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Autore: adler_kudo    14/03/2017    2 recensioni
Occorre poco affinché cambi una vita, qualche attimo perché essa finisca, pochi incontri per ricominciarla e un solo istante per abbracciare la morte.
Mail non aveva ancora idea di cosa fosse vivere, lo ha scoperto solo quando da morto ha incontrato la vita. [Seconda guerra mondiale AU]
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello, Nuovo personaggio | Coppie: Matt/Mello
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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1943, Treblinka II

 

Un'altra mattinata uguale identica alle altre, le uniche cose che cambiano sono i volti delle persone. Si capisce subito chi sono i nuovi arrivati: spaesati, persi e soprattutto ancora in possesso di una carnagione vitale. Il resto dei deportati è spento, la pelle è ingrigita in poco tempo e gli occhi cerchiati infossano ancora di più il volto scarno. Mail si alza insieme ai suoi compagni di sventura e si avvia alle fabbriche, domandandosi come tutti gli altri quanto tempo ci vorrà prima che lo passino per il camino. Quel giorno però gli duole ovunque, specialmente in viso. Prima di iniziare il turno, durante la colazione si tasta le ferite e i lividi sul corpo scoprendosi molto più vulnerabile in punti che nemmeno immaginava fossero stati colpiti. Quando comincia a lavorare gli ci vuole qualche attimo per capire che una delle guardie che di solito li sorveglia è diversa. Sa che non può certo chiedere in quel momento informazioni sulla sorte dell'altra, ma crede di poter immaginare di chi sia la responsabilità; in fondo è proprio la stessa che l'ha picchiato il giorno prima a mancare. Si concede solo questa rapida osservazione e si appunta mentalmente di rimproverare il suo... Di rimproverare Mihael per questo, poi si concentra sul lavoro, memore del trattamento ricevuto per la distrazione. È da asini non imparare dai propri errori e lui non lo è di certo.

Mangia in fretta finito il turno, come al solito, perché Mihael non tollera ritardi e lui non riesce ad attraversare tutto il campo in soli dieci minuti con la gamba zoppicante. Manca ancora una scarpa all'appello; si è improvvisato un calzino con uno straccio trovato in giro, ma non riesce ad andare veloce come prima. Sta camminando rapido tra le baracche infette per raggiungere la sua meta e gli viene alla mente un dubbio: dov'è Henryk? Non lo ha visto dall'alba e non se ne sente rassicurato, ma le retate che i nazisti fanno nelle baracche comprendono più di un solo uomo e oltre a lui non se ne è andato nessuno, lo devono aver obbligato a fare qualche altro lavoro. Non gli torna neanche in mente la discussione della sera precedente, non la ritiene importante. Finalmente raggiunge la casupola di legno, ufficio del tenente, e vi entra al solito: bussa, attende di essere invitato e chiude a doppia mandata. Un sorriso gli nasce spontaneo sulle labbra quando vede il militare e si trasforma in riso quando lo nota con con viso sporco di qualche sostanza marrone; pare divertito da ciò che sta masticando, quasi appagato.

-Vedo con piacere che non ti hanno pestato a sangue oggi.- lo saluta il tenente con la bocca piena.

-Non sono così stupido da farmi beccare due volte.-

-Siediti.- gli indica la sedia di fronte alla scrivania sulla quale poggia i piedi fasciati dagli stivali militari in totale noncuranza.

-Che stai mangiando?- domanda Mail curioso; l'odore che sente è certo di averlo già sentito da qualche parte.

-Cioccolato.-

-Cioccolato?! Come l'hai avuto? Siamo in guerra e ti forniscono il cioccolato?!-

-Non me lo forniscono, me lo sono procurato.- risponde l'altro semplicemente addentando un nuovo boccone dalla stecca che regge in mano.

-È da un secolo che non ne mangio. Credo da quando abbiamo lasciato Berlino.-

Mihael lo guarda di sottecchi e con uno sbuffo ne stacca un pezzo davvero piccolo e glielo getta in grembo.

-Tieni, mangialo.-

Quella puntina di dolcezza agli occhi di Mail è la cosa più grande che abbia mai ricevuto, la assaggia quasi con reverenza e la gusta a fondo prima di inghiottirla. Deliziosa, non la ricordava così buona, la cioccolata. Vorrebbe un altro pezzetto, ma lo sguardo del tedesco gela sul nascere la sua domanda: la cioccolata è sua e sua soltanto.

-Tieni. Avevi detto che ti piacevano.- gli fa però e gli lancia un pacchetto che Mail conosce molto bene.

-Sigarette?- domanda balbettando; è dalla sera prima di essere catturato che non ne fuma una e non si rende conto di quanto gli manchi il fumo fino a che non ne porta una alle labbra e l'accende con un cerino. Già la prima boccata è paradisiaca per lui.

-Queste me le forniscono, ma io non fumo... E detesto chi lo fa, ma non puoi uscire dalla stanza quindi ti concederò di farlo qui.- gli comunica Mihael spazientito dall'odore che già si diffonde per la piccola stanzetta.

-Solo una.- lo rassicura Mail estasiato dalla nuova boccata. Il poter di nuovo fumare, l'essere con la persona che ama, questa che da sfogo ai suoi vizi, tutto dentro pochi metri quadrati che sono diventati la salvezza delle loro anime... È perfetto; sono fuori dal mondo pur essendo nella disperazione fino al collo. La guerra in fondo fa bene: rende capaci di cogliere il meglio in ogni sfumatura, in ogni gesto scontato che, in tempo di pace, si dimentica esistere.

Mentre fuma osserva l'altro e quello che pare un connubio con la sua cioccolata. La guarda, la morde, la lecca quasi lascivo.

-Devo essere geloso di quella cioccolata?- gli domanda divertito ad un tratto.

-No. La cioccolata è la mia priorità, devi solo fartene una ragione.-

Mail si finge offeso -Ah! La tua priorità? Benissimo... Vedrò di farti dimenticare della tua priorità.-

Spegne la sigaretta contro la superficie del posacenere intonso e si avvicina all'altro restando dietro la scrivania. I due volti ora sono a pochi centimetri l'uno dall'altro, i due respiri si mescolano, profumo di cioccolata legato a quello del fumo di sigaretta.

-Non puoi separarci.- gli fa notare il tedesco, leccando una nuova volta la superficie scura di quella sostanza dolciastra.

-Vedremo.-

Mail cattura le labbra dell'altro in un bacio che di casto ha molto poco e il tenente se ne lascia in balia. Intrappola anche le sue mani in una stretta e le costringe ferme sulla scrivania; è indebolito per la vita che conduce, ma riesce ad essere comunque più forte dell'altro se si impone. Lascia che il tempo scorra, che tutto il resto scorra, che il camino bruci, che la disperazione continui e loro rimangono lì, nell'attimo effimero di qualcosa di sbagliato per tutti tranne che per loro.

Alza una mano per andare a passargliela tra i capelli biondi, ma un forte colpo alla porta e il suono di una pistola caricata lo costringono a fermarsi.

-Basta così.- ordina una voce alle sue spalle. Mail apre gli occhi, si stacca e si gira in velocità; ciò che vede lo lascia attonito. La porta è sfondata, tre guardie ucraine tra le quali quella del giorno prima sono lì a puntare contro di loro le armi, due SS sono entrate; il generale e il suo capitano li guardano con disgusto più che disprezzo e, con la coda dell'occhio, Mail vede Mihael bianco in volto come non mai, ha paura. Sa per certo che è la fine, spera almeno di potersi addossare tutta la colpa. È sua colpa di averlo fatto innamorare, lui si è presentato lì e solo lui merita la punizione. Si è già costruito la storia in mente quando si accorge che non occorre: sa dove è, sa chi è per loro e sa che cosa lo attende già dall'inizio. 

-Gen...- tenta Mihael alzandosi, ma il generale con un forte colpo al volto fa accasciare Mail contro il muro e così il tenente strepita -Bastardo!-

Mail vede la scena ad occhi socchiusi; il colpo che ha ricevuto è stato molto violento e sente del sangue dove la testa ha picchiato contro la parete. Vede Mihael fronteggiare a viso aperto il suo superiore, non ha cercato nemmeno una giustificazione: o vuole morire con dignità o non gli interessa affatto di morire, eppure gli basterebbe una parola per far uccidere solo lui.

-Tenente Klein... Non immaginavo che la grande Germania covasse una serpe in seno. La tua famiglia non ne sarà felice.-

-Lo spero vivamente.- chiosa caustico Mihael.

-Il carattere non ti manca... Ma è disgustoso. Con un ebreo...-

-Il problema è che è ebreo?-

-È disgustoso che sia un uomo. Dovresti saperlo. È disgustoso pensare che potresti averci attaccato la tua malattia, ma non temere. Ti curerò personalmente.- 

Il tono con cui il generale pronuncia l'ultima parola e dardeggia con lo sguardo nella direzione di Mail lo fa rabbrividire. E nemmeno lo schiocco di dita in sua direzione è più di tanto rassicurante. Viene sollevato per le braccia in malo modo da due delle guardie e la terza, la stessa che lo ha picchiato, gli da un colpo allo stomaco. Mail annaspa in cerca di aria ed emette un urlo strozzato al secondo colpo più in basso; sputa sangue e sente la gola ardere, non una lacrima scende però dal suo viso. Occhieggia verso Mihael, che è trattenuto dal capitano; si sta mordendo il labbro inferiore quell'idiota, a sangue per di più. Non capisce che farebbe prima a non curarsi di lui?

A un nuovo colpo si accascia e viene lasciato cadere sul pavimento dalle guardie. Ha lo sguardo basso, sta cercando di riordinare i pensieri, di riavere lucidità, e intanto sente il generale commentare.

-Stiamo solo picchiando un lurido ebreo effeminato. Non vedo quale sia il problema, tenente. E lei?-

-Crepa, lurido bastardo.- sibila in risposta l'altro. Mail alza la testa appena in tempo per vedere il pugno chiuso del gerarca sollevarsi contro il viso del biondo e, fulmineo, scatta in avanti per riceverlo al posto suo. Cade di nuovo a terra ai piedi del tenente che si accuccia con lui.

-Mail, sei un idiota!- gli sussurra pulendogli il sangue dal naso.

-Me lo dici ogni volta... Dì loro che è colpa mia. Diglielo e ti lasceranno stare.-

-Scordatelo.-

Il generale interviene trascinando Mail per la camicia e sbattendolo sul selciato di fuori. Il nuovo colpo che riceve con l'urto gli fa perdere una piccola stilla dagli occhi che cade sul terreno sterile. Non riesce a rialzarsi, le gambe gli cedono.

-Raduna un plotone.- comunica il gerarca al capitano con le guardie che lo hanno seguito di fuori, poi si volta verso Mail ed accenna sadico ai prigionieri che si stanno fermando per spiare -Vogliamo ricordare ai tuoi amici il loro posto?-

-Credo se lo ricordino benissimo.- esala il ragazzo riuscito a mettersi a carponi.

Il gerarca coglie immediatamente l'occasione per zittirlo con una violenta gomitata ai reni e lui rovina di nuovo al suolo inerme.

Il tenente ringhia -Bastardo!- e si scaglia contro di lui, ma il capitano lo ferma con un pugno alla bocca dello stomaco che lo fa inginocchiare.

-Fa pena, tenente.- commenta il capitano. 

Tra chi accorre per primo, Mail vede Henryk, è diverso, però, da come lo ricordava; vede offuscato, però gli pare che abbia addosso una giacca oltre alla camicia e delle scarpe differenti.

-Non ci si può fidare proprio più di nessuno, eh?- sospira il gerarca fingendo contrizione ed indicando Henryk appunto, aggiunge poi -Non riesco nemmeno ad immaginare cosa facciate senza vomitare, deplorati.-

L'idea nella mente di Mail, l'idea che voleva rifiutare, ormai non ha più ragione di essere negata: Henryk lo ha venduto per giacca e scarpe ai nazisti. E alle parole del tedesco in piedi accanto a lui non può che pensare che se lui è un deplorato cos'è uno che vende gli amici? Probabilmente la risposta è: non ci sono amici qui. Mail se ne rende conto solo in quel momento; non avrebbe dovuto legarsi a nulla. Comprende i kapo, comprende la loro apatia. È il solo modo per sopravvivere.

Il largo spazio vuoto tra le baracche dei militari è ora gremito di persone, tutte uguali e al contempo tutte diverse, dall'altro campo che si affaccia su quello spiazzo, anche alcune donne scrutano la situazione e si stringono tra loro comprendendola. Come vorrebbe, Mail, che tra loro ci fosse anche sua sorella.

Un plotone di esecuzione arriva in pochi istanti di fronte a lui e i mitra vengono caricati e puntati. Che onore gli spetta! Tra i pochi a morire ucciso direttamente, non con le docce, non di stenti o mali, direttamente, con i proiettili. Chissà se poi l'avrebbero passato per il camino lo stesso.

Il generale si allontana dal raggio di gittata dei proiettili, ma prima di dare l'ordine di sparare ci ripensa e fa cenno al tenente di avvicinarsi.

Mihael esegue meccanicamente, ma non evita di lanciargli uno sguardo carico d'odio. Il gerarca sorride invece e gli tende una pistola.

-Fallo tu.-

Viene sospinto in mezzo allo spiazzo con quell'arma in mano che continua a fissare. Mail si alza a fatica e riesce a mettersi solo dritto in ginocchio. Ora sono uno di fronte all'altro, a neanche un metro di distanza; mille e mille occhi li fissano, ma è come se fossero soli.

-Non ci riesco.- mormora Mihael con la testa bassa.

-Devi farlo, invece. Preferisco morire così che per mano di quei bastardi.-

Mail dovrebbe odiarlo, dovrebbe odiare tutti quanti, dovrebbe disperarsi e invece sorride. Le lacrime gli scendono quasi naturali dagli occhi; sono stille nere, nere per ciò che ha dovuto sopportare in così poco tempo, nere per la colla. Gli rigano il viso, glielo segnano, solcandolo e infiltrandosi nelle ferite.

-Mi spiace che la tua famiglia non potrà più essere orgogliosa di te e del tuo lavoro per colpa mia.-

Mihael alza lo sguardo su di lui e finalmente fa vedere le lacrime che gli bagnano le guance pallide.

-Fregatene di quei deficienti! Io decido per me... E non ho mai avuto onore più grande che stare con te.-

-Bugiardo.- sorride l'altro. Mihael prepara la pistola e gliela punta in fronte. Mail continua a sorridere nonostante il suo cuore abbia preso a battere più veloce. 

-Non te l'ho mai detto sul serio. Kocham Cię.-

Il grilletto viene premuto. Un solo secco colpo squarcia il silenzio.

-Ich liebe dich.-

Mihael si gira verso i suoi commilitoni che lo tengono sotto tiro, verso i superiori e verso la folla. Getta di lato la pistola e alza il braccio facendo il saluto nazista.

-Heil bastard Hitler.- 

Una serie di colpi crivellano il suo corpo e cade. La mano tesa, aperta su quella chiusa dell'altro.

Quando gli addetti si avvicinano per portarli ai forni crematori notano sulle labbra di entrambi un sorriso, felici di morire perché lo erano già il giorno del loro incontro.



Angolo Autrice:
Ebbene è così dunque che finisce. 
Spero vi sia piaciuta almeno tanto quanto è piaciuto scriverla a me. Grazie.  
-AK
  
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