CAPITOLO
7 - DOV’E’ FINITA LA CANNELLA?
Da
quell'ultimo bacio, i due non si erano più sentiti. Avevano creato, con la classe e il professore,
un gruppo chat su un applicazione di messaggistica dove si tenevano
aggiornati su eventuali cambi di programma, compiti e eventi. In realtà i ragazzi scrivevano
solo cazzate, parlavano dei loro affari e mandavano foto di modelle
mezze nude, prendendo in giro le loro compagne molto meno dotate e
molto meno di plastica. Lui aveva il suo numero, quindi, ma non si
azzardò mai
a cercarla.
Durante quel mese che trascorse tra il bacio e quella sera, Cameron si
limitò a fissarla,
a chiederle come stesse e a fissarla ancora. Melanie invece lo guardava
di meno, ma si faceva
interrogare più spesso.
Era un agonia per entrambi, quella situazione. Ma non potevano fare
altrimenti. Cameron aveva tutta l'intenzione di aspettare che lei si
diplomasse, prima di riprendere a cercarla. Melanie aspettava il
momento giusto.
E questo arrivò,
quel sabato sera, due giorni prima della scadenza delle consegne delle
mappe concettuali.
Cameron
era in bagno, appena uscito da una doccia e pronto a prepararsi per una
birretta in centro. Aveva il cellulare sulla mensola del lavandino,
incurante del vapore acqueo che si sarebbe insinuato nell'ageggio
elettronico.
Si stava guardando allo specchio e stava pensando di spuntare un po' i
capelli, quando il suo cellulare squillò. Era il suono di un messaggio, ma non del gruppo. Per
quello aveva impostato una suoneria predefinita. Non aveva salvato
nessun numero dei ragazzi di classe, capiva subito chi fosse a scrivere
anche perché ognuno
di loro aveva un nickname a distinguerlo dagli altri. Per questo quando
si trovò una
chat aperta, un numero sconosciuto, un panorama come immagine del
profilo, Cameron sobbalzò.
Quando aprì la
chat lesse. "Salve professore! Volevo mostrarle la mia mappa
concettuale prima di consegnarla, solo per dei chiarimenti riguardo la
sua materia. Mi scusi per l'ora, appena può
mi risponda. Grazie!" Troppo troppo
formale. E lui odiava quelle formalità.
Si decide allora ad andare sul gruppo, e quando capì che quello era il suo
numero, impazzì.
L'aveva contattato.
L'aveva cercato in una chat privata, quando l'avrebbe tranquillamente
potuto fare sul gruppo. Ancora in accappatoio, i capelli bagnati e i
vetri dello
specchio appannati rispose. "Nessun disturbo, mi dica pure Mrs.
Turner." voleva sembrare quanto più freddo possibile, e sperò
di averne dato l'impressione.
Dopo nemmeno due minuti, gli arrivò una foto. Era un foglio di carta strappato magari di
fretta, su cui con una scrittura molto tonda e precisa c'erano segnate
delle cose. In alto, al centro del foglio c'era l'argomento. La
perfezione dei corpi.
Che argomento azzeccato, pensò, per una come lei.
Scacciò quel
pensiero e ingrandì di poco la foto per permettersi di riuscire a leggere
gli argomenti per ogni materia. Il fulcro era l'estetismo, che inserì in filosofia, nella
seconda lingua e in letteratura. Il periodo storico era quello del 900,
con i linguaggi del corpo dei dittatori del secolo.
E infine, arrivò alla storia dell'arte. Notò
che questa era quella più ricca di informazioni,
e pensò che
era solo perché in effetti la stava mandando al professore specifico
della materia. Inserì l'uomo vitruviano e gli studi anatomici di Leonardo, il
maestoso David di Michelangelo, le statue greche e la loro idea di
bellezza e Canova e le sue sculture. Infine aggiunse una piccola
postilla sul Body paint.
Cameron rimase a bocca asciutta, quella ragazza sapeva quel che faceva
e amava farlo.
Per questo non poteva permetterle di fare l'avvocato, di sprecarsi così. Nonostante lo stupore,
finse apatia.
"Perfetto, ci sono cose da correggere qui e lì, ma lo faremo con il
tempo. Buona serata signorina." Detto ciò
spense la connessione e iniziò a prepararsi.
L'ultimo
messaggio fu quello di Melanie, ma il professore sembrava non averlo
nemmeno letto. Per questo pensò di doverla smettere di continuare a chiedersi se aveva
sbagliato o meno, con quell'ultima frase.
Era sabato, doveva pensare a divertirsi. Non era il tipo da discoteca o
da locali, ma adorava uscire il sabato, indossare qualcosa di più particolare e andare
in giro in macchina o per le strade della città. Quella sera si organizzò con alcuni suoi amici,
esterni alla scuola, con i quali andava più
che d'accordo.
C'erano Summer e Jennifer che conosceva da piccole, e poi c'erano
Barney e Steven che si erano uniti da poco alle ragazze. Le loro uscire
erano sempre molto semplici. Alle
volte
si vedevano dopo cena per andare al cinema e poi in un bar all'aperto.
Altre volte andavo a mangiare qualcosa in un pub e ci restavano fino
all'ora di andare. Non aveva alcun coprifuoco, i genitori le lasciavano
le chiavi e avrebbe potuto tornare anche alle sei.
Ma proprio per una questione di rispetto nella fiducia che loro
riponevano in lei, Melanie tornava massimo per le 02:30. Ora in cui gli
altri quattro della comitiva iniziavano a darci dentro con l'alcool.
Quella sera optarono per una pizza anziché il solito panino iper calorico.
Mel si sedette di fianco a Stev.
"Come
va con Loreline?" Chiese lei, ricordando l'ultima litigata dell'amico
con la fidanzata. "Oh, ci siamo lasciati. Non ne potevo più. " Sorrise a denti
stretti, "Mi sono liberato."
"Adesso ci può provare con te quanto vuole!" disse fin troppo ad alta
voce l'altro ragazzo del gruppo, ammiccando nella direzione dei due.
Jennifer
gli diede uno scappellotto in testa e tutti loro scoppiarono in una
risata. Stava davvero bene con loro.
Conosceva i due ragazzi da qualche anno, e di recente aveva preso a
frequentarli.
Erano due donnaioli di prima categoria, ma era evidentissimo che Barney
morisse per Jennifer. Si unirono a loro una sera al pub, erano con
delle ragazze a cena e si stavano annoiando da matti.
Non erano i tipo da smancerie, cene romantiche o altro, a differenza
delle ragazze che avevano conquistato.
Per questo quando si accorsero che in quel locale c'erano
loro, conosciute
grazie ad un amica di Jenny, si
scusarono e le raggiunsero al tavolo.
Un diversivo, in pratica.
Da allora il gruppo divenne inseparabile, avevano creato una chat in
cui si sentivano spesso per organizzarsi e non.
Le ragazze invece le conosceva dai tempi delle scuole medie, erano le
uniche con le quali era rimasta in contatto e con le quali usciva
almeno una volta a settimana. Le aveva conosciute anche Gilda, che
aveva da subito legato con Summer.
Entrambe avevano la passione per lo sport e questo fece si che le due
diventassero amiche in pochissimo tempo.
Inizialmente Mel fu gelosissima di quel rapporto. Odiava vedere la sua
migliore amica così legata
ad un'altra sua amica, e per un po' le due si allontanarono.
Si
riavvicinarono quando il padre di Gilda partì, dopo la separazione con la moglie, e la più grande si sentì totalmente persa.
Era sempre stata forte, piena di responsabilità. La classica sorella
maggiore che si sveglia un po' prima per preparare la colazione si
fratellini, buttare la spazzatura e andare poi a scuola. Invece, dopo
che i genitori chiesero il divorzio, le cadde il mondo addosso.
Suo padre frequentava una donna, più piccola di lui da quasi sei anni. E quella notizia
devastò la,
a quei tempi, quindicenne. Dopo un po' le due divennero più unite che mai, Melanie
non era più gelosa
della sua amica; Sapeva che Gilda la amava come una vera sorella e che
il loro rapporto non poteva finire per un capriccio da bambine.
Erano
le quattro del mattino, più o meno, quando Cameron fece ritorno.
La
casa sapeva di vuoto ed era silenziosa, fredda. Si sedette sul divano,
la testa tra le mani, le gambe divaricate. Era stanco, annoiato.
Sarebbe rimasto volentieri altro tempo con i ragazzi, pur di non
tornare in quella casa, ma era tardi. Si alzò avviandosi in cucina, aprì
il frigo e si accorse che era vuoto. Prese
così una
manciata di cereali forse scaduti e se la portò alle labbra. Non aveva
mangiato nulla, avevano solo bevuto qualche birra e sgranocchiato
patatine stantie tipiche dei bar.
Si
svestì e senza
nemmeno indossare un pigiama o altro si portò lentamente il letto.
Si sentiva distrutto. Prese il cellulare tra le mani intenzionato a
mettere la sveglia e scorrere un po' la bacheca del social sul quale
era iscritto. Quando aprì i messaggi per inviarne uno a Tony, notò che aveva lasciato quella conversazione
ancora aperta. Ricordava che l'ultimo messaggio fosse il suo, ma il suo
cellulare lo avvisava che ne aveva uno ancora non letto. "Potrebbe
aiutarmi domani? È domenica
e la mattina io sono al Poseidon. Spero che dica di si, ci tengo molto.
Grazie ancora e buona serata." con tanto di smile. Il Poseidon era il
caffè in cui
l'aveva incontrata quella mattina, quella mattina in cui la portò a casa sua e quella
mattina in cui si baciarono. Solo a pensarci Cameron sentì di desiderarla di
nuovo, ed istintivamente rispose "Si, ci vediamo per le dieci." Senza
uno smile, un punto in più, una buonanotte o chissà
cosa.
L'indomani
sarebbe stato solo un incontro formale di approfondimento, nulla di più e nulla di meno,
proprio come si fa con i professori universitari. Eppure lui fremeva
dalla voglia, sperava che l'indomani arrivasse in fretta, che la notte
passasse veloce. Sperava che venisse a piovere di nuovo, che facesse
una tempesta, che lei si bagnasse nuovamente e che la portasse da lui.
Sperava che le loro labbra si incontrassero come quella volta.
Quando
la sveglia suonò,
Cameron pensò di
mandarle un messaggio
per posticipare l'appuntamento. Era stanchissimo ed aveva un sonno
tremendo. Ma il suo dovere di insegnante fece si che si alzasse dal
letto e i fiondasse in doccia. I realtà era la voglia di vederla che gli diede la scarica per
svegliarsi. Indossò dei jeans semplici chiari ed una maglia blu a maniche
lunghe. Mancavano pochi minuti alle dieci, ma si rassicurò pensando che avrebbe
raggiunto il caffè in dieci minuti. Quando uscì
di casa si accorse che faceva un freddo
pazzesco anche se c'era un sole grande e lucente. Alzò lo sguardo: Non c'era
una nuvola in cielo. Sorrise quando la notò
fuori l'entrata del bar. Era così piccola. Non solo d'età, ma in tutto. Aveva lo
sguardo sulle sue scarpe, le mani in avanti a reggere lo zainetto, i
capelli legati in una coda sfatta ed era avvolta da una sciarpa e una
giacca verdastra. Era così carina e naturale. Molto diversa, molto distante da
quella neo donna che incontrò in quel ristorante con quel vestito pazzesco. Per un
attimo pensò che
la preferiva così; Senza un filo di trucco, bassa e magrolina, con i
capelli in disordine e la punta del naso rossa.
Senza
che nemmeno lui se ne potesse rendere conto, lei alzò lo sguardo, forse
sentendosi osservata, e dopo un breve momento di stupore sorrise e salutò energica il suo
insegnante. "Buongiorno. Fa davvero freddo oggi, vero?" Le sorrise lui
cordiale, parandosi di fronte a lei e riuscendo a guardarla meglio in
volto.
"Vogliamo
entrare?" Chiese semplicemente lei dopo aver annuito in risposta. Il
calore del bar e il profumo dei dolcetti appena sfornati colpirono i
due in pieno viso. Quando si sedettero, infatti, entrambi si
spogliarono di cappotti e sciarpe e Cameron non potè non notare lo scollo
poco profondo che copriva invano un seno non piccolo.
Melanie
era davvero brillante, aveva una spiegazione per ogni cosa che diceva,
e per quanto Cameron provasse a metterla in difficoltà lei riusciva sempre a
cavarsela.
Alla fine non era servito a nulla il suo aiuto, aveva fatto da sola
tutte le correzioni e gli aggiustamenti.
A Cam diede l'impressione che Melanie non l'avesse chiamato per questo,
che la tesina fosse solo una scusante.
Mentre mangiava la sua fetta di torta alla cannella, lui non smise di
fissarla.
Nemmeno quando lei se ne accorse e lo guardò a sua volta.
Nemmeno quando passò Stephanie,
la cameriera, a ritirare i piattini vuoti.
"Ho... Ho qualcosa sul viso?" Chiese in evidente imbarazzo.
"No, scusa, ero sovrappensiero." si giustificò frettolosamente.
Ma bravo Cameron, davvero molto furbo e convincente.
Ed ecco che nuovamente si perdeva ad ammirarla.
Una ciocca di capelli le cadeva lenta sul viso, sfuggendo dalla coda
sfatta, la mano sinistra teneva il foglio fermo, mentre la destra
reggeva la matita che veniva nervosamente mordicchiata.
Si chiese come potesse una ragazza così intelligente e bella non essere fidanzata.
Beh, in realtà non
aveva nessun conferma, ma dall'ultimo bacio era chiaro che lei non
fosse impegnata.
"Non torna a pranzo?" Chiese lui, dando un veloce sguardo all'orologio
da parete a forma di tortino.
"Oh! Scusi, non avevo visto fosse già così tardi...
Avrà sicuramente un mucchio
di impegni ed io... Possiamo andare! Prenderò l'autobus, non ci
metto molto." Disse tutto d'un fiato più agitata di prima.
Cameron capì, la
ragazzina aveva paura di restare da sola con lui.
"Che
ne dice se pranziamo insieme?"
Melanie era totalmente presa dai vari collegamenti della mappa
concettuale, che credette di aver immaginato la sua voce.
Gli aveva chiesto un aiuto per la tesina, ma in realtà non gli aveva permesso
di fare granché.
Voleva solo trovare un modo per parlargli. Per capire perché in quel mese nessuno
dei due si fosse avvicinato all'altro anche solo per uno scambio
innocente di parole.
Voleva capire come mai quella sera lui l'avesse baciata; Come mai lei
avesse ricambiato, ma soprattutto come mai non riusciva a toglierselo
dalla testa.
Per questo, quando lui le porse quella domanda, a lei brillarono gli
occhi.
Senza indugiare nemmeno per un istante annuì fingendosi poco interessata, senza staccare gli occhi
dal figlio.
"Non penso sia sicuro restare in giro... Vieni da me?" lo sentì deglutire.
Quella non era proprio la domanda che si
aspettava. In effetti non aveva pensato a dove poter stare tranquilli e
parlare, tantomeno le era mai venuta in
mente l'idea che potessero andare da lui.
In quella casa che in effetti lei già conosceva, e le cui mura erano le uniche testimoni
oculari del loro primo bacio.
Melanie indugiò per
qualche istante.
Era più che vero:
Non potevano essere in giro.
Per questo, a meno che non volesse rinunciare alle risposte che tanto
cercava, doveva andare da lui.
"Va bene"
Lui la guardò stupito.
Evidentemente non si aspettava un si.
Compresa la foto sul mobiletto ad angolo.
Scosse la testa, non era a questo che doveva pensare.
"Non ho molto qui. Però credo possiamo arrangiare qualcosa." Sorrise
leggermente a disagio, prendendo dalla credenza un po' di pasta e dal
frigo quello che
sembrava essere un sugo alle noci.
"Dove posso prendere le posate?" Chiese impacciata. Si sentiva così in imbarazzo ad
armeggiare nella cucina del suo insegnante nonché uomo di cui era
segretamente infatuata.
"Terzo cassetto" Le indicò lui per poi prendere due bicchieri dal cola piatti.
Quando Melanie finì di
apparecchiare, decise bene di accomodarsi sul divano dalla quale aveva
una visuale perfetta del suo insegnante.
Con la scusa di mandare un messaggio alla madre, Mel scattò una foto di nascosto a
Cameron che armeggiava con la padella e quello che si accorse essere
non un sugo alle noci ma pesto bianco.
Il problema fu che si dimenticò del solito inconveniente.
La prima volta che le successe fu in autobus. Aveva una signora che
aveva delle scarpe che cercava da secoli di spiegare come fossero a
Jennifer, ma per sbaglio dimenticò di spegnere il flash.
Maledetti telefoni!
Quella volta fu uguale, l'unica differenza fu che Cameron non si arrabbiò come la vecchia
signora, ma sorrise.
E si avvicinò a
lei.
Più si avvicinava e
più il suo
sorriso spariva, o meglio si trasformava in un sorriso estremamente
maliziosi e poco raccomandabile.
"Adesso ci mettiamo anche a scattare foto di nascosto?" Mel chiuse gli
occhi d'istinto, ma sentì chiaramente che Cameron si era appoggiato con un
ginocchio sul divano e che le era praticamente addosso.
"Volevo... Fare una foto... A.." diede una rapida occhiata alle spalle
dell'insegnante e intravide un vaso in maioliche. "quel vaso!"
A Cameron scappò una
risata.. Non se l'era bevuta, vero?
Si certo, il vaso.
Un
vaso da pochi dollari che le aveva regalato la madre qualche settimana
prima, brutto un accidenti... E lei voleva fare una foto a quel coso?
Finse di crederci, o meglio, diede tutta l'impressione di non crederci,
ma ci passò su.
Decise piuttosto di concentrarsi su qualcosa di estremamente più interessante.
Come già aveva
notato al bar, Melanie indossava una maglia panna semplice a maniche
lunghe, con uno scollo davvero inesistente, ma attraverso cui lui
intravedeva benissimo la forma del suo seno che si alzava e abbassava
seguendo il ritmo del respiro.
Poi passò ad
osservare le clavicole leggermente sporgenti, e pensò che avesse delle
spalle davvero magre. Risalì con lo sguardo lungo tutto il collo.
Era
certo che lei lo stesse guardando allo stesso modo, ma non era questo
che gli importava. Voleva le sue labbra, e quando arrivò con lo sguardo ad esse
non potè fare
a meno di avvicinarsi ancora di più. Pochi centimetri li separavano, Cameron sentiva il
suo respiro sul suo naso, e uno strano calore gli pervase il
corpo e l'anima.
La voleva, non sapeva perché né tantomeno se lei volesse lui, ma ancora una volta non
gli importava.
Più si avvicinava e
più sentiva
il respiro di lei bloccarsi e subito dopo appesantirsi.
Le loro labbra si sfiorarono impercettibilmente fino a quando qualcosa
non interruppe quel contatto.
Un odore nauseante gli invase le narici, sovrastando quel fantastico
profumo di cannella.
Cosa stava facendo prima di avvicinarsi così a lei?
"Cazzo, il sugo!"
Erano così vicini,
stavano per baciarsi.. E lei era sicura che non si sarebbe mai
scostata.
E poi? Lui si era alzato di scatto, e non aveva capito nemmeno perché.
Non appena lui si allontanò portando con sé il forte odore di dopobarba alla quale le sue narici
non si sarebbero mai abituate, capì il motivo.
Qualcosa si era bruciato.
Si alzò per andare
in cucina, dal momento in cui dalla postazione in cui era vedeva ben
poco.
Appoggiò la testa
allo stipite della porta e sorrise guardando il suo professore nero in
viso, accigliato e in evidente disagio.
"Si è bruciato
tutto!" Sbottò appoggiandosi alla credenza.
"Non si preoccupi, la pasta in bianco è ottima!" Rise, divertita dalla situazione.
"Non c'è da ridere,
signorina. Non posso darle della misera pasta in bianco e... E niente,
ho solo la pasta!"
"Oh, è sicuramente
più di
quanto avrei mangiato io a casa, mi creda" sorrise sincera.
In effetti, Melanie mangiava davvero poco, a meno che non avesse
davanti a sé una
pizza. Quella divorava ed era capace anche di mangiarne due.
Per il resto, non andava pazza per il cibo, odiava le verdure ed amava
le carni rosse.
E quante volte per colpa del suo scarso appetito aveva litigato con i
genitori che la definivano esageratamente magra.
In parte avevano ragione, era molto asciutta, dal petto ai fianchi, i
quali però compensavano
tutta la magrezza del resto del corpo.
Era semplicemente asciutta, non "magra".
"Sei magrissima, dovresti mangiare un po' di più." sentenziò lui, tornando a guardarla.
Eh no, anche lui no!
"So come nascondere le rotondità. Si fidi, mangio anche troppo." rispose leggermente
acida.
Cam dovette accorgersene perché rispose anch'esso un po' stizzito "Le uniche "rotondità" sono quelle delle
rotelle fuori posto che ha in testa, se si considera in carne o altro."
Melanie lo fulminò con
lo sguardo ma pensò che forse era meglio cambiare discorso, perché di sicuro gli avrebbe
risposto male o altro.
Odiava quando si parlava di lei un quel modo, quando veniva etichettata
come "magrissima" e quando le veniva detto che si prendeva poca cura
della sua salute e di se stessa.
Non era affatto così,
semplicemente se aveva voglia mangiava, altrimenti no.
"Per quanto riguarda la tesina... "
"Va bene." Rispose il professore intuendo già quale fosse la domanda. "Va davvero bene. Credevo
non mi avresti chiesto niente, sai?" sorrise.
Notando
lo sguardo interrogativo della ragazza, Cam continuò. "Mi hai chiesto di
vederci per controllare i vari collegamenti, ma... Non mi hai dato modo
di parlare."
"Mi
dispiace davvero tanto! È che sono così presa dagli argomenti che... " Mel non ebbe nemmeno il
tempo di terminare la frase che si sentì afferrare il polso in una presa un po' troppo salda.
Cameron
la fisso negli occhi per qualche istante, poi la ragazza notò un sorriso
particolarmente strano farsi spazio sulle labbra dell’uomo.
Il tempo di battere le ciglia che lui era attaccato alle sue labbra,
una mano dietro la testa a spingerla verso di lui e un altra sul suo
ginocchio. Melanie rabbrividì
Quel bacio non le piacque per niente. Era un bacio rude, irruento,
niente a che vedere con i precedenti. Provò a staccarsi ma lui glielo impedì più volte e la ragazza si
spaventò non
poco.
"Era questo ciò che
volevi, no?" sputò acido con la voce roca Cameron.
Melanie inorridì e
le fece letteralmente schifo l'uomo che aveva di fronte.
Non era lo stesso con cui stava parlando fino a due minuti prima,
era... Era mostruoso.
Aveva gli occhi lucidi, un espressione in volto che Mel non seppe mai
decifrare, lo sguardo cupo e le labbra umide.
Si sentì sporca,
chiusa, a disagio. Aveva paura.
"Portami a casa."
Angolino~
Allora ragazze...questo capitolino lascia
un po' con l'amaro in bocca.
Cosa ha combinato il nostro bel Cameron? Sembrava andare tutto così
bene.
Avreste mai avuto il coraggio di Melanie a mandare il messaggio? Beh...
io no! per niente! ahahahah
Comunque, ciancio alle bande!(?) Spero che il capitolo vi sia piaciuto,
che vi abbia incuriosito e che soprattutto vi porti ad essere ansiose
per il prosssimo ><
A presto, bacini baciotti :*