pensare che sia stata opera della magia, precisamente di un Dominatore della terra. -
- Non poteva essere già stata costruita? Magari da quelle stesse persone che avevano costruito le catacombe. -
- È una possibilità, sì. Però si sposa male con la mia teoria, quindi trascuriamola per un momento. Insomma, quello che accadde fu che attaccarono il governatore, penetrarono nelle sue stanze e arrivarono a tanto così dal raggiungere il loro obiettivo. Per fortuna, una guardia che era sopravvissuta alla loro carneficina riuscì ad arrivare alle spalle del loro capo e ad ammazzarlo prima che lui facesse fuori il governatore. Roba da pazzi, vero? -
- Se lo dici tu... -
Hirad le lanciò una lunga occhiata di traverso, evidentemente deluso dalla sua reazione, ma poi liquidò la cosa con un'alzata di spalle e riprese a raccontare.
- Alla fine, quando le altre guardie fecero irruzione nel palazzo, i predoni si erano già volatilizzati. Capisci? Spariti nel nulla, come se non fossero mai esistiti! A me sembra più che ovvio che si siano avvalsi della magia per andarsene. -
- E allora perché nessuno ha provato a rintracciarli? Che so, qualcuno che sapesse manipolare un elementale della terra o dell'aria. -
Il ragazzo si grattò la nuca con foga, per poi staccarsi una zecca con una smorfia. Quando la schiacciò con il polpastrelli, il sangue quasi gli esplose in faccia.
- Questo non te lo so dire. Presumo abbiano lasciato perdere perché ci sono ben pochi Dominatori qui a Kalaspirit e quei pochi si fanno pagare fior di monete per i loro servigi. Ma ora che mi ci fai pensare, dopo quell'episodio è successa un'altra cosa: la città è diventata molto più ostile nei confronti dei viaggiatori, soprattutto i non-umani. Non che mi stupisca, tutti sospettano dei diversi quando accadono le tragedie. -
Quel giorno Hirad camminava più spedito del solito e Nemeria doveva impegnarsi per non perderlo di vista, anche se questo significava ignorare i ratti che le correvano sui piedi e i ragni che le si potevano parare davanti alla faccia da un momento all'altro.
- Senti, non te l'ho mai chiesto, ma come fai a sapere tante cose? - gli domandò col fiato corto quando riuscì finalmente ad affiancarlo, - Sei una specie di enciclopedia su due gambe, non puoi aver appreso tutte queste nozioni vivendo per strada. Non capisco. E poi, con la tua intelligenza potresti aspirare a qualcosa di più che esplorare catacombe. Come mai sei qui? -
Il viso di Hirad si adombrò e per un lungo momento Nemeria credette che non le avrebbe risposto.
- I genitori miei e di Hami ci hanno abbandonato, come è successo a te e agli altri. Sai loro... mamma e papà sono due esseri umani, mercanti di una certa fama a Shalast. Io e mio fratello, invece, siamo mezzi Sha'ir. Quando eravamo piccoli, le nostre orecchie a punta erano un dettaglio insignificante, praticamente nessuno le notava. Poi siamo cresciuti e i dettagli si sono assommati, sottolineando la nostra diversità. Eravamo molto più alti di quanto saremmo dovuti essere e rivaleggiavamo per forza e agilità con anche coi ragazzi più grandi. All'inizio mamma e papà cercarono di ignorare le malelingue e concentrarsi sulla nostra educazione, affidandoci ai maestri migliori della città. Poi, a una festa, un loro parente ubriaco fradicio disse loro che eravamo lemnas e che la strega che si era portata via i loro veri figli probabilmente li aveva usati per evocare un Jin col quale accoppiarsi. Beh, non usò proprio queste parole, ma il succo è questo. Da allora i nostri genitori non hanno più voluto fare finta di niente. La cosa buona è stata che quando ci hanno abbandonati, ci hanno dato abbastanza monete da permetterci di ambientarci e trovare un modo per sopravvivere. -
- Ma non è giusto! - sbottò indignata Nemeria, - Che colpa ne avevate voi se vostra madre aveva tradito vostro padre? È stata una crudeltà terribile, avete dovuto pagare per l'errore di qualcun altr... ehi, perché stai ridendo? -
- Niente, niente, è che sei tenera quando ti arrabbi. - le arruffò giocosamente i capelli, con un'espressione sinceramente divertita sul viso, - Dovresti anche parlare più spesso. Fai domande molto più intelligenti della maggior parte delle persone che ho incontrato. -
Imbarazzata, Nemeria si sottrasse al contatto della sua mano. Assomigliava a quella di Noriko, ma era meno callosa e ruvida. Hirad la lasciò andare, salvo impadronirsi di una ciocca all'ultimo momento. Se la rigirò tra le dita, studiando le sfumature grigiastre che la sporcizia non aveva ancora del tutto coperto.
- Penso di sapere cosa sei. - bisbigliò dopo un minuto scarso.
Il cuore di Nemeria mancò un battito. Come aveva fatto capirlo? Non aveva mai manifestato il suo potere, nemmeno una volta, e ormai il suo popolo era ritenuto una leggenda. Come poteva sapere che era una Jinian?
Arretrò così bruscamente che per poco Hirad non cadde a terra. Le emozioni che la tenevano sveglia la notte la investirono con la forza di un uragano, senza che nemmeno la pietra di luna, subito divenuta rovente, riuscisse a placarlo.
- Tu non sai niente. - sibilò.
- Invece sì, so cosa sei. Ma tranquilla, non ho intenzione di parlarne con nessuno. Non voglio che gli altri ti caccino, non voglio che tu te ne vada. Ti puoi fidare di me. -
- Ah, sì? E come faccio a esserne certa? -
Improvvisamente, l'aria si fece torrida, quasi irrespirabile, e una luce aranciata prese a danzare sulle pareti viscide d'umidità. Con la fronte imperlata di sudore, il ragazzo fissò lei e poi le fiamme che le lambivano le mani e le braccia senza bruciarle. Nemeria ne percepiva appena il calore sulla pelle.
- Perché so che fine fanno i Dominatori in questa città, so che tipo di vita conducono e non ho nessuna intenzione di lasciarti andare a morire nell'arena. - deglutì, ma, nonostante la paura, la sua voce rimase inaspettatamente calma, - I miei genitori hanno abbandonato me e mio fratello perché eravamo diversi. Non intendo di comportarmi come loro, non voglio che tu venga sbattuta a combattere per il resto dei tuoi giorni soltanto perché sei una Dominatrice. Non sarebbe giusto. -
Nemeria lo scrutò basita. La rabbia e la paura sfumarono assieme alle fiamme e il silenzio calò su di loro.
Il ragazzo si terse il viso con l'acqua e sistemò la mappa nello zaino sulla schiena, senza aggiungere altro.
- Come hai fatto a capirlo? -
- Ho un po' tirato a indovinare, in realtà. - rivelò, guardandola dall'alto in basso, - Hai dei capelli strani e gli occhi di un colore... indefinito. Avevo letto da qualche parte che i Dominatori hanno queste caratteristiche e in base a ciò ho dedotto che anche tu lo fossi. -
- Un po' debole come argomentazione... - rispose con un risolino nervoso Nemeria, anche se in cuor suo si sentiva rinfrancata da quelle parole.
- Lo so, ma già una volta ci avevo preso e ho sperato di avere di nuovo fortuna. -
- Mi stai dicendo che c'è qualcun altro come me tra di noi? -
Un sorriso enigmatico apparve sulle labbra di Hirad.
- Immagino tu non abbia intenzione di dirmelo. -
- Immagini bene. -
- Ma perché? Tu hai appena scoperto il mio più grande segreto, potresti almeno condividerne uno con me! -
Il ragazzo si umettò le labbra e inclinò il capo, fissando una ragnatela sul soffitto.
- Potrei, ma non sarebbe divertente. Inoltre, questo potrebbe essere un buon argomento di conversazione. Anche se non sembra, quando divago e deliro mi piace che ci sia qualcuno con cui parlare. Se ti rivelassi chi sono, c'è la possibilità che tu ti chiuda di nuovo nel tuo silenzio e a me non va di tornare a discutere con il nulla. -
Nemeria si imbronciò e gli scoccò un'occhiata risentita, che suscitò l'ilarità del compagno.
- Ti ho mai detto che sono un seguace di quell'uomo famoso che diceva di non poter insegnare niente a nessuno, ma solo provare a far riflettere? -
- No, forse, non lo so. Dici molte cose, tu. -
- Bene, ora lo sai. E comunque, Nemeria, non penso che questo sia il tuo più grande segreto. Sono le lacrime che ti brillano negli occhi e il tuo completo silenzio il tuo più grande e doloroso segreto. -
La ragazza ci mise un po' a capire cosa le stesse dicendo.
- Tu sai troppe cose... - commentò poi sottovoce.
- Sono solo un buon osservatore. - replicò Hirad, profondendosi in un inchino teatrale.
Mentre Hirad le dava le spalle e la precedeva lungo la galleria, Nemeria abbassò lo sguardo e si morse le labbra, ricordando che anche Noriko aveva detto la stessa cosa. Mise da parte l'esitazione e si sbrigò a raggiungerlo.

  
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