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Autore: solomonty    15/03/2017    0 recensioni
Una formula matematica per salvare il mondo.
Tre amici, l'università e un giuramento.
Oliver Queen farà la sua parte.
E che c’entra quel barbuto biondo col cane?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Save the mathematician, save the world




A new start

 
Quando Gabriel Gray poggiò sul tavolo la cartellina con i suoi nuovi documenti sembrò essersi liberato del peso del mondo. Indubbiamente era grato per l’aiuto ricevuto, senza il quale ci avrebbe messo un’eternità, ma aver abbandonato la propria identità e il mondo che era stato suo fino a quel momento, lo aveva trovato spaventato e impreparato. Un conto era averlo pianificato, averne parlato, fatto congetture e un conto era vederlo messo in pratica; tutto era diventato effettivo, reale. Matthew Sandler era morto un anno e qualche tempo prima e al suo posto era nato Gabriel Gray.
Avrebbe dovuto imprimersi nella mente che era nato il quindici di agosto e non il venticinque luglio.
“Beh, almeno sei sempre del Leone… non devi sforzarti di imparare il tuo nuovo segno zodiacale… e hai fatto bene a scegliere ferragosto: è più semplice da ricordare” aveva detto Felicity con una certa ironia, sorridendo, cercando di alleggerire l’atmosfera.
Eric si guardò attorno e si rese che conto che Oliver e Martin li avevano lasciati da soli; Monty, invece, era lì con loro a cercare grattini. Quello era un momento importante, grave e privato, che giustamente dovevano condividere solo loro tre (più il cane). Guardò i suoi amici e si alzò in piedi abbandonando la poltrona, allargò le braccia e con un fantastico sorriso disse la cosa più “loro” che poteva dire: “Un GEF, per favore” sottolineando quella G a far capire che calzava a pennello esattamente come la M.
L’abbraccio a sandwitch scattò immediatamente e come d’incanto fu ristabilito l’ordine naturale delle cose. Come dice il Bardo: un nome è solo un nome. Ognuno di loro avrebbe potuto chiamarsi in qualunque modo, loro tre restavano gli stessi; erano amici e fratelli, comunque, per sempre e quel fatto non sarebbe mai cambiato.
 
“Spiegami bene” chiese Martin, appoggiando i gomiti sul tavolo fuori in giardino.
“La Queen Consolidated, la compagnia di mio padre, è fallita ed è in dismissione e ho assunto Gabriel Gray nella società commerciale che se ne occupa. È un matematico, ci sa fare per definizione, non sarà un problema” spiegò Oliver, seduto alla parte opposta del tavolo.
“È un lavoro temporaneo, però.”
“Ci vorranno mesi prima di sistemare tutta la contabilità e, nel frattempo, non solo Gabriel dovrà cercare di rifarsi una vita ma anche scegliersi il lavoro che preferisce. In ogni caso, ho abbastanza agganci per non lasciarlo solo.” La voce determinata, sicura e Marty si tranquillizzò.
“Lo accompagnerai tu?”
“Certamente: tu ed Eric dovete tornare al lavoro e Felicity è meglio che rientri alla base; divisi siamo meno rintracciabili. Presenterò Gabriel ai miei collaboratori, mi assicurerò che sia tutto a posto e poi tornerò a casa.”
“Molto bene… mi sembra tutto” concluse Marty soddisfatto.
Rimasero in giardino a godersi il sole caldo, senza dire una parola. Indubbiamente erano provati e sgomenti da quanto accaduto in quei giorni. Avevano preso decisioni importanti e si erano dati un gran da fare per aiutare quel trio coraggioso che si era messo contro il governo. Entrambi sapevano che, al posto dei ragazzi, avrebbero fatto altrettanto.
 
“Adelaide” sospirò Felicity .
“Certo che è lontana, eh?” commentò Eric guardando gli amici.
“Se mi avessero detto che sarei andato a vivere in Australia non ci avrei creduto… quasi non so com’è fatta!” La voce di Gabriel era tranquilla, quasi eccitata.
“L’importante è che tu sia al sicuro e lì lo sei, il resto conta poco.” Felicity Smoake era tutt’altro che eccitata; sapeva che il suo amico sarebbe stato lontano, tanto tanto lontano, e che sarebbe passato un bel po’ di tempo prima di poterlo rivedere ancora. Si sentì un po’ egoista, ma ci avrebbe fatto i conti più tardi, una volta tornata a casa, al telefono con Eric, sapendo che lui l’avrebbe tranquillizzata. Ognuno di loro aveva il proprio ruolo e se lei era quella che cercava di smorzare la tensione, Eric era quello sempre preoccupato ma che riusciva, in un modo o nell’altro, a cavarsi d’impaccio. Matt era quello da difendere, quello in pericolo, quello che doveva pensare soltanto a nascondersi, senza altri pensieri; i suoi due amici si preoccupavano per lui e cercavano di rendergli la vita il più semplice possibile.
Ora erano quasi giunti alla fine, al termine di quel viaggio durato una vita. Sentire incombere la parola “fine” faceva un po’ di effetto…
 
Il pranzo non era stato spensierato come la cena della sera prima.
Neanche Marty, sempre pronto ad alleggerire le situazioni, aveva lanciato qualche battuta. Aveva scoperto quel segreto tanto importante e, ancor di più, la vita privata del suo collega occhialuto. Mai avrebbe pensato che fosse capace di tanto e stava lì a guardarlo spiluccare cibo e aveva una gran voglia di dirgli quanto fosse fiero di lui, quanto lo invidiasse per avere degli amici così fidati. Guardò i tre ragazzi che si facevano sorrisi, che si toccavano e accarezzavano ora una spalla ora una guancia, che si promettevano impossibili vacanze estive insieme e si dicevano progetti futuri. Sentì un groppo in gola; sapeva bene cosa significasse lasciar andare il proprio amico del cuore per garantirgli sicurezza: lui aveva dovuto rinunciare a Ray, il suo amico fraterno che aveva testimoniato contro un potente cartello della droga e che era sparito nella protezione testimoni; per quel che ne poteva sapere, non lo avrebbe mai più visto.
I pensieri di Ollie erano gli stessi. In un modo o nell’altro era irrimediabilmente lontano dagli amici che più di altri avevano fatto parte della sua vita: Tommy, morto per mano del proprio padre e Slade, che era stato capace di portare il concetto di vendetta a uno stadio irraggiungibile. Anche altri amici avevano allungato quell’elenco infausto e la sua sanità mentale era rimasta aggrappata alla giovane donna che gli sedeva accanto. Si disse che sì, l’amicizia era qualcosa di tanto delicato ma anche tanto forte, che bisognava lottare per mantenerla viva e brillante. Quei tre giovani, che avevano attraversato l’inferno, avevano resistito e sarebbero rimasti uniti per sempre. E con grande soddisfazione, si sentì felice di sedere a quel tavolo.
 
Oliver pagò i biglietti aerei con la propria carta di credito; a qualsiasi controllo li avrebbe esibiti e altrettanto avrebbe fatto Gabriel con la sua lettera di assunzione. Era tutto a posto, tutto pronto.
Bisognava soltanto andare al LAX e partire con l’aereo delle 18.30; bisognava salutarsi lì, dirsi buona fortuna e non voltarsi indietro.
“Ci contatteremo al solito, piccolo” le mani di Felicity sulla barba di Gabriel, gli occhi negli occhi.
“Tra qualche giorno, mammina” la rassicurò lui sorridendo.
“Mi mancherai” grugnì Eric a mascherare la forte emozione.
“Anche tu, quattrocchi… e non guardarmi così, che mi viene da piangere.” Gabe lo sgridò affettuosamente mettendogli una mano sugli occhi.
“Scusatemi, ma dobbiamo andare” si intromise Oliver prendendo la giacca appoggiata allo schienale di una sedia.
“È ora, forza” disse Eric. Appoggiò le mani sulle spalle dei suoi due amici e fece per avvicinarsi alla porta d’ingresso.
Felicity gli scivolò via girando su se stessa.
“Aspettate” la voce come un trillo, squillante, allegra. Prese la bottiglia da sopra al tavolo e svitò il tappo. “Tequila!” affermò seria e Martin rise a bocca aperta.
Brindarono con uno shot a testa dopo aver fatto tintinnare i bicchieri l’uno contro l’altro.
“E per finire un primo e unico GEFMO, per favore!” disse ancora.
“Cosa?”
“Ma sì, un abbraccio sandwitch tutto nostro” spiegò a Marty.
“Non le faccio certe cose” sentenziò serio Ollie agitando una mano.
“Oh, sì che le fai” replicò il detective e forte delle proprie leve lunghe lo spinse in mezzo a loro, di fronte a Felicity, circondando il resto del gruppo come poté.
Si abbracciarono per un momento lunghissimo, dove non c’erano più braccia, scarpe col tacco, dreads, occhiali e ciuffi biondi; c’erano cinque amici, stretti in un legame indissolubile.
 
Sulla soglia della porta Gabe s’inginocchiò per salutare il cane. “Ciao, Monty, è stato bello conoscerti” e gli fece tanti grattini che vennero ricompensati con baci e colpi di coda.
Oliver si avvicinò a Felicity sorridendo. “Stai tranquilla… ti chiamo appena arriviamo.”
“Aspetterò” disse lei seria.
“Tu sei una pazza, Felicity Smoak” sospirò mostrando tutta la meraviglia per quello che gli aveva fatto vivere in quei giorni.
“Mi ami per questo” gli rimandò indietro sicura, stampandogli un bacio sulle labbra.
Neanche un minuto dopo, uno dei suoi più grandi amici e il suo amore erano scomparsi dietro la porta chiusa.
 
La casa nel bosco, chatroom.
Nonnina: devi raccontarmi di quella ragazza, capito?
Cacciatore: ti ho già detto che non mi interessa.
LupoCattivo: non ci credo neanche se ti vedo.
Cacciatore: ma dai, assomiglia a un canguro!
Nonnina: ah, è una saltatrice in alto?
Cacciatore: macché…
LupoCattivo: vuoi dire che ha una tasca sulla pancia?
Cacciatore: che ne so, non mi sono informato ma tutto può essere.
Nonnina: chissene importa, ti sento felice.
Cacciatore: lo sono, stellina.
LupoCattivo: i tuoi studenti ti prendono sul serio?
Cacciatore: come no… beh, qualcuno sì.
LupoCattivo: pensi che continuerai con le supplenze?
Cacciatore: oddio no, spero mi diano una cattedra: mi piace insegnare geometria.
Nonnina: c’è qualche collega interessante?
Cacciatore: smettila, non pensi ad altro…
Nonnina: sono felice, stellina.
Cacciatore: mi sembra di vederti.
LupoCattivo: a me piace la mia collega, se vi interessa.
Nonnina: ma chi, la genia?
LupoSolitario: lei, lei.
Cacciatore: e il tuo amico che dice?
LupoSolitario: non mi dà tregua… e andiamo sempre a surfare.
Nonnina: che bello!
LupoSolitario: già, bellissimo.
Cacciatore: io sto imparando… un po’ troppo lentamente, ma ho un’insegnate paziente.
Nonnina: è una femmina? dai, dimmi che è una femmina…
Cacciatore: non ti sopporto più, per oggi… ci sentiamo la settimana prossima.
LupoSolitario: il quadrupede dice “bau”.
Nonnina: io dico “miao”.
Cacciatore: io dico “ciao”.
 







 
È finita!
Grazie a heartbreakertz e al suo contest “Concludi la tua long e ricevi un premio!” per la spinta.
Tante cose sono successe da quando ho iniziato questa storia: alcune belle, altre davvero tanto brutte… di certo ho avuto da fare, disfare, arrivare, ripartire, traslocare e via così. È stato un lungo viaggio.
Non è mai stata mia intenzione scrivere una storia spy. Volevo far interagire questi cinque personaggi, mischiare le carte, divertirmi con loro. L’ho fatto e sono contenta.
La faccenda dei silos mi è servita per dipanare questa storia; quello che volevo raccontare era l’amore e l’amicizia.
Spero vi sia piaciuta.
Monty
I ricordi di Martin e di Oliver, rispettivamente Ray e Tommy e Slade, sono veri.



Disclaimer: Gabriel Gray, Felicity Smoak, Eric Beale, Oliver “Ollie” Queen, Martin “Marty” A. Deeks, Monty, la Queen Consolidated, Ray Martindale, Tommy Merlyn e Slade Wilson non li ho inventati io.
  
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