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Autore: Heihei    15/03/2017    1 recensioni
TRADUZIONE
La storia è stata scritta da Alfsigesey e pubblicata su fanfiction.net in lingua inglese.
Bethyl post-finale della 4 stagione
"Nulla sarà più facile di nuovo. Scappare da Terminus, sconfiggere una mandria di vaganti, cercare provviste. Ma niente di tutto ciò sarà difficile come innamorarsi e provare a costruire una vita insieme in mezzo a tutto questo."
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Carol Peletier, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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CACCIATORI
 

 

 

 

Utilizzando la stanchezza come unità di misura, le sembrava di aver corso per circa due miglia. Se avesse continuato a tenere quel ritmo, sarebbe crollata in poco tempo. Così, decise di rallentare, ma senza concedersi di fermarsi.

Poteva solo sperare di essere riuscita a portarli lontano da Tara, Eugene e Judith. Se avessero sentito la piccola piangere, avrebbero capito che Beth non era sola, ma ne dubitava. Le era parso, infatti, che l’intera banda si fosse affrettata a seguirla. Era la cosa migliore che potesse fare per dare ai tre la possibilità di fuggire. Ora, invece, per dare una possibilità a se stessa, doveva tornare indietro facendo un percorso diverso per raggiungere il punto d’incontro prestabilito, dove i loro percorsi erano naturalmente intersecati.

Mentre si accingeva a superare una curva, incontrò tre vaganti. Si coprì la bocca con una mano per impedirsi di urlare, mentre con l’altra cercò il manico del pugnale. Inciampò all’indietro mentre quello più vicino tentava di afferrarla, ringhiando. Quando lo spinse a terra, il secondo già stava barcollando verso di lei. Il sangue schizzò fuori dalla sua orbita lacerata non appena venne trafitta dalla lama. Quando sentì il corpo cadere, si spostò e uccise freneticamente, senza alcuna grazia, il terzo vagante. Infine, doveva occuparsi del primo, che era riuscita solo a far cadere, ma non riuscì a mantenere la sua posizione perché quest’ultimo si fiondò su di lei. Lo accoltellò all’occhio, spingendo la lama in profondità, ma continuava a far gravare il suo peso su di lei e caddero insieme.

Di colpo, le ossa deboli del vagante cedettero e Beth estrasse il pugnale, facendolo scivolare verso il basso e tagliando via quel che restava del suo naso con un solo movimento. Tenendo ancora stretto il manico, sentì la sua mano scivolare dritta nella sua bocca e i suoi denti chiudersi su di essa.

Fu incapace di trattenere un urlo di dolore e frustrazione. Sembrava che stesse andando a fuoco. Il vagante era rimasto fermo con la bocca aperta proprio sulle sue bende, sul punto esatto in cui lei aveva strappato la sua stessa carne con i denti qualche settimana prima. Inizialmente, sembrava che avesse preso solo la garza, ma sentì la sua carne lacerata bruciare e il sangue fluire lentamente fuori di essa a bagnare le bende. Il vagante ottenne solo un assaggio del suo sangue prima che il pugnale gli trapassasse il cranio. Smise di muoversi, ma Beth restò per qualche secondo sotto di esso, in preda al panico e incapace di trattenere un lamento mentre cercava di liberare la mano dalle sue fauci.

Le bende erano incastrate tra i denti. Lo spinse via e le strappò nel tentativo di tirare la mano fuori dalla sua bocca. Il tessuto riuscì a mascherare il danno solo per pochi secondi, dato che venne subito invaso dal sangue. Svuotando la mente e respirando affannosamente, la tirò a sé con tutta la forza possibile.

Era messa male, malissimo. I segni dei denti del vagante erano sovrapposti a quelli dei suoi, sembrava quasi che si fossero riaperte le vecchie ferite. L’emorragia si fermò prima del previsto, ma la mano cominciò a pulsare. Il “veleno” si sarebbe diffuso lentamente e avrebbe raggiunto il cuore. Si riavvolse la ferita con parte delle bende strappate, senza sapere esattamente il perché. Alla fine, sapeva quello che doveva fare.

Se la tua mano destra è motivo di peccato...”(*), mormorò.

Almeno era la sinistra. Una piccola consolazione.

Pulì il pugnale dal sangue del vagante meglio che poté con la sua maglietta. Era l’unica cosa da fare, la sua unica possibilità.

La lama del coltello aleggiava sulle vecchie cicatrici che si era autoinflitta al polso due anni prima. Pensò al terribile momento che precedette il primo taglio. Questa volta non si trattava di morire, ma di vivere.

Beffandosi di lei, il morso continuava a pulsare rabbioso sotto la garza. La forza di volontà c’era, doveva solo afferrarla. Il suo pugnale era tagliente, poteva farlo.

Iniziò strappando l’orlo della maglietta per creare un laccio emostatico, maledicendosi per non aver indosso una cintura. Il coltello continuava a tremare nella sua mano sana.

Il rumore dello spezzarsi di un ramoscello la fece scattare in piedi.

Franco sbucò da dietro quella curva con la pistola alta, puntata verso di lei. Dall’altro lato spuntarono altri due uomini. Con la coda dell’occhio, Beth riconobbe i due fratelli che erano con loro nella jeep. Gli altri erano dietro di loro, due donne e due volti familiari.

Randal e padre Gabriel chiudevano quella sorta di fila e, a loro discolpa, avevano un’espressione inorridita.

“Getta il pugnale a terra.”

Franco alzò il cane della pistola. Beth non si mosse.

“Getta il pugnale a terra, o mangerai un proiettile.”

Sarebbe morta in ogni caso. L’avrebbero uccisa in quel momento oppure dopo aver visto che era stata morsa, sempre che lo stesso morso non la uccidesse prima di loro. Doveva esserci un modo per uscirne, ma non riusciva a trovarlo. Lentamente, adagiò il pugnale a terra, col cuore che le batteva a mille e la testa che carburava. Doveva esserci qualcosa che poteva fare, un modo per sopravvivere a quella situazione.

“Metti giù anche la pistola.”

Si mosse ancor più lentamente per poter ottenere altri preziosi secondi per pensare, ma, onestamente, non aveva idea di come uscirne.

“La benda sanguina”, disse una delle donne.

I suoi capelli, di un rosso brillante, erano legati in una treccia alla francese che le cadeva sulla schiena, Inclinò la testa, indicando la mano di Beth.

“Sei stata morsa?”, le chiese bruscamente la rossa, puntandole anche lei la pistola contro.

Franco sbuffò. “Sì, ma non da uno zombie. La piccola signorina bionda se l’è fatto da sola quando era ammanettata nell’ospedale. Si è rosicchiata la sua stessa mano come un animale.”

O non era riuscito a vedere che era fresco, o semplicemente aveva potuto pensare che la ferita si fosse riaperta. Non riuscì a valutare se il fatto che non avesse capito che era stata morsa fosse una cosa buona o no.

“Franco, per favore… non farle del male”, lo pregò padre Gabriel, alzando le mani per dimostrare che era disarmato mentre si avvicinava a loro con cautela.

“Credevo che avremmo guadagnato un pasto”, disse uno dei fratelli. “Randal, controlla il tuo prete.”

“Non l’avevo riconosciuta fino ad ora… ma l’ultima volta che ho visto questa puttanella, stava correndo nella direzione sbagliata, dritta verso una mandria di zombie affamati. Come diavolo hai fatto a uscire indenne da quel casino?” Franco la guardò dalla testa ai piedi.

Lo sguardo della rossa da confuso divenne inorridito. “Questa è la ragazza?! Quella che era stata portata fuori per diventare cibo per zombie insieme all’arciere? Sono loro quelli che hanno ucciso Brady?”

“E hanno sabotato la nostra jeep. A quanto pare, è sopravvissuta mentre i morti si mangiavano il suo fidanzato, e il tuo”, provò a indovinare Franco, alzando le sopracciglia.

“No, anche l’arciere si è salvato.” Randal parlò per la prima volta. Guardava i boschi con circospezione, come se si aspettasse che Daryl fosse nascosto da qualche parte nei paraggi.

“Non potete mangiarli”, disse poi, col volto che si fece visibilmente pallido quando affrontò lo sguardo di Franco. “Non puoi. Lei… lei è a posto. Tu non puoi… è quella che mi ha detto dove trovare lo studio veterinario. Se non l’avessimo saputo, Juno e Sophie non ce l’avrebbero fatta.”

Tese le mani verso l’uomo come a volerlo supplicare.

“Abbiamo bisogno di cibo. La torre idrica è stata ripulita, contavamo su quel posto. Non possiamo tornare al campo a mani vuote e abbiamo bisogno di un pasto per la notte”, rispose uno dei fratelli.

“Non importa”, la rossa abbassò la pistola e guardò Beth sgranando gli occhi. “Lei è forte, Franco. E’ sfuggita alla mandria, è una sopravvissuta. E se la salvassimo, la portassimo al campo e… ricominciassimo daccapo?”

No!”, gridò padre Gabriel. Quella donna aveva aperto un dibattito in cui loro erano chiaramente nel mezzo. “Niente più barbarie!”

“Non ho perso la mia fede!”

“Lascia perdere la fede, abbiamo bisogno di cibo.”

“Metà del campo se ne andrà se...”

“Non andranno da nessuna parte. Non hanno un posto dove andare.”

La sua mano morsa sembrava diventare più pesante, calda e infetta ogni secondo che passava. Beth cadde nel fango come una bambola sbilenca. Si sentiva stordita, la mente vuota e il suo respiro era l’unica cosa su cui riusciva a concentrarsi. Chiuse gli occhi, cercando di isolare le loro grida e il loro dibattito violento.

Pensò ai momenti di solitudine nel bosco con Daryl. Ricordò il calore di quando l’avvolgeva tra le sue braccia, il suo tocco feroce e gentile, deciso e provato allo stesso tempo. Doveva sopravvivere.

Qualsiasi cosa fosse successa, doveva tornare indietro. Il primo passo era amputarsi la mano. Si allungò per raggiungere il pugnale, strinse le dita attorno al manico.

Mentre gli altri discutevano con ardore, Franco la stava osservando e, quando la vide toccare la lama, accorciò le distanze tra loro, strattonandola. Le strinse la mano ferita con violenza, non riuscì a non gridare.

“Ecco la mia decisione”, gridò, “Hilly ha ragione. E’ un sacrificio perfetto e un pasto perfetto. Perché non può essere entrambe le cose? Deve essere deliziosa per essere arrivata a mangiare la sua stessa carne.”

Beth non pensava che la presa sulla sua mano ferita potesse stringersi ancora di più, ma lo fece, dopo averla spinta con la testa a terra. Con una mano teneva il braccio dritto, mentre con l’altra sfilò un lungo machete dalla sua cintura.

Cercò di prepararsi, ma non avrebbe mai potuto essere abbastanza pronta per quello che successe dopo.

Il suo gomito si aprì non appena entrò in contatto con la lama, le ossa si spezzarono e il sangue cominciò a scorrerle sul braccio. Con la faccia nel fango, gridò quando la colpì altre due volte per riuscire a tirare via la parte appena mozzata. Il resto del suo braccio, sanguinante, ricadde nel fango.

Per alcuni secondi pieni di rabbia e di sangue, fu cosciente di tutto: le grida di protesta di padre Gabriel, l’espressione traumatizzata di Randal e Franco che lanciò il suo avambraccio all’altra donna.

“Facci uno stufato o qualcosa del genere.”

 

 

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A piedi, Daryl, con Maggie e Rick, attraversava rapidamente il bosco per seguire le tracce. Se stavano parlando, non li stava ascoltando. La jeep li seguiva passo dopo passo. Erano tutti armati e pronti a combattere. Tutta la sua speranza era legata all’immagine di quella dolce piccola donna dagli occhi blu come un vetro rotto.

Se avesse detto di non aver voglia di uccidere qualcuno, avrebbe mentito. Non era proprio un desiderio giusto, ma non riusciva a trattenerlo.

Daryl di soluto non pensava a se stesso come un uomo assetato di sangue, ma aveva avuto i suoi momenti. Stranamente, sembrava ne avesse vissuti di meno da quando il mondo era finito, da quando era senza guinzaglio. Ma ora era uno di quei momenti e si era fatto completamente sopraffare da esso.

Come diavolo faceva a essere innamorata di lui? Si sentiva più una bestia che un uomo e sembrava piacerle persino quello.

L’unica cosa che poteva fare era assicurarsi che quel mostro che aveva dentro di sé gli tornasse utile. Lei ne aveva bisogno, le serviva qualcuno che uccidesse per lei.

Cercò di non pensarci, di non crogiolarsi su dove potesse essere o su cosa le stessero facendo. Avrebbe dato di matto se non avesse preso la situazione in mano.

In ogni caso, le tracce non erano d’aiuto. Il terreno sembrava urlare quello che era successo, in ogni punto. Se si fosse soffermato troppo, sarebbe impazzito per la paura e per la rabbia.

Lei conta su di te. Non è il momento di fare il pazzo. Pensa a lei. Pensa a lei.

Tentò di immaginarla così com’era di solito, così come doveva essere. Felice, giocosa, sciocca, ma saggia. Piena di tristezza, ma irradiata dalla sua stessa luce. Era un sacco di cose tutte insieme. Pensò a quando l’aveva seguita nei boschi, qualche giorno prima, per poi sorprenderla da dietro. Quando si era girata di scatto l’aveva sentita tremare tra le sue braccia e gli aveva sorriso come se fosse lui la ragione di tutta quella gioia. Pensò alla sensazione dei suoi capelli biondi tra le dita, alla sua voce che gli risuonava nella testa e pensò che sapeva d’estate.

Aveva un percorso facile da seguire. Quelli di Terminus pensavano di essere i cacciatori, quindi non si erano preoccupati di disperdere le loro tracce. Era tutto inciso nel terreno. A quel punto, avrebbero anche potuto mettere dei grandi segnali a neon che gli avrebbero indicato la strada da percorrere, sarebbe stata la stessa cosa.

Per essere più veloci, i tre rientrarono nella jeep quando la pista divenne più evidente. Greene aveva coinvolto quei bastardi in un inseguimento infernale, strisciando nel sottobosco e girando in tondo. Doveva essersi mossa rapidamente, avevano già percorso un miglio intero e le tracce erano ancora stampate a terra.

Per qualche secondo non riuscì a sentire nient’altro che paura. Immaginò di essere lei, con la tachicardia e i piedi e i polmoni che le facevano un male tremendo, che correva disperatamente, sperando di riuscire ad andarsene.

Il cuore cominciò a galoppargli in petto e grugnì ad alta voce, pizzicandosi la punta del naso. Voleva reprimere quella sensazione, ma, allo stesso tempo, doveva restarci aggrappato.

“Frena.”

Batté col pugno su un lato della jeep e iniziò a scendere prima che Tyreese recepisse il messaggio e fermasse l’auto. Maggie e Rick lo seguirono.

Finalmente, il percorso incontrò un intoppo. Era proprio quello che Daryl aspettava, anche se ne era terrorizzato. Un intoppo non poteva essere un buon segno.

A terra, c’erano tre vaganti morti e, tra i cadaveri, dei resti e del sangue fresco.

“Che… che cos’è?” La voce di Maggie tremò davanti a quello scenario.

Senza un minimo autocontrollo, Daryl si chinò a osservare quel casino e raccolse un paio di ossa pulite ancora appiccicose. La pelle lacera era stata strappata via, lasciando solo una garza insanguinata e un groviglio di corde di cuoio e bracciali.

Con quelle dita che di solito erano così controllate e delicate, Maggie sfilò maldestramente i bracciali dalla mano di Daryl.

“Oh… oh...”

La sua voce si ridusse a un borbottio nauseato. Era rimasta a bocca aperta, con il respiro corto e gli occhi lucidi.

“Maggie, forse dovresti tornare in macchina da Glenn”, le suggerì Rick, fingendo il tono più fermo che riuscisse a emulare.

Tentò di aiutarla a tenersi in piedi, ma non ne aveva bisogno. La maggiore delle Greene, infatti, si rialzò di scatto e lo afferrò per la giacca, trascinandolo indietro.

“Troveremo quegli uomini e li uccideremo. Mi hai sentita, Rick?!”

Completamente d’accordo con lei, Daryl si rialzò in piedi a sua volta e riprese il percorso, ma, dopo un paio di passi barcollanti, dovette fermarsi e aggrapparsi a un albero.

“Daryl!”

Rick lo raggiunse in un istante e gli poggiò una mano sulla spalla. Balbettava, disorientato.

“Andiamo. Sono andati di qua.”

Daryl sentì a stento a sua stessa voce, che doveva essere arrivata solo come un ringhio a Rick e Maggie.

Prima, c’erano otto coppie di impronte. Ora erano sette. Forse qualcuno la stava trasportando.

Poteva essere viva. Doveva essere viva.

La rabbia e la paura dentro di lui crebbero a dismisura e minacciavano di accecarlo, di divorarlo dall’interno. Non riusciva a percepire altro al di fuori della pista che stavano seguendo, non sapeva se Maggie e Rick fossero saliti di nuovo nella jeep o se fossero proprio accanto a lui. Non sapeva se stesse correndo o camminando, o se fosse stato spinto o sorretto da qualche forza invisibile.

Passò circa un’altra mezz’ora prima che si rendesse conto che stava ancora stringendo le sue ossa.




 

(*) "Se la tua mano destra è motivo di peccato, mozzala e gettala via, perché è meglio per te che un tuo arto perisca, piuttosto che tutto il tuo corpo sia gettato nella Geenna" è un passo della Bibbia (Matteo 5.30).

   
 
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