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Autore: SamuelCostaRica    17/03/2017    0 recensioni
Un nuovo mondo.
Antichi nemici.
Ma il mondo è davvero nuovo e i nemici sono davvero antichi o è il contrario?
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
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La giovane figura viveva ormai da alcuni mesi con quegli ominidi, anche se i più anziani la guardavano in tralice e alcuni giovani capi, invece, la portavano a scoprire i più reconditi segreti di quel pianeta.
La divertiva essere portata in grotte umide, raccogliere campione di piante, che crescevano rigogliose in zone con molta acqua e la luce che entrava da fori naturali nelle rocce desertiche, conoscere altri gruppi, imparare il loro strano linguaggio, vedere i loro graffiti colorati sui muri delle grotte e sentire le loro storie.
I loro nemici naturali erano degli animali, di diverse dimensioni, carnivori, che vivevano nel chiuso di grotte di alcune montagne e che di notte, con temperature più miti, uscivano a caccia.
Non erano di grossa taglia, per cui facevano paura solo agli ominidi, ma non alla ragazza, troppo grande per loro.
Ma la ragazza, la prima volta, si era spaventata e aveva deciso di girare armata, con una di quelle spade e una pistola laser.
Il suo girovagare la portava, alle volte, nelle vicinanze di agglomerati urbani, più o meno affollati, di cui alcuni sembravano veri e propri accampamenti intorno ad alcuni caseggiati in mattoni.
Gli ominidi spiegarono, a fatica, alla ragazza che erano le basi delle compagnia che portavano la navi abbandonate su quel pianeta e gli altri, come li chiamavano loro, erano gente arrivata lì per caso, scappata da chissà dove.
La ragazza, una volta, si intrufolò in un accampamento, con i suoi amici delle prima ora, e curiosò in giro.
Incontrò un gruppo di persone vicino ad un fuoco e con i suoi amici si fermò a parlare con loro.
Erano di un pianeta di un sistema solare che era stato distrutto dall’esplosione della loro stella.
Loro si erano salvati perché erano in viaggio, ma ora, non avendo un pianeta su cui andare, si erano fermati lì, in attesa di decidere sul da farsi.
Erano commercianti, ma le loro navi necessitavano di essere controllate e revisionate, ma ci volevano o metalli preziosi o soldi, e loro ne avevano pochi, vista la fine del loro pianeta.
E quindi si davano a piccoli commerci, anche se rendevano poco.
La ragazza gli fece una strana proposta: visto che erano un gruppo con sei navi cargo, potevano fare una grande, dove potevano entrare tutti e andarsene da lì e darsi al commercio o al trasporto di cose per conto terzi.
Si fermò da loro fino al mattino, dormendo in una tenda occupata da sole donne.
Al mattino visitò le navi, poste in semicerchio intorno all’accampamento, e consigliò sul da farsi.
Gli uomini e le donne dei vari equipaggi iniziarono il lavoro di smontaggio e di assemblaggio e gli omini, incuriositi, organizzati dalla ragazza, diedero una mano nei lavori.
I piccoli ominidi erano spaventati dai macchinari e dai rumori del cantiere, per cui solo i più temerari, in cambio di cibo, diedero una mano.
Il lavoro fu terminato in una quindicina di giorni e la nuova nave, costruita intorno ad uno dei cargo più grandi, aveva un corpo principale, con la sala comando, le cabine per i singoli e la famiglia, la sala pranzo, la zona scuola per i bambini e i vari sotto servizi.
Le gondole dei motori erano posti sul fondo della nave, da cui partivano le zone di stoccaggio delle merci: erano state uniti i corpi principali delle altre navi ed era possibile, usando motori sub luce, scendere sui pianeti, scambiare le merci e risalire nello spazio, per poi collegarsi alle altri navi.
Erano stati riparati una decina di teletrasporti, ma per il momento funzionamento male e fino a che non avessero avuti i soldi necessari per la loro riparazione, il sistema navetta era il più sicuro.
Durante i lavori la ragazza ebbe modo di conoscere meglio gli ominidi, di vederli all’opera e come interagivano tra loro in caso di necessità verso se stessi e gli altri.
Erano molto socievoli, anche se alcuni anziani sembravano nascondere qualcosa, come un segreto che non deve essere rilevato e veniva trasmesso solo verbalmente.
I resti delle navi non utilizzati furono accatastati vicino ad una collina di arenaria, che sovrastava una grotta, in modo da farne un rifugio per gli ominidi e far sì che la poca umidità dell’aria venisse catturata e fatta cadere nella grotta, sul cui fondo l’acqua avrebbe creato un laghetto di acqua bevibile.
Quando i mercanti partirono, la ragazza si fermò per qualche giorno a sistemare l’interno della navi con gli ominidi, per creare un rifugio a quegli esseri nel loro girovagare per il pianeta.
La ragazza aveva notato che era un popolo stanziale per necessità, perché spesso alcune unità si spostavano tra i vari gruppi, ma non erano riusciti ad evolversi quel tato che gli serviva per inventare i contenitori di acqua e la ruota.
La ragazza cercò di capire il perché interrogando i più anziani, che però evitarono di rispondere direttamente alle domande, demandando ad alcuni capi gruppi le risposte, spesso evasive.
La ragazza non insistesse, ma, guardando i più anziani, ne notò due che, durante la riunione, spesso si scambiavano occhiate di condiscendenza.
Finite le riunioni, se ne andavano insieme e percorrevano corridoi in cui era difficoltoso passare.
La ragazza, dopo ogni riunione, li seguiva, cercando di capire, quando li perdeva, dove andavano.
Le riunioni si era svolte anche durante la costruzione della nave per i mercanti e i due, forse per colpa dei lavori, avevano più volte cambiato percorso, scendendo nella viscere del pianeta.
La ragazza decise di usare mezzi più tecnologici, inviando alcuni droni, a forma di sfera, che seguivano silenziosamente i due o andavano in avanscoperta da soli, seguendo un programma di ricerca inventato dai planetologici dell’accademia delle scienza del Presidente.
La mappatura del “giretto” dei due anziani portavano ad una grotta, di una certa dimensione, sita sotto una catena montagnosa non molto lontana dalla nave in cui si era nascosta.
Una notte, mentre i piccoli esseri dormivano tranquillamente, anche con l’aiuto di una buona dose di sonnifero messa nell’acqua degli ominidi, per evitare di essere seguita, come sempre capitava quando andava in perlustrazione, si infilò nelle grotte e, con la mappa elettronica e una torcia, si infilò negli anfratti e nelle grotte, fino ad arrivare alla grotta, sotto almeno cinquecento metri dalla sabbia sopra la sua testa.
Era fresca, anzi fredda: dovette coprirsi di più, usando una coperta che si era portata per emergenza.
La grotta era sì grande, ma non enorme come indicavano i rilievi.
Ebbe un dubbio: uno dei suoi droni non era tornato, ma il rilievo che aveva inviato, collegandosi via wireless con gli altri, dava indicazioni che aveva percorso anche un cunicolo, che andava verso il basso.
La ragazza si incamminò nel cunicolo, ma un movimento alle sue spalle la fermò.
Estrasse la spada e l’accese.
Il ronzio emesso dalla spade e la luce laser spaventò l’ombra, che scappò rumorosamente.
La ragazza pensò ad un animale e proseguì il cammino.
La discesa durò alcuni minuti: la ragazza avanzò con la spada nella destra e la luce nella sinistra, illuminando il suo cammino fino a quando arrivò in una grotta enorme.
Era una cupola alta centinaia di metri e, anche se fuori, all’aperto, era notte, risultava illuminata a giorno.
Vi entrò scrutando le pareti e, in fondo, vide un enorme buco, da cui due enormi occhi verdi, con pupille ovali, la stavano scrutando.
I due ominidi anziani, che gli erano scappati più volte, erano lì che la osservavano, davanti al buco e a quegli strani occhi.
“Non è possibile!” Si disse la ragazza.
Portò avanti la spada, pronta ad utilizzarla contro quell’oscuro nemico.
I due ominidi si gettarono contro di lei, urlando inferociti.
Erano piccoli e vecchi, ma molto tenaci.
Tennero per un po’ in scacco la ragazza contro il muro, ma all’improvviso altri ominidi, più giovani, entrarono da altri cunicoli e bloccarono i due anziani, trascinandoli via.
Uno dei suoi salvatori gli spiegò chi c’era in quella grotta.
I due occhi fuoriuscirono dal buio, mostrando una enorme testa con un corno sopra il naso e altri due sopra la testa.
Una corona ossea difendeva il collo, corto, che teneva la testa attaccata ad un corpo tozzo, con gambe alte e i piedi piatti ed una coda corta.
Un enorme tubo, tipo cordone ombelicale, partiva dal ventre della bestia ed entrava nella grotta.
La bestia urlava come un’ossessa, ma uno strano rumore fuori uscì dalla grotta.
L’animale tossicchiò e smise di sbraitare.
Guardò preoccupato dietro di sé e dalla caverna uscì del fumo nero.
L’animale si preoccupò ancora di più e guardò il fumo nero.
All’improvviso uno scoppio più forte fece tremare la grotta e la luce si spense.
Una fiammata rossa scaturì verso la cupola, investendo l’animale, che urlò come un ossesso e poi si mise a parlare.
«Maledetta! Io morirò, ma qualcuno mi sostituirà! Non servirà a nulla tutta questa tua fatica!»
L’ultima esplosione distrusse tutti i macchinari e l’animale, crollando a terra, esalò l’ultimo respiro.
I due anziani, liberatisi degli altri, corsero verso l’animale esamine.
All’improvviso il fuoco divampò, bruciando la bestia.
I due anziani si gettarono nel fuoco per salvarlo, ma morirono nell’incendio.
Il fuoco durò giorni e il fumo invase gran parte delle grotte e dei cunicoli.
Gli ominidi si misero in salvo nascondendosi nelle astronavi.
Il fumo fu visibile per buona parte del pianeta e anche dallo spazio.
Una nave di passaggio lo vide e lo segnalò all’accademia delle scienze, che inoltrò la comunicazioni e parecchi altri ministeri, commissioni, sottocommissioni e vari altri dipartimenti.
Ma il fatto che questi strani incendi sottoterra avvenivano in vari pianeti, in sistemi solari lontani anni a anni luce, con il continuo urlo degli animali sulle navi della Regina, incominciò a preoccupare il Tenente.
I servizi segreti ebbero il loro bel da fare per capirci qualcosa, fino a quando Kouilo e la sua delegazione non arrivarono in visita dal Presidente.
   
 
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