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Autore: xiutian    17/03/2017    0 recensioni
❝ Il giovane muoveva le dita sulle corde tese come se fossero l'unica cosa a cui aggrapparsi, come un'ancora di salvezza in un mare in tempesta. Il corpo teso in gesti furiosi, il fiato trattenuto, preso dalla passione con cui mostrava i propri sentimenti attraverso quello strumento così piccolo, ma capace di tirar fuori melodie straordinarie, ricordate per secoli e secoli. La melodia si interruppe improvvisamente, nel momento clou dell'esecuzione. ❞
[ tratto dal racconto breve ]
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il suono straziante di un violino riecheggiava nella desolata villa in cui un giovane inglese, di nome Esra, si trovava; nessuna luce era accesa, solo un tiepido bagliore proveniente dal camino posto nella biblioteca della struttura, cercando di rendere quella stanza il più accogliente possibile. In sottofondo, la pioggia batteva furiosa sulle sensibili vetrate della biblioteca, come se volesse rendersi partecipe di quel momento ricolmo di dolore. Il giovane muoveva le dita sulle corde tese come se fossero l’unica cosa a cui aggrapparsi, come un’ancora di salvezza in un mare in tempesta. Il corpo teso in gesti furiosi, il fiato trattenuto, preso dalla passione con cui mostrava i propri sentimenti attraverso quello strumento così piccolo, ma capace di tirar fuori melodie straordinarie, ricordate per secoli e secoli. La melodia si interruppe improvvisamente, nel momento clou dell’esecuzione.
Esra fece fuoriuscire tutto il fiato che aveva trattenuto, guardandosi intorno stralunato, come se non ricordasse dove si trovava; ogni volta che suonava il violino, che suonava quella melodia, i ricordi riaffioravano prepotenti nella sua mente. Al pezzo mancava qualcosa e lui sapeva perfettamente cosa mancava: un pianoforte. O meglio, il suo pianoforte. Quello suonato da lei. Esra si accasciò sfinito sulla poltrona posta accanto al camino, il profilo illuminato in parte dalle fiamme: quello che all’epoca era un giovane rampollo, appartenente ad una delle famiglie più potenti di tutta l’Inghilterra dell’Ottocento, dai capelli biondi e gli occhi di ghiaccio capaci di far cadere ai propri piedi ogni donna che incrociasse il suo sguardo, adesso era solo un miserabile che non voleva più vivere. Non senza lei.
Verso la vetrata della biblioteca, vi era stato posizionato un pianoforte a corda. I suoi occhi erano fissi su quello strumento, immaginandosi la stessa melodia che stava suonando pochi minuti prima, accompagnata dal pianoforte. Più nello specifico, lui, accompagnato da una giovane fanciulla dai lunghi capelli biondi e gli occhi di un verde intenso, con il viso leggermente tondo, rilassata nel suonare melodie allegre, come era lei. La sua mente ricordava come le sue lunghe, affusolate mani si muovessero con maestria sui tasti, il tutto illuminato dalla luce del giorno, rendendo la sua figura eterea. Ricordava il suo sguardo innamorato, ricambiato dal proprio; non si erano mai detti cosa provassero perché bastava la sintonia dei loro strumenti per capirsi.
Un semplice battito di ciglia e la stanza tornò ad essere di nuovo buia, il pianoforte avvolto in un lungo lenzuolo come la maggior parte dei mobili di tutta la villa. Dopo quell’avvenimento, aveva perso la voglia di vivere, non gli era rimasto più nulla. Aveva allontanato da sé amici e parenti, abbandonato il lavoro e rifugiato in quella villa di campagna usata in estate dalla famiglia, da solo. L’unica cosa che gli era rimasta era il violino. Un semplice strumento che non poteva riportare in vita il suo unico amore: Arianne. Ricordava tutto come se fosse ieri.
 
Era estate ed Esra era andato a fare una cavalcata col fratello minore, Isaac. Arianne, essendo di salute cagionevole, non era potuta venire con loro. Al giovane era dispiaciuto molto che la ragazza non si fosse aggregata a loro, ma sapeva bene che la sua salute era molto più importante. “Ne sei perdutamente innamorato, eh?” disse mentre stavano tornato alla villa di campagna suo fratello, guardandolo con un ghigno divertito. Isaac era l’opposto del fratello, un ragazzo dai capelli e occhi scuri, dal temperamento spavaldo e attraente quasi quanto lui. Erano diversi, ma allo stesso tempo simili. Esra si lasciò scappare un sorriso a quella insinuazione, guardando la rosa bianca che teneva in mano; l’aveva trovata mentre stavano riposando vicino ad un laghetto. Nell’ammirarla, pensò che fosse perfetta per stare fra i lunghi capelli della giovane. “E’ forse un male?” domandò a sua volta, guardando il fratello; quest’ultimo scoppiò in una piccola risata, ignorando il suo sguardo. “ Non lo è, ma credo di essere un po’ geloso.” “ Perché mai?” “Perché sarai così preso da lei che mi ignorerai.” Esra guardò stranito il fratello, il quale stava facendo il broncio. Isaac era sempre stato attaccato al fratello, per lui era come un punto di riferimento, perciò era normale che provasse gelosia nei confronti delle attenzioni che il maggiore donava alla ragazza.
Esra si avvicinò al suo cavallo e gli scompigliò i capelli scuri, dandogli un’aria ancora più sbarazzina. “Tu rimani comunque mio fratello, nessuno passerà sopra di te o la mia famiglia. Nemmeno Arianne.” Ciò fece molto piacere al minore e incalzarono i cavalli ad accelerare il passo, arrivando il prima possibile alla villa.

Una cameriera li accolse, gridando come una pazza il suo nome. “Signorino Esra! Signorino Esra!”
“Cosa succede, Marianne?” domandò lui preoccupato, scendendo subito da cavallo per andare incontro alla donna. Sembrava spaventata e con gli occhi rossi, segno che aveva pianto. Una fitta al cuore gli fece capire che c’entrava Arianne; la afferrò per le spalle e la guardò dritto negli occhi, con espressione seria. “ C’entra Arianne? Cosa le è successo?” Al suono del nome della ragazza, la donna represse un singhiozzo. “ Sta malissimo, signorino. Ha avuto un collasso poco dopo che siete partito col signorino Isaac. Abbiamo chiamato il medico e ..”

“ E cosa? Parla! ”
“ .. sta morendo.” sussurrò con un filo di voce la donna prima di scoppiare nuovamente in lacrime, nascondendo il viso fra le mani.
Quelle parole furono come una pugnalata al cuore del giovane inglese; come se le gambe avessero delle molle, corse al piano di sopra della villa, dove vi erano state predisposte le camere da letto. Raggiunse l’ultima stanza sulla sinistra, spalancando di colpo la porta, trovandosi davanti una scena che gli impedì di respirare: i suoi genitori e quelli di Arianne abbracciati in un pianto silenzioso, il medico che guardava afflitto la persona posta sul letto, la quale respirava a stento. Da quella distanza, sembrava che Arianne fosse già passata a miglior vita. Esra si trascinò su quel letto, inginocchiandosi al capezzale della giovane morente. “ Arianne ..” un flebile sussurro uscì dalle sue labbra martoriate. Si stava imponendo di essere forte, per lui e per lei. Ma era difficile non crollare, era difficile fingere che sarebbe andato tutto bene quando era palese che quello che stavano per affrontare era un doloroso addio.
Arianne volse lentamente lo sguardo verso Esra, guardandolo con dolore. Le guance erano rigate dalle lacrime; lacrime che vennero raccolte dalle fredde dita del ragazzo, il quale non riusciva a dire nulla. Aveva tante cose da dirle, la sua mente era piena di parole, ma nessuna di esse riuscì a raggiungere la bocca. “ Ti amo.” fu tutto ciò che riuscì a dire, stringendo con una mano la sua, avvertendo quanto fosse debole. Le labbra esangui della ragazza si mossero all’insù in un piccolo sorriso ed Esra poté notare quanto si stesse sforzando di parlare. “ Ti amo anch’io.. ”quel sussurro fu come una dolce e straziante melodia alle orecchie di Esra. Cercò di nascondere il viso attraverso l’intreccio di mani che aveva formato precedentemente, sforzando di non crollare proprio in quel momento. Proprio adesso che stava finendo tutto, Esra voleva che l’ultimo ricordo che la ragazza avesse di sé fosse un’espressione sorridente, serena; ma come poteva fingere di essere così quando la sua felicità stava svanendo nel nulla?

Una mano sulla propria spalla e il proprio nome sussurrato da una voce ferma e da uomo gli fece capire che era tutto finito. Non disse nulla, aspettò che il rumore di passi finisse, affinchè in quella stanza ci fossero solo loro due; successivamente, alzò lo sguardo e vide il viso di Arianne privo di vita, gli occhi chiusi in un’espressione serena. E fu allora che Esra non si trattenne più: scoppiò in lacrime di dolore, sedendosi sul letto e portando a sé il corpo della sua amata, volendo sentire per l’ultima volta il suo calore, il suo profumo. Volendo imprimersi nella propria mente la sua immagine eterea. Come quella di un angelo destinato a raggiungere i gradi più alti del cielo.
 
Un fulmine squarciò il cielo e la mente di Esra tornò al presente; non si era reso conto di essere scoppiato nuovamente a piangere, stringendo la casacca bianca con una mano, all’altezza del cuore. Quel dolore era insopportabile, voleva strapparsi dal petto quel muscolo che tanto lo faceva soffrire. Gridò di rabbia. Distrusse tutto ciò che si trovava davanti, preso da una furia cieca, dettata dal dolore. Si trovò davanti il violino, quello strumento che più volte gli aveva ricordato Arianne.
Ma adesso basta, non voleva più soffrire. Non voleva stare più male.
Spezzò l’archetto e scagliò il violino contro il muro, distruggendo così il suo ultimo ricordo della ragazza.
La furia si placò lentamente ed Esra si trovò nel mezzo della stanza, con intorno solo rovina. I suoi occhi erano vacui, privi di alcun tipo di emozione. “ E’ questa la mia fine, Arianne? ” si trovò a sussurrare sottovoce, scoppiando in una risata amara, pensando di star impazzendo. Si portò una mano ai capelli, tirandoli indietro, e fu in quel momento che accadde: sentì in lontananza un suono familiare. Il suono di un pianoforte, delicato. Riconosceva quello stile fra mille altri, ma com’era possibile?
La vetrata della stanza si era spalancata per la furia della pioggia, ma Esra non se n’era accorto fino a quel momento; si avvicinò ad essa, il vento che lo colpiva con stilettate di freddo pungente. Chiuse gli occhi e lasciò che quel suono si facesse sempre più distinto, fino a fargli capire da dove provenisse; il proprio sguardo fu colpito dal bosco dove aveva fatto l’ultima cavalcata con Isaac. Cosa lo stesse spingendo a correre nelle scuderie e salire in groppa al suo destriero, nemmeno lui lo sapeva; cavalcò come non aveva mai fatto prima, cercando di raggiungere il suono del pianoforte. Riconobbe la strada verso il lago e lì poteva sentire il suono farsi sempre più forte; era vicino. Chiese un ultimo sforzo al cavallo, finché non si trovò in uno spiazzo di terra con al centro un lago di medie dimensioni; scese dall’animale e gli permise di abbeverarsi e riposare. Si guardò intorno, osservando per la prima volta, come si deve, quel posto: al centro vi era situato il lato, circondato da alberi all’apparenza secolari. La pioggia era pian piano cessata, dando modo di vedere la luna riflettersi sull’acqua. Gli sembrava di essere in un sogno. O impazzito, chi poteva dirlo.
Sentiva la melodia del pianoforte farsi pressante, ma più si guardava intorno e più non vedeva nulla.
“ Esra. ” una voce calma chiamò il suo nome, facendogli venire i brividi.
Quella voce. Non poteva essere lei, era assurdo.
La voce lo chiamò ancora e ancora, finchè non vide qualcosa muoversi dal centro del lago. Improvvisamente si tirò un vento fortissimo, alzando in questo modo l’acqua, fino a formare un piccolo tornado; il giovane sentì il cavallo spaventarsi e corse verso di esso per calmarlo, guardando sbalordito ciò che stava accadendo davanti a sé. Una luce accecante lo costrinse a coprirsi il viso con un braccio, finché quella strana tempesta sparì di colpo. La luce della luna era sparita, adesso vi era presente solo il buio.
Almeno questo era quello che credeva Esra quando intravide una luce nel punto esatto dove si era scatenato tutto; una figura era apparsa e stava cantando una ninna nanna che Esra conosceva bene. Gliela cantava sempre la madre quando era piccolo e quando non riusciva a dormire per via degli incubi che a volte aveva; quella voce così delicata e carica di affetto gli ricordava dolorosamente Arianne e se la immaginò cantare quella melodia insieme al pianoforte. Non si era reso conto di aver chiuso gli occhi per bearsi anche solo per un attimo di quella pace che stava raggiungendo il suo cuore ferito; era come se lei non se ne fosse mai andata, che adesso stesse cantando per lui, sfiorandogli con una mano una guancia.
Ma .. un momento.
Esra spalancò gli occhi e si trovò davanti la figura di Arianne che lo stava guardando con aria malinconica. “ Esra. ” Non poteva essere vero, non poteva essere davvero lei. Si staccò d’impulso dal suo tocco e cadde rovinosamente a terra, guardandola come se quella di fronte a lei ci fosse un’altra persona. “ Tu.. non puoi essere veramente tu.” gracchiò a voce bassa. La ragazza davanti a sé scoppiò a ridere e sembrava così dannatamente lei che pensò seriamente se non fosse diventato pazzo. “ Invece sono proprio io. Guarda come sei conciato, sembri uno spaventapasseri. ” “ Scusami tanto se sono un ragazzo distrutto dal dolore. ” commentò acidamente Esra, rimettendosi in piedi, senza distogliere lo sguardo dalla creatura che aveva davanti. Quel sorriso, quel timbro di voce, quel continuo battibeccare che aveva reso la loro amicizia unica fino a sfociare nell’amore puro. Sì, era lei.
Incredibile, ma vero.
“ Sembra quasi ..” 
“ Una magia. ” concluse lei, stavolta sorridendo. Esra si limitò ad annuire, tendendo una mano verso il suo viso, titubante; nel momento in cui avvertì la carne sotto il proprio tocco, capì che quello che stava vivendo non era affatto un sogno. Così, fece ciò che aveva sempre desiderato e rimpianto fare: avvolse il viso della giovane fra le mani e la tirò delicatamente a sé, facendo unire le loro labbra in un casto bacio, pieno di significato. Una mano scese lungo la schiena, mentre l’altra rimase ferma dietro la sua nuca, imprigionandola a sé, anche se sapeva che non si sarebbe mai tirata indietro. Come successe.
Assaggiare quelle labbra era per Esra un sogno che stava diventando realtà; non si capacitava che quello che stesse vivendo fosse davvero reale, ma adesso che aveva il suo amore stretto fra le proprie braccia non gliene importò più. Si dimenticò di tutto il dolore che si era causato dopo la sua morte, si dimenticò delle lacrime che aveva versato al suo capezzale, si dimenticò di tutti i rimpianti che si era inflitto per essere arrivato troppo tardi nell’esternare i suoi sentimenti. Eppure, adesso era lì con lei e non poteva essere più felice di così.
Dopo quelle che sembravano essere passate ore, i due innamorati si separarono, incrociando lo sguardo. “ Ancora non posso crederci che tu sia qui, con me. ” sussurrò lentamente Esra, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio; nel fare quel gesto, si ricordò della rosa bianca che aveva portato con sé quel terribile giorno, pensando a quanto sarebbe stata splendida con quel fiore intrecciato fra i capelli. “ Non potrò esserci per molto, Esra. ” rispose lei, malinconica. Il giovane si corrucciò, non capendo. Arianne sospirò. “ Non mi hanno dato molto tempo a disposizione. Solo questa notte. ”
“ Perché? ”
“ Perché voglio che tu torni a vivere, Esra. ” Arianne era seria nell’esprimere il suo desiderio, allontanandosi di qualche passo dal suo innamorato; indossava un lungo vestito bianco, in sintonia con la sua carnagione rosea, come quella dei fiori appena sbocciati in primavera. Esra pensò che mai come in quel momento fu così bella. “ Lo hai capito che non posso vivere senza di te, Arianne. ” rispose sicuro il ragazzo. Lo sguardo della ragazza si addolcì. “ Lo so, Esra. E tu non immagini quanto io desideri stare con te per il resto della mia vita. Ma ciò non è possibile e io non voglio che ti tormenti ancora. Voglio che tu riprenda a suonare il violino, a divertirti con uno strumento che so quanto tu ami. Sentire quella melodia stasera mi ha spezzato il cuore, non riuscivo a credere che ti stessi rovinando così per la mia morte. ” sentir parlare Arianne della sua stessa morte provocò in Esra un certo turbamento. Le sue mani vennero afferrate da quelle della ragazza, che lo stava guardando implorante. “ Te lo chiedo in nome del nostro amore, Esra. Vivi. Per noi. ”
“ Come puoi chiedermi una cosa simile, Arianne? Come posso vivere sapendo che non potrò più baciarti, che non potrò più vedere il tuo bellissimo sorriso? Come puoi chiedermi di suonare il violino senza pensare a te, che suoni il piano? ” la voce di Esra era spezzata, cercando di trattenere invano le lacrime. Esra non si era mai mostrato così debole come in quel momento e Arianne desiderava che tornasse il ragazzo di cui un tempo si era innamorata; si era innamorata della sua forza, del suo essere orgoglioso anche quando non aveva ragione, del suo modo di essere romantico, di come solo con la musica era in grado di trasmettere i propri stati d’animo. Lo aveva visto molte volte arrabbiarsi con il fratello perché non riuscivano a comunicare e si sentiva speciale nel sapere che era l’unica a comprenderlo veramente.
Era convinta che la musica potesse aiutare, eppure quella stessa musica adesso stava rovinando l’unica persona importante per lei. “ Non ho mai detto di non smettere di pensare a me quando suoni il violino. Solo, non arrenderti. Fallo per me. ” portò una mano al viso dell’altro, regalandogli una carezza per poi scendere lungo la linea della mascella, arrivare al collo e raggiungere infine il petto, all’altezza del cuore che batteva, vivo. “ Non sarai solo, amore mio. Io ci sarò sempre, qui, nel tuo cuore. Insieme alla tua musica. ” Tante volte Esra si era immaginato Arianne pronunciare quelle parole e adesso che era successo sul serio, provava sentimenti contrastanti: da una parte si sentiva in paradiso mentre dall’altra la consapevolezza che sarebbe stata l’unica volta che avrebbe potuto sentire quelle due parole lo stava dilaniando dall’interno. Stanco, distrutto, crollò in ginocchio col capo poggiato al ventre della ragazza, scoppiando in un pianto silenzioso. Tutte le sue certezze si erano ormai sgretolate, non era altro che un involucro vuoto con un’anima stanca di vivere. Arianne lasciò che si sfogasse, gli permise di tornare ad essere il bambino spaventato da ciò che il futuro gli avrebbe riservato, accarezzando con fare amorevole i suoi capelli. Non disse nulla, le parole in quel momento non servivano. In lontananza vide come il cielo si stessero tingendo di varie tonalità di rosa, segno che stava giungendo l’alba. “ Non abbiamo molto tempo a disposizione. ” fu ciò che disse alla fine. “ Potrò rivederti ancora? ” fu una domanda ricolma di speranza quella che ricevette. Ma non la ricambiò, scuotendo sconfortata il capo. “ Ho già detto che mi è stato possibile mostrarmi a te solo per questa notte e il nostro tempo sta giungendo al termine. ”
Nel frattempo Esra si era rimesso in piedi, stringendo una mano di Arianne nella sua. A quella risposta, si limitò ad annuire, lo sguardo basso. Ora che si era sfogato, che tutta la rabbia e la frustrazione erano solo un lontano ricordo, si sentiva libero. Libero di prendere una decisione definitiva. “ Arianne.”
“ Sì? ”
“ Tornerò a suonare il violino. ” dirlo ad alta voce rese la decisione ancora più reale. Il viso di Arianne si illuminò a quella notizia e in un impeto di gioia, si buttò fra le sue braccia, avvolgendo con le proprie il suo collo. “ Mi rende felice sentirti dire ciò! ” esclamò con un sorriso a trentadue denti. Il profumo di lavanda che i suoi capelli emanavano inebriarono i sensi di Esra, il quale aveva il viso affondato nell’incavo del suo collo per imprimersi nella mente la sensazione di benessere che provava ogni qualvolta l’aveva stretta a sé. “ C’è un problema. ”
“ Quale? ” Esra abbassò lo sguardo in un’espressione imbarazzata, il ricordo di ciò che aveva fatto lo colpì come un fulmine a ciel sereno. “ Il violino. L’ho distrutto. ” si limitò a dire, immaginandosi l’espressione furente che avrebbe preso presto la ragazza, sapendo quanto quest’ultima amasse gli strumenti musicali. Eppure, la reazione che ebbe lo sconcertò: Arianna scoppiò a ridere, una risata cristallina si librò in aria. “ Dovevo immaginarlo. La tua impulsività mi stupisce sempre. ”
“ Non .. sei arrabbiata? ” domandò cauto Esra.
“ Perché dovrei arrabbiarmi per qualcosa che si più aggiustare con facilità? ” rispose lei, stupendo ancora di più il ragazzo. “ Cosa vuoi dire? Sai bene che ci vuole tempo per riparare un violino e io l’ho distrutto completamente. ” “ Vero, ma ci sono dei vantaggi nell’essere me. ” aggiunse la ragazza con un sorriso sornione. Con un cenno del capo, gli intimò di seguirla presso una piccola grotta nascosta dalla cascata che formava il lago. “ Arianne, cosa intendevi con quelle parole? ” chiese confuso Esra, ma tutto ciò che ricevette fu ancora quel sorriso enigmatico. “ Adesso vedrai. ” Arianne tese la mano verso la cascata e sussurrò qualcosa di incomprensibile; passarono pochi attimi e tutto sembrava perfettamente normale finché una folata di vento non investì i due ragazzi; Esra cercò di ripararsi il viso con le braccia, mentre Arianne sembrò ignorarlo. Dalle acque spunto un violino a corda nuovo di zecca, identico a quello andato distrutto. Quando ebbe quello strumento fra le mani, Esra rimase senza parole. “ Ma come .. ”
“ Te l’ho detto, ci sono dei vantaggi nell’essere me. ” Arianne si godette la scena che le si parò davanti: Esra che osservava strabiliato il violino fra le mani, mettendosi successivamente nella posizione corretta per suonarlo. Schiena dritta, collo rilassato, un profondo respiro e poi musica. Intonò la stessa ninna nanna che Arianne aveva cantato prima; quel ricordo lo fece calmare, rendendo il suono più piacevole. Arianne aveva perso il conto di quante volte si era immersa nei ricordi di loro due insieme, intenti a intonare anche le melodie più strampalate per il solo piacere di suonare.
La ninna nanna terminò e tutto tornò ad essere com’era prima.
“ Direi che la voglia di suonare sia tornata definitivamente. ” commentò lei orgogliosa, notando la scintilla di entusiasmo che aveva colpito lo sguardo del suo innamorato. Ormai il tempo era scaduto, il sole stava facendo capolino fra gli alberi, mandando qualche suo raggio verso il lago e Arianne non poteva più rimanere lì. “ Adesso devo andare. ”
Silenzio.
“ Esra. ”
I loro sguardi si incontrarono ed entrambi sorrisero, adesso sereni.
“ Suona. Fai sapere al mondo di cosa sei capace di fare con quel violino. ”
“ Lo farò. E ti prometto una cosa. ”
“ Cosa? ”
“ Che un giorno staremo di nuovo insieme. ”
Davanti alla determinazione del ragazzo, lei non poté fare a meno di sorridere, volendo credere alle sue parole. “ Lo spero davvero, amore mio. ” Un battito di ciglia e la sua presenza svanì nel nulla, lasciando Esra da solo, in mezzo al bosco. Il silenzio invase per qualche secondo i suoi sensi prima di avvertire qualcosa insinuarsi nella sua mente.
Chiuse gli occhi e aprì la mente a quel qualcosa.
Poi la sentì.
 
 
 
                                                                                             E P I L O G O
 
Dopo quella notte, la vita di Esra cambiò in meglio.
Aveva ripreso a vivere insieme alla sua musica e al suo violino.
Dopo quella notte, si era sentito nuovamente ispirato e sentiva il bisogno di comporre la melodia che gli era apparsa dopo la scomparsa di Arianne. Non aveva mai provato un entusiasmo simile e tutto ciò lo doveva a lei. A lei e alla promessa che le aveva fatto.
Una volta tornato alla villa di campagna, era corso nello studio dove tenera nello scrittorio alcuni fogli di spartito; afferrò tutto l’occorrente e iniziò a comporre freneticamente, completamente immerso nel proprio mondo fatto solo di lui e di quella melodia sconosciuta. La mano si muoveva veloce sulla carta, la scrittura a volte illeggibile. Non aveva avuto modo di riflettere due volte se qualcosa andava sistemata o meno, scriveva di getto, la musica che continuava a martellargli in testa. Lavorò a lungo, dimentico di cosa fossero la fame e la sete.
“ Finalmente! ” esclamò all’alba del terzo giorno, guardando i fogli come se fossero il suo tesoro più prezioso. E in parte lo era. Prese il violino che Arianne gli aveva donato e iniziò a suonare una melodia dolce, fresca, delicata. Capace di arrivare al cuore e far sorridere.
L’espressione serena dipinta sul suo viso ne era la dimostrazione.
 
Sinfonia d’amore fu un successo strepitoso.
In tutta l’Inghilterra era girata voce di un giovane che aveva composto una melodia capace di rimanerti nell’anima. La sua fama di compositore e violinista spiccò il volo, arrivando anche oltreoceano.
Passarono anni ed ora Esra era un giovane uomo con una lunga carriera alle spalle. Era estate ed era da poco sbarcato nel porto di Londra dopo un lungo viaggio in mare dall’America. Durante tutto il tragitto non aveva fatto altro che pensare alla decisione presa e alla chiacchierata fatta con suo fratello.
 
“ Sei sicuro della decisione, Esra? ”
“ Sì, Isaac. Non ho intenzione di proseguire. ”
“ E tutto quello che hai fatto per arrivare dove sei ora? Vorresti buttare tutto al vento? ”Isaac non accettava il fatto di star per perdere ancora una volta il fratello. Lo aveva osservato a lungo, da quando era tornato dalla famiglia con quella melodia in mano, e poteva dire di aver assistito ad un miracolo. Non aveva più davanti l’Esra depresso, ma un Esra pieno di vita. Lo aveva seguito in tutti i suoi viaggi, assistito a tute le sue esibizioni e la cosa che più lo aveva colpito era il sorriso sereno che spuntava sul suo viso ogni volta che suonava quella melodia. Quello stesso sorriso che era apparso ora che stavano discutendo: Esra seduto su una poltrona posta vicino allo scrittoio mentre Isaac appoggiato alla mensola del camino spento, in assoluta disapprovazione.
“ Perché proprio adesso? ”
“ Perché è il momento giusto. ”
 
Quella fu l’ultima conversazione avuta con Isaac fino al suo rientro in Inghilterra. Non lo biasimava, sapeva che quello che stava facendo era pura follia, ma sentiva che era arrivato il momento di farlo. Prima di salutare i suoi familiari, aveva lasciato una lettera sotto la porta della sua camera, dove aveva spiegato ogni singola cosa. Si trovò a sorridere immaginandosi la reazione del fratello.
Sbarcato a Londra, pagò un cavallo, dirigendosi verso la villa di campagna che era stata testimone di vicende strabilianti. Per tutto il tempo in cui era stato via, aveva fatto in modo che venisse mantenuta, evitando così di farla cadere in rovina. Il viaggio si rivelò più breve del previsto senza bagagli da scortare. Non ne aveva bisogno. Intravista la tenuta, impose il cavallo al troppo per accelerare il passo. Anche se erano passati anni, quel posto era rimasto lo stesso di come lo aveva lasciato; scese da cavallo e si diresse verso l’ingresso, entrandovi. I ricordi d’infanzia apparvero a lui come tante piccole visioni: lui e Isaac vicino al camino ad ascoltare le storie che la loro madre leggeva prima di andare a letto, la cameriera che li sgridava quando rubavano una fetta di dolce appena sfornato, la prima volta che lui e Arianne avevano suonato insieme nella biblioteca. Adesso Esra si trovava lì, all’entrata, rivivendo quel momento con serenità.
“ Addio, casa. ” sussurrò, abbandonando definitivamente quel posto.
Lasciò il cavallo nella stalla, decidendo di proseguire a piedi verso il posto dove doveva andare.
Si prese tutto il tempo per godersi la passeggiata che lo avrebbe riportato al lago, da lei, godendosi ciò che la natura gli stava offrendo in quel periodo dell’anno. I suoni, gli odori, tutto ciò che riusciva a percepire attraverso i sensi era il paradiso. Il rumore della cascata gli fece capire che era arrivato alla sua meta; di giorno, il lago era ancora più bello, con l’acqua talmente cristallina che si potevano intravedere i pesci nuotare indisturbati, per niente impauriti dalla presenza di un essere umano.
Esra aveva sempre sostenuto che quello fosse un posto magico.
“ Sei qui. ” disse una voce, riconoscendola subito.
Si girò, trovandosi davanti la sua amata. Nemmeno lei era cambiata, bellissima come sempre. Le prese una mano, portandola alle labbra. “ Te lo avevo promesso. ”
Non c’era bisogno di aggiungere altro.
Arianne lo guidò verso il lago, trasmettendogli attraverso quell’unico contatto sicurezza. Esra non era preoccupato, sicuro di ciò che stava facendo. L’acqua fredda del lago gli provocò dei brividi lungo la schiena, ma non si tirò mai indietro, nemmeno quando l’acqua gli arrivava ormai alle spalle; non lasciò la mano di Arianne, ammirando i lunghi capelli biondi che sembravano fatti di luce propria attraverso i raggi solari. “ Sei pronto? ” gli domandò, guardandolo negli occhi per un’ulteriore conferma. Poi, poggiò entrambe le mani sul suo viso e gli si avvicinò, unendo le loro labbra in un casto bacio. Esra ricambiò il bacio, facendo in modo che i loro corpi fossero a stretto contatto fra loro, mentre tutto ciò che li circondava perdesse forma.
Tutto ciò che Esra riuscì a percepire fu il vento che gli fischiava nelle orecchie e il rumore dell’acqua farsi sempre più pressante.
Un turbine di acqua e vento circondò i due innamorati, portandoseli dietro nelle profondità delle acque. 
   
 
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