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Autore: SweetAinwen    18/03/2017    2 recensioni
- E tu? - Adrien si ritrovò il viso della piccola a pochi centimetri di distanza. - Tu sei la verità o la bugia? -
Restò dei secondi in silenzio, fissando le sue iridi oltremare che lo avevano catturato dal primo istante e sorrise. Ah, ormai era stato stregato!
Sorrise: - Adesso... sono la verità. - vide lentamente le labbra di lei andare verso l'alto e mostrare i denti, per poi trovarsi avvolto il collo dalle sue esili braccia.
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Adrien è un famoso ladro che terrorizza il mondo da ben quattro anni, denominato Chat Noir. Da quando ha compiuto diciotto anni e lasciato la casa, ha deciso che la sua vita sarà spericolata e un continuo rubare, ma... avrà la stessa opinione dopo aver incontrato due iridi oltremare, un sorriso birbante e... la dolcezza che, in un attimo, cattura il tuo cuore?
Cosa succerebbe se un ladro incontrasse la dolcezza incarnata in una bambina? Verrà sopraffatto da essa o continuerà per la sua strada?
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nathanaël
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II.






Che cosa doveva fare? Scappare? No, no. Poteva dirlo a qualcuno e si sapeva com'erano i bambini: curiosi, la bocca della verità, iperattivi. Allora... fare segno di tacere? Si morse il labbro inferiore. Maledizione!
Improvvisamente il volto della bimba si illuminò: - Sei l'amichetto che ho chiesto alla stella cadente? - chiese, scendendo dal letto e avvicinandosi in fretta a lui. - Giocherai con me? - saltellò sul posto, contenta.
Due giorni prima, la zia Nathalie le aveva raccontato che, se esprimevi un desiderio nel momento in cui la vedevi cadere, si sarebbe avverato. 
Lui alzò un sopracciglio. Inconsapevolmente gli aveva dato una scusa che dal punto di vista dell'infante era plausibile. Quindi avrebbe sfruttato quell'idea e sarebbe riuscito nel suo intento.
Si accovacciò,
 osservandola con un sorriso: - Certamente. La stella mi ha mandato qui proprio per questo. Giocheremo a nascondino. -
- Sììììì! - sussurrò contenta, battendo le mani. 
- Però... - issò l'indice della mano destra e lei lo seguì con lo sguardo che indicava con lentezza alle sue spalle. - devi andare di nuovo a letto. E contare. Fino a cinquanta. Lentamente. Sai contare fino a cinquanta? - lei annuì.
- Va bene! A me piace contare! - esclamò, arrancando velocemente verso il letto e mettendosi sopra. - Uuuno. Duuue. - 
Chat Noir si diresse alla porta e cominciò a riflettere su dove potevano aver messo gli oggetti di valore. Guardò nello studio, non facendosi scappare nemmeno un dettaglio insignificante. Niente. Il posto più comunemente usato era quello, a meno che... 
Si fermò sull'uscio della camera da letto, adocchiando ciò che aveva visto prima. Perché non dietro un quadro appeso al di sopra del letto della propria stanza? Sorrise sghembo. Luogo abbastanza strambo e... impensabile. Poggiò le mani sulla cornice e lo levò, trovandosi dinanzi la cassaforte. 
- Che cosa fai qui? - 
Sobbalzò e girò il capo: - Dovevi contare fino a cinquanta. - la rimproverò dolcemente.
Non ne conosceva il motivo, ma quando i suoi occhi incontravano quelli di lei... una dolcezza immensa e particolare lo catturava. Era come se quelle iridi turchesi risucchiassero ogni suo problema.
- Ho sentito dei rumori e così sono venuta a vedere. Sei fortunato. -
- Perché sarei fortunato? - domandò sospirando, sedendosi sul bordo del materasso.
Quella notte non avrebbe concluso niente.
- Perché la zia Nathalie dorme come un ghiro e - scosse la testa - non sente niente. - 
Si schiaffeggiò la fronte con una mano. Che idiota! Si era completamente dimenticato di Nathalie! Come aveva potuto commettere tale errore? Un attimo. Nathalie? Perché l'aveva tirata in ballo? La fanciulla prese tra le dita la coda finta che toccava terra, dopo essersi avvicinata e cominciò a fare su e giù, ridacchiando. Mugugnò.  
- Anche perché... - lo fissò e sorrise a trentadue denti. - tu sei mio amico e non ti lascerò mai andare. E se provi a scappare, lo dico a mamma e a papà. -
"Nathalie ha ragione: è una peste!", pensò con un tic all'occhio.
- Non posso rimanere qui. -
- Invece sì! Posso darti io da mangiare e un letto! - 
- Non pensi alla mia famiglia? -
- È vero. - mise il broncio, a braccia conserte. - Ma tu domani torni di nuovo. - sfiorò il petto del ragazzo con l'indice, con sguardo minaccioso. - E non si discute! - 
"Questo modo dispotico deve averlo imparato dai genitori.", rifletté con un sopracciglio alzato.
Sospirò: - Ci penserò. -
- Mmh. - annuì - Come ti chiami? - 
- Chat Noir. - la bimba trascinò le braccia a mezz'aria e sorrise a bocca aperta.
- Ciao, Chat Noir! - le incrociò dietro la schiena - Io sono Marinette. Marinette Dupain-Cheng! -






- Non ricordavo che i Dupain-Cheng avessero una figlia. - 
Nathalie lo guardò: - È nata due anni dopo la tua partenza. - riportò lo sguardo sulla piccola, che ora stava scendendo dallo scivolo, sospirando. - E le mie dimissioni come manager. - 
- Mmh. - 
Erano seduti su una panchina del parco, per rivangare un po' i vecchi tempi ed era riuscito ad inserire nel discorso quella sua confusione di quella notte. In seguito alle presentazioni, Adrien se n'era andato e la peste le aveva strappato una promessa che mai avrebbe fatto. Già... avrebbe spifferato tutto se non fossero rimasti amici e lui si era fatto fregare per bene! 
"È una peste.", pensò, osservandola mentre si avvicinava a loro di corsa.
- Adrien, Adrien, Adrien! - parlò a raffica Marinette, dopodiché gli schiaffeggiò le ginocchia, poggiandosi su di esse e facendolo sorridere.
"Una peste adorabile!", aggiunse intenerito.
- Dimmi. -
- Giochiamo, giochiamo! - 
- Ora arrivo. Va bene? - acconsentì con dolcezza, accarezzandole la testa e lei annuì, correndo verso l'altalena, dove si trovavano altri bambini.
- Ti ha preso in simpatia, a quanto vedo. - constatò stupita. 
- Già. - ridacchiò - Perché tanto stupore? - 
- No, è che... - sorrise triste - purtroppo Marinette non socializza molto. I suoi genitori hanno sempre un mucchio di lavoro e la casa è quasi ogni giorno vuota. La madre con il suo ruolo di modella e il padre con quello di avvocato. Due personaggi abbastanza conosciuti e, si sa, - sospirò a bocca chiusa - la fama ha un prezzo. - abbassò il capo - Ci sono molte critiche su di loro... e come di consueto... le conseguenze ricadono sempre sui figli delle celebrità. - alzò gli occhi al cielo - Ancora ricordo quel giorno in cui rimproverai una mamma per aver detto davanti al figlio e a Marinette cose che non doveva. - si toccò la radice del naso, chiudendo gli occhi e togliendosi gli occhiali. - E ora tutti i bambini ripetono a pappagallo ciò che sentono in giro e dai loro genitori. -
Il ragazzo strinse i pugni talmente forte da conficcarsi le unghie nella carne. Più si andava avanti e più la gente diventava... arrogante, presuntuosa, incivile, egoista, disprezzante, ignorante... inutile. Dannazione, aveva i nervi a fior di pelle! Il sangue gli ribolliva nelle vene come non rammentava da tempo! Si poteva essere così cattivi nei confronti di una bambina? Un'innocente bambina che stava muovendo i primi passi nel mondo? Con che coraggio!
Si sentiva in dovere di proteggerla, non ne capiva il motivo. 
Vide un furfantello parlarle in maniera arrogante e lei abbassare il capo, poi spingerla e farla cadere a terra. Nathalie si coprì la bocca con una mano e Adrien si alzò di scatto, incamminandosi nella loro direzione. La donna lo seguì con lo sguardo e si issò, cercando di capire le intenzioni del ragazzo, che si accovacciò al fianco della piccola aiutandola a mettersi in piedi. Marinette tirò su col naso e gli occhi si fecero lucidi. Lo osservò e poco dopo le tremò il labbro inferiore, inducendola ad abbracciarlo per trovare conforto. Lui la strinse forte a sé e portò l'attenzione sul moccioso, riducendo gli occhi a due fessure. 
- Nessuno ti ha detto che non si usano le mani?! - lo rimproverò, facendolo idietreggiare. - Gira a largo da Marinette, moccioso! - 
- Come si permette?! - si intromise una voce femminile, furibonda, prendendo per mano il bambino. - Si vergogni! -
Si rimise dritto, con in braccio Marinette: - Dovrebbe essere lei a vergognarsi. Prima di mandare in giro suo figlio dovrebbe insegnargli a rispettare il prossimo e a non usare la violenza! L'ha spinta con tale forza da lasciarmi sorpreso e furioso! - aggrottò la fronte, osservandola dalla testa ai piedi. 
Indossava una maglietta nera a bretelline, una gonna a jeans neanche a metà coscia, calze a rete nere e dei tacchi vertiginosi. Chi l'avrebbe considerata una mamma? Poteva benissimo essere scambiata per qualcos'altro.
Quanto odiava chi si credeva chissà chi! Sopratutto donne come lei. 
- Ma cosa posso aspettarmi da una donna del genere? - sospirò e la citata spalancò la bocca per protestare. - Donne come lei sono da evitare, prive di qualsiasi senso di responsabilità. - aggiunse, bloccandola sul tempo e allontanandosi. - Si vergogni! - esclamò scuotendo la testa.
Alzò gli occhi al cielo, vedendolo scurirsi pian piano, dopodiché spostò lo sguardo su Nathalie, che ricambiava con un sorriso. 
Ridacchiò, arrancando nella sua direzione: - Marinette non è l'unica a provare simpatia. - constatò, facendolo sorridere. 
- Tutto bene? - domandò alla bimba, tentando di guardarla, e lei annuì continuando a tenere la testa poggiata sulla spalla di lui. - Vi accompagno, se non è un disturbo. - 
- Affatto, Adrien. Grazie. - 
- Di niente. - 


La poggiò a terra e si mise alla sua altezza, accarezzandole il capo: - Fai la brava e vai subito a nanna, capito? -
- Mmh! - annuì - Domani ti vedo di nuovo? - 
Quella domanda fece sorridere dolcemente Nathalie. Non l'aveva mai vista così vivace in presenza di qualcun altro ed era un bene che stesse cambiando.
- Certamente! Come posso non rivedere una peste adorabile come te? - 
- Ma perché tu e la zia Nathalie mi chiamate peste?! - mise il broncio, gonfiando le guance. - Io non sono una peste! - batté un piede per terra e Adrien rise.
- Sì, sì, va bene! - si raddrizzò - Ora, però, a casa! -



"Se lo sto facendo sul serio... è solo un sogno.", pensò camminando su un tetto.
Pochi passi mancavano alla meta. Poteva benissimo lasciar perdere, ma... non ci riusciva. 
Saltò all'interno della camera e si guardò attorno. Era come se... vedesse in lei una parte di lui. 
- Eccoti qui! - 
Sobbalzò sul posto, per poi voltarsi: - Marinette! Non farlo più. - sussurrò, accarezzandole la testa.
- Scusami. Volevo solo farti uno scherzetto. - si scusò, abbassandola e lui sorrise.
- Non fa niente, birbantella. A cosa vuoi giocare? -
Il voltò della piccola si illuminò e si diresse alla loro sinistra, dov'era situata una casa delle bambole. Ne prese due tra le dita e le mostrò, intenerendolo quando mise su un sorriso... dolcissimo. 
- Tu sei il maschio e io la femmina. Vieni, su! - lo invogliò con una barbie, facendola andare su e giù. - Devo venire a prenderti per le orecchie? -
Chat rise piano. Oh, era una peste!
- Arrivo, peste! -
Lei mise il broncio: - Non sono una peste! -
- Convinta tu. - enunciò, avvicinando la mano per prendere la bambola.
Marinette rafforzò la presa, facendogli alzare un sopracciglio e la piccola lo fissò come se fosse un intruso in quell'ambiente. Probabilmente lo era. 
- Non devo più giocare? -
- Tu non dirmi più che sono una peste e io non dico niente a mamma e a papà. - 
"Mi sta ricattando?", si domandò, sbattendo più volte volte le palpebre.
- Va bene? - 
- Tu... sei davvero...! - cercò di formulare, ma il suo sguardo tenero, anche con quell'espressione offesa, lo fece cadere nella trappola e sospirò. - Va bene, va bene. - Marinette ritornò allegra, sedendosi a gambe incrociate e mettendogli sotto il naso il giocattolo, che prese senza fare storie. 
"Peste. Nient'altro che peste."
Tuttavia lo pensò con un sorriso, talmente le labbra erano all'insù che avvertiva le guance cedere. Ciò nonostante non gli importava, era da quando ne aveva memoria che non si sentiva così sereno con qualcuno e non voleva sprecare quell'occasione. 
- No, no, no! Lui deve dire ti amo a lei! Non che è un'amica! - lo rimproverò, dandogli uno schiaffetto sul dorso della mano, sorprendendolo.
"Crescita precoce. Troppo precoce!"
- Peste, pensi già a queste cose? -
Marinette spalancò la bocca e infine si alzò: - Ora dico tutto a mamma e a papà. -
Prima di poter muovere un solo passo, fu bloccata da un braccio di Chat Noir e sorrise vittoriosa. 
- Non lo farò più. -
- Promesso? -
Alzò gli occhi al cielo: - Promesso. -
Quella semplice parola fece tornare tutto alla normalità e il ragazzo rise. Diamine! Aveva perso completamente la testa, il suo ruolo di ladro era meno pericoloso!



Da quel momento passarono altri giorni insieme. Sia nei panni di Adrien, il pomeriggio e a volte la mattina, che in quelli di Chat Noir, la notte. Ovviamente si presentava dalla piccola ad un orario più decente, ma sempre quando era sicuro di trovare chi ci abitava a dormire. Senza rendersene conto avevano stretto un legame che agli occhi di Nathalie era un dono meraviglioso. 
Vedere Marinette ridere e scherzare come dovrebbe fare una bambina della sua età era la gioia che più desiderava avere. Gli altri bambini era come se non riuscissero più a sfiorarla con le loro battutine e spinte quotidiane. La vicinanza di Adrien era un toccasana e... valeva anche per lui. Nathalie aveva capito all'istante che Adrien, quel piccolo ragazzo timido che ormai era cresciuto, aveva totalmente perso la testa per Marinette e non sembrava volerlo nascondere. Per lui era l'uscita in fondo al tunnel, la luce dopo anni di oscurità, la libertà...
Quel raggio di sole lo riempiva di quella gioia che aveva tanto anelato e nessuno glielo avrebbe portato via. 
- Più forte, Adrien, ancora! - esclamò Marinette, mentre l'altalena andava verso l'alto.
Adrien la fermò, afferrandola per le catenelle e ridacchiò: - Sicura? -
- Siiiicurissimaaa! - rispose, muovendosi in avanti e indietro.
- Vaaa bene. - iniziò a fare piccoli movimenti - E uno e due... e treeee! - nel momento in cui pronunciò l'ultima parola, spinse in avanti la giostra e Marinette urlò contenta.
Nathalie rise. Oh, quanto era divertente vedere quei due! Improvvisamente il suo sorriso si spense, trasformando il viso in una maschera di terrore.
Lo stesso valeva per Adrien, che vide la scena a rallentatore. 
La presa di Marinette sulle catene era venuta meno, cadendo nel vuoto all'indietro. Il giovane, con uno scatto felino, protese le braccia verso di lei e la strinse forte a sé. Batté la schiena contro il terreno e fece uno smorfia di dolore. Marinette drizzò il busto, seduta sullo stomaco di lui e lo guardò, cercando di capire cosa fosse successo. Adrien sorrise, scompigliandole i capelli e Nathalie tirò un sospiro di sollievo con una mano sul petto.
Accidenti! Entrambi avevano perso dieci anni di vita. 
La piccola schiaffeggiò leggermente la sua mano con le sue, mettendo il broncio: - I capelli no! - mostrò l'indice, scuotendolo da un lato e dall'altro, insieme alla testa. - Non si fa. No, no! -
La donna e il ragazzo scoppiarono a ridere a crepapelle. 
- Sei-una-peste. - disse, facendole il solletico e mettendosi seduto.
- No, smettila, dai, no! -
Quella era l'atmosfera che gli piaceva. Così gioiosa e priva di qualsiasi emozione negativa. Gli sembrava di essere in paradiso! 







*Angolino dell'autrice*
Allooora ^--^ Come state? Tutto bene? Ecco il secondo capitolo. Che ve ne pare? Marinette è davvero una peste xD non credete anche voi? xD Però mi dispiace molto, i suoi genitori sempre fuori per lavoro... >.> povera...
E povero Adrien! xD Avere a che fare con una bimba così esasperante, ma dolce allo stesso tempo... *--* Aw! xD
Spero sia stato di vostro gradimento. ^--^
Alla prossima!
Da: SweetAinwen.
  
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