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Autore: myqueasysmile    15/03/2017    0 recensioni
La scuola.
Il canto.
La musica.
La famiglia.
Queste sono le cose più importanti nella vita di Elisa, ragazza diciottenne dal carattere molto introverso e complicato.
Una ragazza che adora il fratello, che spera di conoscere il suo "eroe" e che ancora non ha idea di cosa sia l'amore.
Ma poi arriva lui, completamente inaspettato, che un po' alla volta le stravolge la vita.
Forse riuscirà a farsi avvicinare da lei, lei che tende ad allontanare tutti e starsene per conto suo. O forse no.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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«Elisa?».
«Si?» risposi voltandomi verso Stefano, che stava giocando sul materassino.
«Possiamo andare un po' fuori?».
Sbirciai un attimo dalla finestra. «Va bene, ma solo finché c'è il sole» risposi alzandomi dal divano. Presi la sua giacchetta dall'attaccapanni, e quando mi raggiunse, lo aiutai ad infilarla.

«Più forte, più forteee!!».
«Ehi, più forte di così finisci sulle nuvole, Stefano!» risposi ridendo. Lo stavo spingendo sull'altalena. Ormai mi facevano male le braccia, e avevo capito che lui adorava andare sull'altalena.
«Siii, così posso volare in alto!!» esclamò lui allargando le braccia.

«Ehi, vedo lo zio!» fece qualche minuto dopo.
«Ma non c'è nessuno!» risposi guardandomi intorno.
«Perché io sto volando alto e lo vedo, e c'è anche un altro signore!» esclamò scalciando con i piedi «Eccoli!».
Spostai lo sguardo sul cancello, ed effettivamente c'erano due figure che ci stavano venendo incontro.
Rimasi senza fiato dalla sorpresa, poi le mie gambe si misero in moto e finii tra le sue braccia.
«Marco!! Perché non me l'hai detto che tornavi?» chiesi lasciandolo andare dopo qualche minuto.

«Volevo farti una sorpresa, come va?».
Sorrisi e lo presi per mano portandolo fino all'altalena, dove ora Stefano si stava facendo spingere dallo zio.
«Stefano, questo è mio fratello. Si chiama Marco!» gli spiegai.
«Ciao, fratello di Elisa!» lo salutò il biondino. «Tu sai andare sull'altalena?».
«Ma certo, io sono un mago dell'altalena!» rispose Marco.
«Vero che sto volando alto?» gli chiese «Mi spingi tu, adesso?».

«Ciao Elisa».
Mi girai a guardare il padrone di quella voce e, come sempre, rimasi prigioniera di quegli occhi stupendi.
«Ciao!» risposi dopo qualche secondo.
«Oh, bene. Temevo di essere diventato invisibile» commentò lui col suo solito sorrisetto.
"Questo risolverebbe i miei problemi" pensai.
«Scusa» risposi invece stringendomi nelle spalle, e riportando gli occhi su mio fratello «È che non me l'aspettavo proprio».

«Allora? Cosa mi racconti, sorellina?» chiese Marco dopo qualche minuto, raggiungendomi. Mi cinse con un braccio attirandomi al suo fianco.
«Cosa vuoi sapere?» chiesi tenendo d'occhio Stefano.
«Tutto. Come va la vita qui?».
«Bene, credo» risposi.
«Manca solo un mese agli esami, sei in ansia?».
«Un po', non vedo l'ora che sia tutto finito. Voglio uscire dall'orale e dire addio a tutta quella gente!» commentai sorridendo.

«Spero di non essere compreso in "tutta quella gente"» commentò il prof che evidentemente stava ascoltando.
«Sono sicuro che mia sorella non ti dirà addio, sta tranquillo» fece mio fratello assestandogli una pacca sulla spalla.
«Ci conto, visto che la sto aiutando con la tesina» rispose l'altro.
«Ehi, guardate che sono qui!» esclamai.
«Lo so bene che sei qui, sorellina» commentò Marco dandomi un bacio sulla fronte.

«Mamma e papà sanno che sei arrivato, comunque?» chiesi scrutandolo.
«Certo che lo sanno, gliel'ho detto la settimana scorsa» rispose lui con un'alzata di spalle.
Lo fissai sorpresa «Cosa?». Poi guardai il prof «Ora mi verrai a dire che lo sapevi anche tu?».
Lui sorrise divertito.
«Ti pare che avrei rovinato la sorpresa?» chiese alzando il sopracciglio.

«Bene, hai trovato qual...?».
«Non finire neanche la domanda. Nella remota possibilità in cui dovesse succedere te lo dirò io» lo interruppi.
Lui alzò gli occhi al cielo «Non vorrei dire, ma quando siamo andati a Milano, cara sorellina, perfino Morgan non ti toglieva gli occhi di dosso. E ho sentito di quel ragazzo dello staff...».
«Stai zitto!» dissi fulminandolo con lo sguardo «Allora: punto uno, Morgan guarda tutte le ragazze, quindi lui non conta. Punto due, Andrea è solo stato gentile con me. E punto tre, perché so che lo dirai, Mika è gay. Quindi non conta nemmeno lui!».
Incrociai le braccia sul petto e lo guardai con aria di sfida, dimenticandomi completamente di tutto il resto.

«Va bene, hai vinto tu» si arrese dopo qualche minuto di battaglia tra sguardi. Si voltò e tornò a spingere Stefano sull'altalena.
Sbuffai.

«Piccola Solitaria?». Sobbalzai. Mi ero del tutto scordata della sua presenza.
«Oddio. Hai sentito tutto!» esclamai guardandolo.
Lui rise.
«Non è divertente, per niente» commentai.
«Invece sì, pensavo te ne fossi accorta. Credo che tu piaccia a Tommaso».
Lo guardai spiazzata.
«E anche a te piace lui!» aggiunse lui con un tono strano.

Feci una smorfia «Non è vero!».
«Cosa?».
«Che mi piace» risposi arrossendo.
«Sei arrossita però» constatò lui osservandomi.
«È perché mi imbarazza parlare di queste cose» risposi evitando il suo sguardo.
«Ti ho visto quando ti ha abbracciata, eri tutta rossa!» disse scrutandomi.
«Questo perché sono molto timida, ma non vuol dire che mi piaccia» commentai guardandolo.
Aveva il sopracciglio destro inarcato.

«Ok» continuai alzando gli occhi al cielo «è un bel ragazzo ed è carino con me, ma non mi piace in quel modo! E poi anche quando mi abbracci tu arrossisco, quindi non vuol dire niente».
«Non ne sono così sicuro» mormorò. Poi mi passò affianco, diretto verso gli altri due. Nel farlo mi poggiò una mano sulla spalla.
«Comunque, anche oggi sei bellissima» sussurrò in tono appena udibile.

Mi girai e lo guardai allontanarsi.
L'aveva detto veramente? O me l'ero immaginata?
Rimasi impalata, cercando di capire cosa avesse esattamente detto e se fosse stata la mia mente a modificare le sue parole...
E con la prima frase a cosa si riferiva? Sicuramente a Tommaso...
E se invece sapeva di piacermi??

E quello che mi aveva sussurrato? Me l'aveva detto altre volte, riflettei, ma mai in questo modo!
Ma non poteva significare quello che volevo credere, forse era una cosa normale tra amici...
Cavolo! Mancava appena un mese di scuola, avevo già abbastanza preoccupazioni!!

«Eli! Stai bene?». Scacciai quei pensieri e alzai lo sguardo.
«Sì, perché?» risposi avvicinandomi a Marco.
«Ti ho chiamata tre volte» disse scrutandomi «Sei sicura di stare bene?».
Alzai lo sguardo e commisi l'errore di incrociare quello del prof. Ma non lasciava trasparire assolutamente niente.
Tornai a guardare Marco e annuii «Stavo solo pensando».
«Ok, allora smetti di pensare» commentò lui sorridendo «Noi adesso andiamo. Ci vediamo a casa».
«Va bene» risposi «Ciao!».

«Non voglio più andare in altalena!» esclamò Stefano venendo da me.
«Va bene, ometto. Allora rientriamo e giochiamo a qualcosa dentro, ok?».
«Sì!».

-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-

Era passata una settimana. Avevo fatto vedere la tesina che avevo completato al prof. Lui non aveva minimamente accennato a quello che mi aveva detto quel giorno. 
Anzi, si comportava come al solito. Quindi decisi che me ne sarei completamente dimenticata, sempre che non fosse stata tutta opera della mia mente malata...

La tesina andava bene. Perciò avevo un pensiero in meno. Ora restava da studiare tutto, ma fortunatamente non avremmo avuto più verifiche in quelle ultime settimane.
Il sabato della settimana seguente, invece, avremmo fatto il saggio del coro. Marco era ancora qui. Quindi ci sarebbe venuto, come mi aveva promesso ad inizio anno.
Tutto sommato procedeva bene. A parte qualche camomilla alla sera per riuscire a calmare l'ansia e a dormire.
Ormai mancava pochissimo tempo. Quest'anno era volato!

Suonò la campanella della pausa e presi, come d'abitudine, le cuffie dallo zaino.
La maggiorparte della classe uscì subito, perciò recuperai il panino dallo zaino e lo appoggiai sul banco.
Poi mi infilai le cuffie e feci partire la musica. Che però dovetti spegnere dopo qualche secondo perché Benedetta si era piazzata davanti a me e stava dicendo qualcosa, che io non sentivo.

Sbuffai e tolsi le cuffie, fermando la musica.
«Scusa, non ho sentito» dissi mostrandole la cuffia.
«Stavo dicendo che devi essere proprio strana. Te ne stai sempre qui rinchiusa da sola, in questa classe del cavolo» recitò lei.
Alzai le spalle «Mi piace stare da sola e ascoltare musica».
«L'avevamo capito» commentò Ludovica affiancando la compagna.
«Quindi? Avete bisogno di qualcosa?» chiesi vedendo comparire al loro fianco anche Stefania.
«Si, che tu sparisca "puf"» rispose la nuova arrivata.

«Vi sto dando fastidio?» chiesi corrugando la fronte.
«Sì, la tua sola presenza ci da fastidio» rispose Benedetta.
«Sei solo una povera sfigata, guardati. Il grande Marco Mengoni meriterebbe qualcosa di meglio come sorella. Tu non ne sei all'altezza. Non sei all'altezza di nessuna di noi!».
Fissai lo sguardo sul telefono, cercando di lasciarmi scorrere tutto addosso.
«Sfigata, sfigata, sfigata!!» presero a canticchiare in coro.

«Si da il caso che quella "sfigata" non senta il bisogno di andare in giro a insultare le compagne, e solo per questo motivo risulta essere meno sfigata di voi tre!» annunciò una voce, facendole sobbalzare. «Se sento qualcosa del genere un'altra volta state certe che vi beccate una nota sul registro!».
Loro tre si guardarono e se ne andarono senza dire nulla, chiudendosi la porta alle spalle.
Il tutto mentre una lacrima solitaria si faceva strada sulla mia guancia. Me la asciugai in fretta.

«Stai bene?» chiese lui avvicinandosi.
«Secondo te sto bene?» chiesi con veemenza.
«Lasciami stare» mormorai dopo qualche secondo.
Lui non mi ascoltò, ma si sedette sul banco di fianco a me e mi cinse col braccio, tirandomi verso di lui.
Mi irrigidii e cercai di liberarmi «Non puoi, ci vedono!».
Lui non mollò la presa «Non ci vede nessuno, tranquilla».

«È successo altre volte?» chiese, la mia testa appoggiata sulla sua spalla.
«Si, ma ormai manca poco. Tra qualche settimana non le vedrò più» risposi a bassa voce.
«Perché non ti difendi? Non riesco a capirlo» disse quasi parlando tra sé e sé.
«E cosa dovrei dire?» lo aggredii. Alzai la testa e cercai di allontanarmi.
Lui mi scrutò «Non ci crederai davvero a quello che dicono! Elisa, tu sei una persona bella, e una sorella fantastica per Marco. Come fai a pensare che non sia così?»
«Perché dopo un po' che te lo senti dire cominci a credere che sia vero» dissi con amarezza.

«Be', e tu non credere a loro. Io continuo a dirti che sei speciale! Credi a me!» replicò lui «Non ti mentirei mai, se ti dico una cosa è perché ne sono convinto».
«Lo so, ma non è facile» risposi torturandomi le dita.
Aspettai qualche minuto «Non dirlo a Marco. Non gli dire niente, ok?».
Lui esitò.
Lo guardai «Ti prego! Non volevo che lo sapessi nemmeno tu, non riuscirei più a parlargli...».
«Va bene. Ma se succede altro me lo vieni a dire subito».
Annuii «Non vedo l'ora che sia finita» mormorai.
«Anch'io» mormorò lui in risposta.

Lo guardai interrogativa, ma lui rimase del tutto indifferente.
«Sei bella anche mentre piangi, comunque».
«Non ho pianto, e non sono bella» replicai dopo un attimo di sorpresa. «E non serve che mi dici queste cose solo per farmi stare meglio».
«Non è quello lo scopo» mormorò lui.

«Va bene, come vuoi tu. Puoi lasciarmi ora, non ho intenzione di uccidermi».
Lui mi fissò sconcertato «Non dirlo nemmeno per scherzo!».
«Ok, va bene. Come sei suscettibile» commentai alzando un sopracciglio.
Lui mi fissò «lo fai sempre».
«Cosa?» chiesi.
«Alzare il sopracciglio, il sinistro. Lo fai spesso» spiegò lui.
«Anche tu» risposi «il destro però».
Lui rise «Va bene, abbiamo un'altra cosa in comune allora!».
  
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