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Autore: _Charlie_    16/03/2017    1 recensioni
Il pericolo incombe.
Le streghe della Congrega si preparano a fare ritorno.

Arya Mason è una ragazza di sedici anni che vive a Rozendhel, Virginia. Ha lunghi capelli color rosso ciliegia, occhi verdissimi, e un passato da dimenticare. Una Visione, una Chiave ed un Portale segneranno l'inizio di una guerra da cui non potrà tirarsi indietro.

Ma quali sono le schiere del Bene? Innanzitutto, esistono davvero?
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 34:

 

L'Esercito della Notte

 

 

Il discorso che tenne Arya fu un autentico successo. Le Streghe dell'Impurità e le Streghe della Natura sarebbero finalmente tornate a costituire un'unica, imponente alleanza. Dalla balconata della Muraglia del Drago, la giovane Mason ebbe la possibilità di assistere a strette di mano calorose – come se quella nuova generazione di streghe non avesse mai atteso altro, ben intenzionata a scordare gli errori commessi dalle loro antenate e proseguire verso la luce di un futuro migliore. Le più anziane, si poté notare con amarezza, scelsero di voltare le proprie scope e svanirono dunque oltre il confine fra la terra ed il cielo – alcune di esse sputando persino addosso alle altre, definendole “traditrici” e ricoprendole di spiacevoli insulti e offese.
Arya le vide allontanarsi, mortificata: la donna alla quale avevano ucciso la figlia, prima di andarsene, le riservò un'occhiataccia crudele – assicurandosi che il suo silenzioso messaggio le arrivasse dritto al cuore e, armato della lama più affilata, lacerarglielo in tanti piccoli brandelli insanguinati.

Tuttavia, la maggior parte scelse di rimanere e festeggiò nel cielo limpido della sera fino ai primi raggi dell'aurora.
Rhona, nel bel mezzo delle celebrazioni, rivelò le coordinate esatte del Rifugio: tutte le streghe o gli stregoni, che avessero voluto seguirle, sarebbero stati accolti a braccia aperte – come all'interno di una famiglia. I restanti, invece, sarebbero tornati nelle loro rispettive case, con la promessa di raggiungere Rozendhel al debutto di quella futura, ma inevitabile Guerra.
Arya non seppe quante mani strinse nel corso della notte; aveva perso il conto nell'istante stesso in cui un vecchietto, forse il centocinquantesimo della fila, si era spinto un po' troppo oltre la balconata con l'intento di strapparle un bacio. Allora era intervenuto Darren, con estrema prontezza e digrignando le zanne acuminate. Il suo manto era soffice e molto più chiaro di quanto Arya si ricordasse; la sua stazza – doppia rispetto a quella di un lupo ordinario – insieme a quel minaccioso paio di occhi rossi e gli artigli affilati, le incuteva ancora un certo timore – o meglio, un leggero disagio che non avrebbe mai rivelato a nessuno.
« È un onore conoscerla, signorina Mason » un uomo prossimo alla calvizie, ma ancora forte e in ottima forma fisica, con il volto sfigurato da una spaventosa ustione ed in piedi su una piccola imbarcazione di legno, si presentò con un inchino: « il mio nome è Markos, stregone dell'Impurità ».
« Salve, Markos. Anche per me è un piacere fare la sua conoscenza, ma la prego di non usare quel termine » lo corresse Arya, seria: « appartiene ormai al passato, non trova? »
L'uomo annuì, aprendosi in un sorriso – indossava una lunga tunica nera che gli nascondeva persino i piedi e le mani affusolate: « questione di abitudine » disse in un sussurro: « mi perdoni ».
Arya ricambiò la lieta espressione e fece per congedarlo, quando lui iniziò di nuovo: « corrono molte voci sul suo conto. Menzogne o verità? Io proprio non so distinguerle ».
« Mi riferisca i suoi dubbi ed io tenterò di chiarirli » rispose la ragazza, studiandolo con maggior interesse: era alto, con gli occhi simili a due ametiste e le orecchie grosse. Sul suo volto asciutto si alternavano espressioni divertite ed inspiegabilmente severe – come se all'interno del suo corpo si celassero in realtà due creature, distinte l'una dall'altra ed impegnate in un chissà quale eterno conflitto.
« Una volta ho sentito dire che Hazelle l'ha attaccata con la Maledizione del Nero » disse Markos, la voce roca: « se questa chiacchiera corrispondesse a realtà, mi domando, come abbia fatto a sopravvivere ad una delle fatture più feroci che siano mai state scoperte dalla nostra gente? Si dice che sia incurabile, che può essere sconfitta soltanto con le leggendarie lacrime di drago. Lei ne conserva alcuna? »
Arya inarcò le sopracciglia, diffidente. Le ci volle un minuto per comprendere appieno le sue parole, ed un altro ancora per metabolizzare la domanda e dare forma ad una risposta che potesse in un qualche modo ritenersi sensata. L'uomo aveva scavato nel suo passato, riportandola indietro nel tempo ad una vicenda accaduta la sera della Vigilia di Natale: Hazelle si trovava china su di un ragazzo, impegnata ad ingurgitare litri del suo sangue, quando Arya arrivò e tentò di fermarla. Pertanto la strega l'aveva aggredita e, per mesi interi, ella dovette convivere con una dolorosa ferita sul petto, nera come l'ebano, sgradevole alla vista e fastidiosa persino al tatto.
« Non so di cosa stia parlando » tagliò corto Arya, ignorando il motivo per il quale la sua mente le avesse ordinato di inventarsi una fandonia. « Non ho mai sentito parlare di lacrime di drago. E poi, se non erro, quelle creature si sono estinte tantissimo tempo fa... sbaglio? »
Per scelta o per stupore, Markos non rispose alcunché; si limitò a sorridere, a gelarla con uno sguardo privo di allegria. I pensieri che in quel momento gli stavano vorticando nella testa Arya non poté mai conoscerli. Sfidò i suoi occhi, come si era abituata a fare con Rhona, e procedette: « ora, la prego di allontanarsi. La fila è lunga e il tempo è tiranno ».
« Certo, mi perdoni » disse Markos, flebilmente: « conserverò per sempre il ricordo di questo nostro breve dialogo. È stato un vero onore conoscerla ». E per mezzo di un ordine ignoto, la sua imbarcazione riprese a solcare le tenebre della notte.
Arya lo accompagnò con un paio di occhiate furtive, attente. Lo vide allontanarsi di qualche metro, mettersi a sedere sul legno, compiaciuto e con i remi ben saldi tra le dita – anch'esse ustionate. Per tutto il tempo, ella non fece altro che domandarsi come avesse fatto a scoprire ogni singolo particolare di una faccenda che Rhona aveva sempre tentato di mantenere segreta. Quest'ultima, all'epoca, venuta a conoscenza di ciò che Hazelle aveva commesso nei riguardi dell'Ex-Custode della Chiave, aveva ordinato alle sue fedeli spie di accertarsi che tutto fosse vero e di correre immediatamente da Daoming – l'unico, a detta sua, che conservasse ancora un'ottima riserva di Lacrime di Drago. I suoi capostipiti, difatti, avevano individuato il nascondiglio dell'ultimo drago esistente e, poco prima che questi si arrendesse all'oscurità e spegnesse le sue ultime fiamme, erano riusciti a recuperare la pozione guaritrice – versandola in tante piccole fiale che fino ad allora erano rimaste celate nel loro labirinto sotterraneo, nella loro antica e vastissima abitazione.
In seguito all'aver trascorso così tanti secoli in un ambiente freddo e oscuro, aveva spiegato una volta Rhona, esse avevano preso le sembianze di una crema: non bisognava più berle, ma spalmarle sulla ferita e aspettare qualche minuto prima che questa si rimarginasse.
Arya finse l'ennesimo sorriso e strinse un'altra mano: questa volta era un'anziana di origini cinesi ad aver raggiunto la balconata e, con le guance rigate dalle lacrime e la testa coperta da un copricapo rosa, incespicò una frase in un inglese poco comprensibile. La giovane la ringraziò – qualsiasi cosa avesse detto, doveva trattarsi di un complimento... forse.
« Arya » la chiamò Rhona, la mano poggiata con delicatezza su una spalla: « adesso dobbiamo andare. Ti sentirai stanca ».
« E tutta questa fila? » Chiese Arya, indicando la folla ancora in attesa: « si innervosirebbero se ce ne andassimo così, non trova? »
Rhona schioccò le labbra: « capiranno ».
Dunque, Arya venne afferrata per un braccio dal signor Hancock: fecero insieme qualche passo indietro, mentre Rhona riprendeva possesso della terrazza – le mani in alto e la voce stentorea: « il mattino è giunto » disse, fiera: « dobbiamo tornare a casa ».
La folla, come previsto, si alzò in protesta.
« La Guardiana del Fuoco Aureo » continuò Rhona, nervosa: « aspetterà impaziente il vostro arrivo. Ormai conoscete il luogo in cui si prepara alla battaglia e prima o poi avrete tutti quanti l'occasione di stringerle la mano ».
Arya, ancora incollata alla figura del signor Hancock, si diede una rapida occhiata alle spalle: Darren, il licantropo, era accucciato in un angolo della terrazza; Quinn, l'arpia dai lunghi capelli biondi, la carnagione verdognola e con due paia di ali piumate, le ricambiò lo sguardo, curiosa; Beckah si trovava invece accanto ad Oliver e Logan – tutti e tre con la stanchezza dipinta sul volto e gli occhi arrossati.
Con fin troppa meraviglia, Arya notò l'assenza di Cassandra. Tentò di chiedere in un sussurro che fine avesse fatto per poi rendersi conto che non gliene importava nulla. Si voltò nuovamente.
« Chi ci seguirà oggi stesso? » Domandò Rhona, come sempre senza emozione: « chi ci seguirà al Rifugio? »
Si alzarono, così, all'unisono, decine e decine di mani: erano circa una sessantina tra streghe e stregoni di ogni età, sorridenti e pieni di speranza. La venere nera, allora, scelse di soffermarsi su ogni volto, studiando anche la minima caratteristica con esagerata attenzione. Li avvolgeva tra le onde del suo personale oceano viola, come se riuscisse in questo modo a svelare ogni loro segreto, ogni azione compiuta nel loro passato.
Arya conosceva bene quell'espressione, quello sguardo così penetrante che sembrava tirarti fuori anche l'anima. Soltanto in quegli ultimi giorni era riuscita a sostenerlo, a trovare la forza per combatterlo.
Notò alcuni presenti abbassare il proprio, straniti; altri, invece, aggrottarono le sopracciglia, chiedendosi il motivo di cotanto silenzio. Tra la folla, Arya si accorse di Markos – sorpresa di trovarlo piuttosto tranquillo. Aveva le palpebre socchiuse, forse per la stanchezza.
In quell'istante, stabilì che non le sarebbe mai andato a genio; l'idea di tornare al Rifugio insieme a lui la innervosiva non poco.
« Bene » esordì Rhona alla fine: « tutti gli altri riceveranno notizie in seguito. Un semplice segnale da parte mia e dovrete presentarvi immediatamente a Rozendhel. Chiaro? »
La parte della folla che aveva preferito non trasferirsi al Rifugio, la più numerosa, annuì ed iniziò a teletrasportarsi verso casa. Si dissolsero nel nulla, volarono via, le imbarcazioni più grandi attivarono l'incantesimo dell'invisibilità, mentre sporadici gruppetti – composti da stregoni del Sud – si trasformarono in uccelli colorati e svanirono oltre l'orizzonte.
« Dov'è Cassandra? » Chiese sottovoce il signor Hancock, in modo tale che solo Arya potesse udirlo – le dita ancora avvinghiate attorno al suo braccio.
« Non lo so » sussurrò lei, mentre Rhona dichiarava il regolamento del Rifugio.
« Diamine, perché si è dovuta allontanare? » Si lamentò l'uomo e con una mano chiamò Beckah, la quale arrivò mascherando uno sbadiglio: « dov'è finita Cassandra? »
La ragazza alzò le spalle, incerta: « cosa ne posso sapere io? Se ne è andata in piena notte, quando Arya ha iniziato ad accogliere le streghe ».
« Si sarà messa a dormire da qualche parte » ipotizzò Arya: « in caso, la lasciamo qui? »
Il signor Hancock le riservò un'occhiataccia: « la Muraglia del Drago si trova dall'altra parte del mondo, in una dimensione nascosta a tutti gli umani. Se la lasciassimo qui, non credo che lei ne saprebbe uscire ».
« Motivo in più per non cercarla » esclamò Beckah, contenta di aver finalmente trovato soluzione ad un problema che le dava rogne da fin troppo tempo.
« Non siate sciocche! » Le rimbeccò il signor Hancock: « Rhona non ama i ritardatari. Tornerà al Rifugio senza alcuna preoccupazione ».
« E come potrebbe aver torto? » Disse Beckah: « Cassandra non può comportarsi in questa maniera! A me non frega nulla! »
Arya vide il signor Hancock inarcare la fronte, forse si stava interrogando sulla veridicità delle parole della ragazza. « Diamine! » Esclamò ad un tratto, cercando di mantenere un tono basso di voce: « fate parte della stessa Congrega! Dovreste aiutarvi l'un l'altra! »
« Senta » iniziò Beckah, alterata: « lei non può permettersi di giudicare. Non conosce Cassandra. Io opterei davvero di lasciarla qui ».
Il tempo, così atroce e crudele, non aveva attraversato solamente la figura della giovane Mason, rifletté proprio quest'ultima. Sembrava aver inquinato il cuore e l'animo di chiunque. Beckah, che fino a qualche anno prima era sempre stata solita mostrarsi come un'autentica principessa, ora non lasciava trasparire alcun residuo della sua grazia, della sua mortale regalità – le aveva calpestate con ferocia, come un tappeto scricchiolante di foglie secche privo di un qualsiasi prestigio. Di ciò che era stata un tempo non le rimaneva altro che la fisionomia; all'interno, celato unicamente agli uomini che non sanno osservare, risiedeva un'ombra che Arya fece fatica a scoprire, o che fino ad allora aveva sempre tentato di evitare, di conoscere appieno.
Il bibliotecario borbottò un qualcosa di incomprensibile e Arya prese un lungo respiro. Proprio in quell'istante la porta di legno si aprì cigolando.
Cassandra ricambiò i loro sguardi, nera come al solito e con il velo abbassato: « che volete? » domandò in cagnesco. Al contrario di tutti quanti, non sembrava affatto provata dalla situazione e dalla nottata in bianco che aveva dovuto trascorrere.
Scuotendo la chioma di platino e sistemandosi la coda del suo elaboratissimo vestito nero, avanzò di qualche passo.
« Ma dove diavolo ti eri cacciata? » Il signor Hancock si sorprese a gridare: « guarda, non lo voglio neanche sapere! L'importante è che sei tornata ».
« Sono sempre stata qui dietro » la strega alzò un sopracciglio: « stavo dormendo sul primo gradino della scala... non avevo alcuna intenzione di ascoltare le scemenze che si originavano dalla bocca della piccolina. Perdonatemi ».
Arya dovette contare fino a dieci prima di risponderle. Non poteva imbestialirsi dinanzi a Rhona, la sua Congrega e, anzitutto, alla folla di stregoni che aveva scelto di seguirla. Incrociò dunque le braccia al petto e si impose la calma. Cassandra, che diede l'impressione di aver inteso quel suo pensiero, sorrise ed iniziò a muovere delle critiche infantili: « signor Hancock, siamo sicuri che questa ragazzina sia in grado di portare avanti una Guerra simile? Non crede che sia troppo presto per lei? Fino a ventiquattro mesi fa ignorava persino la sua vera natura! »
Come previsto, il bibliotecario alzò le mani in segno di resa ed immediatamente Beckah fece per spalleggiare la sua amica.
« Se avessi prestato attenzione alle parole di Arya, forse a quest'ora ti renderesti conto di quanto sia infantile il tuo di discorso! »
La sorpresa scoppiò sui volti di tutte e tre le streghe: Cassandra rimase con la bocca semi-aperta, Beckah invece inarcò le sopracciglia e accennò ad un sorriso divertito. A parlare non era stato un membro della Congrega, ma qualcuno di totalmente estraneo alla vicenda. Arya rimase fissa ad osservare Logan, il quale aveva ascoltato in silenzio ogni singolo punto del discorso precedente e che, infastidito, aveva finalmente scelto di intervenire.
« Chi o cosa ti dà il diritto di parlarmi in questa maniera? » Sbottò Cassandra, con il vestito che frusciava sul pavimento.
Logan si fece avanti, scindendosi dalla figura di Oliver – anche quest'ultimo, sorpreso.
Ora, l'attenzione era rivolta unicamente verso quell'umano dai capelli disordinati e la strega dagli occhi di ghiaccio.
« Mi basterebbe una sola goccia del tuo sangue per vederti agonizzare a terra » sibilò Cassandra.
« Avanti » la sfidò Logan: « fallo! »
« Stupido ragazzino. La prossima volta, chiedi a mamma e a papà di insegnarti l'educazione... ah, no! Sono già morti! »
Il giovane strinse i denti, ma mantenne il controllo: « non puoi proprio fare a meno di arrampicarti sulle disgrazie degli altri per affermare la tua persona, vero? Sei così debole ».
Cassandra scoppiò a ridere e, spazientendosi, tornò ad attraversare la terrazza, felina.
« Cosa sta succedendo qui? » Rhona s'interpose tra le due figure, molto più nervosa di quanto avesse voluto mostrare: « potete darmi una spiegazione? »
Il signor Hancock incespicò qualche frase, ma la venere nera lo interruppe subito: « lasciamo perdere! » Si avvicinò alla porta di legno e la spalancò: « i nostri compagni oltre la Muraglia si stanno già muovendo, quindi sbrighiamoci. In questa zona non ci si può teletrasportare ».
Dunque, ella si mise accanto al coprifilo destro ed aspettò che tutti le sfilassero accanto: Cassandra fu la prima ad uscire, seguita da Quinn e da Darren – entrambi, non appena toccarono il primo gradino della torre, ripresero il loro solito aspetto da umani. Proprio come aveva detto Melchiorre, la divisa aveva resistito alla trasformazione.
L'ultima ad uscire fu Arya – sebbene non lo stesse dando a vedere, era rimasta davvero colpita dal gesto di Logan. Realizzò che avrebbe dovuto correggere l'opinione che aveva nei suoi riguardi. Non che quella dei mesi addietro fosse stata negativa, affatto! Ma adesso gli avrebbe portato molto più rispetto; lo avrebbe ritenuto un vero e proprio alleato.
Fece per attraversare l'uscio della porta quando Rhona l'afferrò per un braccio, le unghie come artigli.
« È in questo modo che credi di poter risolvere le vostre divergenze? » Le sussurrò in un orecchio: « ricorda gli elementi, Arya. Non sottovalutare la questione ».
La ragazza, stanca di doversi sentir dire sempre le stesse cose, stabilì che fosse giunto il momento di risponderle a tono: « sbaglio o il capo di una Congrega detiene anche la facoltà di esiliare un suo membro? Io non sopporto Cassandra e lei non sopporta me. Non mi sforzerò mai di andarle a genio. Sia chiaro, una volta per tutte ».
Rhona scosse la testa, impercettibilmente: « alcune volte sai essere talmente sciocca... ».
« Sciocca? » Riprese Arya: « io mi faccio rispettare! È diverso! »
Quindi si liberò dalla sua stretta con uno scatto veloce del braccio e, ignorando i rimproveri, si spinse verso la torre e raggiunse la scala a chiocciola.
Il tragitto durò molto meno di quanto si aspettasse e, in un batter di ciglia, si ritrovò nuovamente in quella gelida stanza di pietra – sotto l'arco a tutto sesto, pronta a tornare a casa.
I suoi compagni si erano già disposti a formare un cerchio. Darren le riservò un'occhiata curiosa, consapevole che le stesse andando qualcosa di traverso.
Arya gli fece un cenno con il capo, poi s'inserì tra Beckah e Quinn.
« Tutti pronti? » Chiese Rhona, raggiungendo il gruppo a grandi passi: « ci siamo tutti? Spero di sì! Andiamo ».
Nessuna risposta fu consentita e, immediatamente, la cella iniziò a sgretolarsi ed un turbinio di colori e forme indistinte scoppiò insieme alle loro figure.
Arya strinse i denti, cercando questa volta di affrontare il senso di nausea e di vuoto. In tutto quel caos, poté scorgere la figura di Cassandra – sorridente e fissa su di lei.
La sfidò in silenzio, rendendosi conto che prenderla come il suo personale punto di ancoraggio fosse in realtà una benedizione. Era questo il segreto del teletrasporto? Bisognava soltanto concentrarsi su un qualcosa che restasse immobile e tenerlo d'occhio per tutto il tempo? Sorrise – sorprendendo ancora una volta Cassandra – e, nel momento in cui il terreno si originò sotto ai loro piedi, strinse un pugno in segno di vittoria.
Erano tornati al Rifugio, o meglio in quella spaziosissima radura che si ergeva sulla collinetta in prossimità del bosco – tra i platani ed i ruderi antichi.
Il cielo era scuro come la pece, limpido e quieto. La luna brillava insieme al suo fedele manto stellare, rendendo i volti dei presenti ancora più pallidi.
Un coro di: « ti senti bene? » si alzò all'unisono. Oliver, soccorso prontamente da Logan e Darren, si era accasciato a terra e per poco non vomitò; Beckah, al contrario, era già in procinto di raggiungere la botola, seguita da una Quinn piuttosto incerta nei movimenti.
Per qualche istante regnò il suono sussurrato dal vento, poi cominciarono a spuntare i primi stregoni. Scoppiettavano dal nulla, puntando le scarpe a terra ed esultando in tutte le lingue del mondo. Erano finalmente giunti a destinazione, pieni di entusiasmo e aspettative per il futuro.
Una donna con un turbante marrone andò ad abbracciare Arya, la quale – ancora sotto l'effetto di quell'esagerato senso di vittoria – l'accolse felice, dandole un caloroso benvenuto.
Rhona ed il signor Hancock si diedero da fare allo stesso modo e, in un attimo, la collinetta si trasformò nell'apoteosi della confusione, in un luogo di chiacchiere e risate.
« Perché è di nuovo notte? » Chiese un ragazzotto di origine russa.
« Perché la Muraglia del Drago è dall'altra parte del mondo, racchiusa in una dimensione ignota » ripeté Darren, sicuro di sé: « è solo una questione di fuso orario ».
« Wow! » Esclamò Arya, raggiungendolo: « ti vedo attento! »
Il giovane fece spallucce: « attentissimo, signorina Mason! »
Con l'avanzare della notte e la folla sempre più chiassosa, Rhona decise di riprendere il suo discorso: « vi prego » iniziò, battendo le mani: « fate silenzio! Non vorremmo certo attirare l'attenzione di Morgante! »
La folla, composta da circa sessanta elementi, si ammutolì.
« Il sottopassaggio per raggiungere il Rifugio è molto piccolo e stretto » proseguì Rhona: « quindi, formate una fila ordinata. Tutti avranno una stanza, non vi preoccupate ».
Arya si mise a sedere su di un masso, gustandosi la scena: gli stregoni, provenienti dall'Egitto, che una volta erano appartenuti al credo della Natura, si mostravano molto più appariscenti di quanto avessero voluto dare a vedere. Indossavano colori sgargianti e collane dorate – in contrasto con gli abiti scuri delle altre streghe dell'Impurità.
Arya provò una certa soddisfazione nei riguardi di se stessa: era riuscita a creare un'alleanza senza eguali e precedenti. Forse era ancora troppo presto per giudicare, ma ella la riteneva invincibile. Con l'aiuto di tutte quelle persone era convinta che sarebbe riuscita a riprendersi Rozendhel e, così, avrebbe finalmente portato a compimento la sua vendetta contro Morgante.
Prese un lungo respiro, studiando i ciuffi d'erba – immobili persino alla venuta di quel vento improvviso.
Sarah e Frank vivevano ancora nei suoi ricordi, vividi e costanti. Ogniqualvolta che il cielo si tingeva di nero e la luna iniziava a salpare l'oscurità della notte, le immagini del matrimonio le infiammavano le palpebre, costringendola ad alzarsi dal letto e a vagare per il Rifugio – sola e tormentata. Ignorava sia la caterva di lacrime che aveva versato nell'arco di quei mesi sia il numero di giorni trascorsi in infermeria, insieme a Cinnamon. L'équipe di medici che, tutt'ora si stava impegnando nel recupero di quest'ultima, aveva cominciato a credere che la giovane Mason non si sarebbe mai più ripresa dallo shock e che, a lungo andare, avrebbe addirittura tentato il suicidio.
A darle supporto erano stati principalmente Beckah ed Oliver; questi infatti si erano organizzati con dei turni, in modo tale da non lasciarla mai sola. La spronavano a mangiare, a bere e persino ad andare in bagno.
Arya si era trasformata in un vegetale. Come morta, sedeva sul letto dell'infermeria ed in silenzio ascoltava i discorsi dei suoi amici – senza proferire parola, o anche solo ad accennare un semplice sorriso.
Una domenica, infine, riuscirono a tirarla fuori dalle lenzuola e la fecero salire all'aria aperta.
Era stato come rinascere. La giovane aveva spiccato il volo con le sue maestose ali nere e, solamente allora, si sentì in grado di aprire la bocca e formulare un messaggio chiaro e conciso: « grazie ».
Tornò a studiare l'erba, accorgendosi della scomodità della sua posizione. Si alzò quindi dal masso: i presenti stavano via via diminuendo – la maggior parte si era già infilata nel tunnel.
Sulla collinetta erano rimasti pressoché in una ventina: c'era Quinn che parlava amabilmente con una signora francese, Darren che teneva la situazione sotto controllo vicino a Rhona e a Cassandra, mentre Beckah si trovava in piedi accanto alla botola. Non vi era, invece, alcuna traccia dei due giovani innamorati; con molta probabilità avevano già raggiunto le loro stanze, stanchi e insonnoliti.
Arya si stiracchiò le braccia e fece per nascondere uno sbadiglio, passando inosservata da tutti meno che da Markos. Egli si trovava in procinto di raggiungere la botola, un sorriso sghembo impresso sul volto.
Iniziò poi a piovigginare e la ragazza si distrasse per un momento.
Un chicco di grandine l'aveva colpita su una spalla, in maniera tutt'altro che leggera.
Che strano, pensò alzando lo sguardo: il cielo era privo di una qualsiasi nuvola.
Le stelle, tuttavia, sembravano essersi spente e la luna, in silenzio, le diede un ammonimento sconosciuto.
Arya aggrottò la fronte, esaminando l'ambiente circostante. Nessuno si era accorto di nulla, nemmeno Rhona.
La colpirono altri due piccoli sassolini, precipitando a terra.
Arya si chinò con estrema attenzione. Non era grandine quella che stava piovendo dal cielo.
Era un qualcosa di molto più macabro, qualcosa che le fece accapponare la pelle. Erano denti.
Li raccolse in fretta e si voltò in direzione di Rhona, la quale aveva preso a chiacchierare con il signor Hancock di una chissà quale futile faccenda.
« Darren? » Chiamò quindi la ragazza e, subito, dal cielo prese a piovere anche qualcos'altro.
Una goccia scarlatta le sfiorò la fronte.
Ora tutti i presenti si accorsero di quanto stesse accadendo ed il panico esplose come una bomba ad orologeria.
Il sangue macchiò le loro carni ed i loro indumenti.
Uno stregone si teletrasportò lontano da lì, gli altri spezzarono la fila e scalpitarono per raggiungere il Rifugio. Erano fuori controllo.
Cadaveri in putrefazione piombarono dall'alto, sfracellandosi al suolo. Orecchie, dita umane e brandelli di carne insanguinata presero a calarsi sulle loro teste.
Arya tentò di avvicinarsi a Rhona – la quale stava gridando ordini ai quali nessuno prestò la dovuta attenzione – ma venne colpita da un attacco di panico che la costrinse a piegare le ginocchia e arrendersi, le mani dipinte di rosso.
« Arya! » La chiamò Beckah: « scendi al Rifugio! Corri! »
« No! Devo restare! »
Un boato assordante fece tremare la terra: individui sconosciuti, con delle possenti corna sulla fronte, presero a varcare il confine del bosco, mentre decine di spirali nere vorticavano nel vento acchiappando gli stregoni e strappando loro la testa.
« Restate uniti! » Urlò Rhona, a vanvera.
Le fiamme dell'Inferno si accesero nell'oscurità ed il prato della collinetta s'incenerì.
Arya lottò contro il panico e sparò un incantesimo che fece schiantare un combattente dell'Esercito della Notte addosso ad un rudere.
Allora due demoni dalla carnagione rosea e gli occhi piccoli le corsero incontro, tentando di afferrarla per le braccia, ma ella li respinse e assestò loro un pugno alla mascella. Il più grosso si riprese subito e fece per colpirla all'altezza dei reni. Arya lo intercettò con estrema rapidità e, richiamando il Fuoco Aureo, gli arse selvaggiamente il volto – le grida strazianti lo accompagnarono sino al momento del decesso.
Il secondo, sdentato e con le orecchie appuntite, si lanciò contro la sua figura e la scagliò a terra.
Arya sentì il suo alito graffiarle il collo. Gli conficcò un destro in bocca, ma non riuscì a divincolarsi. Quindi dovette intervenire Beckah, spezzandogli per bene le ossa.
« Tutto okay? »
Arya annuì con il capo, rialzandosi.
Rhona, il signor Hancock e gli stregoni più coraggiosi – tra cui anche Markos – avevano tutti le mani puntate verso il cielo. Ripetevano in coro una filastrocca che la giovane Guardiana del Fuoco Aureo non aveva mai sentito prima.
Nel frattempo, Cassandra stava respingendo i colpi di un gigante cornuto e con la lama del suo pugnale pregna di sangue demoniaco prese a tagliarsi le vene dei polsi – il gigante, proprio come se l'attacco fosse stato inferto a lui, perì in un una pozza scarlatta. Quinn, invece, si trovava a qualche metro da terra – impegnata in un arduo conflitto con una seconda arpia.
La filastrocca riuscì finalmente a richiamare un velo argenteo che si alzò dal nulla e andò ad avvolgere le loro figure, silenzioso e mortale. Prese vita da destra e da sinistra, spingendosi dal basso verso l'alto. Si serrò, alla fine, in una magica cupola luminosa. Il suo potere non ebbe alcun effetto sugli stregoni che l'avevano richiamata, ma straziò le vite dei demoni – i quali precipitarono tra i ciuffi d'erba, esanimi.
Una creatura, proveniente dal bosco, alta quanto una torre e con gli occhi incavati, urlò un qualcosa di incomprensibile ed iniziò a battere i pugni contro la parete della cupola. In un attimo, il sangue schizzò dalle sue narici e dalla sua bocca. Morì in un'esplosione disgustosa.
Tornò il silenzio.
Arya, circondata da tutti i suoi compagni, osservava i volti nauseati di quei combattenti. Non era difficile percepire quanto odio li muovesse e quanto disprezzo provassero nei loro confronti.
« È tutto vero, quindi! » Esclamò uno di loro, sprezzante: « Arya Mason è ancora viva ».
La ragazza celò la paura, il suono delle sue parole ovattato dalla cupola: « come avete fatto a scoprirmi? »
« Non sono affari che ti riguardano, lurida strega! »
Darren digrignò le zanne, ma Arya gli fece cenno di ritirarsi: « non so cosa vi abbia raccontato Morgante, ma vi posso garantire che questa guerra non ha alcun senso. È inutile! »
« Inutile? » Ridacchiò un orco dalle ultime fila dell'Esercito – era gobbo, grigio e con una mazza chiodata stretta in un pugno: « ci avete rinchiusi per intere generazioni all'interno di un posto orribile! Questa è la nostra vendetta! Non ci fermeremo finché non ti avremo staccato la testa! »
L'entusiasmo si alzò alle sue spalle.
« So cosa vi ha fatto Zehelena e non lo accetto » ammise Arya senza scomporsi e, in un attimo, l'Esercito della Notte si ammutolì: « se fossi stata in lei, io avrei condannato solo e soltanto i tirapiedi di Morgante. Vi sta ingannando. Credete davvero che gli importi qualcosa delle vostre vite? Per lui non siete altro che delle pedine... pedine di un gioco crudele! »
« Morgante ci ha donato la libertà! » Gridò un altro orco: « mentre tu ci parli dall'interno di una cupola! Sei una falsa, Arya Mason! »
I demoni gridarono ancora una volta, contenti.
Arya, a quel punto, non poté fare a meno di prendere un lungo respiro e avvicinarsi al confine della cupola. Cassandra, imprevedibilmente, l'afferrò per una mano e la costrinse a tornare indietro.
« Ma che diavolo fai? » Ringhiò Arya.
« Ti salvo la vita, cretina! »
Si scambiarono un'occhiata insolita, poi la ragazza fece per proseguire ma venne interrotta da una voce gelida che s'insinuò, aggressiva, nelle menti di ognuno: « sei brava a parlare, Arya Mason. Ma dove sono i fatti? Credi che sia così semplice risolvere una questione che si protrae da centinaia di anni? » Morgante proseguì: « hai paura della guerra? »
« Chi è il vigliacco adesso? » Urlò Arya, cercando l'approvazione del suo seguito: « vieni fuori, Morgante! Fatti vedere! »
La provocazione funzionò come in passato e, immediatamente, una spirale nera prese a vorticare attorno alla cupola. Arya strinse i denti, la mano destra impegnata a cercare qualcosa all'interno del suo nuovo borsello ideato da Melchiorre. Ancor prima che qualcuno potesse rimproverarla, quindi, afferrò una piuma di Bartek e se la mise in bocca.
« Arya! No! » Urlò Beckah, ma fu fatica sprecata.
La Guardiana del Fuoco Aureo si alzò in volo e, spingendosi sempre più in alto, raggiunse il limite della cupola.
« Dove sei? » Tuonò, il peso di quel maestoso paio di ali nere che le gravava sulla schiena.
« Proprio qui » rispose la voce di Morgante: « dinanzi a te ».
Il fumo si dileguò nella notte, modellando la sua figura tanto regale quanto intimidatoria.
Era bianco come l'alabastro, con i capelli lunghi e argentei, un naso pressoché inesistente, le orecchie appuntite e gli occhi rossi delimitati da rughe assai precoci. I lineamenti del volto si presentavano affilati quanto la lama di una spada, mentre dalle maniche svasate della sua veste nera fuoriuscivano quelle che erano le sue mani – due tarantole pallidissime, scheletriche e dagli artigli ingialliti.
Era in grado di volare anche senza l'ausilio di una scopa, un'imbarcazione o un semplice paio di ali.
Il suo potere sembrava incontrastabile.
« Buonasera, Arya Mason. È sempre un piacere! » La canzonò lui: « sai, ho molte cose da chiederti ».
Arya strinse i pugni, scontrandosi contro la sua irrefrenabile voglia di uscire fuori dalla cupola e cavargli gli occhi: « sei venuto qui per chiacchierare? »
« Potrebbe anche darsi » disse Morgante, divertito: « non riesco proprio a comprendere come tu abbia fatto ad uscire illesa dalla Dimensione. L'ultimo Portale è stato aperto dinanzi ai miei occhi, gli spiriti ti avevano afferrata eppure... tu sei qui, sana e salva ».
« Morirò combattendo » lo sfidò Arya: « non per mezzo dei vostri stupidi giochini. Al matrimonio avete massacrato così tanta povera gente... Mia zia, suo marito e tutti gli altri, dimmi, cosa c'entravano in questa guerra? »
« Arya Mason » riprese Morgante, un sorriso impresso sul volto glabro: « io ti sto uccidendo lentamente. Sto giocando con te, proprio come un gatto fa con un topo prima di divorarselo. Presto o tardi, non riuscirai più a sopportare il peso di questa guerra e appassirai ».
Arya inarcò le sopracciglia: « parla chiaro! »
« Ucciditi prima che lo scorrere del tempo lo faccia al posto tuo » sibilò Morgante: « risparmiati cotanto dolore ».
Il vento si alzò un'altra volta alla venuta di Beckah, la quale sbatté le ali con vigore.
Arya le lanciò un'occhiata fugace, poi strinse i denti e tornò a concentrarsi sul mostro.
« Noto che anche i tuoi amici sono riusciti a scappare dalla chiesa » disse lui, fisso sulla strega appena arrivata: « la prossima volta, quando la guerra avrà preso ad incenerire i boschi e avrà spazzato via intere abitazioni, non pensate che sarà così semplice sfuggirmi. La mia ira si arresterà solamente quando ti avrò vista morta, Arya Mason ».
« Se mi uccidi » partì Arya: « non scoprirai mai dove conservo i Frammenti della Sfera ».
Parole forti, parole che annerirono il sorriso di Morgante.
Sembrava proprio che quello fosse un dettaglio al quale non aveva mai dato la giusta importanza.
« Li troverò » rispose in un sibilo: « dovessi ridurre in cenere tutto il tuo inutile Rifugio ».
« Staremo a vedere ».
Un freddo improvviso attraversò il velo della cupola. Percependo un brivido sulla schiena, Arya scosse le ali. Morgante, invece, continuò a scrutarla con attenzione – dietro alla sua figura si mescolava il verde dei boschi e la totale oscurità della notte.
Il manto stellare si era spento e la luna si era andata a nascondere. Tutto ciò che si trovava nei paraggi sembrò tremare. Come se ogni essere vivente (e non) avesse percepito il terrore di un'imminente Apocalisse.
« Sai giocare bene, Arya Mason » dichiarò Morgante, un cenno sconosciuto con la destra: « ma purtroppo sei ancora tanto inesperta ».
« A cosa ti riferisci? » Arya sentì la tribù degli orchi condividere una risata. Stava accadendo qualcosa.
« Sono molto più abile di te » riprese il demone, impassibile: « celandomi nell'ombra della città, ho osservato ogni tua singola mossa. Ti ho spiata, ho conosciuto la tua famiglia, i tuoi amici. Io so tutto di te: la tua fragilità, ogni singolo punto debole. Guarda lì ».
Arya evitò di seguire il suo dito indice; un piccolo gesto che lo fece innervosire. Per un individuo come lui, abituato ad infliggere ordini a chiunque, si trattava di un vero e proprio affronto. Era un'amara sciocchezza che, però, gli diede il giusto ammonimento: Arya non era una sua proprietà. Fletté le labbra, agitato, e sibilò ancora una volta: « ho spezzato il collo alla tua amica, Samantha, l'ho scuoiata e l'ho ridotta in brandelli. Tutto ciò che ti stava piovendo in testa erano parti del suo inutile e fragile corpo da umana ».
« Impossibile! » Debuttò Beckah, che fino a quell'istante aveva conservato il silenzio.
« Non mi credete? »
« Come potremmo? » Ribatté la strega: « sei così meschino! »
Morgante rise di gusto – un serpente bianco, minaccioso: « i miei uomini l'avevano resa un'automa. Vagava di letto in letto, la puttana. Ogniqualvolta che mi capitava di vederla, era nuda e coperta di sangue. Piangeva sempre e le sue grida mi davano la nausea. Era insopportabile! »
« Sta' zitto! » Arya gemette. La sua mano era scivolata sul pantalone, andando a stringere un ginocchio.
Era sola. Erano tutti morti. Morgante stava sterminando la sua famiglia.
Sarah, Frank, Samantha... non avrebbe mai più udito le loro voci. Ogni ricordo svanì nella notte. Ogni cosa si trovava, adesso, conservata in una lurida pozza di sangue.
La testa le andò a fuoco, le ali si sforzarono per tenerla in equilibrio. Le formicolavano le orecchie, gli occhi le bruciavano. Sentì l'acidità salirle in bocca, ma si trattenne dal vomitare.
Infine batté i pugni contro la cupola, ululando: « SEI UN BASTARDO! »
Il velo tremò e la figura di Morgante si mosse come il riflesso in un lago.
« Samantha non c'entrava nulla! » Continuò ad urlare Arya, le lacrime che le ardevano in volto. « IO TI UCCIDERÒ, MORGANTE! GIURO CHE LO FARÒ! DOVESSI FOCALIZZARE LA MIA VITA SOLO SU QUESTO! »
Ma le sue parole, nonostante la durezza e l'odio che le originava, non ebbero alcun effetto sul demone. Egli, difatti, scosse la chioma argentea e fece un nuovo segno con le dita; subito, dalle cime dei boschi, emersero infinite macchie nere. Gli orchi, dal basso, e gli altri soldati dell'Esercito della Notte presero a lanciare incantesimi, armi e pietre infuocate contro la cupola. Essa vibrò, minacciosa.
« Mosse e contromosse, Arya Mason! » Urlò Morgante, mentre Beckah acchiappava la sua mano e la scortava fino a terra.
La botola era sempre più vicina.
Vide Rhona alzare le braccia e recitare la filastrocca di prima con vigore assoluto.
« ARYA! VIENI CON ME! »
« PORTATELA DENTRO! »
Ma Arya non li ascoltava – era pallida, con le labbra viola.
La risata di Morgante le attraversò il cervello, mentre tentava di voltarsi ancora una volta ad osservare la situazione. Il caos regnava sovrano. Il pericolo di morte non era mai stato così tangibile. La terra tremava sotto ai loro piedi, mentre i demoni spingevano per entrare – le carni disgustose e carbonizzate. Gli stregoni mantennero la calma e proseguirono con quell'antica filastrocca. Il velo, adesso, si presentava dipinto di sfumature rosse e celesti.
Costretta a serrare le ali, Arya fu spinta oltre la botola.
I cannoni di guerra si ammutolirono soltanto ore ed ore più tardi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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