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Autore: Stella Dark Star    16/03/2017    2 recensioni
Per Andrea Pazzi e Lucrezia Tornabuoni è amore a prima vista quando s’incontrano nella basilica di San Lorenzo durante il funerale di Giovanni de’ Medici. Il problema è che entrambi sono sposati e per di più le loro famiglie sono nemiche naturali. Ma questo non basterà a fermarli. Tra menzogne e segreti, l’esilio a Venezia cui lei prenderà parte e il ritorno in città della moglie e i figli di lui, sia Andrea che Lucrezia lotteranno con tutte le loro forze per cercare di tenere vivo il sentimento che li lega. Una lotta che riguarderà anche gli Albizzi, in particolar modo Ormanno il quale farà di tutto per dividerli a causa di una profonda gelosia, fino a quando un certo apprendista non entrerà nella sua vita e gli farà capire cos’è il vero amore.
Consiglio dell'autrice: leggete anche "Delfina de' Pazzi - La neve nel cuore", un'intensa e tormentata storia d'amore tra la mia Delfina e Rinaldo degli Albizzi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Prologo
Il giaggiolo bianco
 
Il sole splendeva radioso nel cielo limpido e azzurro, nell’aria tiepida c’era un delicato aroma di fiori. Non avrebbe potuto essere una giornata migliore per tornare a Firenze dopo quasi un anno di esilio nella città splendida, ma odorosa di pesce, qual era Venezia. Lucrezia aveva pregustato per tutto il viaggio il piacere che l’attendeva, ovvero di poter mangiare di nuovo alla propria tavola e di poter dormire nel proprio letto.
La vita a Venezia, con le sue infinite e pittoresche feste da ballo e in maschera, le aveva fatto vivere un sogno ad occhi aperti, che però poi si era tramutato in un incubo a causa di Jacopo, figlio del Doge e schiavo del vino, il quale si era rivelato un individuo meschino e villano. Talvolta ripensava a quella maledetta sera e le sembrava di sentire ancora le sue mani sudaticce addosso e il suo alito pesante contro il viso. Grazie a Dio non lo avrebbe mai più rivisto e tanto le bastava. Scacciò il pensiero dalla mente e si dedicò invece alla bella vista che si presentava fuori dalla carrozza. Le strade di Firenze erano gremite di persone sorridenti che gridavano a gran voce il nome dei Medici e che li accoglievano calorosamente. Donne e fanciulle portavano mazzi di fiori tra le braccia e altre ancora avevano cesti colmi di petali da cui i bambini attingevano a piene mani per poi lanciarli in aria. E quei petali volteggiavano e danzavano leggiadri fino a quando non ricadevano a terra. Lucrezia non mancava di sorridere e di fare cenni col capo a tutti quelli che la salutavano e le davano il bentornato.
“E’ un bene che il popolo ci accolga con tanto calore.”
A parlare era stato Piero, seduto accanto a lei in quella carrozza che condividevano da soli, poiché Cosimo e Lorenzo avevano preferito affrontare il viaggio a cavallo.
Lucrezia si voltò a guardare il marito, il suo sguardo era rivolto all’esterno, aveva un gran sorriso sul volto e agitava con entusiasmo la mano per salutare il popolo in festa. Piero aveva buon cuore e in momenti come quello appariva come un bambino, cosa che fece sorridere Lucrezia.
“Madonna, Madonna!”
Lei si voltò rapidamente e vide una bimba, dal viso tondo incorniciato da folti ricci biondi, che teneva il braccio sollevato per porgerle un fiore e nel contempo camminava per stare al passo con la carrozza.
“Per voi, Madonna.”
Lucrezia prese il delicato giaggiolo dai petali di un bel bianco candido e sorrise gentile: “Ti ringrazio, piccola! Questo è il mio fiore prediletto!”
“E’ da parte di quel signore. E’ stato gentile, mi ha anche dato una moneta.” E detto questo smise di camminare e puntò il dito in una direzione non ben definita.
Lucrezia spaziò lo sguardo, chiedendosi chi potesse essere il misterioso uomo che aveva avuto la gentilezza di farle quel dono. Nella folla non vide altri che popolani di cui non conosceva il nome, fino a quando il suo sguardo non venne catturato da una figura che se ne stava in disparte dietro a tutti. Schiena poggiata al muro e braccia incrociate al petto, aveva gli occhi puntati su di lei, con quello sguardo che aveva il potere di lasciarla senza fiato.
Si ritrovò a labbra socchiuse, per poco non pronunciò il suo nome, ma per fortuna il buonsenso la salvò in tempo. Se Piero avesse udito lei sarebbe stata perduta. Ma anche se non poteva pronunciare il nome che amava, non significava che non potesse comunicare in alcun modo. Tenendo tra due dita il gambo in gesto signorile, sollevò con grazia il giaggiolo bianco fino a quando i petali non le sfiorarono le labbra in una sorta di carezza quasi sensuale.
Avrebbe dovuto capire che era stato lui a farglielo avere, l’uomo che aveva reso quel fiore il simbolo del loro amore. Oltre che un gesto romantico, era stata una scelta astuta visto che quel particolare tipo di fiore era il simbolo di Firenze, e per questo nessuno si sarebbe mai insospettito nel vederla ricevere un giaggiolo, soprattutto nei giorni di festa e nelle occasioni speciali. Eppure, quel fiore dai petali candidi, talvolta per loro sembrava tingersi di nero quando si ritrovavano a fare i conti con la dura realtà, con l’inganno che portavano avanti da lungo tempo alle spalle dei loro cari e con la consapevolezza che il loro amore era causa di sofferenza anche per loro stessi. Ma in quel giorno di festa, in quel preciso momento, mentre i pensieri di Lucrezia le riempivano la mente, i suoi occhi non si staccarono un solo istante da quelli dell’uomo che amava. L’uomo che aveva conquistato il suo cuore fin dal loro primo incontro. Quell’uomo era Andrea de’ Pazzi.
  
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