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Autore: pandafiore    14/03/2017    3 recensioni
{OneShot}
Dal testo:
“Haymitch osservava il caffè ruotare lentamente in senso antiorario dentro la tazza troppo grande. Appoggiò, con la testa confusa, il cucchiaino sul tavolo e decise, solo in un secondo momento, che avrebbe presto rabboccato quel contenitore con il suo liquido speciale, la sua benzina.
Benzina che, tra l'altro, avrebbe preso fuoco, non appena fosse entrata in contatto con quella ragazza che tutti si ostinavano a chiamare Ghiandaia Imitatrice. L'alcol di cui era pregno avrebbe incendiato tutto in un secondo, se solo le labbra di Katniss avessero pronunciato parole pungenti, da tipica adolescente ribelle quale era sempre rimasta.
Peccato che in realtà non lo fosse davvero.
Era cresciuta, la sua bambina.”
{Haymitch-Katniss-Peeta}
Genere: Angst, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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OneShot

 

In Vino Veritas





Haymitch osservava il caffè ruotare lentamente in senso antiorario dentro la tazza troppo grande. Appoggiò, con la testa confusa, il cucchiaino sul tavolo e decise, solo in un secondo momento, che avrebbe presto rabboccato quel contenitore con il suo liquido speciale, la sua benzina.
Benzina che, tra l'altro, avrebbe preso fuoco, non appena fosse entrata in contatto con quella ragazza che tutti si ostinavano a chiamare Ghiandaia Imitatrice. L'alcol di cui era pregno avrebbe incendiato tutto in un secondo, se solo le labbra di Katniss avessero pronunciato parole pungenti, da tipica adolescente ribelle quale era sempre rimasta.
Peccato che in realtà non lo fosse davvero.
Era cresciuta, la sua bambina.

Era una donna, a tutti gli effetti.
Era bella, era snella ed agile, brava a cacciare, ancora appassionata di tiro con l'arco e focaccine al formaggio.
Focaccine al formaggio... già, Peeta.
Era sposata.
Ed aveva anche due figli.
E questa è solo la più generale delle innumerevoli descrizioni che possiamo dare di lei.

E allora aveva tutto. No?
Aveva una famiglia, una casa, una passione, una vita. Tutto... più o meno.
Le mancava - come a quel maledetto caffè che Haymitch, tra un pensiero e l'altro, strizzava tra le mani - il pizzico di effervescenza che il mentore, per se stesso, poteva domare con qualche sorsetto di superalcolico.
Ma lei? Lei cosa poteva usare, per saziare quell'insaziabile vuoto - secco e sordo - che aveva lasciato Primrose, tanti anni prima?
L'alcol, in misura tale che le obnubilasse la mente? O qualche sporca droga di Capitol, forse? Così avrebbe dimenticato tutto? Così avrebbe ricolmato una parte della voragine che le spaccava il petto... ma avrebbe scordato tutto il resto.
No, era tremendamente sbagliato sciacquare via i ricordi e renderli sbiaditi e scialbi.
Perché i ricordi sono quello che siamo. La nostra mente non è nient'altro che ricordi, esperienze, vite vissute. Sappiamo come mescolare il caffé infatti - pensava Haymitch - solo perché tantissimi anni fa lo abbiamo visto fare da qualcun altro, e questo si è impresso in modo indelebile nella nostra mente, marchiato in eternità.
Allora, no, no, Katniss non avrebbe mai abbandonato quella sua mente, seppur distrutta, seppur stufa di vivere.
Ma avrebbe agito in un altro modo.
Ed Haymitch deglutí, al solo pensiero della notte precedente.



La sera prima.

«Dai fiammiferino, un altro goccetto!» Esclamò allegro il mentore, alzando in una mano la bottiglia semivuota di brandy. Ecco, ora era davvero, definitivamente, vuota.
«In vino veritas, dicevano gli antichi.» Mormorò l'uomo con gli occhi che si chiudevano, cercando ancora i suoi d'argento, nella foschia dell'alcol. Un sorriso tagliente a marcargli le labbra, mentre attendeva solo che la ragazza gli spiegasse come mai, dopo anni ed anni, quella sera era ripiombata in casa sua. Era come riavere vicino una vecchia amica, e bere in compagnia era più bello di quanto ricordasse.
«In vino veritas...» Sussurrò lei con un sorriso sulle labbra di carne, accarezzando col dito indice il bordo trasparente del bicchiere; «Anche Plutarch citava spesso il latino, lo sai?» Chiese alzando lo sguardo dal goccio di brandy rimasto sul fondo del suo contenitore.
Haymitch annuì, così lei continuò:«So cosa vuoi chiedermi.»
«Cosa? Perché io non lo so, davvero!» Rispose Haymitch, sogghignando.
«In vino veritas, hai detto. Vuoi la verità, giusto? Beh, sono qui perché va male con Peeta. Il problema in realtà è... è proprio Peeta.» Haymitch ebbe un tuffo al cuore. Un episodio? Di nuovo? E lo aveva lasciato lo stesso a casa con i bambini?!
«Che cazz...» Biascicò, tentando di alzarsi per raggiungere la porta, ma anche la sola idea gli dava il voltastomaco.
«Non... non ha più episodi. Nemmeno uno.» Lui si ricompose sulla poltroncina, e la situazione tornò alla quiete precedente; «Il problema invece è... beh, è invece la sua eccessiva delicatezza.»
«Eccessiva delicatezza?» Pappagallò lui, basito. Non gli pareva un gran problema, a dire il vero.
«Sí. Giuro, ci ho pensato bene prima di... di venire qui.» Il modo di parlare della Ghiandaia era davvero altalenante, ma non per questo falso «Ma ora ne sono certa. Anche Gale poteva darmi forza, potenza, adrenalina, certo... ma è lontano, ed devo cercare tutto questo più vicino.»
«Cioè da me?» Chiese confuso lui, scuotendo la testa; che cosa stavano implicitamente sottintendendo?
Non fece in tempo a chiederselo, nella sua mente rallentata dall'alcol, che si ritrovò le labbra morse da quei denti bianchi, e delle mani che non erano le proprie, sulla sua camicia.

La sollevò di peso, nella sua relativa leggerezza, nonostante non fosse più una ragazzina, anzi, e se la portò in camera da letto.
Non la trattò con cura, perché Katniss di grazia non ne voleva. Voleva piuttosto qualcosa di intenso, di immediato. Quel qualcosa che Peeta non le avrebbe mai dato - non gliel'aveva mai dimostrato in quasi vent'anni di matrimonio, avrebbe potuto iniziare proprio ora?

Nudi, entrambi, i graffi sulla pelle, gli ansimi, i mugolii, le grida, ad un certo punto. Ma tanto non li avrebbe sentiti nessuno; casa Mellark spaziava trentacinque passi - per l'esattezza -, ma Peeta sicuramente stava già dormendo fra i riccioli d'oro di Ryan e gli occhi blu di Daisy, tra le manine paffute di uno e l'arguzia dell'altra. Sì, ovviamente Peeta non si sarebbe accorto di nulla.

Eppure il senso del tradimento la entusiasmava da morire. Katniss si sentiva ardere, all'idea di poter abbandonare anche solo per qualche istante la sua tediosa vita fatta di bambolotti e pannolini. Iniziava a non sopportare più le maestre che si complimentavano con lei per aver salvato la nazione, o delle assemblee dei genitori, dove ogni occasione era buona per lasciare un autografo; in realtà, aveva sempre odiato tutto questo, sin dal principio. Le sembrava di essere nuovamente a Capitol City, quando ancora tutti la ammiravano, prima della guerra. E le faceva schifo, tutto quello.
Tremendamente schifo.

Mentre si muoveva sotto il suo mentore, sentiva la tensione scendere, i nervi sciogliersi, come se stesse rinascendo, fresca come una rosa.
In un ringhio, Haymitch si abbandonò al piacere, e subito fu seguito da lei, così persa nei suoi pensieri, così assente... eppure così attraente, forse proprio per questo.

Dopo il sesso, con Haymitch non c'erano le carezze, i baci soffiati a fior della pelle; no, no... con Haymitch c'era una lunga e profonda dormita post-sbornia!
Ma era questo che voleva? Dio, non lo sapeva, povera, fragile Katniss.
E se ne avesse parlato con Peeta? E se gli avesse spiegato che le mancava quella spezia costituita dalla passione, dall'erotismo?
Ma come dirglielo?
Beh, non lo sapeva. Ma... ma doveva provarci. Sì, era quello che doveva fare.

Si rivestì in fretta, la testa che girava, ma era ancora intatta (non come il cervello spappolato del mentore che ora russava, sotto i fumi dell'alcol); infilate le scarpe, si avvolse nella sua enorme sciarpa e tornò a casa sua, dalla sua famiglia, da suo marito.
Ubriaca, certo, ma più coscienziosa. O almeno ci sperava.
Avrebbe parlato con Peeta, perché ora aveva capito davvero ciò che voleva. Sì, sì, ne era sicura.
Perché in fondo era lui che amava, il ragazzo del pane.
Amava lui. E solo lui.

Si richiuse la porta dell'abitazione alle spalle, cercando di non fare rumore; un occhio all'orologio: le quattro di notte. Cazzo, era proprio tardi.
I piedi le si incrociavano, forse era meglio parlare l'indomani con Peeta... ma no, non poteva rinviare, era urgente, maledizione.
Non poteva rinviare... anche perché lo ritrovò sveglio ad aspettarla.

Per poco Katniss non prese un infarto quando, nell'ombra del soggiorno, vide il biondo dei suoi capelli.
Deglutí. «Che... che ci fai sveglio?»
«Ti aspettavo.» Rispose secco, ed accese la luce, calda, del lampadario che anni addietro avevano scelto assieme.
Katniss tossì, la gola improvvisamente secca ed arida; «Non... non dovevi. Ho avuto un incubo, ho solo deciso di fare due passi. Tutto qui.» il fiato corto, sapeva che Peeta le stava penetrando la mente, con quegli occhi glaciali.
«Non è vero.» Sibilò semplicemente lui, e Katniss sentì una vampata arrivarle nel basso ventre; non sapeva se era rabbia o paura. «O meglio, non penso che tu i due passi li vada a fare a casa di Haymitch... o sbaglio?» Peeta si alzò e si avvicinò a passo lento verso l'esile figura che, tremante, attendeva in piedi. E se avesse avuto un episodio, ora? I suoi occhi brillavano di una fottuta ira, arrossati dall'odio.
Non ne aveva uno da davvero tanti anni, Katniss non sapeva quanto potente potesse essere un eventuale ritorno di quelle turpide immagini nella sua mente; e in verità, Katniss non ricordava nemmeno benissimo le vere sensazioni che provò quando fu strangolata nel Tredici; è difficile ricordarle, le emozioni.

«Perdonami, io...» Katniss indietreggiò, ma sbatté le spalle contro la colonna squadrata del salotto. «Io... hai ragione, sono andata da Haymitch.» Mormorò, con il fiato alcolico, così vicina alle labbra di lui, che la manteneva con la schiena aderente all'intonaco.
«E perché non me lo hai detto subito, che eri da Haymitch? Pensi forse che io sia geloso di quel vecchio ubriacone? O forse ho motivi per esserne geloso?» Quella domanda, così schietta e diretta, fece arrossire tutto d'un colpo la Ghiandaia.
«N... No!» Le uscì stridulo, come se il suo cervello volesse dimostrarne la colpevolezza. Bastardo.
«Ah no?» Peeta le puntò il dito indice della mano destra contro lo sterno. «Ah no?! Mi è bastato entrare nell'ingresso di quella casa, per sentire le tue schifosissime urla!» Sbraitò, il ragazzo del pane; le pupille sempre più grandi, tutto sempre più nero.
«Cos..?» A Katniss sembrò impossibile; certo, la porta di casa del mentore era sempre aperta, ma... ma non l'aveva sentito! No, forse... forse le stava solo mentendo per farle sputare il rospo. «Non è vero.» Provò a biascicare, puntando le sue iridi fredde in quelle di lui, specchio di un imminente episodio.
«Hai anche il coraggio di contraddirmi, cazzo! Pensi che me lo sia sognato?!» Urlò in risposta, la prese per le spalle e la sbatté forte contro il colonnato. Un dolore fitto, lì, al centro della schiena. «Troia!» Un ultimo grido, costringendola a rialzarsi, dolorante e ubriaca.

«Sei solo una troia!» Ripeté forte, agguantandola quando stava per scappare al piano di sopra, dai suoi bambini, per proteggersi e forse proteggerli. Le stritolò il braccio e la scaraventò sul pavimento con uno schiaffo che prendeva l'intera guancia e la bocca. Bruciava troppo. Lei non avrebbe mai sopportato una violenza del genere. Non era questa la forza che desiderava; ma nessuno l'avrebbe desiderata, in realtà.

Mentre gridava le peggiori accuse, Peeta non ci vedeva più. O meglio, tutto luccicava, luccicava a tal punto da abbagliarlo, abbagliarlo di rabbia.
La sua donna. Haymitch si era scopato sua moglie! Con che coraggio? Con che cazzo di coraggio?!
Non gli importava se di sopra i suoi figli lo sentivano urlare, non gliene fregava proprio niente.
Traditrice. Solo l'ennesima definizione da aggiungere alla lista.

Katniss strisciava all'indietro sul pavimento per allontanarsi il più possibile dal pericolo, ma ad un certo punto Peeta le piantò il piede sul torace, schiacciandola contro il pavimento come un insetto.
Katniss si fece coraggio: «Allora...» biascicò, tentando di non sprecare troppo ossigeno «Allora ce le hai le palle.» Un sorrisetto sulle sue labbra secche, con un taglio al centro che sanguinava, il respiro che le veniva a mancare perché quel piede le opprimeva i polmoni.
Peeta, per un secondo, allentò la presa; cosa intendeva dire? Per un attimo, riuscì a distinguere qualcosa che non brillasse, nel fondo della stanza.
Ed era suo figlio.
Suo figlio che lo osservava torturare la mamma.

Corse in sua direzione dimentico di tutto ciò che era successo prima e prese in braccio Ryan l'esatto istante prima che iniziasse a piangere come un dannato.
Lo riportò in camera piangendo assieme a lui, stringendoselo al petto, sussurrandogli che non era successo assolutamente niente. Ma è difficile convincere, quando non si crede per niente alle proprie parole.


Dopo un'ora, Peeta entrò calmo nella camera da letto dove Katniss si rifugiava, sotto le coperte, con le tapparelle abbassate, ma non del tutto; entrava l'alba, nella stanza.
Poteva sentire i singhiozzi soffocati, ma decise di ignorarli; dovevano parlare, a prescindere dal suo episodio, perché la gelosia bruciante al centro del petto, a Peeta, non gliela toglieva nessuno.

Si sedette sulla poltroncina accanto al letto, ed osservò per lunghi istanti quel lenzuolo bianco che plasmava la figura del corpo che mille volte aveva amato accarezzare, modificare a suo piacimento, sotto i polpastrelli. Lo avrebbe fatto ancora? Non lo sapeva, al momento sperava solo di non perderla per sempre.
«Qual è il problema?» Gli uscì dalla bocca all'improvviso, bloccando il pianto di Katniss. «Perché... perché io non credo tu sia andata da Haymitch solo per divertimento. Beh, lo spero in realtà.» Un piccolo sorriso amaro; voleva solo piangere. «Io credo invece... beh, sì, credo di essere io il problema.» Proseguì, ed una morsa gli prese la gola; improvvisamente la sua arte oratoria era andata a farsi un giro.
Dopo minuti - forse ore? - arrivò la tanto agognata risposta:«Sí.»
«E qual è il mio problema? Cos'è che non ti do?» Gli tremavano e gli sudavano le mani, mentre lei sbucava da dietro il lenzuolo. Gli occhi gonfi, una piccola ruga fra le due sopracciglia, segno che non avevano più vent'anni, nessuno dei due. Eppure si comportavano ancora come ragazzini, forse per l'adolescenza che gli era stata tolta dai Giochi.
Forse era proprio questo, il problema: troppi anni trascorsi assieme, sin da ragazzi.
«Il problema è che mi dai troppo.» Disse lei tagliente. E da quando era un difetto?
Peeta rimase in silenzio.
«Mi dai troppo. Mi soffochi.» Dolore, in entrambi. «E... ed in fondo - in fondo, in fondo - mi piace sapere che sei geloso. Forse... forse l'ho fatto per questo. Perché non ti arrabbi mai, di solito. Perché io voglio quel lato. Quello aggressivo.» Glielo stava dicendo perché, in realtà, era ancora poco lucida per l'alcol di Haymitch? Può darsi, in fondo in vino veritas.
Peeta era ammutolito, basito. «Vuoi il mio lato depistato? Vuoi che io rischi di ammazzarti ogni giorno? Ma stai scherzando?!» Alzò di nuovo la voce, senza nemmeno rendersene conto, e lo sguardo di Katniss gli fece comprendere di darsi una calmata. «Tu sei pazza, Katniss.»
«Io, infatti, non ti ho chiesto questo.» Rispose prontamente lei, con un pizzico di nervoso. «Solo... solo non voglio cuoricini e fiorellini. Non abbiamo più sedici anni, Peeta. A parte il fatto che non li avrei voluti nemmeno allora, ma hai capito.» Si massaggiava la testa stancamente, lei, mentre sussurrava queste parole.
La situazione sembrava sbrigliarsi, lentamente.
«Okay...» Sussurrò lui, che le aveva letto dentro già abbastanza da capire cosa intendesse dire. «Okay.» Ripeté, più convinto. E poi, subito dopo:«Comunque io lo ammazzo di botte, Haymitch.»
«Peeta, NO!» Non fece in tempo a gridarlo, Katniss, che lui era già fuori dalla porta.

Forse nessuno sa davvero quanto dolore ha fisicamente provato Haymitch, quella mattina, tutto intento a correggere il suo caffè, quando si è ritrovato i pugni di Peeta in faccia. E nessuno realmente sa cosa lui e il ragazzo del pane si siano detti, tra quelle quattro mura.
Ma ormai è passato.

Tutto era infatti tornato come prima in un batter d'occhio. Anzi, meglio di prima... Diverso da prima.
Peeta era molto più spesso possessivo, a volte addirittura un po' pretenzioso ed invadente, con Katniss. E questo a lei piaceva, inizialmente.
Ma presto si sarebbe stancata anche di quello, ed allora, solo allora, sarebbe stata tutta un'altra storia.
E, chissà, magari Haymitch, nonostante gli ematomi e i calci, non avrebbe esitato così tanto a rientrare nei protagonisti di quella nuova storia.
Un giorno, si sarebbe stancata anche di lui. Ma quel giorno era lontano, e nessuno ipotizzava ancora sotto l'ala di quale chioccia la Ghiandaia avrebbe cercato calore.
Tutti sapevano solo che Katniss aveva bisogno di innovazione, di rivoluzione; la polvere stantia della vita le dava solo la nausea.






~~~
Buongiorno! ♥
Credo che Katniss sia un essere libero e, in quanto tale, non si senta di appartenere a nessuno. Ha inoltre bisogno di cambiamento, ha un fuoco che divampa costantemente nella sua anima e che non riuscirà mai a spegnere, anzi: sentirà la necessità di percepirlo ancora più vivo.

Spero la storia vi sia piaciuta e spero mi vogliate lasciare un pensiero, anche solo una parola.
Grazie. ♥

   
 
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