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Autore: HolyBlackSpear    16/03/2017    0 recensioni
Sentì il proprio corpo venir premuto contro al muro, le sue labbra ruvide e indelicate che si attaccarono alle proprie senza alcuna cura. La sua bocca sapeva di un misto insalubre di alcool e fumo, un sapore secco e amaro che normalmente gli avrebbe dato il voltastomaco e che ora, inspiegabilmente, gli giungeva oltremodo gradito.
Con una mano affondata fra i suoi capelli e l’altra contro alla sua nuca, quasi pronta a graffiarlo, Faith non sapeva più distinguere cosa fosse reale da cosa, invece, stesse accadendo solo nella sua testa.
Avevano bevuto troppo. Quella era l’unica certezza che aveva.
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Charon x Faith | Crack Shipping
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: PWP
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one night stand

Note: Charon x Faith | R-Arancione
Parole: 2067
Avvertimenti: CrackShipping

 

One Night Stand.
{my first, my last?}

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Sentì il proprio corpo venir premuto contro al muro, le sue labbra ruvide e indelicate che si attaccarono alle proprie senza alcuna cura. La sua bocca sapeva di un misto insalubre di alcool e fumo, un sapore secco e amaro che normalmente gli avrebbe dato il voltastomaco e che ora, inspiegabilmente, gli giungeva oltremodo gradito.
Con una mano affondata fra i suoi capelli e l’altra contro alla sua nuca, quasi pronta a graffiarlo, Faith non sapeva più distinguere cosa fosse reale da cosa, invece, stesse accadendo solo nella sua testa.
Avevano bevuto troppo. Quella era l’unica certezza che aveva mentre la testa gli girava a causa della mancanza di ossigeno. Eccola, l’aria, non appena Charon scostò il suo capo. Ne venne privato nuovamente in fretta, tuttavia, quando avvertì la sua bocca famelica calare lungo il proprio colpo, serrandogli d’un sol colpo qualsiasi accesso ai polmoni. Sentì la sua barba stupida e mal tagliata grattare contro al proprio pomo d’Adamo, mentre i suoi denti affondavano nella pelle fin troppo chiara per lasciare un segno. Non controllò il suono che lasciò la sua gola e che parve giunger gradito, a giudicare dal grugnito di approvazione che sentì arrivare dal biondo e dal modo in cui le sue mani scesero, passando dai fianchi ai propri glutei senza che /volesse/ nemmeno fermarlo.
Era sbagliato. Non tanto per l’atto in sé, quanto più per la persona con cui stava succedendo. Non era un mistero che al Sergente piacessero le donne, quindi perché si erano letteralmente saltati addosso dopo essersi scolati qualche birra, perché la sua bocca era l’unica cosa che aveva desiderato dall’inizio della serata?
Oh, la sua passione risaliva a ben prima. Icelar era stato il primo a sostenere che l’amore in guerra fosse un intralcio e che soddisfare i propri bisogni corporali fosse da animali incivili. Quindi come giustificare il sentimento che era nato nel suo petto contro la propria volontà nei confronti di quel gorilla senza cervello, come giustificarlo ora mentre si aggrappava alle sue spalle e lo aiutava a slacciare la propria camicia?
Si sentì gemere, quando la bocca dell’uomo trovò la propria strada nella scollatura che era riuscito ad aprire, un brivido che lo attraversò da capo a piedi. Era la sua prima esperienza, dettata anche dalla giovane età, e la stava sprecando con l’uomo peggiore sulla faccia della terra. Eppure non avrebbe cambiato nulla, né lo avrebbe fermato se anche fosse stato sufficientemente lucido per farlo. Inconsciamente, già da tempo aveva sperato che scattasse quella scintilla, che si aprisse un improbabile incendio e che, invece che le solite prostitute, Charon provasse improvvisamente un’incontrollabile passione per lui. Era vergognoso, lo sapeva, avrebbe voluto nascondersi per ciò che provava. Ma era così e non poteva negarlo, non ora che le proprie mani lo imploravano, palesi, di non staccarsi dalla propria pelle.
Il più anziano alzò gli occhi verso il Colonnello, le sue iridi liquide di desiderio e di qualcosa  che il moro non avrebbe saputo decifrare. Lo vide scagliare via la maglia che aveva addosso senza cura alcuna, prima di rimpossessarsi delle proprie labbra, con tanta decisione da fargli quasi male. Non lo fermò, né ebbe la minima intenzione di farlo. Assecondò invece il suo movimento, mordendo il suo labbro inferiore fin quasi a tagliarlo.
Si era immaginato una cosa romantica, nella propria mente, ma ora capiva quanto fosse stato ingenuo. Con Charon non esisteva nulla di simile, e doveva ammettere che quel modo rude di agire gli si addiceva molto di più, fungendo solo da amplificatore alla propria eccitazione.



Senza controllo. Così avrebbe definito Faith quando lo aveva attirato a sé per il primo bacio, quando lo aveva implorato per il secondo e gli si era letteralmente avvinghiato addosso per il terzo. Non era bastato l’alcool a mandarlo fuori gioco, perché aveva una grande resistenza costruita negli anni. Il moro, al contrario, doveva aver perso letteralmente la testa, a giudicare da ciò che stava facendo.
Egoisticamente, però, non si era fermato. Lo aveva assecondato, lo aveva baciato, proprio come in quel momento, mentre premeva il corpo al suo e vi si strusciava contro, sospirando nella sua bocca a causa della frizione eccessiva dei loro vestiti ora decisamente superflui.
Non fece preamboli, perché non li desiderava e in quel momento non riusciva nemmeno a trattenersi, con le labbra del più giovane che avevano preso a perdersi lungo al proprio collo, scivolando fino alla gola. Scese a toccarlo fra le cosce, in un gesto indelicato e ruvido che non parve dispiacergli. Lo sentì tendersi, lo vide fremere mentre alzava i fianchi contro alla sua mano, lasciandogli avvertire ancora di più quanto desiderasse lui e il suo tocco. Ah, maledetto Colonello, avrebbe finito per fargli perdere la testa. Già ne aveva poca, se poi doveva dire addio anche a ciò che gli rimaneva…
Qualche istante sopra i vestiti, la pazienza che se ne andava ed ecco che scostava malamente la cintura per poterlo toccare senza aver della stoffa fra i piedi. L’aveva osservato mentre reclinava il capo contro al muro e si inarcava, sospirando senza fare in tempo a mordersi le labbra. Bello, più di qualsiasi altra donna avesse mai potuto avere, con le guance rosse e gli occhi grigi appena socchiusi per guardare quello che stava facendo. Bello e irraggiungibile nello sprezzo con cui di solito lo guardava, nel fastidio evidente che provava nei suoi confronti. Così diligente, così dedito al proprio lavoro e alla disciplina, come avrebbe mai potuto sperare di avvicinarlo? Lui che amava divertirsi, ubriacarsi, fare sesso e dimenticarsi dello schifo che avevano attorno?
Mosse la mano in un gesto deciso e quasi rozzo, provando un improvviso moto di fastidio. Sarebbe stata la prima e l’unica volta in cui avrebbe potuto averlo così, solo per sé, in un lato così umano da far quasi paura. Che potesse essere almeno una cavalcata coi fiocchi, se proprio l’occasione doveva essere irripetibile.



Non ricordava molto bene quel che era successo, ad essere sincero. Sapeva che la bocca del biondo era scesa, peccaminosa, a fare cose imbarazzanti che aveva sperato di vedere solo nei propri sogni. Ricordava la sensazione della sua lingua bollente addosso, dei suoi capelli sotto alle dita mentre lo spingeva verso il proprio corpo, una mano premuta sulla bocca per non lasciar intendere quanto gli stesse piacendo.
Ricordava di averlo pregato di fare qualcosa, poco prima di essere sollevato contro al muro e di avvertire la sua presenza dolorosa e ingombrante all’interno del proprio corpo. Non si era fermato nemmeno di fronte al male, muovendosi lui stesso contro al suo bacino, le mani puntellate contro alle sue spalle decisamente più grandi e forti delle proprie.
Era certo di averlo graffiato, nell’atto, perché lo aveva sentito mugugnare in disappunto prima di venir morso a propria volta, vicino alla base del collo, in un misto lussurioso di piacere e dolore di cui si sarebbe vergognato solo in seguito.
Il resto si era perso nella nebbia della sua mente, nei fumi dell’alcool e dell’eccitazione. Non c’era nessun momento nitido nella propria memoria se non lampi di sensazioni. Il sapore della sua lingua, il palmo ruvido della sua mano che lo sollevava per le cosce, il suono del suo corpo che si muoveva contro al proprio.
Raggiungere l’apice era stato un po’ come perdere i sensi. I ricordi finivano in maniera brusca e senza preavvisi, lasciandolo con solo il rumore rauco del respiro affannoso dell’uomo nelle orecchie e i loro corpi che tremavano, premuti assieme oltre il limite consentito.



Quando si era svegliato, con la testa che doleva e il corpo ancora frastornato da ciò che era successo la sera prima, se l’era ritrovato stretto fra le braccia.
Lo aveva osservato, dopo i primi istanti di confusione, concedendosi di essere delicato, sebbene andasse contro la propria natura, almeno ora che stava dormendo. Gli accarezzò il viso, avvertendo la pelle bruciare sulle spalle e sulla schiena quando allungò la mano per sfiorarlo. Ah, sì, ricordava le sue unghie nella pelle mentre affondava in lui e lo faceva urlare.
Era strano osservarlo così, come tutti i giorni, dopo averlo guardato la sera prima gemere e tendersi indecentemente. Ma poterlo avere al proprio fianco, ancora per qualche momento, significava per lui una grande cosa.
Probabilmente se ne sarebbe andato il moro per primo. Si sarebbe alzato, Faith, rivestendosi con fretta e imbarazzo prima di scivolare fuori dalla porta e non parlargli mai più. Pregò di no, Charon, mentre avvicinava le labbra a quelle del più giovane e si allungava per baciarle, osservando appena prima i segni che gli aveva lasciato addosso con una certa soddisfazione.
Doveva finire così, dunque? Una nottata, un solo momento di folle impeto, prima che anche il loro rapporto di collaborazione lavorativa andasse in frantumi?
Forse era quello che si meritava. Per essere un coglione senza cervello, per essere uno stronzo a cui interessava solo bere, ingozzarsi e scopare. Per non aver mai avuto il coraggio di dirgli nulla di quello che provava, cercando di soffocarlo il più possibile nel corpo delle donne con cui andava, nel disperato tentativo di dimenticarlo perfino lui. Di non esserne più imbarazzato.
Sorrise, amaramente, chiudendo gli occhi quando sentì che stava per svegliarsi. Perlomeno poteva sperare che quei segni sulla schiena diventassero cicatrici.



Era successo proprio come il Sergente si era immaginato, almeno in parte. Si era svegliato, realizzando cosa era successo la notte prima nel vedere i loro corpi nudi sotto alla stessa coperta, i segni dei graffi e dei morsi visibili su entrambi.
Si era tirato su con disagio, ignorando il fastidio che provava alla schiena e più in basso a causa di ciò che avevano fatto, raccattando i propri vestiti per infilarseli con una certa fretta. Aveva timore che si svegliasse di colpo, il biondo, che lo guardasse con disgusto e si schifasse nel pensare alla passione che avevano condiviso la sera prima. Preferì dunque scivolare via il prima possibile, vergognandosi del desiderio di restare lì, fra le sue braccia, di nascondersi contro di lui e di godersi ancora un po’ la sensazione del suo petto tiepido e nemmeno rasato contro al viso.
Forse era una ragazzina, forse la pensava così solo perché era stata la sua prima volta e si era immaginato qualcosa di dolce e in qualche modo sentimentale.
Illuso, si sarebbe detto, se solo non fosse stato impegnato ad andarsene senza fare rumore, il viso in fiamme dopo aver notato i graffi che gli aveva lasciato sulla schiena. Probabilmente Charon avrebbe fatto il possibile per dimenticare quanto avevano condiviso.



Avevano fatto due giorni interi a non parlarsi. Semplicemente o uno o l’altro aveva saltato gli appuntamenti dove sapevano esserci l’altro, e avevano ridotto al minimo gli spostamenti per non incrociarsi erroneamente per i corridoi.
Quella sciocca situazione di stallo, tuttavia, era dovuta terminare in fretta. Un incontro generale li aveva costretti ad incontrarsi e nessuno dei due era riuscito a fare a meno di guardare l’altro, nel corpo della riunione, alla ricerca di qualcosa, fosse uno sguardo, un indizio, un segno che ancora indugiava sulla pelle.
Parlarsi, al termine di essa, era stato quasi un obbligo. Non perché qualcuno li avesse costretti, ma perché si erano alzati tutti ed erano rimasti solo loro, nella stanza, a guardarsi negli occhi proprio come quella sera, senza riuscire a dire una parola.
Era stato lui, Charon, a trovare il coraggio. Forse era l’età, forse l’esperienza, forse il desiderio di risolvere quel fastidio che provava nel petto e che era per lui così inusuale.
«…Un giorno o l’altro potremmo farci ancora una bevuta assieme, se ti va.»
Le implicazioni erano evidenti, i doppi sensi palpabili, sebbene intuibili solo da loro due. Si aspettò di vedere il moro alzarsi furioso e andarsene, invece in risposta ottenne solo uno sguardo colpo di sorpresa. E un sorriso, poco dopo, così dolce da apparire quasi sbagliato, sul suo viso solitamente tanto spietato e sotto gli occhi grigi come il metallo con cui combattevano.
«Se a te va bene, cretino, va bene anche a me.»
Che fosse una promessa o no, il Sergente non seppe dirlo. Ma nessuno poté fermarlo dall’alzarsi in piedi, dopo aver ricambiato il suo sorriso, fino a raggiungere il ragazzo di fronte a sé.  Non una parola, come quel giorno, non altro che non fosse il silenzio.
Lui abbassò il viso, Faith alzò il proprio.
Nel bacio tanto dolce che si scambiarono c’era tutto ciò che loro, a parole, non avrebbero saputo dire.



{Post Scriptum:

È forse la prima volta che scrivo di una Crack Shipping, ma ahimé non sono riuscita a trattenermi! Charon e Faith sono due personaggi estremamente secondari all’interno del gioco e presenti per un breve istante all’interno del manga. Nulla, però, ha potuto fermare me e Seiishiru dall’immaginare come questi due avrebbero potuto interagire, essendo colleghi stretti e avendo due caratteri profondamente differenti.
Non si sa come, ma ne è uscita la ship. E in onore di questa miracolosa produzione, ho deciso di dedicarvi una fic è3è

   
 
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