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Autore: Kia_1981    14/03/2017    1 recensioni
Dal testo:
“ Megan, grazie! È un bellissimo …” le parole gli si strozzarono in gola nel momento stesso in cui, alzando gli occhi, si ritrovò a fissare la figura che gli dava le spalle. Sorrise e si avvicinò molto silenziosamente alla giovane e fermandosi dietro di lei si chinò per sussurrarle suadente una domanda all’orecchio.
“ E ditemi, per caso ora vorreste anche quel famoso bacio sotto il vischio che abbiamo rimandato lo scorso Natale?”
(Altra FF nata dal GdR "Il Presidio". Grazie a chi mi ha spinta a pubblicarla. Se trovate errori, se avete critiche costruttive e consigli ne farò tesoro.)
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Julian Lord, Megan Linnet, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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Delicati fiocchi di neve cadevano con insistenza sulla Vecchia Capitale ormai da diversi giorni. Tutto era ammantato da una soffice e gelida coltre che, come l’anno precedente, si era distesa con generosità sulle feste di fine anno.
Ben protetta dal mantello invernale, Megan appoggiò distrattamente una mano guantata all’altezza del suo fiocco di neve gioiello, mentre con l’altra mano spinse una delle massicce porte della Cattedrale del Borgo di Aldenor: la chiesa era gremita di gente in paziente attesa dell’inizio della funzione di Natale. A quanto pareva era arrivata in tempo, nonostante tutti i problemi che, durante il turno in ospedale, aveva dovuto affrontare a causa di una delle sue tirocinanti. Per colpa sua aveva finito in ritardo, era molto stanca, senza contare quanto l’intera faccenda l’avesse resa nervosa.
Camminando esausta lungo una delle navate laterali, la giovane si guardava intorno con attenzione, alla disperata ricerca di un posto – possibilmente defilato – in cui sedersi; un posto dove non l’avrebbe notata nessuno, nel malaugurato caso in cui le fosse venuto un colpo di son-no. Cominciava già a rassegnarsi al pensiero di dover rimanere in piedi per tutto il tempo, quando sentì qualcuno che la chiamava a voce bassissima: seduta accanto a Morgan, Lara le fece cenno di prendere posto sulla loro panca e Megan fu ben lieta di accettare.
“ Hai fatto tardi.” Constatò Lara in un bisbiglio, non appena l’amica le fu accanto. La sua os-servazione le procurò un’occhiataccia.
“ Lascia perdere, o la chiesa potrebbe crollarci in testa per tutte le imprecazioni che lancerei. Solo a pensarci mi viene voglia di mettermi ad urlare!” Megan strinse i pugni, stropicciando il vestito, nel vano tentativo di contenere la rabbia.
“ Quella … quella … quella sconsiderata!” sbottò alla fine con una specie di ringhio, trattenendosi con uno sforzo evidente dal pronunciare insulti peggiori.
 
Si vergognava di aver scritto quel biglietto; si vergognava di averlo fatto recapitare. Si vergognava, soprattutto, di aver aspettato tanto a lungo, con una sorta di impazienza, una risposta che, alla fine, non era arrivata. Quel pomeriggio aveva scoperto il perché.
 
La dottoressa chiuse gli occhi e inspirò a fondo riuscendo a recuperare in parte il controllo. Si sfregò gli occhi che avevano cominciato a pizzicarle. La stanchezza, si disse,oppure il fumo delle candele e dell’incenso.
La funzione stava per cominciare quando, con la coda dell’occhio, Megan percepì un movimento che attirò la sua attenzione: nella navata laterale, che lei stessa aveva percorso poco prima, una studentessa avanzava lentamente guardandosi in giro con attenzione. Evidentemente cercava anche lei un posto libero.
“ Eccola lì, la calamità ambulante!” commentò seccamente Megan, riconoscendo nella scholara la tirocinante che la tormentava con la sua stupidità.
Lara, che aveva avuto a che fare con la ragazza in un paio di occasioni, assentì.
“ Hai proprio ragione. Non capisco come mai non l’abbiano ancora sbattuta fuori dalla facoltà di medicina: in aula dimostra di conoscere a menadito la teoria, ma in corsia non è capace di mettere in pratica nemmeno le indicazioni più semplici e combina un pasticcio dopo l’altro. Che ha fatto stavolta?”
“ Ha confuso le terapie di due pazienti. Ha cercato di fare un’iniezione senza togliere prima l’aria dalla siringa. L’ho spedita a svuotare le padelle dei pazienti allettati ed è meglio se non ti racconto cosa ha combinato. L’ho costretta a pulire e lei ha finto di stare male per non farlo. E non è nemmeno capace di fare degli angoli come si deve alle lenzuola dei letti! E, per la cronaca, a lezione conosce tutte le risposte solo perché “Qualcuno”, che a quelle lezioni non dovrebbe nemmeno partecipare, è sempre disponibile a dare suggerimenti …” Megan sciorinò la lista delle malefatte della ragazza senza nemmeno prendere fiato tra una parola e l’altra, mentre sul suo volto si disegnava un’espressione di disgusto.
Lara sgranò gli occhi.
“ Tutto questo in un solo turno?”
“ Capita quando si passa il tempo a chiacchierare inutilmente anziché concentrarsi sul lavoro.”
Aveva ritenuto opportuno rimproverarla duramente dopo averla sorpresa a fare pettegolezzi a proposito di un certo giovane Cavaliere della Croce. La vendetta della ragazza era arrivata sotto forma di una confessione che l’aveva lasciata di sasso. Come aveva osato, quella stupida creatura, fare una cosa del genere?  
“ E ho scoperto che non ha mai consegnato un messaggio che le avevo affidato diversi giorni fa. Non l’ha consegnato di proposito, capisci? E me l’ha detto ridendomi in faccia!”
“ Parlate di Rosie Miller?” s’intromise Morgan. Lara lo incenerì con lo sguardo, ma lui sembrò non farci caso.
“ Pare che stia frequentando il nostro giovane Lord con una certa assiduità.”
Le parole di Gil si spensero in un verso soffocato, segno inequivocabile che la gomitata di Lara aveva centrato il bersaglio.
Megan sogghignò, solo in parte soddisfatta da quella vendetta trasversale. In realtà lei stessa aveva sentito dire che quei due erano stati visti insieme diverse volte; sembravano incontri casuali, ma dagli atteggiamenti di Rose, da come quest’ultima guardava Julian, qualcuno aveva dedotto che tra loro ci fosse qualcosa di più intimo. Considerando la notevole bellezza di miss Miller (poco più grande di Julian), Megan non faceva fatica a credere che quelle voci potessero essere fondate. Non che le importasse, ovvio, ma quei pettegolezzi le provocavano sempre un certo fastidio.
Nel frattempo la ragazza era arrivata all’altezza dei loro posti. Notando la dottoressa le aveva rivolto un’occhiata sdegnosa, quindi aveva proseguito nella sua ricerca.
Cercando di ignorarla il più possibile, Megan cominciò a guardarsi oziosamente attorno. Riconobbe tra la folla alcuni studenti di medicina e alcuni medici della Misericordia; ai banchi in prima fila sedeva la famiglia reale di Aldenor quasi al completo: sembrava che Jordan fosse miracolosamente riuscito a defilarsi. Poche file avanti alla propria aveva trovato posto un piccolo gruppo di Cavalieri dell’Ordine della Croce. Pensò che fosse strano che avessero scelto di andare in quella chiesa anziché in una nel borgo di Altieres.
Anche Rose Miller sembrava aver notato i ragazzi e si diresse con passo sicuro verso di loro, fingendo di non vedere gli altri studenti che, al suo passaggio si spintonavano, si schiacciavano e cercavano di stringersi nella speranza di fare abbastanza spazio per fare accomodare lei e le sue voluminose gonne.
Megan non si rese conto di trattenere il respiro seguendo la scena che si stava svolgendo davanti a lei: vide Julian, ultimo della fila, alzarsi sorridendo mentre, con un inchino e un cenno cortese, invitava l’Onorabile Rose a prendere il suo posto. Appena si fu seduta, la ragazza si girò verso di lei, rivolgendole un’occhiata trionfante.
Irritata da tanta sfacciataggine e ribollente di rabbia, Megan fece di tutto per non mostrare il proprio fastidio e ricominciò a guardarsi attorno.
Mentre soffocava uno sbadiglio, si rese conto che Lara aveva cominciato a gesticolare come se volesse richiamare l’attenzione di qualcuno.
“ Andiamo, fai posto!” le sibilò l’amica mentre qualcuno si avvicinava loro.
Con riluttanza Megan sollevò lo sguardo, sapendo per certo che si sarebbe trovata davanti il volto sfacciatamente sorridente di Lord.
“ Onorabile Megan, Onorabile Lara … Morgan.” li salutò in un sussurro accennando un inchino.
Per un istante a Megan parve che il ragazzo avesse qualcosa di diverso. Decise subito che era un pensiero assurdo e lo scacciò rapidamente. Sentì Lara tirarla per un braccio e le si avvicinò senza riflettere sulle conseguenze del suo gesto.
“ Siediti, Lord. Vicino a Meg. Staremo un po’ stretti, ma c’è posto per tutti.”
Lo sguardo che Megan rivolse all’amica avrebbe potuto incenerirla.
“ Grazie tante!”, bisbigliò inviperita.
Julian fece un cenno d’assenso e si accomodò accanto a Megan.
La giovane arrischiò un’occhiata in direzione di Rose Miller, constatando soddisfatta quanto questa, ora, apparisse livida di rabbia.
“ Lady Linnett, state sorridendo. Credo che sia la prima volta che la mia presenza paia rendervi tanto felice.”
Nonostante l’osservazione di Julian avesse la solita provocatoria ironia, Megan ebbe la spiacevole sensazione che non gli fosse sfuggito nulla.
“ Idiota!” sbottò a denti stretti.
“ Che linguaggio, Milady! Non vi fa sentire più indulgente, il giorno di Natale?” bisbigliò il ragazzo di rimando, chinandosi verso di lei. Il suo respiro le sfiorò i capelli e Megan si irrigidì a disagio.
Fortunatamente la funzione iniziò in quel momento, sciogliendo l’imbarazzo che si stava creando.
Con suo immenso rammarico, la dottoressa si rese conto che la Messa sarebbe stata tutta cantata. Cullata dai ritmi solenni e monotoni dei canti, la sua stanchezza diventò sempre più difficile da sopportare.
Durante l’omelia le sue palpebre cominciarono a farsi sempre più pesanti. Ciondolò in avanti, ma riuscì a riprendersi subito, ingaggiando un’altra dura lotta contro il sonno incombente. Per fortuna nessuno sembrava essersi accorto del suo piccolo e momentaneo cedimento. Portò una mano davanti alla bocca, nascondendo un enorme sbadiglio. Intorno a lei tutto sembrava farsi via via più confuso. La voce dell’officiante le giungeva incomprensibile e attutita e gli occhi le bru-ciavano abbastanza da farle venire voglia di chiuderli. Questa volta Megan non riuscì a contra-stare il sonno: si sentì cadere in avanti, sapendo di non poter fare nulla per evitarlo.
 
Julian aveva considerato l’apparizione di Rose Miller una fortunata coincidenza. Le aveva ceduto il suo posto più che volentieri visto che i gemelli, accanto a lui, avevano cominciato a dare segni di irrequietezza, ignorando completamente gli ammonimenti di Jerome che sembrava proprio sul punto di perdere la pazienza. Inoltre il suo gesto - quasi- disinteressato (avrebbe preferito stare in piedi tutto il tempo piuttosto che sorbirsi le escandescenze di Justin e Drayden) era stato premiato: aveva avuto la fortuna di essere invitato da Lara a sedersi con loro. Vicino a Megan, che aveva dato segno di mal tollerare la situazione, ma contemporaneamente aveva dimostrato una tale ostilità nei confronti di Rose Miller da lasciarlo piacevolmente sorpreso.
Distratto da quei pensieri aveva visto Megan ciondolare in avanti una prima volta, e aveva deciso di far finta di niente: sapeva che non le piaceva mostrare certe debolezze, ma per precauzione aveva continuato a tenerla d’occhio. La seconda volta si era reso subito conto che la giovane aveva davvero avuto un colpo di sonno, e grazie ai suoi riflessi rapidi era riuscito a prenderla al volo.
Doveva essere proprio esausta, perché andò avanti a dormire anche dopo che lui l’ebbe fatta appoggiare allo schienale della panca. Avrebbe dovuto immaginare che non sarebbe riuscita a mantenere quella posizione continuando a dormire; poco dopo, infatti, se la ritrovò con la testa appoggiata alla propria spalla. Decise che non svegliarla sarebbe stata la soluzione migliore per entrambi: Megan si sarebbe riposata mentre lui avrebbe potuto godere per un po’ di quella vicinanza.
I minuti si trascinavano tremendamente lenti, la predica sembrava non finire mai e Julian, in un paio di occasioni, ebbe la netta impressione che il vicario avesse perso il filo del discorso.
D’altro canto lui non stava prestando molta attenzione, impegnato com’era a registrare le sensazioni che scaturivano da ogni singolo respiro della giovane al suo fianco.
Anche una buona parte dei presenti sembrava sul punto di cadere addormentata e qualcuno si era già arreso al sonno, come dimostrava il discreto russare che si poteva sentire di tanto in tanto.
Julian sorrise tra sé, inspirò a fondo, avvertendo il profumo delicato di Megan e pensò che le avrebbe chiesto di poterla riaccompagnare in Collegio (in fondo si stava prestando a farle da cuscino, non gli avrebbe negato quel genere di ‘ringraziamento’). Poco prima di arrivare a destinazione le avrebbe consegnato il suo regalo. A quel pensiero il suo sorriso si allargò: di sicuro Megan avrebbe colto l’allusione del dono che aveva scelto per lei.
 
In quel momento la dottoressa si svegliò di soprassalto, con un sussulto sorpreso. Si rese conto di non avere più gli occhiali solo nel momento in cui Julian glieli porse. Il ragazzo si stava sforzando di rimanere serio, ma era palese che fosse molto divertito. Inforcò gli occhiali e si voltò a fulminare Lara che stava ridacchiando con discrezione.
“ Non potevi svegliarmi?” le sibilò irritata.
“ Hai il mantello di Lord stampato sulla guancia.” fu la sola risposta che Megan ricevette, nel frattempo anche Morgan aveva cominciato a sghignazzare.
“ In realtà stavano dormendo anche loro.” le confidò Julian chinandosi verso di lei.
“ Mi dispiaceva svegliarvi, sembrava aveste davvero bisogno di riposo.”
“ Certo, come no.” bofonchiò Megan sfregandosi la guancia per cercare di cancellare il segno lasciato dalle pieghe del mantello del Cavaliere.
Dopo la funzione, gli amici si fermarono davanti alla Cattedrale, scambiandosi rapidamente auguri e saluti prima di tornare alle rispettive abitazioni. Mentre erano ancora fermi, Megan vide, con la coda dell’occhio, Rose Miller marciare risoluta nella loro direzione, spintonando impaziente chiunque si trovasse sulla sua strada. Si rese conto che anche Lord aveva notato quella tra-volgente avanzata e osservava la scena con espressione pressoché indecifrabile. Gli sfuggì uno sbuffo seccato.
“ Posso accompagnarvi in collegio, Onorabile Megan?” le domandò con la solita cortesia.
“ No, Lord.” gli rispose.
Si era finalmente decisa a distogliere lo sguardo dall’irritante miss Miller.
Julian ebbe un moto di disappunto, più che per il rifiuto – a cui era abituato – per la prospettiva di dover avere a che fare con l’Onorabile Rose. Stava già inchinandosi per congedarsi quando Megan lo fermò.
“ La mia famiglia è nella Capitale per passare le feste con me, quest’anno. Hanno affittato una casa e starò con loro fino a quando ripartiranno. Dovreste accompagnarmi lì.”
Il volto di Julian si illuminò mentre, raddrizzandosi, porgeva il braccio a Megan che lo accettò lan-ciando un’occhiata in tralice all’indirizzo di Rose. Quest’ultima si bloccò di colpo a pochi passi da loro, livida di rabbia. Con malcelata soddisfazione la dottoressa le voltò le spalle e si avviò con Julian.
Camminarono in silenzio per un po’: dal momento che la destinazione era vicina, non avevano avuto bisogno di prendere una carrozza.
“ Strano che la vostra famiglia abbia scelto il borgo di Aldenor.” commentò Julian quando ne ebbe abbastanza di dover stare zitto. Megan alzò le spalle.
“ Immagino sia stata un’idea di mia madre: un modo come un altro per non darmi la possibilità di accampare scuse per sfuggire alle noiose cene e alle feste che avranno sicuramente organizzato. Siamo ad una ragionevole distanza sia dallo Studium che dall’Ospedale, perciò se anche facessi tardi non potrei sfuggire ai miei doveri di figlia modello.”
Julian rise di cuore e Megan gli riservò un’occhiata ammonitrice.
“ Naturalmente non serve che ti faccia notare che potrebbe essere estremamente dannoso, per te, lasciarti sfuggire qualcosa di quello che hai appena sentito. Confido nella tua discrezione, Lord.”
“ Naturalmente, Onorabile Megan.” concordò Julian divertito.
“ Volevo ringraziarvi per avermi salvato da Rose Miller.” soggiunse senza guardarla.
Megan si bloccò un momento, sorpresa da quelle parole, ma si riscosse subito.     
“ Peccato che nessuno pensi mai a salvare me dalla tua insistenza: sembra che perfino le mie amiche facciano di tutto per metterti sulla mia strada.”
Visto il tono ironico che aveva usato, Megan si aspettava di sentir ridacchiare il ragazzo al suo fianco, ma lui era rimasto inaspettatamente serio e pensieroso.
 
Julian si fermò e rivolse a Megan uno sguardo grave.
“ Davvero, Megan: quella ragazza è inquietante. Non ti sei accorta che sta facendo di tutto per somigliarti?” si sentì stringere leggermente il braccio.
Da quando avevano risolto il problema del fantasma, i rapporti tra loro si erano distesi, ma lui a volte tendeva a lasciarsi trasportare prendendosi più confidenza di quanto fosse opportuno. Quando si preoccupava per lei gli capitava di non prestare la dovuta attenzione alle formalità.
“ Perdonatemi, Milady, ma dico sul serio: pettinatura simile, abbigliamento simile; ha perfino cominciato a portare gli occhiali, come voi, nonostante non ne abbia assolutamente bisogno. Si è perfino iscritta alla Societas di Medicina, ma non le piace la materia e, da quel che ho sentito, nella pratica è a dir poco disastrosa. E non avete idea di quello che ho scoperto sulla sua famiglia! Davvero preoccupante.”
“ Sembra che, come al solito, vi siate informato molto bene sulle persone che frequentate.” ribattè Megan senza riuscire a nascondere la nota di irritazione che si era accesa sull’ultima parola.
“ Non la frequento.” precisò Julian piccato.
“ A lei piace darmi la caccia, fingere di incontrarmi per caso e pretendere che tra noi ci sia qualcosa che, in realtà, non esiste. Lei non mi interessa.”
Stava riflettendo sull’ironia di quella situazione quando si sentì di nuovo stringere il braccio. Si voltò verso Megan, ma lei teneva lo sguardo fisso a terra.
Nel frattempo erano arrivati a destinazione. Julian rimase a bocca aperta vedendo la grande casa davanti a cui si erano fermati: alle finestre si vedevano risplendere luci e decorazioni e dall’interno proveniva una musica allegra, unita al suono di chiacchiere e risate, indice di una festa in pieno svolgimento. 
Megan sbuffò e alzò gli occhi al cielo, Julian invece emise un fischio sommesso.
“ Però, hanno fatto le cose per bene!”
“ Purtroppo.” sospirò la giovane.
“ Grazie di avermi accompagnato.” tagliò corto lei, poi si avviò su per i gradini che portavano all’ingresso.
Inaspettatamente Julian le afferrò la mano.
Megan si voltò a fissarlo, inorridita e sconvolta da quel gesto improvviso: il Cavaliere aveva l’espressione che gli aveva visto ogni volta che aveva in mente di fare qualcosa di davvero stupido.
“ Un momento, Milady.”
Sorridendo le mostrò una scatolina verde legata con un sottile nastro di raso rosso.
“ Posso darvi ora il mio regalo? Non vorrei farvi disturbare domani mentre sarete con la vostra famiglia.”
La giovane prese automaticamente il regalo, pensando che, quel Natale, le cose sarebbero dovute andare in un’altra maniera. Continuò a fissare la scatolina, senza riuscire a decidersi ad aprirla.
“ Spero vi piaccia, Milady. Buon Natale.”
A quel saluto Megan si riscosse e alzò la testa, giusto in tempo per vedere Julian allontanarsi nel buio sotto la neve.
Entrò in casa e, mentre toglieva il mantello, sentì una voce alle proprie spalle.
“ Ma guarda chi si è finalmente degnato di farci visita! Credevo non saresti più arrivata.”
“ Mi spiace, la Messa è stata molto lunga. E sono stanca. Penso che andrò subito a letto.”
Lady Linnett fissò la figlia con sguardo indagatore, poi liquidò la faccenda con un gesto noncurante.
“ Non importa, lascia perdere. Tuo padre si stava preoccupando, voleva mandare qualcuno a cercarti. E non provare ad alzare gli occhi al cielo – sai com’è fatto tuo padre -. Nemmeno a me piace l’idea che te ne vada in giro da sola a quest’ora di notte.”
“ Non stavo alzando gli occhi al cielo e non sono tornata da sola.” puntualizzò Megan cominciando a salire in fretta le scale nella speranza di riuscire a ritirarsi in camera sua evitando così la festa al piano terra.
“ Si può sapere, di grazia, con chi saresti rientrata?”
Sua madre la seguì imperterrita, entrando in camera dietro di lei: la ragazza era consapevole che non sarebbe stata lasciata in pace finché non avesse fornito risposte precise e convincenti.
“ Un Cavaliere della Croce. Un ragazzo molto … affidabile. Per favore, sono stanca. Ho davvero bisogno di dormire.” In quel momento pensò che sarebbe stata disposta perfino a cantare le lodi di Julian, pur di essere lasciata in pace.
La replica irritata di Megan non fermò Lady Linnett, il cui cipiglio si era disteso in un’espressione che sembrava un insieme di sollievo, gioia e aspettativa.
“ Un Cavaliere della Croce! Ti ha dato lui quel regalo?” domandò entusiasta la donna, indicando la scatolina. “ Andiamo! Aprilo!”
“ Domani.” sbottò Megan controvoglia, appoggiando la scatolina sul tavolo da toeletta.
Mentre compiva quel gesto lo specchio le rimandò la sua immagine e l’occhio le cadde sul ciondolo del fiocco di neve che brillava con eleganza discreta al suo collo, ricordandole il momento in cui lo aveva ricevuto il Natale precedente. Ripensò all’espressione di Julian quando le aveva messo in mano la scatolina e si sentì sopraffare da un senso di nausea: cosa poteva essersi inventato stavolta? Nel dubbio, decise che non avrebbe aperto quel regalo in presenza di sua madre.
“ Andiamo, Megan! Ti conosco: non sei certo dotata di pazienza sufficiente per riuscire ad aspettare fino a domani prima di aprirlo.” la punzecchiò la donna.
“ Se lo apro, poi potrò andarmene a dormire in pace?” sbottò la ragazza esasperata.
In fondo aveva ragione sua madre nel dire che non sarebbe riuscita ad aspettare l’indomani. Era preoccupata per quello che avrebbe trovato, ma la curiosità stava avendo la meglio sulla prudenza. Sciolse il nastro pregando di non trovare qualcosa che potesse metterla in imbarazzo.
“ Signorina! Ti sembra il modo di rivolgerti a tua madre?”
Megan si bloccò di colpo, chiuse gli occhi e inspirò a fondo nel tentativo di controllarsi per non dare in escandescenze: non bastava la presenza di sua madre, ora ci si metteva anche la sua vecchia balia con le sue immancabili prediche su come dovrebbe comportarsi una ragazza di buona famiglia.
“ Chiedo scusa.” bofonchiò controvoglia, quindi tornò a dedicarsi al suo regalo, accompagnata dalla seccante consapevolezza un paio di sguardi che seguivano ogni suo movimento, pronti ad analizzare la più piccola reazione che avrebbe manifestato.
Trattenendo il respiro e rifiutandosi di guardare il contenuto, Megan aprì la scatolina. Il mormorio di approvazione che si levò alle sue spalle la irritò non poco, così si arrischiò a sbirciare il regalo. Impallidì. La sfacciataggine di Julian l’aveva lasciata letteralmente a bocca aperta.
“ Tesoro, è davvero molto bello. Non mi sorprende la tua reazione.”
Era evidente che Lady Linnett avesse frainteso l’espressione della figlia. Si allungò alle sue spalle e tolse dal letto di raso su cui era stato riposto, il contenuto della scatolina: un piccolo pettine dorato decorato con un motivo di rami e bacche di vischio intrecciati.
“ Devo ammettere che ha molto buon gusto, questo ragazzo. Inoltre il vischio è un simbolo benaugurante.”
Alle parole della donna fece eco la risata isterica di Megan. Aveva capito fin troppo bene perché Julian avesse scelto quel regalo, e di sicuro il motivo non aveva niente a che fare con un augurio di buona fortuna.
La ragazza rideva talmente tanto che cominciarono a farle male i muscoli del volto, i polmoni le bruciavano e gli occhi le si erano riempiti di lacrime. Tra un singhiozzo e l’altro, nel disperato tentativo di arginare quell’ingiustificato scoppio di ilarità, si lasciò incautamente sfuggire alcuni epiteti poco signorili tra cui ‘ maledetto imbecille’ e ‘ stupido idiota’ erano di sicuro i più lusinghieri.
“ Megan!” la signora Potter, la sua vecchia balia, sbiancò, portandosi una mano al cuore.
“ Mio Dio, ragazza! Che linguaggio è questo? Non troverai mai un marito di questo passo!”
Ancora seduta davanti allo specchio, Megan era finalmente riuscita a calmarsi. Le parole della balia le strapparono un verso strozzato: odiava sentire quei discorsi,non le interessava trovare un marito perché nessun uomo, ne era certa, l’avrebbe mai accettata per quello che era. Avrebbe dovuto rinunciare a troppe cose e non ne valeva la pena. Alzò gli occhi e intercettò il riflesso dello sguardo di sua madre.
“ Oppure troverà qualcuno che non si lascerà intimidire dal suo linguaggio inappropriato.” concesse Lady Linnett con un sorriso mentre sistemava il pettinino fra i capelli della figlia. Soddisfatta del risultato, sollevò un altro specchio per mostrarlo anche a Megan.
La giovane si alzò inquieta.
“ Credo che andrò a ringraziarlo.” comunicò con disinvoltura. Si avvicinò ad un tavolino su cui erano sistemati alcuni regali, ciascuno dei quali portava un’etichetta con un nome.
“ Cosa dici, ragazza? Stasera sei completamente irragionevole. Potrai ringraziarlo domani, quando verrà al pranzo con gli altri amici che hai deciso di invitare.”
Il tono della madre di Megan non ammetteva repliche: nessuno avrebbe osato contraddirla, ma Megan strinse i pugni, decisa ad averla vinta.
“ Non verrà. Domani non verrà.” ammise rabbiosa.
“ Oggi ho scoperto che, a quanto pare, non ha ricevuto l’invito.”
Pronunciò quelle parole accompagnandole mentalmente con un colorito corollario di insulti rivolti all’Onorabile Rose Miller e alla sua stupidità.
Si gettò in spalla il mantello e prese dal tavolino il pacchetto che le interessava.
“ Torno presto.” annunciò rivolgendo uno sguardo di sfida alla madre.
“ Dove hai intenzione di andare?” si informò glaciale la donna.
“ Al Collegio di Aldenor.”
Lady Linnett inspirò a fondo chiudendo gli occhi. Quando li riaprì si rivolse alla figlia in tono tranquillo.
“ Va bene. Posso concederti venti minuti.”
La signora Potter, sgomenta, si lasciò sfuggire un verso pieno d’angoscia.
“ Un’ora.” provò a contrattare Megan.
Lady Linnett scrollò la testa, irremovibile.
“ Assolutamente no, Megan.” ribadì.
“ Potrebbe non essere lì. O potrei dover perdere tempo per farlo cercare …”
“ Megan …” Lady Linnett, esasperata da quella dimostrazione di testardaggine, si massaggiò le tempie.
“ Se lui non si trovasse in Collegio, confido che gli lascerai il suo regalo con un biglietto di ringraziamento in modo che tu possa essere di ritorno entro i venti minuti che ti ho concesso.”
“ Non posso promettere di essere indietro entro venti minuti.”
“ Milady, vi prego …” pigolò la governante con un filo di voce, rivolgendosi a Lady Linnett. “ Non è decoroso che vostra figlia se ne vada in giro da sola, a quest’ora di notte, per incontrare un ragazzo …”
“ Non preoccupatevi, signora Potter: Megan prenderà la carrozza e tornerà presto.
Megan sbuffò, irritata.
“ Milady, sono giovani. Non è opportuno lasciarli soli. Insomma, sapete come si dice, la paglia vicino al fuoco, brucia!” insistette la governante.
Megan sogghignò pericolosamente.
“ Magari potessi essere un fuoco! Darei una bella lezione a quell’impudente!”
Lady Linnett si riscosse di colpo.
“ Basta così, Megan! Ho cambiato idea.”
La giovane si raggelò, rendendosi conto troppo tardi di avere espresso quel pensiero ad alta voce.
“ Non uscirai di nuovo. Buona notte.”
La signora Potter apparve decisamente sollevata dopo quell’annuncio e lasciò la stanza insieme a Lady Linnett. Non appena la porta si fu richiusa alle spalle delle due donne. Megan si buttò sul letto, frustrata e nervosa.                            
Una parte di lei avrebbe davvero voluto mettere in atto la vaga minaccia di punire Julian ( in modo possibilmente molto doloroso) per la sua sfacciataggine; ma in piccolissima parte si sentiva anche in dovere di provare a rinnovare l’invito non consegnato, dal momento che aveva la certezza che, prima o poi, il ragazzo ne sarebbe venuto a conoscenza. Cose di quel genere avevano la seccante tendenza di venire sempre scoperte.
Si alzò e andò alla finestra. La neve che continuava a cadere quieta e silenziosa sembrava pren-dersi gioco del tumulto che aveva dentro.
“ Al diavolo!” sbottò infine.
Si sistemò il mantello e prese il regalo: sarebbe uscita dalla porta della cucina, confidando che il personale di servizio non avrebbe osato fermarla.
Riuscì a guadagnare la porta senza essere fermata, come aveva previsto, ma, non appena mise piede fuori, una voce la chiamò facendola trasalire.
“ Lady Linnett!”
Megan si voltò trovandosi faccia a faccia con il cocchiere che le rivolse un rapido inchino.
“ Vostra madre mi ha raccomandato, in caso foste uscita, di portarvi in carrozza fino al Collegio di Aldenor.”
Le spiegò l’uomo prima che lei potesse aprire bocca.
“ Inoltre ha specificato che si aspetta di vedervi tornare in carrozza entro i tempi su cui vi eravate accordate.”
“ Vi ringrazio, non prevedo di stare fuori a lungo.”
Mentre accettava l’aiuto dell’uomo per salire in carrozza, non ebbe bisogno di voltarsi per avere la certezza che la madre stesse seguendo i suoi movimenti da una finestra.
 
Giunta davanti al Collegio di Aldenor, Megan si bloccò un momento, sentendosi improvvisamente stupida. Avrebbe dovuto far finta di niente e tornare subito a casa, ma ormai era lì. Sarebbe entrata e avrebbe lasciato al custode l’incarico di consegnare a Julian il suo regalo così se ne sarebbe potuta andare via subito. Con il pacchetto stretto fra le mani entrò.
Nell’atrio di ingresso il grande camino che in genere accoglieva visitatori e ospiti era quasi spento.
Un anziano custode la salutò con un sorriso, togliendo la pipa di bocca.
“ Buona sera, milady. Posso esservi d’aiuto?”
“ Grazie. Devo lasciare questo per Julian Lord.” allungò il regalo verso l’uomo cercando di non pensare a quanto si stesse rendendo ridicola.
Il vecchio sorrise di nuovo.
“ Il giovanotto è molto richiesto, stasera. Farò meglio a tenerlo d’occhio.”
Megan fu colta di sorpresa.
“ In che senso richiesto?”
“ In questo momento si trova di là, nella sala comune, in compagnia di qualcuno che non sembrava particolarmente contento di vedere.”
La dottoressa si sentì invadere da una profonda irritazione.
“ Se è nella sala comune, andrò a consegnargli personalmente il suo regalo, così non vi disturberò oltre.”
Si voltò avviandosi risoluta verso la sala comune. Non fece in tempo a vedere il custode sorridere bonario con l’aria di chi abbia appena scoperto qualcosa di veramente speciale.
Mentre percorreva il corridoio fiocamente illuminato, Megan non poteva fare a meno di continuare a domandarsi che cosa le fosse passato per la testa: avrebbe dovuto lasciare là il pacchetto e andarsene. Non aveva tempo da perdere per Lord e le sue sciocchezze. Cosa le importava di scoprire chi ci fosse con lui in quel momento? Probabilmente era con qualche infastidito parente di una delle sue numerose amiche … Forse aveva a che fare con il fatto che, da qualche tempo, spariva per intere ore chissà dove. Aveva notato che non partecipava con l’abituale assiduità  alle sue lezioni e molto spesso, alla fine dei suoi turni, non lo trovava più ad aspettarla come faceva una volta. Non sapere dove fosse e cosa stesse facendo la inquietava: probabilmente questa tregua preannunciava guai per lei.
La porta della sala comune era aperta per metà e diffondeva nel corridoio una luce e un tepore confortevoli. Dall’interno la voce di Lord la raggiunse facendola sobbalzare: era molto raro sentire il giovane parlare in modo tanto freddo, segno che stava trattenendo una profonda rabbia.  
Megan rimase ferma, incerta se entrare o meno. La voce che rispose al ragazzo la fece indietreggiare istintivamente nell’ombra, in modo da poter ascoltare quello che stava succedendo.
 
“ Voi avete fatto cosa?” Julian ribolliva.
Il suo primo istinto era stato quello di prendere per le spalle la ragazza che aveva davanti e scrollarla come un sonaglio.
“ Avete deliberatamente disobbedito all’ordine di uno studente anziano! Vi rendete conto della gravità della vostra azione?”
Era inutile sottolinearlo: dal sorriso di Rosie Miller era evidente che la ragazza fosse consapevole della gravità del suo gesto, ma la cosa non la turbava affatto.
Julian aveva bisogno di trovare il modo di calmarsi.
Le voltò le spalle, mettendosi di fronte al camino.
Lei lo raggiunse, gli cinse la vita con le braccia e appoggiò il viso alla sua schiena. Il Cavaliere si irrigidì immediatamente.
“ L’ho fatto per te.” mormorò la ragazza con voce suadente.
Il giovane se la scrollò di dosso senza troppi complimenti, ma lei non aveva intenzione di lasciarsi intimidire da quei modi bruschi. Incrociò le braccia sul petto e mise un broncio con cui sperava, forse, di suscitare tenerezza.
“ Avete ricevuto l’incarico di recapitarmi un messaggio e non l’avete fatto, rischiando di mettermi nei guai. Ora, vi prego, ditemi in che modo pensavate di farmi un favore, dal momento che io non riesco davvero a capirlo.”
Julian era sempre più furioso: la ragazza gli aveva appena confidato di aver avuto da Lady Linnett l’incarico di consegnargli un messaggio, ma lei, dopo averlo ricevuto, aveva deciso di non recapitarlo.   
“ Temevo  fosse qualcosa di spiacevole che ti avrebbe rovinato le feste.” si giustificò l’altra.
“ Ma, dannazione, a te cosa importa? E se fosse stato qualcosa per cui l’Onorabile Megan attendeva una risposta?”
E perché, poco prima, Megan non gli aveva accennato nulla?
Rose sospirò e si avvicinò di nuovo a Julian.
“ In realtà, Jules, volevo bruciare quella lettera …”
Julian la fulminò con lo sguardo. Dal corridoio provenne il rumore di qualcosa di infranto, ma nessuno dei due sembrò farci caso.
“ Ma prima di farlo, ho dato un’occhiata. Era un invito per un pranzo. Domani.”
Quella rivelazione lo fece sprofondare: dopo la messa aveva sentito gli amici salutare Megan con un “ a domani”, ma non aveva idea di cosa stessero parlando, e di sicuro non pensava di poter essere stato incluso in un invito del genere. Inspirò a fondo e chiuse gli occhi.
“ L’Onorabile Megan lo sa?” domandò con voce atona.
“ Oggi ho avuto una discussione con lei e, per farla arrabbiare, ho ammesso di non averti conse-gnato il suo messaggio. Ovviamente ho taciuto il fatto di averlo anche letto, altrimenti sarei stata in grossi guai.” Ridacchiò.
“ Senti, ho un’idea per ripagarti dell’invito perso … perché non vieni a pranzo da noi, domani? Sei il benvenuto.”
Julian impallidì.
“ Miss Miller, credo che fareste meglio ad andarvene. Adesso.”
Rose lo guardò, sorpresa e contrariata.
“ Stai forse rifiutando il mio invito?” domandò piccata.
Julian non replicò, troppo furioso per fidarsi di quello che avrebbe potuto dire.
“ Molto bene.” Proseguì lei con calma glaciale.
“ Sei in punizione. Presentati alla Misericordia domani pomeriggio. Per il resto della settimana mi aiuterai nei miei incarichi.”
“ Come volete.” Assentì Julian a denti stretti.
Rose sospirò esasperata.
“ Jules, non sarà …”
“ Non chiamatemi in quel modo! Non mi sembra che tra noi ci sia tanta confidenza. E, prima che possa dire qualcosa di cui pentirmi, vi prego di lasciarmi solo. Conoscete la strada, vero? D’altra parte non avete avuto bisogno di un invito per trovarmi.”
“ A domani, Lord.”, si limitò a rispondere Rose, con un sorriso vittorioso stampato in faccia: in fondo, alla fine,  era riuscita ad ottenere quello che voleva, ovvero passare del tempo con Julian. Poco importava come e dove sarebbe successo.
Il giovane Cavaliere sprofondò in una poltrona davanti al fuoco, l’espressione cupa, rimanendo assorto in silenzio ad ascoltare i passi di Rose Miller che si allontanavano lungo il corridoio.
Poco dopo qualcuno bussò con discrezione alla porta già aperta. Non c’era bisogno di chiedere chi fosse.
“ Mi sembrava di avervi lasciata sulla porta di casa, Milady.” la salutò Julian ironico mentre con un movimento agile si alzava dalla poltrona inchinandosi davanti a lei.
“ Hai tirato ad indovinare? Poteva essere una qualunque delle tue conquiste.” replicò Megan usando altrettanta ironia.
Julian rise. Megan aveva parlato già un’altra volta di conquiste e il ricordo di quel pomeriggio, nonostante tutto, era sempre piacevole da rievocare.
“ Uno dei vantaggi di essere un Chiamato è che il Marchio mi conferisce una grande forza, molta agilità e sensi decisamente più acuti del normale. Vi ho sentita arrivare e ho riconosciuto il vostro passo.”
Le parole di Julian le riportarono alla memoria qualcosa, ma non riusciva a mettere a fuoco cosa le avessero fatto venire in mente e si sentì vagamente indispettita. Stava ancora cercando di ricordare quando la voce di Lord la riportò alla realtà.
“ Vi consiglio di non rivelare mai i vostri segreti se uno di noi si trova nelle vicinanze.”
Megan vacillò, vagamente nauseata, nel momento stesso in cui capì cosa stesse cercando di ricordare: l’anno prima, alla Festa delle Anime, Alexandria l’aveva invitata ad offrire un dono a San Michiel che le aveva manifestato il suo favore. Sfortunatamente, l’unica cosa che avesse da offrire in quel momento era un segreto: quel bacio a fior di labbra ricevuto una notte dal ragazzo che si trovava di fronte a lei in quel momento. Aveva perfino ammesso che le era piaciuto.
“ Perché, qualcuno ti ha forse riferito qualcosa?”, domandò simulando una calma e un disinteresse che non provava affatto.
Il sorriso di Julian si allargò e un lampo di furbizia gli attraversò per un momento lo sguardo.
“ No, Milady. Qualcuno avrebbe forse dovuto riferirmi qualcosa?”
“ Sei un idiota, Lord.”
Il giovane rise di nuovo. Era evidente che Megan si era lasciata sfuggire qualcosa ed era altrettanto evidente che riguardava lui. Chissà se sarebbe mai riuscito a svelare il mistero.
“ Sono passata solo per lasciarvi questo.”
Senza nemmeno guardarlo in faccia gli mise in mano il regalo, poi si voltò avvicinandosi ad una delle finestre. Teneva lo sguardo fisso verso la fontana al centro del cortile interno, i cui zampilli si erano cristallizzati creando una bizzarra ma affascinante scultura di ghiaccio.
Intanto Julian, dopo essersi riscosso da un iniziale momento di stupore, aveva aperto il pacchetto. Al suo interno trovò una sciarpa che, solo guardandola, gli sembrò la cosa più morbida e calda che gli fosse mai capitata tra le mani. Capì subito il motivo di quel regalo: durante la notte che avevano passato chiusi in biblioteca in balia dei fantasmi, lui le aveva messo al collo la propria sciarpa per tenerla al caldo. Ovviamente quella era stata l’ultima volta che aveva visto la suddetta sciarpa.
“ Megan, grazie! È un bellissimo …” le parole gli si strozzarono in gola nel momento stesso in cui, alzando gli occhi, si ritrovò a fissare la figura che gli dava le spalle. Sorrise e si avvicinò molto silenziosamente alla giovane e fermandosi dietro di lei si chinò per sussurrarle suadente una domanda all’orecchio.
“ E ditemi, per caso ora vorreste anche quel famoso bacio sotto il vischio che abbiamo rimandato lo scorso Natale?”
Megan si irrigidì. Presa da una specie di panico cominciò a scrutare prima la cornice della finestra, poi il resto del soffitto, cercando di muoversi il meno possibile per evitare qualunque contatto fisico con Julian. Il solletico del suo respiro dietro l’orecchio, le sue labbra che, a causa di un suo lieve spostamento, le avevano sfiorato per un istante il lobo, le avevano fatto provare una stranissima sensazione di stordimento. Doveva stargli lontana.
“ Cosa stai dicendo? Non c’è alcun …”
Un leggero colpetto sulla testa la mise immediatamente a tacere: il pettine! Ecco a quale vischio si stava riferendo! Aveva completamente scordato di averlo ancora indosso.
“ Provaci, se ne hai il coraggio!” ringhiò di rimando.
Il giovane rise e indietreggiò alzando le mani in segno di resa.
“ Giusto! Dimenticavo che dovrei offrirvi da bere, prima di farvi una domanda del genere!”
“ Insomma, Lord! Vai al dia …”cominciò Megan esasperata, ma il ragazzo si portò un dito alle labbra.
“ Va bene, basta così. Non voglio farvi imprecare anche il giorno di Natale.” la blandì dolcemente prima di farsi più serio.
“ Siete stata davvero molto gentile a prendervi il disturbo di cercare un regalo per me.”
“ Oh, finiscila. Ero in debito di una sciarpa.”
“ A volte mi domando ancora che fine abbia fatto, quella sciarpa.”
“ Credo che non lo scoprirai mai.” Megan rispose con un sorriso enigmatico allo sguardo indagatore con cui il ragazzo cercava quelle risposte che lei non voleva dargli.
 
Teneva la sciarpa di Julian ancora nascosta in fondo al suo armadio. In un primo momento aveva pensato di trovare un modo discreto per restituirla, ma non le era venuto in mente nulla, così l’aveva messa da parte riuscendo a dimenticarsene per un po’. Un giorno le era capitata di nuovo fra le mani, quindi aveva deciso di fare finta di niente finché Julian non gliel’avesse chiesta indietro. Dal momento che non l’aveva mai fatto, la sciarpa era rimasta a lei: se ne sarebbe sbarazzata. Prima o poi.
 
Il ragazzo assentì.
“ Probabilmente avete ragione.”
“ Anche Rosie Miller è venuta a portarti il suo regalo?”, domandò Megan con ostentato disinteresse e desiderosa di cambiare argomento.
“ Dubito che si possa considerare un regalo. Mi ha portato solo pessime notizie.”, sbuffò, evasivo e contrariato, lanciando contemporaneamente un’occhiata all’orologio sulla mensola del camino.
“ Quando sono rientrato l’ho trovata qui ad attendermi. Non ho nemmeno avuto il tempo di cam-biarmi.” la informò Julian che portava ancora la divisa dei Cavalieri della Croce.
“ Se ti avesse dato il tempo di cambiarti l’avresti accolta in pigiama e vestaglia?” lo prese in giro, domandandosi da dove le fosse uscita quella battuta. Cercò di scacciare con prontezza la considerazione che, in genere, la gente di Aldenor considerava il clima della Capitale piuttosto mite e di conseguenza, durante la notte, usava indumenti molto leggeri.
Julian rise, indossando il mantello.
“ Fate la spiritosa, Milady?”
Prese il mantello della giovane dalla poltrona su cui lei lo aveva appoggiato e l’aiutò ad indossarlo.
“ Se avessi avuto il tempo di cambiarmi, avrei accolto voi in pigiama. Ma, credetemi, non ho molto addosso quando dormo.” aggiunse malizioso, quasi avesse seguito lo stesso filo dei pensieri che lei aveva avuto poco prima.
“ Sai che spettacolo. Sono un medico, vedo uomini seminudi ogni giorno.” ribatté con aria annoiata. La sua risposta, però, provocò solo una fragorosa risata.
“ D’accordo, avete vinto voi.”, le concesse. “ Ora sarà meglio andare.”
Si avvolse la sciarpa nuova intorno al collo e Megan si sentì inaspettatamente compiaciuta da quel gesto, ma non lo diede a vedere.
“ Immagino che vi siate arrabbiata parecchio quando miss Miller vi ha detto di non avermi consegnato il messaggio.”
Erano arrivati all’ingresso. Dalla porta che Julian le teneva aperta, Megan poteva vedere la carrozza che la stava aspettando. Strinse i pugni e tacque. Il giovane la seguì fino alla carrozza, ma, invece di salire, la giovane congedò il cocchiere dicendogli che avrebbe fatto la strada a piedi: doveva chiarire subito quella faccenda.
“ Immagini bene. Ha avuto una settimana di punizione, a partire da domani. La sua è stata una grave mancanza.” rispose lei riuscendo a mantenersi calma.
“ Una settimana? Siete stata davvero molto indulgente con lei. Vi state ammorbidendo.” borbottò il giovane senza preoccuparsi che il suo commento fosse inopportuno.
La dottoressa sembrò pensierosa ma non gli rimproverò la sfacciataggine.
“ Già, può darsi che tu abbia ragione. In ogni caso non sta a te decidere.”
“ Probabilmente ve ne pentirete. Io avevo avuto una punizione peggiore. E stavo eseguendo un ordine!” Julian rincarò la dose.
Quel commento distrasse Megan che rischiò di scivolare sul ghiaccio della strada. Ovviamente il ragazzo la sostenne con prontezza.
“ Cosa intendi dire?”, gli domandò, sperando che i suoi timori non venissero confermati.
“ Ha aperto la lettera. Mi ha detto che era un invito.”
Esattamente come temeva. Rose Miller gliel’avrebbe pagata cara, soprattutto perché adesso non avrebbe più potuto far finta di niente, avrebbe dovuto confrontarsi con Julian.
“ Certo, un invito. Al pranzo di domani mi era stato permesso di invitare un gruppo di amici. Un’occasione informale, nulla di più.” Ammise controvoglia. Avrebbe potuto mentire e negare tut-to, probabilmente lui avrebbe intuito la menzogna, ma almeno avrebbe dovuto provarci.
“ Non avendo ricevuto risposta, ho pensato che avessi già preso altri impegni.”
Julian scosse la testa. Se anche avesse avuto altri impegni li avrebbe annullati subito per un invito del genere.
“ Non vi avrei mai lasciata senza una risposta, positiva o negativa che fosse. Mi credete così poco educato?”
Megan non aveva bisogno di quella giustificazione: lo conosceva abbastanza bene da sapere che lui non si sarebbe mai comportato in quel modo. Sbuffò nervosa e di nuovo perse l’equilibrio scivolando sul ghiaccio. Ancora una volta Julian la prese al volo impedendole di cadere.
“ Però, camminare su queste strade stanotte è più difficile che pattinare sul ghiaccio!” osservò ridendo il ragazzo, nella speranza di trovare un argomento che gli permettesse di non pensare più all’invito a cui non aveva potuto rispondere. Aveva perso un’occasione fantastica e non avrebbe mai smesso di rammaricarsene.
“ Ti credo sulla parola, Lord”, replicò Megan cercando di non scivolare di nuovo, “ non ho mai pattinato sul ghiaccio.”
“ Posso insegnarti io!” esclamò Julian con slancio, illuminandosi.
Megan si sentì completamente presa alla sprovvista da quella reazione tanto spontanea e improvvisa, dalla confidenza che il giovane si prendeva ogni volta che era preoccupato per lei - o entusiasta per qualcuna di quelle idee assurde che gli venivano in mente ogni tanto-. Per non parlare del fatto che lui aveva praticamente urlato, facendole rischiare il collasso e dando il colpo di grazia al suo precario senso dell’equilibrio.
Emise un piccolo grido sorpreso nel momento in cui si rese conto che sarebbe finita per terra. Mulinò le braccia in cerca di un appiglio, che però risultò meno stabile del previsto: colto di sorpresa, infatti, Julian rovinò a terra insieme a lei. Sotto di lei, per la precisione.
“ Credevo che avessi detto di saper pattinare sul ghiaccio, Lord.” brontolò la dottoressa mentre si puntellava sul gomito per riuscire a rialzarsi e togliersi da quella situazione imbarazzante.
“ Non senza pattini.”, boccheggiò lui, con il gomito di Megan saldamente conficcato nello stomaco.
“ Tutte scuse!” replicò severa la giovane scivolando di nuovo e battendo il ginocchio a terra.
Julian trattenne il fiato e rimase immobile: la manovra azzardata di Megan gli aveva appena fatto correre un grosso rischio. Avrebbe fatto meglio a fermarla prima che potesse fare danni. La sentì imprecare piena di frustrazione, prendendosela con le sue gonne che la intralciavano e con le scarpe che la facevano scivolare.
La bloccò e, tenendola stretta, rotolarono su un fianco, in modo che lui potesse muoversi più liberamente. Finirono faccia a faccia, i respiri che si condensavano nella gelida aria notturna, fondendosi e confondendosi tra loro. Gli ci volle un lungo momento per ritrovare l’uso della parola, perso com’era, nonostante la scarsa luce, nella contemplazione degli occhi verdi di fronte a lui.
“ Se permettete, Milady, faccio io. Poco fa il vostro ginocchio si è schiantato troppo vicino a ... ad una delle mie parti più delicate.” 
Megan aveva provato un groviglio di sensazioni sconosciute ritrovandosi il ragazzo ad un palmo dal naso, e ne era rimasta stordita e confusa. Per questo motivo (o più probabilmente per il dolore al ginocchio) non aveva afferrato le parole di Julian, ma il guizzo di maliziosa ironia che gli aveva attraversato lo sguardo la mise in allerta.
“ Sei il solito idiota. In ogni caso non credo proprio che saresti in grado di insegnarmi qualcosa.”
Lo sfidò tremando per il freddo. Solo in quel momento si rese conto che erano ancora per terra, distesi tra il ghiaccio e la neve. Le braccia di Julian la circondavano protettive e premurose, scaldandola un poco. Erano così vicini che Megan poteva sentire il suo profumo, discreto e fami-liare. Pensò che anche la sciarpa che gli aveva appena regalato, così come quella vecchia, avrebbe ben presto avuto quello stesso profumo. Infastidita dai suoi stessi pensieri tornò a concentrare l’attenzione su di lui.
“ Per un momento mi siete sembrata preoccupata. Avete ancora paura di me, Milady?”
“ Paura di te?”, replicò sprezzante. “ Non ricordo di averne mai avuta.”
Il Cavaliere alzò gli occhi al cielo con un’aria di divertita rassegnazione che mandò Megan su tutte le furie.
“ Davvero!” protestò.
Julian si alzò senza smettere di guardarla con quell’aria indulgente che la irritava tanto. Le tese la mano, aiutandola a rialzarsi e rimanendole vicino mentre lei provava con cautela ad appoggiare il peso sul ginocchio dolorante.
“ Non ho paura di te. Avanti, portami pure a pattinare!” ringhiò aggressiva puntandogli l’indice sul petto. Quando lo vide sorridere soddisfatto capì che, di nuovo, gli aveva appena concesso quello che voleva.
“ Ma certo. Come la mia signora desidera.” acconsentì lui inchinandosi. 
“ Oh, insomma! Falla finita, Lord! E ricordati che non sono la signora di nessuno.”
Aveva mosso un paio di passi leggermente zoppicanti e lui le si era subito accostato porgendole il braccio. Gli aveva rivolto uno sguardo in cagnesco, ma aveva accettato il suo aiuto.
“ Vi fa molto male?” s’informò il ragazzo con sollecitudine.
Lei dissentì con un cenno della testa.
“ Hai già pensato a come ripagarmi di tutto il divertimento che ti procurerà il vedermi cadere mentre cerchi di insegnarmi a pattinare?”
“ Non riderei mai di voi, Milady.” Dichiarò il giovane distogliendo lo sguardo per nascondere un sorriso.
“ Ma certo, come no. Infatti hai già cominciato a ridere.”
“ Chiedetemi quello che volete.”, le concesse tranquillo.
“ Accetta l’invito per il pranzo di domani.”
Lo disse tutto d’un fiato senza nemmeno riuscire a  credere di aver appena pronunciato quelle parole. Perché l’aveva fatto? Ora lui avrebbe pensato di avere qualche speranza, ma questo era, senza dubbio, fuori questione. Si aspettava di sentirlo gridare di gioia, di vedergli lanciare il pugno in aria in segno di vittoria … o qualche altra sciocchezza del genere. Si era già fatta venire in mente un paio di frasi che gli avrebbero di sicuro raffreddato i bollenti spiriti, ma sembrava che non sarebbero state necessarie: Julian se ne stava in silenzio, piuttosto imbronciato, camminava a testa bassa mordendosi il labbro.
“ Non posso.” mugugnò alla fine. Due parole pronunciate in un soffio, sottovoce, piene di rabbia e dispiacere.
“ Falla finita. Non ho intenzione di stare al tuo gioco e ripetere l’invito un’altra volta. Non ho inten-zione di pregarti, perché ti ho già assecondato fin troppo. Questa è la tua ultima occasione: lo so che, in fondo, stai facendo i salti di gioia per quello che sta succedendo; esattamente come avresti fatto se la Miller ti avesse consegnato il messaggio come le avevo ordinato.”
“ Sono spiacente, Milady, ma proprio non posso. E poi avranno già organizzato tutto tenendo conto della mia assenza, quindi non riterrei educato aggregarmi in modo così imprevisto.”
Julian sembrava irremovibile. Megan lo maledì silenziosamente, poi cominciò a darsi della stupida per il modo del tutto irrazionale in cui si stava comportando.
Si staccò da lui e incrociando le braccia cominciò ad allontanarsi da sola, camminando con cautela, in parte per il dolore al ginocchio, in parte perché temeva di cadere ancora.
Il Cavaliere rimase a guardarla un momento, poi si decise a seguirla. Gli bastarono pochi passi per raggiungerla, ma rimase alle sue spalle provando a scusarsi.
“ Mi spiace di avervi offesa. Mi rendo perfettamente conto di quanto debba esservi costato mandarmi quel messaggio e, soprattutto, ripetere il vostro invito poco fa.”
Megan cercò di accelerare l’andatura. Lui proseguì imperterrito.
“ Avevate ragione: avrei fatto i salti di gioia se solo ne avessi saputo qualcosa. In realtà il motivo principale per cui non posso accettare …” Julian si fermò. “ anzi, l’unico motivo per cui non posso accettare e che sono stato messo in punizione a partire da domani.”
Megan si bloccò di colpo, voltandosi a guardarlo sorpresa.
“ E da chi ti sei fatto mettere in punizione?”
Volle sapere con studiata indifferenza.
Julian le rivolse un sorriso provocatorio.
“ Pensavo aveste origliato abbastanza, prima, in collegio.”
La guardava negli occhi in una muta sfida a negare l’evidenza. Megan sostenne il suo sguardo senza cedere.
“ Mi sono allontanata non appena mi sono resa conto che non eri solo.”, mentì sfacciatamente.
“ E avete rotto quel bruttissimo vaso in corridoio. Ci avete tolto un bel divertimento, sapete? Credo che abbiamo tentato quasi tutti di rompere quell’obbrobrio per sbaglio. Probabilmente c’erano an-che delle scommesse aperte, al riguardo.”
Suo malgrado a Megan venne da ridere. Si appoggiò di nuovo al braccio di Julian e ripresero a camminare lentamente fianco a fianco percorrendo l’ultimo tratto di strada.
Fu Megan a rompere il silenzio.
“ Posso sapere per quale motivo ti avrebbe punito?”
Julian scrollò le spalle e le raccontò in breve cosa fosse successo.
“ L’ho assegnata ad assistere Dominus Fenaretes a partire da domani. La punizione di cui ti parlavo prima. Ne meriterebbe una simile almeno una volta al mese, considerando quanto sia in-capace. Adesso dovrò anche farle capire che le punizioni sono uno strumento di disciplina e non servono per stupide ripicche o per ottenere dei vantaggi personali.”, commentò seccata la ragazza.
“ Sei fortunato, Lord. Ho un’anzianità maggiore della sua, quindi posso annullare la punizione.”
“ Come?” Julian non poteva credere alle proprie orecchie.
“ Annullo la punizione, Lord. Domani farò in modo che lo sappia anche lei.”
Squadrò spazientita l’aria sbalordita del ragazzo.
“ Non ti disturbare a ringraziarmi, ti prego.” Lo apostrofò ironica.
“ No! Voglio dire, certo che vi ringrazio. È solo che questa situazione mi sta riportando alla mente uno spiacevole episodio del mio primo anno.”
Sul volto di Megan apparve un sorriso a dir poco estasiato.
“ Stai parlando di quando hai letto la posta di Eloise e lei ti ha messo in punizione per sei mesi? Un vero capolavoro quella punizione! A me non è mai capitata la fortuna di poter dare un simile castigo: sei mesi a una matricola! Ho ammirato moltissimo Eloise, in quell’occasione.”
Julian considerò l’espressione rapita della dottoressa.
“ Non faccio fatica a dubitare delle vostre parole.” Sbuffò contrariato.
Megan rise.
“ Avanti, Lord. Mi pare che alla fine tu abbia scontato la tua pena solo per metà. In ogni caso l’avevi meritata e sei anche sopravvissuto, quindi non capisco di cosa ti lamenti.”
Julian scrollò le spalle con aria da martire. In quel momento si accorse con dispiacere che erano già arrivati a destinazione. Megan stava già salendo i gradini che portavano all’ingresso quando si voltò verso di lui.
“ Dunque?”, gli domandò, decisa ad ottenere una risposta inequivocabile alla sua domanda.
Il giovane sostenne il suo sguardo per un lungo momento, quindi le sorrise.
“ Verrò a prendervi mercoledì mattina, piuttosto presto. Poco fuori città conosco un posto perfetto per imparare a pattinare.”
“ Questo significa …” si spazientì la dottoressa.
“ Questo significa che vi ringrazio e che accetto il vostro invito. Dal momento che, come avete sottolineato prima, se anche il vostro messaggio avesse riguardato una punizione da scontare, avrei fatto i salti di gioia al solo vedermelo recapitare.”, confermò Julian senza scomporsi, muovendo un passo verso Megan.
“ Bene.”, confermò lei indietreggiando di un passo e trovandosi imprigionata tra la porta, chiusa alle sue spalle, e il Cavaliere di fronte a lei. Gli lanciò una minacciosa occhiataccia per indurlo a mantenere adeguate distanze, ma ovviamente lui non si spostò di un millimetro.
“ Aspettate qualcosa, Milady?”, si informò il giovane con fare innocente.
Megan illividì per la rabbia.
“ Che mi aprano la porta.”, fu la feroce risposta: quel ragazzo sapeva essere davvero esasperante.
Julian appoggiò una mano sulla porta, molto vicino al viso di Megan, e cominciò a chinarsi verso di lei.
“ Temo sia piuttosto difficile che qualcuno vi venga ad aprire, dal momento che non avete bussato.”
La sua voce era bassa e suadente, e lui continuava ad abbassarsi verso di lei con una lentezza esasperante. Megan smise di pensare. Istintivamente chiuse gli occhi e sollevò il viso, inspirando a fondo.
Sentì la sua mano sfiorarla con una carezza leggerissima che salì fino alla sua fronte per spostarle una piccola ciocca di capelli. Sentiva il battito del cuore sempre più accelerato, i pensieri si acca-vallavano e scivolavano via senza darle il tempo di metterli a fuoco.
Due forti colpi la fecero sobbalzare. Spalancò gli occhi per la sorpresa, il cuore in gola per lo spavento. In quell’istante si rese conto che Julian non si era chinato per cercare di baciarla, ma sol-tanto per afferrare il battente della porta e bussare.
Quella consapevolezza la fece avvampare per l’imbarazzo. Julian rise.
“ Lord … dannazione!”, ringhiò Megan, chiudendo di nuovo gli occhi per non doverlo guardare.
“ Oh no!” rise lui. “ Temo di essermi appena lasciato sfuggire una splendida occasione!”
“ Un giorno o l’altro, Lord, mi stancherò delle tue maniere e ti costringerò ad imparare a compor-tarti come si deve.”
La minaccia sembrò ottenere un effetto opposto di quello che Megan desiderava, perché Julian stava facendo fatica a controllare il divertimento.
“ Dovrebbe essere Natale più spesso! Milady, volete forse dirmi che …”, cominciò, ma venne subito zittito: Megan si era resa conto troppo tardi che la sua frase si prestava ad essere fraintesa, in quella situazione.
“ Non una parola di più.”, scandì con lentezza il suo glaciale ammonimento.
Improvvisamente l’ilarità del giovane scomparve. Davanti allo sguardo sbigottito della ragazza, l’espressione del Cavaliere, da divertita e sfacciata, si trasformò in una più educata e serena, pie-na di dolcezza. Lo fissò mentre si inchinava come un perfetto gentiluomo.
Quel cambiamento improvviso la confuse e impiegò qualche momento per rendersi conto che quell’esibizione di galanteria non era rivolta a lei, bensì a qualcuno alle sue spalle. Si voltò rapidamente, ma tutto ciò che riuscì a vedere furono le tende della finestra accanto alla porta di ingresso che ricadevano leggere al proprio posto.
“ Buona notte, Onorabile Megan.”, la salutò Julian, ora più tranquillo, rivolgendole un profondo inchino.
“ Aspetta!”, lo richiamò prima che potesse allontanarsi.
Il ragazzo le rivolse uno sguardo interrogativo e lei si domandò perché lo avesse fermato.
“ Non posso venire a pattinare sul ghiaccio. Non ho i pattini.”, ricordò infine.
“ Non vi preoccupate, me ne occupo io.”, fu la pronta risposta.
“ Posso sempre chiedere a Sophia di prestarvi i suoi, dovrebbero andarvi bene. Mia sorella non ha in programma di usarli, per quanto ne so.” Le rivolse uno sguardo indagatore. “ Non state cercando di tirarvi indietro, vero?”, la provocò mentre scendeva i gradini camminando a ritroso.
“ E va bene, procurami i pattini.”, gli concesse e, andando verso di lui, aggiunse “ Però cerca di non farti venire in mente strane idee, riguardo il mio invito. Non è un incoraggiamento.”
L’espressione di Julian era ironica.
“ Ovviamente, Milady. Non vedo come sia possibile avere dei dubbi in merito.”
“ Odio passare le feste in famiglia. Volevo che i miei amici condividessero questo supplizio con me.”
Julian risalì i gradini, fino a trovarsi faccia a faccia con Megan.
“ Onorabile Megan, non ho bisogno di spiegazioni o di giustificazioni. Accetto quello che mi viene concesso senza farmi domande e senza aspettarmi di più. Vi ringrazio di avermi invitato e di aver ripetuto il vostro invito più di una volta. E state tranquilla: domani saprò comportarmi come si deve.”
Le prese la mano e, inchinandosi nuovamente, sfiorò con un bacio l’aria sopra le sue dita.
“ Dormite bene, mia signora. E grazie anche di avere passato un po’ del vostro tempo con me, stasera. Lo considero il più bel regalo di questo Natale.”
Rimasero a studiarsi per un lungo istante, poi, senza aggiungere altro, Julian si allontanò, prendendo la via del ritorno.
“ Buona notte, Cavaliere”, lo salutò a bassa voce, chiedendosi se potesse sentirla.
“ E ricordati che non sono la signora di nessuno! Idiota.” Soggiunse a voce poco più alta, questa volta augurandosi che l’udito del giovane fosse davvero così fine da poterla sentire.
Con un gesto infastidito si voltò e tornò verso la porta che si aprì senza che lei avesse avuto bisogno di bussare, quasi che qualcuno avesse aspettato fino a quel momento per darle il tempo di congedarsi con calma dal suo accompagnatore.
 
 
   
 
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