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Autore: paoletta76    16/03/2017    0 recensioni
Era cominciato tutto con un piccolo rimprovero innocente, detto col sorriso sulle labbra. E la risposta era stata col sorriso, ed una minuscola smorfietta. Una di quelle che solo lui le sapeva regalare.
Non avrebbe mai immaginato che quella risposta al pepe potesse nascondere qualcosa di più.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sei settimane prima
Robert
 
Non la odiava. Non poteva odiarla, neanche volendolo con tutte le proprie forze.
Sarah era la medicina capace di curare le sue ferite, la donna che lo trasformava ogni giorno senza neppure rendersene conto. L’unica persona con cui non riusciva a lasciar sfuggire orgoglio e arroganza, l’unica a cui lasciava l’ultima parola e da cui si lasciava rimproverare.
Ed una parte di sé stava iniziando a desiderare di allontanarla, mentre l’altra gli gridava dietro implorando di non lasciarla andare.
 
Che cosa vuoi? Ripeteva la voce, nella sua testa. Apriva gli occhi, e lo circondava il buio delle notti passate su quell’isola. La donna vestiva di bianco, ma voltandosi non scopriva più il viso di Kathryn.
Lo guardava con le labbra strette ed una luce strana, negli occhi. Pugni chiusi contro i fianchi e, oltre le sue spalle, lo stesso sguardo si ripeteva negli occhi di Liam.
Fra le sue dita, il lampo di una pistola.
 
Il sogno s’interrompeva sempre nello stesso punto, con l’angoscia a stringergli la gola e quel dolore immenso ed improvviso a trafiggergli lo stomaco.
L’aria che mancava, gli occhi che si aprivano sulla realtà. Il soffitto, le finestre e il loro chiaroscuro. Il calore del corpo di Sarah non era al suo fianco. L’aveva di nuovo lasciata sola, per rinchiudersi nella propria stanza con la giustificazione del dover fare troppo tardi con i documenti e non volerla svegliare.
 
Non ricordava quale fosse l’ultima volta in cui aveva fatto l’amore con sua moglie.
 
Un sospiro, lento e pesante, ed era scivolato a terra. Cuscino sotto la testa, la clessidra di suo padre accanto alla spalla. Forse, tornare all’abitudine presa al suo ritorno gli avrebbe concesso un sonno tranquillo.
 
Aveva chiuso di nuovo gli occhi, provato a rilassarsi. Ma le immagini del viaggio di nozze restavano poco a fargli compagnia, ed in breve il cottage in cui avevano trascorso una manciata di quei giorni, isolati da tutti con l’unica compagnia del sottofondo di vento ed onde, lasciava il posto al parco del palazzo. Le foglie in caduta libera, i colori dell’autunno. La scacchiera in pietra ed il viso buono di suo padre.
- Sei stato bravo, figliolo.. hai assimilato tutto quello che ti abbiamo insegnato. Tuo fratello, al contrario, è molto sensibile. Il che non è una brutta cosa.
- Gli manca la disciplina.
- Ma compensa con la forza di volontà e la determinazione. Puoi imparare molto, da lui.
- Lui può imparare molto da me.
- La tua arroganza, Robert, sarà la tua rovina, un giorno.
 
Era in quell’istante, che ricordava di aver abbassato lo sguardo, forse per la prima volta, davanti a suo padre. Di non aver potuto sostenere il cristallo puro dei suoi occhi, come spesso non riusciva a sostenere quello di Sarah, davanti ai suoi piccoli rimproveri accompagnati da carezze.
 
Sei troppo duro, con te stesso e con gli altri.
 
Lasciali vivere, lascia che anche loro seguano il cuore. Come hai fatto tu. Non sei il solo, ad avere questo diritto, Robert. Non sei l’unico a cui sia dato di poter essere felice.
 
Respira, rilassati. Ricordati che ti ho sposato, che mi hai voluto tu alla tua destra. Quindi ora ti arrangi.
E, comunque vada, ci siamo dentro insieme.
 
Lo sguardo di Sarah era lo stesso di suo padre. Comprensione, amore. Di quello non misurabile, che non chiede e non pretende nulla in cambio.
Il sogno si dissolveva di nuovo, lasciandolo con l’unica compagnia di un cuscino e del pavimento sotto le spalle. E le ferite non smettevano di fare male, nonostante sollevando la maglia trovasse soltanto cicatrici.
 
Ho deciso di abolire la monarchia, figliolo. Non è colpa tua, non hai fatto niente di sbagliato. E’ solo per quello che sei.
 
Se suo padre l’avesse conosciuta, le avrebbe affidato la corona senza se e senza ma.
 
Il dolore adesso era così forte da togliergli il respiro, costringendolo ad alzarsi e ad aprire le finestre, in cerca d’ossigeno.
 
Hai tutte le qualità che possono essere insegnate.. e nessuna di quelle che non possono essere insegnate. E per quanto ti voglia bene.. e te ne voglio tanto, figlio mio.. non sarai mai un buon re. Mi dispiace.
 
Il veleno, fra le labbra, mentre ogni fibra del suo corpo riprendeva a tremare, esattamente come in quel letto d’ospedale.
Suo padre era morto considerandolo un essere sbagliato. Sbagliato, inutile. Meno di quel granello di senape a cui aveva teso la mano.
Lei era quella giusta. Per superarlo, per regnare. Lei, ancora più di Liam.
Lei che era cuore e umiltà e disciplina nella giusta dose.
Lei che riusciva a trovare l’occasione e l’istante perfetto anche per dirgli ti amo, mentre lui non ricordava l’ultima volta in cui l’aveva preceduta, costringendola ad una smorfietta ed a ripetere anch’io.
Lei che non aveva paura, neppure di tornare sulla strada. Che sapeva cadere e sapeva rialzarsi.
La donna che poteva decidere con una sola manciata di inconsapevoli gesti il suo destino, come uomo e come re.
 
Ora la voce di sua madre prendeva il posto di tutte le altre, nella testa e nel cuore. Acida e cattiva.
Se dovessimo perdere il referendum.. non oso immaginare. Ma se dovessimo vincere.. temo dovrai prepararti a cederle il passo, Robert.
 
Non è Sarah, a non meritarti.. sei tu quello che non è degno di lei..
Lo sguardo di suo padre si faceva pieno di compassione, nel suo scuotere leggero la testa. Ed ora il dolore gli lasciava desiderare d’essere morto davvero, come un eroe. In quale dei due modi non importava.
 
Piedi nudi, il disperato bisogno di uscire da quella stanza, in cerca di ossigeno lontano da quelle mura. Un passo dietro l’altro, fin oltre il passaggio segreto e il cancello del sotterraneo.
Che cosa vuoi..? ripeteva quella voce. L’immagine della lady consorte lo aspettava al bordo del giardino, addosso a quel tavolo defilato e solitario, nello sguardo non aveva più timore e non c’era nessuna musica a farla muovere, a lasciarlo sorridere.
- Voglio che mi lasci in pace.. che mi lasci in pace..- mormorò, premendo i palmi contro le tempie e stringendo più che poteva le palpebre, cercando di far sparire quell’abito bianco e quegli occhi carichi di rimprovero e compassione – non è tua, la corona.. non sono io, quello sbagliato..
 
Robert..
La voce si faceva viva e reale, e quella mano lo sfiorava davvero, lasciandolo trasalire.
- Scusa. Non ti volevo spaventare, ma.. ti ho visto qui fuori, e-
- Sto bene.- aveva risposto, passandosi le mani sul viso, cercando di nascondere la propria espressione sconvolta con un microscopico sorriso.
- Sei stanco, Robert. Stanco da morire. In queste ultime settimane sei stato sotto pressione più del solito, con quella faccenda del referendum e gli incontri internazionali.. hai solo.. hai bisogno di riposare. Vieni.
La mano tesa, lo stesso sguardo con cui aveva accompagnato i suoi passi, ogni giorno, in ospedale.
 
Scosse la testa, ritrovandosi a rifiutare.
- Non ti lascerò il mio posto. Sono io, il re d’Inghilterra.
- Stai farneticando, Robert. Sono tua moglie. Sto cercando di aiutarti, non voglio il tuo posto. Andiamo.
A quel secondo tentativo di trattenergli una mano, la reazione fu ancora più esasperata.
- Lasciami in pace.- le sibilò, respiro rotto ed occhi sgranati – vattene.
 
Un passo, una manciata di passi, sempre più veloci e sempre più lontano. Fino a quando, con le dita strette attorno alle inferriate del cancello del tunnel seminterrato, si voltò scoprendo di essere rimasto solo.
I passi allora lo riportarono indietro, verso quell’angolo dimenticato dal mondo. Lei era ancora là, s’era seduta e tratteneva il viso fra le mani, come se piangesse, coi capelli sparsi a casaccio su quelle spalle minute e poco vestite.
- Sarah..
- Che ti succede..? – lei sollevò il viso, incontrando un’immagine che non riconosceva – che ne hai fatto, di mio marito?
- Mi dispiace; io non- non dovrei prendermela con te.- lui scese a piegarsi sulle ginocchia, appoggiando le mani sulle sue gambe ed arrivando alla sua altezza – è solo che-
- Quando ti ho detto che ci siamo dentro insieme, io intendevo che ti avrei aiutato. Che ti avrei sostenuto, che sono disposta a fare le cinque del mattino per discutere con te su un documento o preparare un discorso per un incontro importante. Io non voglio la tua corona, Robert. Non volevo neppure il posto alla tua destra. Non sto cercando di rubarti nulla, l’altro giorno sei stato tu a chiedermi di fare gli onori di casa al primo ministro, perché l’alternativa sarebbe stata tua madre e quelle due si detestano. Qualunque cosa tu pensi al contrario, è insensata e serve solo a farti del male.
- Io..
- Ti ci stai uccidendo, Robert. Hai già abbastanza pensieri, senza costruirti anche questi stupidi disegni mentali.
- Ma Liam è-
- Tuo fratello non vuole più niente, di quello che è tuo. Vuole solo che lo lasci vivere e godersi i suoi meriti, senza essere per forza sempre tu quello sotto i riflettori. Siamo una squadra, Robert. È questo, che non riesci a capire. Tu sei il re, hai al tuo fianco una donna, un alfiere e una valida schiera di soldati.
- I pedoni..
- I pedoni, già. Tuo zio si muove sulla scacchiera come il cavallo, dato che è sobrio solo per dieci minuti al giorno.- lei sollevava appena gli occhi al cielo, gli strappava un sorriso – giocavi con tuo padre, ti avrà insegnato un po’ di strategia.- lo vide annuire, abbassare il viso, e si lasciò andare ad una carezza da cui lui non si sottrasse – focalizza la scacchiera. Il re è sempre il pezzo con più vincoli. E credo che spesso sia geloso, della libertà degli altri. Che il loro potersi muovere più o meno come vogliono sia per lui motivo di dolore. Che se lo comprima dentro, perché lui è il re e nessuno deve vederlo debole o stanco. E che questo serva solo a fargli ancora più male.
Sarah adesso lo lasciava sollevare lo sguardo e, come sempre, non aveva timore di sostenerlo, continuando ad accarezzargli il viso appena sporco di barba.
- Io non.. non sono geloso di-
- E scordati che lo ammetta. Perché, dimenticavo, il re è testardo ed orgoglioso, e qualche volta arriva a tirarsela proprio, ma proprio tanto.
- Io non-
- No? Sappi che ci sono momenti in cui ti detesto, momenti in cui non riconosco più l’uomo che amo. Ma so che non posso separarlo dal re, anche se in quei momenti darei la vita per essere accanto ad un uomo insignificante come me, invece che a quello che governa il Regno Unito.
- Tu non sei insignificante..
- E allora dimostramelo, vieni con me.
Sarah si alzava, gli tendeva di nuovo la mano. Lo lasciava accettare la presa, gli circondava i fianchi con un braccio, senza staccarsi da lui fino alla porta della sua stanza. E poi aspettava, sollevandogli addosso quello sguardo, quello fatto d’amore senza misura:
- Allora, io-
- Resta. Resta con me.
Sarah annuiva, si lasciava andare ad accarezzarlo ed aspettava il suo bacio come l’avesse desiderato da tutta la vita.
 
Non puoi odiarla, non puoi..
 
Il cuore perdeva un battito, all’insinuarsi di quelle dita minuscole sotto la maglietta.
Un sorriso ed un sospiro, fronte contro fronte, labbra sulle labbra. Ed aveva chiuso la porta della stanza oltre le proprie spalle, trascinandola con sé.
  
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