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Autore: Kicca    16/03/2017    0 recensioni
Un Orchetto rovinò a terra ai piedi di Monica che osservò disgustata il ventre lacerato. Alzò lo sguardo e quello che vide la pietrificò. Il cuore iniziò a batterle ancora più velocemente. Non riusciva a credere ai suoi occhi. “Sto sognando! E’ l’unica spiegazione plausibile!” pensò non staccando gli occhi di dosso all’individuo davanti a lei. Nonostante l’oscurità riusciva benissimo a vedere due orecchie a punta che spuntavano tra la lunga e folta chioma nera.
Spero che la storia vi piaccia! Mi raccomando recensite! :D
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di J. R. R. Tolkien, mentre i nuovi personaggi e luoghi sono di mia proprietà, quindi se li volete usare o prendere come spunto, prima siete pregati di chiedermelo. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


ERINTI


CAPITOLO 20: NAMARIE.


Era calato un silenzio pesante. I due erano rimasti a fissarsi: Monica lo scrutava, cercando di capirne le intenzioni, Garion aspettava una risposta.
- Avete una buona vista. - rispose assottigliando gli occhi, fredda. Maledisse il fatto di non aver preso la sua sacca che aveva lasciato appesa alla sella di Aaron. La sua spada era lì dentro.
Lui sorrise e si scostò dalla porta – Beh, era un mio pregio di guerriero, una volta. - rivelò avvicinandosi lentamente – Ora ditemi… cosa porta una giovane ragazza a viaggiare con un Elfo ridotto in quelle condizioni, tra cui un braccio mozzato, con questo tempaccio? - le si fermò a pochi centimetri di distanza e si chinò fino a raggiungere l'altezza del suo viso – Perché io lo trovo decisamente strano… - proferì con tono tagliente, poi, con un gesto veloce della mano le afferrò la faccia e le strinse le dita sulle guance – Vi conviene dirmi la verità. - disse minaccioso.
Monica lo fissava negli occhi chiari cercando di mantenere la calma. In quel momento una mano da dietro di lei si posò fulminea sul braccio di Garion che spostò sorpreso lo sguardo sull'Elfo.
Questo ansimava e lo guardava furibondo – Lasciatela. - ordinò perentorio.
Quello fece come dettogli e una volta ritratto il braccio se lo massaggiò – Non siete una spia del Nemico? - chiese interdetto.
Ma la ragazza non gli badò, fissava l'Elfo con le lacrime che le rigavano il viso: era felice che si fosse ripreso – Alyon. - sussurrò.
- Lei è con me. - fu lui a rispondergli – Voi chi siete? - chiese poi.
- Garion Pietragrigia… da dove venite? - scrutava prima l'uno, poi l'altra ancora diffidente.
- Da Imladris. - rivelò l'Elfo prima che una fitta lo facesse piegare in due dal dolore.
Garion lo guardò sbalordito – Imladris? - ripeté incredulo – Siete ferito? - ora era preoccupato.
Monica affermò con il capo asciugandosi le lacrime – Quando sono arrivata ad Imladris, era l'unico rimasto in vita, ma non era conciato proprio bene, come avete potuto appurare voi stesso… ho fatto tutto quello che potevo per salvarlo, ma… - spiegò singhiozzando.
- Avreste dovuto dirmelo subito! - esclamò l'Uomo rivolto alla ragazza, poi sospirò – La vostra gente è passata di qui diversi giorni fa. Cercavano un posto per riposare: erano tutti molto provati. Avevano diversi feriti. Quasi non credemmo a quello che ci raccontarono riguardo l'attacco ad Imladris. - disse.
- Purtroppo è tutto vero… l'ho visto con i miei occhi. - affermò lei chinando il capo.
- Sentite… mi dispiace di avervi aggredito prima, ma posso aiutarvi. - dichiarò. I due lo guardarono sorpresi – Innanzi tutto voi avete bisogno di un dottore e poi credo siano rimasti un paio di Elfi qui in città. -
A quella frase i due sgranarono gli occhi – Chi? - chiese la ragazza.
L'Uomo scosse la testa – Non ne so molto, l'ho solo sentito dire in giro, ma posso provare a cercarli. - in quel momento la porta bussò – Chi è? - chiese dopo aver fatto cenno di tacere ai due.
- Ethelind. Ho portato il pranzo. - quindi entrò dopo aver ricevuto il permesso e restò stupita nel constatare che vi fosse un Elfo nella stanza. Guardò interrogativamente l'Uomo che le spiegò tutto.
- Et… c'è bisogno di un dottore, è urgente. Qualcuno di cui possiamo fidarci, sai a chi mi riferisco. - disse, lei affermò con il capo – Poi dì a tuo padre di raggiungerci il prima possibile, devo parlare con lui. -
- Ah, io ho lasciato i bagagli in groppa al suo cavallo… - aggiunse Monica – Vi sono le nostre armi dentro, mi sentirei più sicura ad averle dietro. -
- Quelle vado a recuperarvele io. Voi restate con lui e intanto mangiate. - le riferì uscendo dopo la figlia dell'oste.
Pochi minuti dopo fu di ritorno con un altro Uomo. Avevano tutti i bagagli. Monica li ringraziò e restò a fissare il tizio. Al contrario di Garion che aveva i capelli lunghi fino alle spalle e biondicci, quello era moro e barbuto.
- Vi do il benvenuto nella mia locanda… sono Meinrad, l'oste. - si presentò inchinandosi. La ragazza ricambiò il gesto e presentò Alyon e se stessa. - Ho saputo che venite da Imladris. - soffermò lo sguardo su Alyon che ricambiò. Monica affermò con il capo.
- Ero… mi ero recata ad Imladris per andare a trovare alcuni miei amici e mi sono ritrovata davanti il posto completamente devastato e distrutto. Sono entrata per controllare se vi fossero superstiti e ho trovato Alyon gravemente ferito. Ho provato a fare tutto il possibile, ma… - si bloccò voltandosi a guardare l'Elfo con chi occhi tristi.
- Il vostro coraggio è ammirevole. - commentò Garion – Vi sareste potuta imbattere in qualche Orchetto. -
- Infatti è successo… erano due per la precisione. - rivelò lei.
I due sgranarono gli occhi sorpresi – E siete riuscita a sopravvivere? - chiese Meinrad.
- Diciamo che me la sono vista brutta, ma alla fine ho avuto io la meglio. - dichiarò abbozzando un sorriso.
- Sapete il fatto vostro. - commentò Garion che sorrideva compiaciuto – E dire che sembrate gracile ed indifesa. -
- Perché prima eravate guardingo? - chiese all'improvviso Alyon.
Il biondo sospirò – Da quando i vostri amici se ne sono andati, abbiamo iniziato a vedere dei movimenti strani tra i tizi poco raccomandabili di Tharbad. - riferì – Credo sarà meglio che la vostra identità resti segreta al di fuori di questa stanza. -
- Ci penserò io a non far trafugare alcuna informazione ed a sviare i curiosi. E potete fidarvi di mia figlia. - li informò l'oste. I due lo ringraziarono. - Potrete fidarvi anche del medico che presto sarà qui. Ha già visitato alcuni dei vostri amici. Erano solo ferite superficiali o già in via di guarigione. Voi Elfi siete molto abili a curare le ferite. - si sbrigò a dire vedendo lo sguardo preoccupato dei due.
- Io mi metterò subito in movimento per cercare di rintracciare gli Elfi. - aggiunse Garion.
- Posso chiedervi una cosa? - chiese la ragazza prima che i due uomini uscissero dalla stanza. Questi la guardarono incuriositi. - Perché vi date così tanto da fare per aiutarci? -
- Perché noi abbiamo ancora speranza. - rispose Garion sorridendole, quindi aprì la porta ed uscì, seguito dall'oste che riferì che sarebbe tornato appena il medico fosse arrivato.

Era da diverso tempo che il medico era nella stanza con Alyon e non accennava ad uscire. Monica era appoggiata al muro del corridoio lì fuori la camera, Garion era lì con lei.
Il medico era un signore sulla sessantina, i capelli brizzolati, gli occhi neri, piccoli. Aveva un'aria colta. Era arrivato ed aveva fatto uscire tutti dalla stanza.
La ragazza teneva lo sguardo basso, le braccia incrociate al petto. Era visibilmente tesa e preoccupata.
Garion le lanciava un'occhiata di tanto in tanto. Era incuriosito da quella ragazza: la trovava strana. - Quanti anni avete? - le chiese.
- Diciannove. - rispose lei spostando lo sguardo su di lui.
- La stessa età di mio figlio se fosse ancora in vita. - riferì l'altro mostrandole un sorriso triste.
- Oh, mi dispiace. - mormorò – Com'è successo? - domandò – Sempre se vi va di parlarne. - aggiunse velocemente cercando di non passare per sgarbata.
- É morto due anni fa in un'imboscata degli Orchetti. Ero con lui quel giorno. Eravamo in perlustrazione giù alla Breccia di Rohan. C'erano stati degli avvistamenti e il Re del Mark ci aveva mandato a controllare. - Monica gli lanciò un'occhiata interrogativa – Facevamo entrambi parte dei Rohirrim. Mio figlio era veramente bravo, ecco perché era diventato scudiero di Rohan a soli diciassette anni. Era la sua prima missione. - un sorriso amareggiato gli incurvò le labbra - Dovevamo solo vedere dove portavano le tracce, ma ci trovarono prima gli Orchetti e io non sono riuscito a proteggerlo. - abbassò lo sguardo – Dopo la sua morte lasciai i Rohirrim e ci trasferimmo qui con mia moglie, da Edoras. -
La ragazza stava per dire qualcosa, ma in quel momento la porta si aprì e ne uscì il dottore, la sua espressione non era delle migliori.
- Ho fatto tutto il possibile, ma la sua ferita è ridotta veramente male, nonostante sia stato fatto un buon lavoro nel ricucirla. Purtroppo è troppo infettata: temo che la lama fosse intrisa di veleno. Non gli resta molto da vivere, mi dispiace. - dichiarò impotente.
A Monica le si mozzò il fiato, sentì una morsa allo stomaco, poi gli occhi nocciola le si velarono. Guardava implorante il dottore. Sperava che quello che le era stato detto fosse soltanto una bugia. L'Uomo sospirò, le posò una mano sulla spalla e se ne andò dopo aver dichiarato che sarebbe andato a parlare con Meinrad.
La ragazza restò a fissare la porta imbambolata. Le lacrime calde le rigavano il viso.
- Andate da lui. Vado anche io a parlare con Meinrad e vi raggiungo. - riferì Garion dandole una piccola pacca sulla spalla.
Lei restò lì immobile: non aveva nemmeno la forza di muovere un passo. - Silwen. - si sentì chiamare da Alyon. Un singulto la percosse. Si fece forza ed entrò nella stanza richiudendosi la porta alle spalle. Si avvicinò al letto su cui giaceva Alyon. I lunghi capelli neri mettevano in risalto il viso bianco. Gli occhi verdi erano velati: non avevano più quella luce caratteristica degli Elfi. - Mi dispiace. - sussurrò prima di crollare a terra disperata, lì, al suo capezzale. Lui allungò la mano sinistra e le cominciò ad accarezzare lentamente il capo.
- Avete fatto tutto il possibile, Silwen. E vi devo ringraziare per avermi salvato e non avermi lasciato in mano a quei due Orchetti. Non potete nemmeno immaginare quanto ve ne sono grato. E poi… ho avuto la fortuna di conoscervi meglio. Siete una ragazza incredibile e forte. Avete un compito da svolgere… avete un sacco di altre vite da salvare… e sono sicuro che ce la farete. - proferì con voce dolce – Io credo in voi. -

Erano passati due giorni e Monica era rimasta in continuazione al capezzale dell'Elfo, a malapena dormiva la notte per la paura che al risveglio lo potesse trovare morto. Garion andava a fargli visita spesso. Degli Elfi che dovevano essere rimasti a Tharbad non avevano ricevuto ancora alcuna notizia.
Era sera e Monica era nella stalla. Era stata convinta da Alyon a fare due passi, ma si era fatta promettere che al suo ritorno lui fosse ancora vivo. Quindi ne aveva approfittato per andare a vedere come stavano la Mearas ed Aaron, ma a quanto pare venivano trattati bene. Nel rientrare incrociò Garion che arrivava in quel momento. Fu sorpreso di vederla in giro. Per un attimo temette il peggio, ma lei lo rassicurò spiegandogli che Alyon l'aveva cacciata dalla stanza. L'Uomo allora le propose di bere insieme una birra, almeno l'avrebbe distratta. Lei accettò con riluttanza. Si sedettero ad un tavolo in un angolo ed Ethelind fu subito da loro. La stanza era piena: probabilmente erano presenti tutti i viaggiatori che sostavano lì. C'era ancora il gruppetto di Nani che aveva visto il primo giorno, erano una decina e molto rumorosi. Gli altri erano tutti Uomini, divisi in diverse tavolate: grandi e piccole.
Avevano appena iniziato a sorseggiare la birra che Meinrad li raggiunse e si soffermò a parlare un po' con loro. Era davvero un brav'uomo: aveva aiutato un sacco la ragazza in quei giorni. Per non parlare di Ethelind che era sempre disponibile. Una sera, quando questa era andata a controllare che tutto fosse a posto, le raccontò che aveva perso sua madre quando aveva solo due anni, quindi era stato il padre a crescerla, da solo. Lei lo aveva aiutato sempre nella locanda, fin da bambina. Meinrad era orgogliosissimo di lei, l'amava profondamente.
Fu davvero felice di vedere che Monica aveva ceduto a stare un po' lì con loro, quella sera. Era preoccupato, perché vedeva che la ragazza era stanca e tesa come una corda di violino: sempre in ansia e preoccupata che l'Elfo potesse morire da un momento all'altro. E lui sapeva cosa volesse dire essere in apprensione per qualcuno: sua moglie era morta dopo mesi di malattia.
Ad un tratto un tizio ad un tavolo iniziò a cantare, forse aveva alzato un po' troppo il gomito, ma i compagni lo seguirono subito a ruota dopo la prima strofa della canzone. Avevano l'attenzione di tutti rivolta su di loro. Qualcuno batteva le mani a ritmo e quando la canzone terminò, ci fu uno scroscio di applausi.
Monica sorrise divertita: il tipo era tutt'altro che intonato. I due Uomini si lanciarono un'occhiata e sorrisero contenti.
Poco dopo attaccò a cantare un tizio di un altro tavolo, questa volta la canzone sembrava fosse conosciuta e tutta la stanza la intonò, compresi Garion e Meinrad, con i boccali levati in alto.
Monica iniziò a ridere divertita, anche perché il tizio, vedendo il successo riscontrato, era salito sulla panca e aveva anche iniziato a ballare. Finita la canzone ci furono delle ovazioni e ancora applausi.
Poi Meinrad si congedò: era stato chiamato ad un tavolo.
- Non potete nemmeno immaginare che piacere è vedervi ridere. - esclamò Garion ammiccando.
La ragazza sorrise e poi sospirò – In effetti mi ci voleva… ma tra poco tornerò di sopra. - dichiarò portando la sua attenzione sul suo boccale.
In quel momento alcune figure entrarono nella sala. Garion, che stava bevendo un sorso, rischiò di strozzarsi nel notarle. - Oh, perfetto… ci mancavano solo loro. - sbottò rabbuiandosi. La ragazza domandò chi fossero. - Vi ricordate quando vi avevo detto che a Tharbad c'è anche gente poco raccomandabile? Bene, loro fanno parte di una banda di furfanti… e quel tipo che zoppica ne è il capo. - spiegò indicando un Uomo dai capelli lunghi e castani che fece vagare velocemente lo sguardo sui presenti e si leccò le labbra. - Monica, fatemi un favore… io cerco di distrarli, voi dileguatevi senza farvi vedere. Alcuni di loro sono stati qui queste ultime sere e mi hanno fatto un sacco di domande su di voi ed Alyon. - rivelò – Non vi preoccupate, non sanno niente a riguardo, siamo riusciti a fargli bere il fatto che Alyon è solo influenzato e voi siete sua sorella. - si affrettò a spiegare vedendo il suo sguardo impensierito. - Ora però andate. - le sussurrò spingendola cortesemente verso la parete poco più in là, mentre lui andò incontro al gruppetto che stava importunando i Nani. Uno di questi li stava guardando talmente torvo che gli avrebbe puntato l'ascia contro se non fosse che Garion si intromise prontamente. - Ma guarda un po' chi abbiamo qui… Griswold. - e il tono con cui ne pronunciò il nome era alquanto disprezzante.
- Garion… ho saputo che ultimamente bazzichi spesso da queste parti… cos'è? State complottando qualcosa tu e il buon vecchio Meinrad? - chiese divertito – Oppure vi sono altri motivi? Mi hanno riferito i miei amici che tre giorni fa sono arrivati due forestieri… - Monica, che stava percorrendo il muro in direzione delle scale, si fermò un momento ad ascoltare – una di loro era una ragazza… e anche particolarmente bella… non è che stai cornificando tua mogl… - ma non fece in tempo a terminare la frase che si ritrovò il coltello puntato in gola.
Garion lo fissava furente, anche lui con diverse lame puntate alla gola: i compagni di Griswold non tardarono a reagire. A placare gli animi fu Meinrad – Signori… sapete benissimo quali sono le regole qui… non cambiano di certo da un giorno all'altro: non voglio risse, men che meno armi puntate addosso. Se avete qualcosa da dirvi, andate fuori! - proferì perentorio guardando prima gli uni, poi l'amico che strinse i denti e mise via il coltello.
- Via, via, mio vecchio Garion… non te la prendere per così poco, sai che io scherzo! - esclamò dandogli una pacca sul braccio, scoppiando a ridere. I suoi uomini lo imitarono. - Sono solo venuto qui per divertirmi un po', questa sera. E per tentare la fortuna, se fossi mai riuscito a vedere con i miei occhi la bellezza di questa fanciulla che è vostra ospite, mio caro Meinrad… - disse guardandolo – E a quanto pare la fortuna è dalla mia parte! - un ghigno perfido gli si dipinse sul volto prima di voltare lo sguardo in direzione delle scale.
Monica le aveva quasi raggiunte quando si ritrovò davanti due tizi che la guardavano con un sorrisetto divertito sulle labbra e che le bloccarono la strada. Li incenerì con lo sguardo. Garion e Meinrad si lanciarono un'occhiata preoccupata.
- Ve ne state già andando, mia cara? Perché non venite qui, così che possa vedervi da vicino? - uno dei due le afferrò il braccio, ma lei si divincolò e andò là da sola. - Bene, bene… devo ammettere che i miei amici non sbagliavano, siete proprio bella. - fece girandole intorno – Quanti anni avete? - le chiese, ma non ricevette risposta – Cosa c'è? Non sapete parlare? - domandò divertito.
- No, è solo che puzzate talmente tanto che sto trattenendo il respiro. - sibilò.
Ci fu uno scoppiò di risa e alcuni Nani gridarono soddisfatti. Ovviamente Griswold non la prese proprio bene. Alzò la mano per colpirla, ma Meinrad gli bloccò il braccio a mezz'aria. - Prova soltanto a sfiorarla con un dito e giuro che ti stacco tutto il braccio. - mormorò al suo orecchio minaccioso.
Quello restò un attimo a guardarlo apatico, poi un ghigno malefico gli si formò sul viso – Dimmi… chi è che sta badando all'influenzato, in questo momento? O forse farei meglio a dire all'Elfo? - i tre sgranarono gli occhi all'unisono, sconvolti, e Monica sbiancò. Lui con una mossa rapida si liberò dalla presa e diede una testata all'oste colto alla sprovvista. Quattro uomini furono su Garion e Monica, ma il primo tenne a bada tutti e quattro. In pochi secondi scoppiò il finimondo. La ragazza ne approfittò: si voltò e salì prima sulla panca dietro di lei, poi sul tavolo che percorse velocemente verso le scale, reggendosi l'orlo del vestito che le dava fastidio, sotto le lamentele di alcuni Nani che videro i loro boccali pieni di birra cadere a terra al suo passaggio. Salì precipitosamente i gradini, inciampando un paio di volte e rischiando di rotolare all'indietro. Aveva il cuore che le martellava nel petto. Sperava che non toccassero Alyon. In pochi istanti fu davanti alla porta. Sentì dei rumori di colluttazione. Fece per lanciarsi all'interno, ma la trovò chiusa. - Alyon! - urlò iniziando a prenderla a spallate. Ma vedendo che faceva più male a se stessa che alla porta, spostò lo sguardo sul corridoio in cerca di qualcosa di pesante, ma non trovò niente. Poi le balenò in mente un'idea malsana. Provò ad aprire la porta della stanza accanto, quella a destra, ma era chiusa anche quella. Trovò aperta quella a sinistra. In pochi passi fu alla finestra che spalancò. Si affacciò e guardò nella direzione di quella della sua stanza, vedeva delle ombre muoversi alla fioca luce della candela. Strinse i denti e guardò giù. Non era molto alto: si trovavano al primo piano e c'era molta neve ammucchiata a ridosso del muro. - Devo essere impazzita. - si disse prima di salire sul davanzale. L'aria fredda la colpì in pieno, ma non la fece desistere. C'era una sporgenza di una decina di centimetri che collegava le finestre di tutti i piani. Fece un gran respiro, appoggiò il piede sulla sporgenza e si appiattì con la schiena rivolta contro il muro. Pregò con tutto il cuore di non perdere l'equilibrio. Con le dita cercava di aggrapparsi alle fessure tra le pietre mentre avanzava lentamente. La finestra distava circa cinque metri, ne aveva percorso sì e no uno quando sentì dei nitriti provenire dalla stalla lì sotto e delle grida. Poi vide con la coda dell'occhio cavalli e pony uscire dalla stalla al galoppo e scappare in strada. Riconobbe Aaron. Poco dopo la Mearas che si fermò al centro del piazzale, un uomo le stava andando incontro con una corda sulle mani. Tentò di avvicinarsi, ma quella si drizzò sulle zampe posteriori ed iniziò a scalciare. - Ehi! Lascia stare la mia cavalla! - urlò la ragazza che si sbilanciò leggermente in avanti e per poco non perse l'equilibrio – Merda! - imprecò.
Quello si voltò di scatto verso l'ingresso, ma non vide nessuno. Allora alzò lo sguardo e la notò. Per un attimo restò imbambolato ad osservarla. In quell'istante una figura incappucciata gli arrivò silenziosamente alle spalle e lo colpì in testa: quello cadde a terra svenuto. Un'altra figura incappucciata si unì velocemente alla prima, guardarono alcuni istanti verso la ragazza e si precipitarono all'interno della locanda.
Monica però non se ne accorse, troppo presa a maledirsi per quella genialata, il sudore le imperlava la fronte e ad ogni passo rischiava di pestare l'orlo dell'abito. Aveva percorso metà strada quando sentì un lamento provenire dalla stanza: era la voce di Alyon. Iniziò ad imprecare cercando di accelerare il passo, cosa alquanto difficile. Poi finalmente raggiunse il davanzale della finestra. Si aggrappò alla sporgenza lì sopra e riprese un momento fiato, quindi spostò lo sguardo all'interno e vide Alyon disteso a terra e un tizio puntargli la spada al collo. Le bastò per farla riprendere completamente: si portò al centro della finestra, si aggrappò bene alla sporgenza lì sopra e mollò un calcio. La finestra si spalancò e lei si tuffò all'interno della stanza urlando il nome dell'Elfo, rotolando sul pavimento e andando a sbattere con il ginocchio contro la gamba di legno del letto. I due tizi la guardarono sconvolti. Lei li fissava ansimante e furibonda mentre si massaggiava il punto leso. - State lontano da lui. - disse minacciosa, alzandosi.
Quelli la fissarono per un momento, si scambiarono un'occhiata e poi scoppiarono a ridere. - E cosa vorresti fare, disarmata? - puntualizzò uno dei due muovendo un passo verso di lei, la spada puntata contro.
Lei deglutì ed indietreggiò. La sua spada era nella sua sacca, e questa si trovava ai piedi del suo letto, dietro il tipo. Spostò lo sguardo su Alyon, respirava, ma aveva il viso contratto dal dolore. - Cosa volete da noi? - domandò cercando di guadagnare tempo e pensare a qualcosa di intelligente.
- Oh, niente di personale, ci è stato solo ordinato di uccidere tutti coloro che sarebbero venuti da Imladris. - rispose quello più basso e tarchiato che teneva la spada puntata sul collo dell'Elfo.
- Perché? - chiese lei assottigliando gli occhi.
L'altro ridacchiò – Questo non vi è dato saperlo. - fece un altro passo in avanti.
- Mellon. - sussurrò Alyon. Monica lo guardò interrogativamente: solo lei aveva sentito cosa aveva detto. Ma non capiva cosa volesse dire. Il tipo basso gli diede un calcio intimandolo di non lamentarsi. Poi si sentì un colpo fortissimo alla porta.
In quel momento afferrò quello che intendeva l'amico e approfittando del fatto che i due si distrassero, si lanciò su quello che aveva davanti, gli mollò un calcio in mezzo alle gambe e gli prese la spada che vibrò contro il compagno, ma quello schivò il colpo. Riuscì però a farlo indietreggiare. Quindi si frappose tra Alyon e i due con un sorrisetto compiaciuto sul viso. - Vi conviene arrendervi. - suggerì e in quell'istante la porta si spalancò ed entrarono le due figure incappucciate.
- Allontanatevi. - ordinò quello che era entrato per primo, anche lui spada alla mano.
I due Uomini ubbidirono, quello ancora armato lasciò cadere la sua a terra, e si misero con le spalle al muro. Le loro espressioni erano decisamente sprezzanti e per nulla felici.
- Ne è passato di tempo, Silwen! - esclamò l'altro andandole incontro. Si abbassò il cappuccio mostrando il bel viso sorridente.
- Turion! - esclamò lei sorpresa, poi lanciò l'arma a terra e lo abbracciò di slancio per la felicità.
- Vi trovo in forma. - notò contento, poi la sua espressione cambiò completamente nello spostare gli occhi azzurri sull'amico a terra – Non posso dire lo stesso di te, mellon nin. -
Alyon accennò una smorfia che doveva essere un sorriso – Ho visto tempi migliori. - sussurrò tossendo e piegandosi dal dolore. Monica si chinò su di lui preoccupatissima.
In quel momento arrivò Garion che tirò un sospiro di sollievo nell'appurare che erano ancora tutti e due vivi. Aveva un occhio rosso e gonfio e un labbro sanguinante. Poi si voltò verso i due banditi e ghignò. - Questa volta siete proprio nei guai. Le guardie stanno venendo a prendervi ed io avrò il piacere di legarvi e consegnarvi a loro. - quindi mostrò le corde che teneva in mano.
- Siete stati fortunati che siamo rimasti qui a Tharbad. - dichiarò Turion – Varnohtar ed io non ci siamo voluti dare per vinti, sperando che prima o poi arrivasse qui qualche superstite. - spiegò.
- Certo non ci aspettavamo di trovare voi. - disse l'altro Elfo che finalmente si abbassò il cappuccio sul capo appena Garion portò al piano inferiore i due. Sorrise alla ragazza, poi anche lui guardò Alyon preoccupato, si chinò su di lui e gli sollevò la tunica bianca. Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi era raccapricciante: la ferita era putrefatta. I due Elfi capirono. Monica invece distolse lo sguardo e cercò di reprimere le lacrime. L'Elfo biondo le posò una mano sulla spalla – Diteci tutto. -
E così la ragazza raccontò quello che aveva passato da quando era partita dal suo mondo fino a quando erano arrivati lì. I due Elfi restarono molto impressionati.
- Non ci avete raccontato di come lo siete venuta a sapere. - proruppe Turion, quando lei terminò.
La ragazza era seduta sul suo letto e lanciò un'occhiata ad Alyon che giaceva sull'altro, strinse le mani sul vestito, facendo diventare le nocche bianche. - Mia cugina Milena… il giorno che sono partita mi ha rivelato che aveva ascoltato Morwen mentre parlava con qualcuno, un giorno. L'aveva sentita dire che presto avrebbe ucciso tutti, riducendo a fiamme e cenere Imladris, una volta che ce ne fossimo andati. - calò il silenzio. I due Elfi si guardarono allarmati.
Varnohtar scattò in piedi - Dovevo immaginarlo che c'era lei dietro a tutto questo! - gridò dando un pugno alla parete. Poi sentendo Monica singhiozzare si voltò.
- Se mia cugina lo avesse detto subito, a quest'ora voi… Alyon… - si portò le mani al viso – Mi dispiace tanto. -
Turion le si avvicinò e l'abbracciò – Probabilmente avrebbe trovato un altro modo per ucciderci e quasi sicuramente avrebbe ucciso anche tutti voi. - cercò di tranquillizzarla.
-Turion… io e Silwen abbiamo un'idea… - proferì Alyon che faticava vistosamente a parlare.
- Quale idea? - chiese Varnohtar rivolgendosi alla ragazza.
Lei si asciugò le lacrime – Dove si stanno dirigendo tutti? - chiese invece.
- Ad Edoras. Elrond vuole tenere un consiglio là. Sono stati spediti inviti a tutti i maggiori rappresentanti dei Popoli Liberi della Terra di Mezzo, quando siamo arrivati qui. É centrale e ben raggiungibile da tutti. - rispose.
La ragazza sgranò gli occhi e lanciò uno sguardo allarmato ad Alyon. - Quanto tempo fa? - chiese questo.
- Due settimane fa. Perché? Qual è quest'idea? - Turion aveva iniziato ad agitarsi.
Monica sospirò – Alyon ed io crediamo che Morwen voglia attaccare Edoras, proprio durante il consiglio. -
Ricalò un silenzio teso – Ok, calma, ragioniamo. - fece Turion a cui l'idea non piaceva affatto – Saranno presenti anche i guerrieri più valorosi al consiglio… se davvero quello che avete supposto è vero… Morwen dovrebbe disporre di un esercito di Orchetti numerosissimo. -
- E se non fosse così? - proruppe la ragazza. Varnohtar la incitò a spiegarsi meglio. - Se Morwen fosse abbastanza potente da non dover disporre di un esercito? - sei paia di occhi la stavano guardando stralunati – Lo so che può sembrare strano… ma l'avete detto voi che è in grado di soggiogare la mente degli Uomini… se si servisse di questo? -
I tre si guardarono ancora più allarmati – Approfittare del consiglio per far mettere tutti contro tutti… - mormorò Varnohtar.
- E sbarazzarsi così delle persone più importanti. - aggiunse Turion.
- La scintilla che fa scoppiare l'incendio. O meglio... una Guerra, ma questa volta vedrebbe i Popoli Liberi combattersi tra di loro. - proferì sottovoce la ragazza.
Gli altri tre la guardarono sconvolti – Siete sempre così ottimista? - le domandò Turion sarcastico. Lei abbozzò un sorriso.
- Dobbiamo avvisarli in qualche modo. - mormorò Varnohtar che si era di nuovo alzato ed ora camminava avanti ed indietro per la stanza.
- Come? Anche se partissimo ora da qui non so se faremo mai in tempo… Loro saranno arrivati ormai e la maggior parte degli invitati saranno già stati avvisati e partiti. Ci vogliono quattro giorni da qui per arrivare ad Edoras, con questo tempo e nelle condizioni in cui viaggiano loro probabilmente una settimana. Quindi sono già lì da un pezzo. - ragionò Turion.
- Ok, ma prima che il consiglio inizi dovranno attendere tutti. - fece Varnohtar – Chi sono quelli più distanti? - chiese poi all'amico.
Quello ci rifletté su un momento – Gli Hobbit. Ma ho sentito dire Elrond che erano a Minas Tirith a far visita a Sire Aragorn, in questo periodo. Quindi a quanto pare Re Thorin che viene da Erebor. A meno che non sia anche lui in visita a suo figlio Durin a Moria… questo accorcerebbe il nostro tempo. -
- Ma c'è Re Thranduil, in caso, che ci impiegherebbe una decina di giorni a raggiungere Edoras. - aggiunse Varnohtar. L'altro gli lanciò un'occhiata perplessa. - Che c'è? Credi che non si faccia vivo? - l'occhiata di Turion era eloquente. - Ma lo sai che negli ultimi anni è cambiato. - gli ricordò – E vedrai che non si lascerà sfuggire l'occasione di rivedere suo figlio. -
Turion stava per controbattere, ma venne interrotto da Alyon – Amici miei… state divagando… -
- Ok, mettiamo che Re Thorin Elminpietra sia ad Erebor… avremmo due settimane di tempo… - rifletté Varnohtar.
- Di più, se avete spedito qualcuno a mandare l'invito. - si intromise Monica.
- Se avessimo mandato persone, non saremmo riusciti ad avere un consiglio prima della fine di febbraio. - dichiarò Turion – Abbiamo usato volatili che abbiamo trovato a portata di mano. Con questo tempo era impossibile mandare qualcuno a cavallo. -
- Allora non abbiamo molto tempo visto che sono passate già due settimane. - replicò la ragazza guardandoli agitata.
- É per questo... che dovete partire immediatamente... Silwen. - Alyon si era sollevato sul braccio e la guardava serio – Siete l'unica… che può farlo. Con la Mearas riuscireste ad essere ad Edoras in meno di una settimana. Nessun nostro cavallo può eguagliarla in velocità. - si stava sforzando molto a parlare.
- Ma ho visto un uomo cercare di catturarla prima… - replicò lei.
- Oh, state tranquilla, la vostra cavalla sta benissimo. Diciamo che siamo arrivati in tempo per sistemare le cose. - le disse Turion sorridendo.
- E per vedere voi attaccata al muro della locanda a circa cinque metri d'altezza. - aggiunse Varnohtar divertito.
Lei arrossì imbarazzata – Ma perché io? Potrei prestare ad uno di loro la Mearas… - iniziò.
- Silwen… - il tono di Alyon era perentorio – Sapete che non si fa cavalcare da altri oltre a voi. E se Morwen vedesse ora uno di loro, si insospettirebbe. Se poi venissero con voi, vi rallenterebbero solamente. E non possiamo rischiare di mandare messaggi di avviso, potrebbero venire intercettati. -
- Ma… - provò a replicare, però lo sguardo che avevano tutti e tre le fecero morire le parole in bocca. Sapeva quello che significava andarsene: avrebbe dovuto lasciare Alyon e non rivederlo mai più. Abbassò il capo mordendosi il labbro inferiore.
- Silwen… presto o tardi dovremmo dirci addio comunque. Non reggerò molti giorni. Sento che non mi resta molto tempo. - riferì quello, come se l'avesse letta nella mente. Quelle parole la colpirono al petto come fossero una spada dalla lama tagliente. Riuscì soltanto ad affermare con il capo. Gli altri due si guardarono con aria mortificata.

Erano le prime luci dell'alba e la ragazza stava sistemando le ultime cose. Si era portata dietro le armi, del Lembas e un cambio di vestiti. Era rimasta sveglia tutta la notte al capezzale di Alyon, nonostante questo avesse insistito più volte che riposasse. Una volta chiusa la sacca si voltò a guardare l'amico, stava impiegando tutte le sue forze per non piangere. Anche lui la guardava, con un leggero sorriso sulle labbra.
Le fece segno di avvicinarsi e le afferrò la mano – Promettetemi che ce la farete. - lei distolse lo sguardo.
- Non fatemi promettere qualcosa al di sopra delle mie forze. - sussurrò.
- Se partite con quest'idea in mente fallirete sicuro… fino a pochi giorni fa eravate pronta a tutto pur di salvare tutti. - le ricordò.
- Non sono riuscita a salvare voi, la promessa che mi ero fatta prima di partire è stata spezzata. - replicò guardandolo mogia con un groppo in gola.
- Ecco perché vi chiedo di farne una nuova a me… - insistette lui. Lei ne fu sorpresa. - Promettetemi che ce la farete. - ripeté stringendole forte la mano – La vita della gente a cui tenete è in pericolo: pensate ad Elveon, Elladan, Melime, Elrohir… loro sono ancora vivi. - Turion e Varnohtar gli avevano riferito la sera prima che loro si erano salvati, come Elrond e molti altri.
Monica spostò lo sguardo a terra e chiuse gli occhi, deglutì, rivide i volti di coloro che erano stati appena nominati, pensò ad Alyon che se ne sarebbe andato e a tutti quelli che erano già morti. La rabbia iniziò a ribollirle nel corpo. Ricambiò la stretta e si voltò a guardarlo. - Vi prometto che farò il possibile per salvarli! - esclamò decisa. Il suo sguardo era completamente cambiato. I tre Elfi se ne stupirono.
Alyon le sorrise – Ora andate. - e così dicendo lasciò la sua mano.
La ragazza si voltò verso i due Elfi e fece un cenno con il capo, poi mosse alcuni passi verso la porta.
- Silwen… - la chiamò l'amico prima che uscisse, lei si bloccò – namarie. - sussurrò.
- Namarie. - ricambiò il saluto con voce incrinata e se ne andò. Scese velocemente le scale e si precipitò fuori della locanda diretta alla stalla, ma si ritrovò davanti Garion con la Mearas da una parte e Meinrad ed Ethelind dall'altra. Li guardò sorpresa.
- Non potevamo certo lasciarvi partire senza salutarvi. - commentò Garion facendole l'occhiolino. L'altro occhio era diventato nero.
- Monica… ah, no… Silwen... – si corresse l'oste che aveva il naso gonfio – Sappiamo che sta accadendo qualcosa di veramente grande e grave. Turion ci ha accennato qualcosa ieri sera. Non so cosa c'entrate voi in tutto questo, non ci è stato detto, ma… qualunque cosa sia… state attenta. - pregò preoccupato. Lei affermò con il capo.
- Buona fortuna. - le augurò la figlia.
Lei salì sulla Mearas, fece un cenno del capo come saluto e la spronò a partire. Si fermò sulla strada, appena fuori del cancello in legno e volse lo sguardo in direzione della finestra della sua stanza. In quell'istante il groppo in gola le si sciolse, il cuore le si strinse in una morsa, le ritornarono in mente vari momenti passati con Alyon, non riuscì più a trattenere le lacrime ed iniziò a piangere. Poi fece ripartire la Mearas e si allontanò. Una volta fuori della porta est guardò l'orizzonte, verso sud-est, ed ancora scossa dai singhiozzi spronò la cavalla al galoppo in quella direzione, con il vento freddo che le sferzava le guance bagnate.

   
 
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