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Autore: SweetAinwen    14/03/2017    4 recensioni
- E tu? - Adrien si ritrovò il viso della piccola a pochi centimetri di distanza. - Tu sei la verità o la bugia? -
Restò dei secondi in silenzio, fissando le sue iridi oltremare che lo avevano catturato dal primo istante e sorrise. Ah, ormai era stato stregato!
Sorrise: - Adesso... sono la verità. - vide lentamente le labbra di lei andare verso l'alto e mostrare i denti, per poi trovarsi avvolto il collo dalle sue esili braccia.
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Adrien è un famoso ladro che terrorizza il mondo da ben quattro anni, denominato Chat Noir. Da quando ha compiuto diciotto anni e lasciato la casa, ha deciso che la sua vita sarà spericolata e un continuo rubare, ma... avrà la stessa opinione dopo aver incontrato due iridi oltremare, un sorriso birbante e... la dolcezza che, in un attimo, cattura il tuo cuore?
Cosa succerebbe se un ladro incontrasse la dolcezza incarnata in una bambina? Verrà sopraffatto da essa o continuerà per la sua strada?
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nathanaël
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I.






Chat Noir colpisce a Parigi.
 
Non si è ancora a conoscenza del perché delle sue azioni, resta il fatto che la polizia di ogni paese non è riuscita a scovare indizi che permettano di identificarlo e metterlo dietro le sbarre. 
I cittadini parigini sono in allerta ogni singolo attimo delle loro vite per il terrore di essere i prossimi bersagli del suo mirino. Questo ladro in nero, a quanto pare, rimarrà a piede libero, lasciando un semplice bigliettino con la sua firma dopo ogni oggetto rubato, svanendo nella notte.
Quanto durerà questa disgrazia? 






Potevi trovare quella notizia e altro materiale correlato dappertutto: sui giornali, in televisione, su Internet. Non solo a Parigi, persino in Italia, in America, in Russia... 
Esattamente. Di fama internazionale. Era esagerato? Nah! Ormai era un dovere carpire informazioni su quell'individuo per farlo uscire allo scoperto, anche qualcosa di banale. Sorrise sghembo. Peccato non avrebbero trovato nulla, era bravo a celare le sue tracce e non si sarebbe messo proprio adesso ad abbassare la guardia. La prudenza non era mai troppa. Però non avrebbero mai pensato che l'oramai ex modello, Adrien Agreste, figlio del famoso stilista Gabriel Agreste, fosse il volto dietro quella maschera e il corpo vestito di quella tuta aderente nera. Ridacchiò. Uno dei vantaggi di essere il discendente di suo padre. 
Alla fin fine era sparito dalla circolazione all'età di diciotto anni, dopo aver abbandonato la sua carriera di indossatore e aver deciso di vivere per conto proprio. Aveva viaggiato molto, certamente, imparando il mestiere di ladro anche. Quella professione lo aveva ispirato nell'adolescenza e lo ispirava tuttora, trasformandolo in ciò che era diventato. Infatti, dopo una serie di furti in case benestanti e non, stabilì di darsi un nome e lo scrisse su un fogliettino:

La sfortuna è passata di qui, Chat Noir è passato di qui. 

Da quel momento in poi, il furfante ebbe un nominativo perfetto per quel ruolo che persisteva da ben quattro anni. Parigi era l'unica a non essere finita tra le sue grinfie e aveva infatti agito quella notte, dopo aver fatto una visitina al Signor Agreste in mattinata. Si aspettava qualcosa di più da quello scontro.





Suonò il campanello e la porta fu aperta da... una cameriera? Alzò un sopracciglio, squadrandola da capo a piedi mentre lei fissava dritta davanti a sé. Da quando suo padre assumeva cameriere? Dov'era Nathalie?
Varcò la soglia e non poté far altro che provare un pizzico di nostalgia di quel luogo, non appena si osservò attorno. La donna chiuse la porta e si incamminò, lasciandolo da solo.
Lui fece spallucce e, infine, ecco l'entrata in scena dell'uomo che mal sopportava in piedi al centro delle scale. Impossibile dimenticare il suo continuo tenere le braccia dietro la schiena e il mento verso l'alto, come se fosse superiore a chiunque. 
- Bentornato, Adrien. - fece un leggero movimento col capo, il tono di voce atono.
- Ciao... papà. - lo salutò, ricambiando il gesto. 
La chiamata della sera precedente da parte di suo figlio che lo avvertiva della sua visita lo aveva lasciato sorpreso... e felice. Sembrava passata un'eternità dall'ultima volta che lo aveva visto e, ora, averlo a pochi passi... 
La sua partenza gli aveva causato un dolore che si era aggiunto a quello che già provava per la perdita della sua adorata moglie. Per l'uomo era come aver perso anche il suo amato figlio. Lo aveva capito che Adrien era scappato, letteralmente. I suoi occhi avevano espresso il suo disappunto, la sua delusione... proprio come in quel momento. Non si sarebbe mai perdonato per quello e voleva rimediare.
- Dopo dieci anni ti ricordi di avere un padre. - 
- Tu devi ancora ricordarti di avere un figlio. - mormorò, bloccandogli il respiro, per poi aggiustarsi un ciuffo ribelle. - Noto che l'età è avanzata. - constatò guardandolo - Dovresti cedere il tuo posto a qualcun altro. - 
- Finché avrò vita, rimarrà tutto nelle mie mani. - ribatté atono, scuotendo la testa in senso di diniego.
- Io credo, invece, che dovresti farlo. Andare in pensione. - alzò un sopracciglio, sorridendo sghembo. - È una grande opportunità per rilassarti. Le mie parole non intendono dirti che devo essere io, - chiarì all'istante, muovendo una mano a mezz'aria. - rifiuterei immediatamente. -
- Finché avrò vita. - ripeté.
Iniziò ad indietreggiare: - Come desideri. -
- Dove stai andando? -
- Nel mio appartamento. - voltò solo la testa - Così non ti faccio perdere tempo. - riprese a camminare - Quello che avresti dovuto sprecare con me. -
E uscì da quella casa che aveva assistito soltanto alla sua tristezza e all'assenza costante di Gabriel nella sua vita, che portò una mano sulla fronte, sospirando. Il suo carattere era cambiato... in peggio. 
Erano quelle le conseguenze delle sue azioni? Sembrava non avere nemmeno una seconda chance, il ragazzo gli aveva praticamente spiattellato che non voleva avere a che fare con lui in modo confidenziale.
- Che cosa ti ho fatto, Adrien? - mormorò, vergognandosi di sé stesso.






Un cliché. Alla fin fine erano quelli i discorsi che mettevano in atto quando viveva ancora con l'uomo e si era stancato della monotonia. Adesso sedeva su una panchina, con il cellulare tra le mani e osservava il parco giochi gremito di bambini con le loro mamme. Notò un bimbo cadere per terra, aiutato subito dalla genitrice che gli spazzolò la maglietta a mezze maniche e i pantaloncini, pulendo i piccoli raschietti sulle ginocchia con un fazzoletto imbevuto d'acqua presi dalla borsa. Ridacchiò. 
"Hai l'occorrente per ogni evenienza, vero, mamma?", pensò con un lieve sorriso, che diventò triste rammentando i bei momenti passati con la sua. 
Sospirò. Oh, quanto le mancava! Se fosse stato capace di viaggiare indietro nel tempo, avrebbe impedito il litigio avvenuto tra i suoi genitori e lei non avrebbe deciso di prendere la macchina e farsi un giro per non pensare, morendo sul colpo nel momento in cui uno stronzo ubriaco guidava ad altà velocità. Così il rapporto fra padre e figlio si era raffreddato, fino ad annullarsi. Fino a giungere a quel punto: l'uomo maniaco del lavoro e il ragazzo attratto dal crimine. La vita era maledettamente iniqua, vero? Improvvisamente avvertì una folata di vento e qualcuno sfrecciare come un fulmine, attirando la sua attenzione. Quel razzo altro non era che una bambina, vestita di una T-shirt e una gonna, con due buffi codini bassi dal colore tendente al blu. 
- Buginette, vieni subito qui! - 
La piccola si voltò e fu in quei pochi secondi che il suo viso, abbellito da un bellissimo sorriso a trentadue denti e due iridi oltremare, catturò il suo cuore. Quella dolcezza fatta persona gli buttò un'occhiata e le sue minuscole labbra si tirarono più all'insù, mozzandogli il respiro. Poteva esistere un essere così angelico o era solo una sua impressione? La vide correre e una signora occupò la sua visuale, probabilmente la madre che cercava di acchiapparla. 
- Buginette, ti prego! Non mi far preoccupare! - 
La sua risata gioiosa gli riempì le orecchie e un calore al petto che non provava da molto si impossessò di lui. Una bella sensazione. 
Ora aveva superato il marciapiede e sgranò gli occhi nel scorgere una macchina in lontananza avvicinarsi pian piano. Con uno scatto si alzò e si mosse velocemente.
- Marinette! -
La citata girò il capo, sentendo urlare il suo nome e sentì due braccia grandi avvolgerle lo stomaco e i fianchi, venendo trascinata indietro. L'individuo all'interno del veicolo suonò il clacson e continuò il suo percorso, mentre la piccina lo guardava con la fronte corrugata e fece la pernacchia al conducente, facendo ridacchiare Adrien. 
- Oh, la ringrazio tanto! - esclamò sollevata la donna, riprendendo fiato. 
- Di niente, signora. - 
- Quante volte ti ho detto di fare attenzione alla strada? - la rimproverò, prendendola per le spalle.
- Ma zia Nathalie... stavo solo giocando! - ribatté con il broncio e quella tenera voce innocente risvegliò nel giovane una voglia irrefrenabile di proteggerla. 
Sospirò: - Non in questo modo. - si rimise dritta - Grazie ancora, se le fosse successo qualcosa non me lo sarei perdonato. - 
- Si figuri. Ho solo fatto quello che avrebbero fatto tutti se avessero visto una bellissima signorina come lei. - disse sorridendo, inclinando il busto in avanti per arrivare alla sua altezza. 
Lei afferrò tra le dita le estremità della gonna e fece un inchino per ringraziarlo del complimento e la donna scosse la testa. Era una peste! Insegnarle quel tipo di galateo era stata una pessima idea! 
- Oh! Vedo anche che è molto educata. - si sorprese Adrien, dandole un buffetto affettuoso, facendola ridere.
Quella risata fu il medesimo colpo al suo muscolo cardiaco. Che cosa gli prendeva? Era soltanto una bambina!
Nathalie scrutò il giovane da dietro i suoi occhiali rettangolari, notando una somiglianza strabiliante con il piccolo ragazzino a cui aveva badato tempo addietro. E se fosse lui?
- Adrien? - 
Il ragazzo alzò lo sguardo, stupito: - Come sa il mio nome? - chiese con un'occhiata indagatrice.
- Adrien Agreste? - finì lei, spalancando gli occhi. 
- S... Sì. - rispose titubante, issandosi. 
- Oh! Sembrava solo ieri che ti vedevo andare a scuola sprizzando energia da tutti i pori! Non ti ricordi di me? - lui negò - Sono Nathalie. Nathalie Sancoeur. -
- Nathalie?! Sul serio? - lei annuì ridacchiando - Non ci credo! Fatti abbracciare! - la strinse tra la braccia, incredulo. - Ti trovo bene. - 
Come aveva fatto a non accorgersene? Era la stessa, soltanto con più rughe. 
Sorrise: - Grazie. - si staccarono.
- È il tuo amichetto, zia Nathalie? - domandò Marinette, indicandolo. 
- Sì, tesoro. È l'Adrien di cui ti parlo sempre. -
- Oooh! Che bello! - esultò lei, saltellando sul posto. - Sai, la zia-la zia Nathalie mi dice sempre che hai-hai fatto tante cose. Come me! - 
- Parli di me? - ridacchiò divertito.
- Non posso? - 
Mosse una mano a mezz'aria: - Nessun problema. -
Gli voleva così bene da raccontare le sue avventure? Sorrise. Almeno qualcuno si ricordava di lui.
- Lavori ancora per mio padre? -
- Oh, no. Ho mollato. -
Aggrottò la fronte: - Mollato? - 
- Sì. Quel lavoro mi aveva stancata e adesso mi occupo di questa - poggiò una mano sulla sua testolina - peste. - 
"Ecco perché non l'ho vista ieri.", rifletté lui.
- Io non sono u-una peste! - mise il broncio e le braccia incrociate. - Cattiva zia Nathalie! -
I due ridacchiarono, facendole emettere un mugugno stizzito.
- È un piacere rivederti. - 
- Il piacere è mio, Adrien. Sei cresciuto molto... - addolcì lo sguardo - diventando un uomo. A quanti anni sei arrivato? -
- Ventotto. - 
- Ventotto... - ripeté con una mano sul petto - come passa in fretta il tempo. -
- Zia Nathalie... - la chiamò la piccola, tirandola per la maglietta e attirando la loro attenzione. - si sta fa-facendo buio. - 
- Sì, cara. Ora torniamo a casa. - riportò gli occhi sulla figura del giovane: - Spero di incontrarti di nuovo. - 
- Certamente, Nathalie. Se vuoi posso darti il mio numero. - 
- Certamente! -
Dopo essersi scambiati i loro recapiti telefonici, si salutarono con un'alzata di mano. La fanciulla, invece, gli aveva lasciato un bacio sulla guancia e mostrato un sorriso a trentadue denti, migliorando maggiormente il suo umore.
Osservò il cielo che, ormai, dava spazio al buio. 



Si mise delle lenti colorate che coprivano l'intero occhio di verde, non alterando il colore naturale delle sue iridi. Portò verso l'alto la zip al centro del petto della sua tuta aderente, si aggiustò la coda finta, le orecchie poste sulla sua testa bionda e indossò la maschera. Poteva sembrare una presa in giro, tuttavia era un burlone a cui piaceva tremendamente giocare con i topolini. Sorrise sghembo, aprì la finestra della sua camera da letto e salì il tetto, cominciando il suo lavoro. Si fermò e diede un'occhiata all'orologio con display notturno che aveva al polso. 
L'una e mezza di notte. Orario perfetto per attaccare. Alzò lo sguardo. Aveva notato vari accessori di sicurezza fuori dalle case, probabilmente si trovavano anche all'interno. Ridacchiò. Pensavano di bloccarlo in quella maniera? 
Saltò su un comignolo e scrutò la sua meta in tutto il suo splendore. Era la casa ~ o villa? Era di dimensioni talmente grandi da non poter definirla in altro modo ~ dei Dupain-Cheng. Era la terza famiglia più ricca della città. 
La prima era la Bourgeois e la seconda era la sua... l'Agreste. Fece un balzo e si aggrappò agli infissi laterali della finestra, appoggiando i piedi sul davanzale. Osservò dentro e, grazie ai raggi lunari, notò delle bambole per terra. 
Forse i nipoti venivano a far loro visita e si portavano dei giocattoli per poi dimenticarli. Tipico dei bimbi viziati. Atterrò senza causare rumore e si incamminò. 
- Chi sei tu? - una voce femminile impastata dal sonno gli arrestò il passo e lentamente si voltò.
Era avvolta dalla penombra e per quello riusciva solo a vedere una mano che stropicciava un occhio, seduta sul letto. 
Lei allungò un braccio sull'abat-jour posta sul comodino e la accese, mostrandosi. 
Chat trattenne il respiro. No, non poteva essere! 
- Chi sei? - 
Ora stringeva tra le mani un pupazzo rosso con tanti puntini neri, delle antenne sul grande capo e un sorriso a trentadue denti, con gli occhi aperti che sembravano fissarti. 
Quella... era la piccina di cui Nathalie si prendeva cura!








*Angolino dell'autrice*
Ta-daaaan! xD Come state? ^--^ Ve la sareste aspettata la mia entrata in scena con questa storiella fresca fresca? ^__^ 
Girovagando su internet, alla ricerca di nuove fan art sui nostri protagonisti così da intasare il mio pc xD, ho trovato questa:


E mi sono detta: << Perché non farci una storia? Anche se non so cosa ci faccia Chat nella stanza di una piccola Marinette di notte. Ma sì! Lo faccio ladro! In una casa, di notte, con indosso qualcosa che non ti permette di essere riconosciuto... cioè... boh... se non è così! Io lo faccio ladro, poi, chi non è d'accordo, adieu! >> 
Ed ecco a voi "Le voleur et l'enfant - Quando la dolcezza ti cattura il cuore"! xD 
Che ve ne pare del primo capitolo? ^__^ Spero sia stato di vostro gradimento e che lo saranno anche i prossimi capitoli. ^--^
Alla prossima!
Da: SweetAinwen. 
  
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