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Autore: Ice Star    14/03/2017    2 recensioni
[...]
-Si sente bene?-
-Sì-
La giovane piegò il capo, continuando a studiarlo con attenzione.
-Una ragazzina come te non dovrebbe andare in giro da sola sotto la pioggia. Né avvicinare gli sconosciuti nel bel mezzo del nulla-
-Gli sconosciuti come lei non dovrebbero stare da soli sotto la pioggia in riva ad un lago quasi nel bel mezzo del nulla-
Merlino sorrise a mezza bocca.
[...]
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Mille anni in sessanta secondi






Non aveva nulla.
Aveva l'eternità e non aveva nulla.

Si guardò le mani candide e gelate dal freddo, la pelle così liscia e chiara da sembrare marmo finemente lavorato.
Era giovane, eppure sentiva nel corpo i dolori della vecchiaia: d'altra parte, mille anni non possono non pesare su spalle così esili e su ossa così fragili.
Mille anni.
Più pensava al tempo che era passato e meno gli sembrava veramente passato.
Oramai era diventato normale contare gli anni come fossero stati battiti d'ali di colibrì, mentre le ere e le epoche si susseguivano alla stregua di tediose e fredde giornate di novembre, sempre in bilico tra un pallido sole morente ed una fine pioggia incessante.
Eppure, nella sua mente e nei suoi sogni, sembrava ancora possibile svoltare l'angolo e rientrare da quella porta di legno smessa, chiudere gli occhi e sorridere assaporando l'odore di erbe triturate e di zuppa insipida che, quotidianamente, lo attendevano in quelle stanze, a casa.

Alzò lo sguardo sul lago che aveva di fronte a sé, l'acqua fredda e smossa da un leggero vento che gli entrò sotto il cappotto. Rabbrividì. Non se ne curò molto.
Non si curava più di nulla da tanto tempo ormai.
Aveva perso anche quel piccolissimo briciolo di autoconservazione che, come gli avevano spesso ripetuto, doveva essersi annidato in qualche alcova della sua mente, assopito e morente assieme al poco che restava della sua anima.
Il freddo ed il caldo torrido fiaccavano il suo corpo e gli dolevano fisicamente, ma niente sembrava toccare veramente ciò che restava di lui, ovvero un misero involucro di sangue, ossa e carne tenute assieme da fili sgualciti e pezzi rattoppati male.

Il vento aumentò, scompigliandogli i capelli neri e costringendolo a socchiudere gli occhi per il fastidio. L'acqua del lago si increspò, formando delle onde leggere che scomparivano una volta toccata terra, loro invalicabile limite.
Anche lui aveva scoperto di avere dei limiti, col tempo.
Man mano che le stagioni si susseguivano, aveva cominciato ad essere sempre più cosciente della maledizione che aveva addosso ma, cocciuto e caparbio come era sempre stato, non aveva voluto accettare la verità prima di avere in bocca l'amaro sapore delle conseguenze causate da quella sua volontaria cecità.
Aveva perso tutte le persone che amava e tutto ciò che possedeva, costretto a vagare di terra in terra e a camuffarsi col solo fine di non farsi notare troppo: un uomo senza casa, senza nome e senza passato trasformato in un fantasma tra i fantasmi a cui nessuno dedica mai più di un misero sguardo sfuggente.
All'inizio era stato semplice non lasciare traccia di sé in nessun luogo in qui aveva vissuto ma, con i secoli, era diventato quasi impossibile nascondere il proprio volto al mondo: quella contro la tecnologia era la lotta più ardua che avesse mai intrapreso da secoli
Aveva partecipato a diverse guerre, aveva visto imperi cadere e rinascere mentre sovrani gloriosi venivano al mondo, crollavano in un battito di ciglia e morivano in piena solitudine, dimenticati dal mondo. Aveva visto tutto, partecipato a poco e lasciato traccia in niente.
Ma dopo mille anni, con l'invenzione della fotografia e l'avvento di Internet, senza contare i diversi sistemi di catalogazione come le anagrafi, era impossibile mettere piede sulla Terra senza lasciare alcuna traccia di sé. Non era nemmeno lontanamente concepibile che esistesse un umano con nome, patria ed identità senza che nessuno ne fosse a conoscenza.
Eppure, Merlino sembrava essere l'eccezione.
Era sempre stato l'eccezione.
Tutto ciò che aveva dovuto fare era stato muoversi, spostarsi, vagabondare senza meta per anni ed anni, fermarsi raramente e non molto a lungo e tornare di quando in quando nella nuova Gran Bretagna, travestendosi da anziano e presentandosi ogni tanto col suo vero volto. Con il passare dei secoli le sue visite si erano fatte sempre più rade e sempre più brevi. La speranza che tremava fioca come una candela nei suoi ultimi istanti.
Di volta in volta, quel suo pellegrinaggio aveva cominciato ad assomigliare sempre di più ad una frenetica fuga; da cosa stesse fuggendo, non avrebbe saputo spiegarlo nemmeno lui.
Pur negandolo a se stesso, sapeva di essere sempre in corsa col solo pensiero allontanarsi da qualcosa.
Come un animale braccato che cerca disperatamente di sfuggire ad un predatore affamato.

Ricacciò le mani nelle tasche, abbandonate fino a quel momento lungo i fianchi ed ora più gelide che mai. Strinse e riaprì i pugni finché non sentì la rigidità scemare un poco dalle falangi, poi rilassò le spalle sotto il lungo cappotto nero e sgualcito.
Non si era mai realmente chiesto se la decisione di abbreviare la durata delle visite all'isola dei Beati fosse stata una scelta dettata dalla necessità o dall'inconscio.
Mille anni da solo con se stesso e ancora non riusciva a comprendersi.
Un tempo avrebbe riso ad un pensiero simile, ma ormai i sorrisi erano riservati alla facciata di bravo ragazzo che manteneva in pubblico le rare volte che usciva per approvvigionarsi del necessario alla sopravvivenza del suo corpo.
Sopravvivere.

Aggrottò la fronte, continuando a tenere gli occhi blu fermi ed immobili sulle acque del lago ormai in tumulto. Era lì in piedi da ore, come spesso in passato, e sembrò non accorgersi della leggera pioggia che aveva preso ad infiltrarsi sotto gli abiti, scendendo languidamente lungo il collo bianco ed inzuppandogli il maglione. Le onde venivano smosse dalle piccole gocce che risuonavano leggere nell'aria, accompagnando l'ululato del vento tra le fronde.
Non aveva mai davvero percepito il momento in cui tutto era cambiato.
Era successo lentamente e, come una cellula malata che prende silenziosamente possesso delle membra del suo malcapitato ospite, lui aveva cominciato a perdere di vista la sua vita, passando dal vivere al sopravvivere solo per non smettere di adempiere al suo compito, unica ragione della sua esistenza.
Gli veniva sempre da ringhiare quando pensava a quel maledetto destino che era stato intrecciato nella trama del tessuto sbagliato da una qualche divinità che di benevolo, per lui, non aveva mai riservato nulla.
Era stato suo destino nascondersi per la sua intera esistenza a causa della sua vera natura, costretto a servire un arrogante principe testa di fagiolo con la misera speranza che un giorno, da re, il sopracitato testa di fagiolo potesse diventare un sovrano giusto e buono che lo avrebbe guardato con gli occhi dell'amicizia e del perdono.
Un sogno per cui aveva versato sangue, lacrime e sudore, sopportando un dolore che non avrebbe mai saputo descrivere a parole. Aveva adempiuto al suo dovere, caricandosi di un onere che nessun uomo meritava di dover sostenere.
E, alla fine, ci era riuscito anche con il cuore rattoppato e l'anima morente.
Aveva visto quello sguardo riconoscente fissarsi nei suoi occhi blu, ma era accaduto tutto troppo in fretta ed era successo tutto troppo tardi.
Non si era mai sentito tanto impotente, vuoto ed inutile e non aveva mai desiderato la morte come era accaduto in quel momento, con il corpo di Artù tra le sue braccia che diventava sempre più freddo. L'abbraccio della morte che lo strappava lentamente dalle sue, strette attorno ad un torace immobile e silenzioso.
In quel preciso istante aveva perso qualcosa di importante e lo aveva percepito fisicamente. Era stata un'improvvisa sensazione di vuoto al centro del petto che lo aveva colpito più della tristezza o dell'incredulità, come se gli avessero reciso l'anima, strappandola di forza dalla cassa toracica, facendola a pezzi e rimettendola nel corpo del burattino rotto che era diventato.


-Si sente bene?! Signore?!-
Merlino si riscosse dal suo stato di trance, voltandosi leggermente verso la fonte di quella voce chiara e cristallina portata dalla brezza.
Dovette alzare la mano per spostare una ciocca di capelli troppo lunghi dalla fronte, approfittandone per accarezzare la barba incolta, colto dal pensiero di doversi dare una sistemata prima di dirigersi al minimarket.
Non usciva da troppo tempo e non si era aspettato di incontrare qualcuno. Di certo non in riva ad un lago costeggiato solo da una misera strada malmessa.
-Signore!!!-
La voce sembrava essere più forte e si voltò ancora, dando completamente le spalle al lago per ritrovarsi di fronte alla sagoma di una ragazzina che lo raggiungeva correndo, una mano stretta attorno al manico di uno strano ombrello da passeggio con sopra stampato il quadro Notte stellata.
Vincent Van Gogh, un pazzo che vedeva il mondo a modo suo e non aveva paura di urlarlo ai quattro venti. Era stato un vero peccato non aver avuto abbastanza tempo per conoscerlo meglio durante il suo soggiorno a Parigi.

La ragazza si era fermata di fronte a lui e respirava affannosamente, osservandolo dalla testa ai piedi con occhio critico.Per un momento si chiese cosa riuscisse a vedere la gente in un uomo coi capelli e la barba incolti che sembrava avere trent'anni e che indossava abiti smessi di un almeno una decina d'anni. Forse due. Abbassò lo sguardo sul proprio cappotto ed i jeans sgualciti e scoloriti. Forse avevano trent'anni quegli abiti, non lo ricordava con precisione.
Quando rialzò gli occhi, Merlino vide nella ragazza una giovane adolescente con indosso un lungo cappotto marrone; attorno al collo aveva una sciarpa blu notte intonata ad un cappello di lana semplice posato sopra una cascata di ricci e lunghi capelli rosso rame. Lo zaino che aveva in spalla, da quello che riusciva a scorgere, era nero come gli stivali ed i pantaloni.
Non sembrava una delle ordinarie adolescenti che ci si abitua a veder girare in tacchi e trucco, convinte di poter essere attraenti dimostrando di avere venticinque anni invece dei loro splendidi quindici.
Con i capelli scompigliati ed i vestiti semplici, quella ragazzina sembrava un fiore di ciliegio ancora chiuso nel bocciolo, in perenne attesa del momento giusto per stupire tutti col candore dei suoi petali rosati.
Quando i suoi occhi verde smeraldo si fissarono sulla faccia scarna del suo interlocutore, Merlino pensò che forse era scozzese. Solo una ragazza scozzese poteva avere un volto con labbra così chiare e fine ed un naso quasi invisibile, letteralmente coperto da efelidi spruzzate come polvere di stelle sulla pelle lattea del volto.
Seguì le macchioline che scomparivano nella piega della sciarpa, e poi tornò a concentrarsi sui suoi occhi smeraldo: avevano un che di vissuto, come se avessero visto ogni cosa senza aver realmente provato nulla sulla propria pelle.
Forse era una lettrice, una di quelle persone che assorbono le storie e le parole come ossigeno puro, bruciando le pagine e vagando di era in era e di luogo in luogo senza muovere un solo muscolo. Se quella pelle bianco latte avesse avuto un profumo, Merlino era certo che avrebbe sentito l'odore dei libri consunti che si assapora quando si entra in una biblioteca, quell'aroma che nessuno aveva ancora pensato di imbottigliare.
Vivevano molte vite i lettori, esseri immortali quasi quanto lui.

-Si sente bene?-
-Sì-
La giovane piegò il capo, continuando a studiarlo con attenzione.
-Una ragazzina come te non dovrebbe andare in giro da sola sotto la pioggia. Né avvicinare gli sconosciuti nel bel mezzo del nulla-
-Gli sconosciuti come lei non dovrebbero stare da soli sotto la pioggia in riva ad un lago quasi nel bel mezzo del nulla-
Merlino sorrise a mezza bocca.
Per la prima volta, dopo secoli, quel sorriso sembrò raggiungere i suoi occhi blu tempesta.
La ragazza sollevò il braccio, riparando con il largo ombrello color Notte stellata se stessa ed il suo interlocutore.
Era una spanna più bassa di lui.

-Faccio sempre questa strada per tornare a casa e non mi sembrava educato passare senza accertarmi che un uomo in riva ad un lago sotto la pioggia scrosciante non desiderasse porre fine alla sua vita. Sa com'è, no? Le buone maniere e quant'altro..-
-Sì, le buone maniere...-
Il suo sussurro si perse in una nuvola di condensa e finalmente si accorse quanto drasticamente fosse calata la temperatura e di quanta acqua stesse realmente cadendo dalle nubi.
Picchiettava sull'ombrello, creando una strana cacofonia informe e disarmonica, ma rilassante.

-Io l'ho già vista qui-
-Impossibile-
-Sì invece, ne sono certa-
-Sono arrivato da poco. Ho sempre vissuto a Londra-
-No, sono certa di averla vista qui al lago anni fa, quando ero piccola. Facevo una passeggiata con mia madre e l'ho vista esattamente qui, immobile come una statua sotto il sole estivo. Credo che fosse una giornata particolarmente calda, per questo me la ricordo bene. Ma...non è possibile che sia lei...è uguale ad allora, anche se i capelli erano più corti-
-Forse mi stai confondendo con qualcun altro-
Fece inconsciamente un passo indietro.
Lo faceva sempre quando si sentiva minacciato o spaesato. O sorpreso ed impaurito, come in quel momento.
La ragazza sorrise e fece un passo in avanti, continuando a proteggerlo dalla pioggia che scrosciava come un fiume in piena sulla stoffa dell'ombrello.
Merlino rimase incantato da quegli occhi così verdi e così giovani, mentre lei sembrava incuriosita delle storie che potevano raccontare quelle iridi così blu e così logorate dal tempo.
Come se potesse leggervi in ogni venatura tutte le storie del mondo.
Come se capisse davvero.
Come se sapesse...

-Ha sempre la stessa aria triste di allora, come se stesse aspettando qualcuno che non si decide a presentarsi-
-È proprio così-
-Allora è lei che ho visto quando ero piccola. Magari era più giovane e si è tenuto parecchio in forma...-
-Beh, forse...-
-Allora lei è già stato qui-
La ragazza sembrava nascondere una malcelata preoccupazione in quelle parole tranquille e Merlino si ritrovò a pensare che quella era la conversazione più lunga che teneva con un altro esemplare della sua specie da tempo immemore. Inoltre, quella ragazzina sembrava quasi sapere chi fosse realmente: sembrava condurre il discorso come in un valzer, ma a ruoli rovesciati.
Una partita a scacchi tra un presente proiettato con speranza nel futuro ed un passato incatenato nel presente e spinto a forza nel futuro.
Una partita senza fine e senza vinti.
Epoche che si incontrano.

-Vuole che la accompagni da qualche parte? Magari alla fermata d'autobus più vicina, oppure...-
-No, grazie. Penso che resterò qui un altro po'-
-Ne è certo? Sembra che il tempo stia peggiorando-
-Sì, ne sono certo-
-Non credo che le faccia bene rimanere a lungo sotto la pioggia. Comunque, spero che arrivi presto-
La ragazza sembrava aver inconsciamente fatto un passo in avanti, piegando il busto verso di lui e guardandolo dall'alto in basso. O forse era a causa dello zaino sulle spalle.
Merlino si accigliò.
-Arrivare? Chi?-
-Chiunque lei stia aspettando. Ha detto che sta aspettando qualcuno, no? Aspetta da molto?-
-Sì, da troppo ormai-
-E non è stanco di aspettare?-
-Sì, sono molto stanco, a dire la verità. Ho pensato più volte di andarmene e non tornare ma sono sempre rimasto. Anche se mi allontano, ritorno sempre...dopo un po'-
-Allora penso che arriverà. Se lei torna, vuol dire che chiunque sta aspettando arriverà, prima o poi-
-Come puoi dirlo? Non avrai nemmeno quindici anni, tu...Come puoi affermare una cosa simile?-
Avvampò di rabbia, ma si trattava solo curiosità mal trattenuta nei confronti di quel raro esemplare di ragazza. Sembrava essersi dimenticato quasi totalmente il modo corretto da usare per esprimere le emozioni giuste.
Parlare con qualcuno che non fosse il miraggio di un suo ricordo era piuttosto strano, come un'abitudine che si riprende dopo una lunga pausa.
Un drogato in crisi di astinenza, ecco cos'era diventato.

La giovane non sembrò scuotersi in alcun modo a quella reazione improvvisa.
-Veramente, ho diciotto anni e mi scuso per aver fatto congetture su di lei e sulla sua vita personale. Io penso che le persone abbiano una specie di sesto senso e se lei continua a tornare in questo luogo, in attesa di qualcuno che non si presenta da quelli che suppongo essere anni, beh...quella persone dev'essere molto importante per lei. E sono certa che ne sarà valsa la pena, alla fine. Me lo sento...-
Lo scroscio della pioggia si ridusse ad un tenue gocciolio sulle loro teste e Merlino sembrò infastidito dalla situazione e dal pesante silenzio che seguì quella cascata di parole.
L'eco di quella verità riverberò nel suo corpo, facendogli accapponare la pelle più del vento che gli entrava sotto il cappotto.
Abbassò gli occhi come faceva da ragazzo quando veniva rimproverato.
Si sentì davvero imbarazzato all'idea che una ragazzina di appena diciotto anni fosse riuscita a leggergli dentro con la facilità con cui si apre un libro e si sfogliano le sue pagine ingiallite, alla ricerca della riga più interessante da leggere.
Mille anni riassunti in meno di sessanta secondi.
Assurdo.

-Se vuole rimanere qui è libero di farlo, ma io devo proprio andare adesso-
-Sì, certo-
Scosse il capo in un cenno d'assenso, fissando ancora il perenne sorriso della giovane. Notò solo in quel momento le fossette agli angoli della bocca ed il modo un cui le efelidi si ritiravano lungo gli zigomi, arrampicandosi sulla pelle candida.
La ragazza si strinse un poco nel cappotto, annuendo a sua volta. Senza aggiungere altro, si voltò e si allontanò.
Merlino vide il vaso del quadro Girasoli di Van Gogh stampato sullo zaino nero e sorrise appena.
Dopo una ventina di passi si voltò improvvisamente verso di lui, una ciocca rossa che danzava al vento davanti agli occhi smeraldo.
-Continuerà ad aspettare?-
-Sì-
-Per quanto tempo?-
-Finché non arriverà. Aspetterò anche per l'eternità, se dovesse servire-
-Non penso le sarà possibile farlo. Aspettare per l'eternità, intendo...-
-Non importa. Aspetterò finché non sarò stanco di farlo-
La giovane sembrò tentennare leggermente, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi per la prima volta da quando gli aveva rivolto la parola.
Il suo sorriso si distese di più e alla ragazza parve di vedere quelle iridi blu scurirsi ed inumidirsi, forse persi in qualche lontano ricordo.
-Cosa ne può sapere una ragazza di diciotto anni sull'eternità?-
-È impossibile...nessuno vive per sempre-
La vide aggrottare la fronte e scostare con un movimento fluido e secco la ciocca danzante, sistemandola con due dita sotto il berretto.
Merlino si strinse nelle spalle, chiudendo a pugno le mani nelle tasche del cappotto.
I palmi erano sudati.
-Quanto è importante per lei questa persona?-
-Molto. Troppo importante. Lui...lui ha portato via una parte di me quando se n'è andato-
La giovane sorrise, una candida fila di perle che spuntavano dalle labbra pallide. Le notò anche a venti passi di distanza.
-Allora...spero che l'eternità sia abbastanza-
Si voltò con un timido cenno della mano, lasciando che lo sguardo del mago si posasse sui due quadri di Van Gogh ed un paio di stivali neri che si allontanavano sempre di più.
Quando la giovane scomparve tra gli alberi, l'uomo si voltò e tornò a fissare il lago e l'isola dei Beati in bella vista.
La pioggia si era ormai affievolita fino a fermarsi, ma le nuvole ceree non accennavano a liberare la pallida luce del sole morente.
Quel giorno era durato più a lungo di un battito d'ali di colibrì.

Sbuffò una nuvola di condensa, fissando l'erba umida sotto i suoi piedi con occhi socchiusi.
Sorrise leggermente a se stesso, un sorriso malinconico e pieno di crepe come una ragnatela su di uno specchio ormai in frantumi.
Percepì un leggero bruciore alle labbra, rotte dal freddo e da quella piega triste. Non se ne curò molto.
Non si curava più di nulla da tanto tempo ormai.
Nulla aveva più importanza da tempo immemore ormai.
Doveva solo portare pazienza, anche per l'eternità se fosse stato necessario.
Portare pazienza ed aspettare.
Prese un respiro profondo e riaprì gli occhi su quell'isola maledetta, sempre lì a ricordargli la sua più grande sconfitta.
Aspettare.
















Angolo Autrice

Mi complimento con chiunque abbia avuto il fegato di arrivare fino a qui! Purtroppo non ho premi speciali da darvi :(
Era da tantissimo tempo che non scrivevo qualcosa ed è da tanto che ho questa one-shot nel cassetto, sempre lì che viene corretta e ricorretta.
Ammetto che tutto quello che ho scritto non ha moltissimo senso: non c'è una vera e propria trama ed il personaggio della ragazza non ha un vero nome o una storia. È Merlino il protagonista, come è sempre stato nella serie.
Merlin è una serie che ho amato davvero tantissimo ed il finale, oltre as avermi spiazzata, mi ha spezzato il cuore come poche serie che ho visto. Il fatto che Merlino sia ancora vivo, seppur nei panni di un anziamo, ha lasciato tantissime strade aperte e tantissime domande: Cos'ha fatto nei secoli fino ad oggi? È rimasto a vegliare sul lago oppure ha preso parte a vari eventi storici come le guerre o simili? È davvero diventato anziato oppure lo fa per travestirti?
insomma, il finale non è stato un vero finale e questa shot è semplicemente un momento che ho immaginato, un qualcosa privo di capo e coda che avevo in mente e che non ho potuto fare a meno di scrivere.
Come al solito è pieno di angst, perché io ci sguazzo nelle storie tristi e piene di riflessioni e, soprattutto, la giovane sconosciuta che attacca bottone con Merlino non poteva che essere una strana lettrice che sembra essere una quindicenne, chissà come mai...*fischietta*
Credo di aver detto tutto quello che avevo da dire e grazie ancora a chi ha letto la storia,

Star  :D

  
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