Note: Charon x Faith | R-Arancione
Parole: 2067
Avvertimenti: CrackShipping
{my first, my last?}
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Sentì il proprio corpo venir premuto contro al muro, le sue labbra ruvide e
indelicate che si attaccarono alle proprie senza alcuna cura. La sua bocca
sapeva di un misto insalubre di alcool e fumo, un sapore secco e amaro che
normalmente gli avrebbe dato il voltastomaco e che ora, inspiegabilmente, gli
giungeva oltremodo gradito.
Con una mano affondata fra i suoi capelli e l’altra contro alla sua nuca, quasi
pronta a graffiarlo, Faith non sapeva più distinguere cosa fosse reale da cosa,
invece, stesse accadendo solo nella sua testa.
Avevano bevuto troppo. Quella era l’unica certezza che aveva mentre la testa
gli girava a causa della mancanza di ossigeno. Eccola, l’aria, non appena
Charon scostò il suo capo. Ne venne privato nuovamente in fretta, tuttavia,
quando avvertì la sua bocca famelica calare lungo il proprio colpo, serrandogli
d’un sol colpo qualsiasi accesso ai polmoni. Sentì la sua barba stupida e mal tagliata
grattare contro al proprio pomo d’Adamo, mentre i suoi denti affondavano nella
pelle fin troppo chiara per lasciare un segno. Non controllò il suono che
lasciò la sua gola e che parve giunger gradito, a giudicare dal grugnito di
approvazione che sentì arrivare dal biondo e dal modo in cui le sue mani
scesero, passando dai fianchi ai propri glutei senza che /volesse/ nemmeno
fermarlo.
Era sbagliato. Non tanto per l’atto in sé, quanto più per la persona con cui
stava succedendo. Non era un mistero che al Sergente piacessero le donne,
quindi perché si erano letteralmente saltati addosso dopo essersi scolati
qualche birra, perché la sua bocca era l’unica cosa che aveva desiderato dall’inizio
della serata?
Oh, la sua passione risaliva a ben prima. Icelar era stato il primo a sostenere
che l’amore in guerra fosse un intralcio e che soddisfare i propri bisogni
corporali fosse da animali incivili. Quindi come giustificare il sentimento che
era nato nel suo petto contro la propria volontà nei confronti di quel gorilla
senza cervello, come giustificarlo ora mentre si aggrappava alle sue spalle e
lo aiutava a slacciare la propria camicia?
Si sentì gemere, quando la bocca dell’uomo trovò la propria strada nella
scollatura che era riuscito ad aprire, un brivido che lo attraversò da capo a
piedi. Era la sua prima esperienza, dettata anche dalla giovane età, e la stava
sprecando con l’uomo peggiore sulla faccia della terra. Eppure non avrebbe
cambiato nulla, né lo avrebbe fermato se anche fosse stato sufficientemente
lucido per farlo. Inconsciamente, già da tempo aveva sperato che scattasse
quella scintilla, che si aprisse un improbabile incendio e che, invece che le
solite prostitute, Charon provasse improvvisamente un’incontrollabile passione
per lui. Era vergognoso, lo sapeva, avrebbe voluto nascondersi per ciò che
provava. Ma era così e non poteva negarlo, non ora che le proprie mani lo
imploravano, palesi, di non staccarsi dalla propria pelle.
Il più anziano alzò gli occhi verso il Colonnello, le sue iridi liquide di
desiderio e di qualcosa che il moro non
avrebbe saputo decifrare. Lo vide scagliare via la maglia che aveva addosso
senza cura alcuna, prima di rimpossessarsi delle proprie labbra, con tanta
decisione da fargli quasi male. Non lo fermò, né ebbe la minima intenzione di
farlo. Assecondò invece il suo movimento, mordendo il suo labbro inferiore fin
quasi a tagliarlo.
Si era immaginato una cosa romantica, nella propria mente, ma ora capiva quanto
fosse stato ingenuo. Con Charon non esisteva nulla di simile, e doveva
ammettere che quel modo rude di agire gli si addiceva molto di più, fungendo
solo da amplificatore alla propria eccitazione.
≈ ≈
Senza controllo. Così avrebbe definito Faith quando lo aveva attirato a sé per
il primo bacio, quando lo aveva implorato per il secondo e gli si era
letteralmente avvinghiato addosso per il terzo. Non era bastato l’alcool a
mandarlo fuori gioco, perché aveva una grande resistenza costruita negli anni.
Il moro, al contrario, doveva aver perso letteralmente la testa, a giudicare da
ciò che stava facendo.
Egoisticamente, però, non si era fermato. Lo aveva assecondato, lo aveva
baciato, proprio come in quel momento, mentre premeva il corpo al suo e vi si
strusciava contro, sospirando nella sua bocca a causa della frizione eccessiva
dei loro vestiti ora decisamente superflui.
Non fece preamboli, perché non li desiderava e in quel momento non riusciva
nemmeno a trattenersi, con le labbra del più giovane che avevano preso a
perdersi lungo al proprio collo, scivolando fino alla gola. Scese a toccarlo
fra le cosce, in un gesto indelicato e ruvido che non parve dispiacergli. Lo
sentì tendersi, lo vide fremere mentre alzava i fianchi contro alla sua mano,
lasciandogli avvertire ancora di più quanto desiderasse lui e il suo tocco. Ah,
maledetto Colonello, avrebbe finito per fargli perdere la testa. Già ne aveva
poca, se poi doveva dire addio anche a ciò che gli rimaneva…
Qualche istante sopra i vestiti, la pazienza che se ne andava ed ecco che
scostava malamente la cintura per poterlo toccare senza aver della stoffa fra i
piedi. L’aveva osservato mentre reclinava il capo contro al muro e si inarcava,
sospirando senza fare in tempo a mordersi le labbra. Bello, più di qualsiasi
altra donna avesse mai potuto avere, con le guance rosse e gli occhi grigi
appena socchiusi per guardare quello che stava facendo. Bello e irraggiungibile
nello sprezzo con cui di solito lo guardava, nel fastidio evidente che provava
nei suoi confronti. Così diligente, così dedito al proprio lavoro e alla
disciplina, come avrebbe mai potuto sperare di avvicinarlo? Lui che amava
divertirsi, ubriacarsi, fare sesso e dimenticarsi dello schifo che avevano
attorno?
Mosse la mano in un gesto deciso e quasi rozzo, provando un improvviso moto di
fastidio. Sarebbe stata la prima e l’unica volta in cui avrebbe potuto averlo
così, solo per sé, in un lato così umano da far quasi paura. Che potesse essere
almeno una cavalcata coi fiocchi, se proprio l’occasione doveva essere
irripetibile.
≈ ≈
Non ricordava molto bene quel che era successo, ad essere sincero. Sapeva che
la bocca del biondo era scesa, peccaminosa, a fare cose imbarazzanti che aveva
sperato di vedere solo nei propri sogni. Ricordava la sensazione della sua
lingua bollente addosso, dei suoi capelli sotto alle dita mentre lo spingeva
verso il proprio corpo, una mano premuta sulla bocca per non lasciar intendere
quanto gli stesse piacendo.
Ricordava di averlo pregato di fare qualcosa, poco prima di essere sollevato contro
al muro e di avvertire la sua presenza dolorosa e ingombrante all’interno del
proprio corpo. Non si era fermato nemmeno di fronte al male, muovendosi lui
stesso contro al suo bacino, le mani puntellate contro alle sue spalle
decisamente più grandi e forti delle proprie.
Era certo di averlo graffiato, nell’atto, perché lo aveva sentito mugugnare in
disappunto prima di venir morso a propria volta, vicino alla base del collo, in
un misto lussurioso di piacere e dolore di cui si sarebbe vergognato solo in
seguito.
Il resto si era perso nella nebbia della sua mente, nei fumi dell’alcool e dell’eccitazione.
Non c’era nessun momento nitido nella propria memoria se non lampi di
sensazioni. Il sapore della sua lingua, il palmo ruvido della sua mano che lo
sollevava per le cosce, il suono del suo corpo che si muoveva contro al
proprio.
Raggiungere l’apice era stato un po’ come perdere i sensi. I ricordi finivano
in maniera brusca e senza preavvisi, lasciandolo con solo il rumore rauco del
respiro affannoso dell’uomo nelle orecchie e i loro corpi che tremavano,
premuti assieme oltre il limite consentito.
≈ ≈
Quando si era svegliato, con la testa che doleva e il corpo ancora frastornato
da ciò che era successo la sera prima, se l’era ritrovato stretto fra le
braccia.
Lo aveva osservato, dopo i primi istanti di confusione, concedendosi di essere
delicato, sebbene andasse contro la propria natura, almeno ora che stava
dormendo. Gli accarezzò il viso, avvertendo la pelle bruciare sulle spalle e
sulla schiena quando allungò la mano per sfiorarlo. Ah, sì, ricordava le sue
unghie nella pelle mentre affondava in lui e lo faceva urlare.
Era strano osservarlo così, come tutti i giorni, dopo averlo guardato la sera
prima gemere e tendersi indecentemente. Ma poterlo avere al proprio fianco,
ancora per qualche momento, significava per lui una grande cosa.
Probabilmente se ne sarebbe andato il moro per primo. Si sarebbe alzato, Faith,
rivestendosi con fretta e imbarazzo prima di scivolare fuori dalla porta e non
parlargli mai più. Pregò di no, Charon, mentre avvicinava le labbra a quelle
del più giovane e si allungava per baciarle, osservando appena prima i segni
che gli aveva lasciato addosso con una certa soddisfazione.
Doveva finire così, dunque? Una nottata, un solo momento di folle impeto, prima
che anche il loro rapporto di collaborazione lavorativa andasse in frantumi?
Forse era quello che si meritava. Per essere un coglione senza cervello, per
essere uno stronzo a cui interessava solo bere, ingozzarsi e scopare. Per non
aver mai avuto il coraggio di dirgli nulla di quello che provava, cercando di
soffocarlo il più possibile nel corpo delle donne con cui andava, nel disperato
tentativo di dimenticarlo perfino lui. Di non esserne più imbarazzato.
Sorrise, amaramente, chiudendo gli occhi quando sentì che stava per svegliarsi.
Perlomeno poteva sperare che quei segni sulla schiena diventassero cicatrici.
≈ ≈
Era successo proprio come il Sergente si era immaginato, almeno in parte. Si
era svegliato, realizzando cosa era successo la notte prima nel vedere i loro
corpi nudi sotto alla stessa coperta, i segni dei graffi e dei morsi visibili
su entrambi.
Si era tirato su con disagio, ignorando il fastidio che provava alla schiena e
più in basso a causa di ciò che avevano fatto, raccattando i propri vestiti per
infilarseli con una certa fretta. Aveva timore che si svegliasse di colpo, il
biondo, che lo guardasse con disgusto e si schifasse nel pensare alla passione
che avevano condiviso la sera prima. Preferì dunque scivolare via il prima
possibile, vergognandosi del desiderio di restare lì, fra le sue braccia, di
nascondersi contro di lui e di godersi ancora un po’ la sensazione del suo
petto tiepido e nemmeno rasato contro al viso.
Forse era una ragazzina, forse la pensava così solo perché era stata la sua
prima volta e si era immaginato qualcosa di dolce e in qualche modo
sentimentale.
Illuso, si sarebbe detto, se solo non fosse stato impegnato ad andarsene senza
fare rumore, il viso in fiamme dopo aver notato i graffi che gli aveva lasciato
sulla schiena. Probabilmente Charon avrebbe fatto il possibile per dimenticare
quanto avevano condiviso.
≈ ≈
Avevano fatto due giorni interi a non parlarsi. Semplicemente o uno o l’altro
aveva saltato gli appuntamenti dove sapevano esserci l’altro, e avevano ridotto
al minimo gli spostamenti per non incrociarsi erroneamente per i corridoi.
Quella sciocca situazione di stallo, tuttavia, era dovuta terminare in fretta.
Un incontro generale li aveva costretti ad incontrarsi e nessuno dei due era
riuscito a fare a meno di guardare l’altro, nel corpo della riunione, alla
ricerca di qualcosa, fosse uno sguardo, un indizio, un segno che ancora
indugiava sulla pelle.
Parlarsi, al termine di essa, era stato quasi un obbligo. Non perché qualcuno
li avesse costretti, ma perché si erano alzati tutti ed erano rimasti solo
loro, nella stanza, a guardarsi negli occhi proprio come quella sera, senza
riuscire a dire una parola.
Era stato lui, Charon, a trovare il coraggio. Forse era l’età, forse l’esperienza,
forse il desiderio di risolvere quel fastidio che provava nel petto e che era
per lui così inusuale.
«…Un giorno o l’altro potremmo farci ancora una bevuta assieme, se ti va.»
Le implicazioni erano evidenti, i doppi sensi palpabili, sebbene intuibili solo
da loro due. Si aspettò di vedere il moro alzarsi furioso e andarsene, invece
in risposta ottenne solo uno sguardo colpo di sorpresa. E un sorriso, poco
dopo, così dolce da apparire quasi sbagliato, sul suo viso solitamente tanto
spietato e sotto gli occhi grigi come il metallo con cui combattevano.
«Se a te va bene, cretino, va bene anche a me.»
Che fosse una promessa o no, il Sergente non seppe dirlo. Ma nessuno poté
fermarlo dall’alzarsi in piedi, dopo aver ricambiato il suo sorriso, fino a raggiungere
il ragazzo di fronte a sé. Non una
parola, come quel giorno, non altro che non fosse il silenzio.
Lui abbassò il viso, Faith alzò il proprio.
Nel bacio tanto dolce che si scambiarono c’era tutto ciò che loro, a parole,
non avrebbero saputo dire.
{Post Scriptum:
È forse la prima volta che scrivo di una Crack Shipping, ma ahimé non sono
riuscita a trattenermi! Charon e Faith sono due personaggi estremamente
secondari all’interno del gioco e presenti per un breve istante all’interno del
manga. Nulla, però, ha potuto fermare me e Seiishiru dall’immaginare come
questi due avrebbero potuto interagire, essendo colleghi stretti e avendo due
caratteri profondamente differenti.
Non si sa come, ma ne è uscita la ship. E in onore di questa miracolosa
produzione, ho deciso di dedicarvi una fic è3è