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Autore: i luv rainbow    18/03/2017    2 recensioni
La grotta finalmente si fa più affollata con l'aggiunta di Oliver al gruppo, anche se il giorno in cui saranno tutti riuniti è ancora lontano. Jason però, dopo essersi assicurato che tutti quanti stanno bene, cerca come sempre andarsene e sparire nella giungla. Le cose però andranno diversamente, visto che stavolta i suoi nemici sono stati più bravi del solito a cercare di ucciderlo...
FanFic incentrata sul rapporto d'amicizia tra Ollie e J, con contorno di Bromance tra fratelli Brody e quel pizzico di Vaas/Jason che ovviamente non guasta mai. Pubblicazione settimanale (possibilmente, altrimenti slitta a quella dopo...o a quella dopo ancora).
Max lunghezza tra i 5 o 6 capitoli (Forse anche 8 o 9).
[2° Parte The Warrior Inside Me - Tutti i missing moment del gioco parte 3]
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash | Personaggi: Jason Brody, Oliver Carswell, Vaas Montenegro
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Warrior Inside Me'
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I Got You

Author - I luv Rainbow
(I_luv_Rainbow_000)
EFP | AO3

The Memory Lane (parte 1)

Quando Jason mise piede per la prima volta a casa dei Carswell, rimase del tutto spaesato.

Aveva solo dieci anni e non solo non aveva mai visto la coppia che lo aveva assunto, per così dire, come compagno di giochi del figlio, ma nemmeno lo stesso bambino, suo coetaneo, con cui avrebbe dovuto stringere amicizia. La situazione non era forzata, contrariamente a quanto poteva sembrare, e al piccolo Brody in realtà non pesava neanche. Ma restava comunque il fatto che si sentisse come se ogni cosa, là dentro, fosse fatta di cristallo e mentre aspettava in quel gigantesco atrio invaso solo da un profondo e immutabile silenzio, Jason poteva far altro che sentirsi sempre più confuso.

All’improvviso quello strano sortilegio fu rotto dall’apparire di un bambino biondo in cima alle scale che esplose in un gigantesco e solare sorriso, prima di correre giù e venirgli in contro del tutto eccitato.

Jason per un attimo fu preso in contropiede da tutta quell’energia così incandescente che il coetaneo emanava e che senza farlo apposta gli riversava addosso, attraverso una raffica di parole che sembravano non finire mai, iniziando a trascinarlo in giro per quell’enorme edificio e raccontandogli di tutto quello che insieme avrebbero potuto fare. In poco tempo il piccolo Carswell si rivelò essere un bambino dolce e simpatico quando eccitato e solare; a Jason piaceva giocarci insieme e passare del tempo con lui ma fin dal primo momento una domanda gli sorse spontanea, qualcosa che per molto tempo a venire avrebbe continuato a chiedersi finché la risposta, di prepotenza, non gli fosse piombata davanti gli occhi. Com’era possibile che un bambino tanto divertente e solare, che sorrideva sempre in quel modo così affettuoso, essere anche il più triste e tremendamente solo al mondo? E come poteva quella casa così grande, magnifica e piena di tante cose belle, essere anche così…terribilmente gelida.

.... .... .... ....

Una volta usciti dalla grotta non fecero molta strada.

La colpa era un po' di entrambi, Oliver questo lo sapeva bene; da parte propria avrebbe preferito che Jason si sedesse, che stesse fermo e che magari dormisse un altro po' visto che il suo viso era ancora più pallido di quanto fosse disposto ad ammettere; dall'altra parte, il guerriero bianco guardava con diffidenza e preoccupazione il limite della proprietà del Dr. Earnhardt. Come se fosse perseguitato dall'idea che il pericolo giacesse lì, pronto nell'ombra, appena oltre quelle ripide discese. Per questo finirono soltanto a girare intorno all'enorme casa bianca del chimico inglese un paio di volte.

Oliver continuò a sorreggerlo, a camminare insieme a lui spalla a spalla ed anche...a parlare.

Le prime furono solo poche parole buttate casualmente al vento, giusto per rompere il silenzio che comunque non era mai stato pesante tra di loro, nemmeno in quell'occasione. Poi lentamente riuscì a trascinarlo in quella zona grigia fatta solo di vecchi e divertenti ricordi, di tutte le idiozie dettate dall'incoscienza che si erano concessi durante l'infanzia e poi l'adolescenza – e di cui Jason batteva di gran lunga il coetaneo biondo per quanto riguardava l'avventatezza e la pericolosità.

Era riuscito a farlo ridere, senza troppi pensieri, facendogli ritornare il sorriso sulle labbra; Oliver il più delle volte non era un genio a capire bene le situazioni, anche quando accadevano davanti a lui, ma in quel momento intuì che a Jason dovesse mancare parecchio.

I suoi amici. La sua casa. La sua famiglia

Per un attimo lo sfiorò il pensiero di Grant ma ancora non osò chiedere nulla e poi, c'era così tanto che voleva conoscere del suo migliore amico, così tanto da quando erano stati divisi sull'isola; ma doveva essere cauto, doveva arrivarci piano piano, usando le parole giuste ed evitando di forzare la persona, che come amico, amava più a questo mondo.

Così usò semplicemente il suo super potere di sapere vedere il lato migliore di tutte le cose; persino di quelle successe a tutti loro sulle Rook.

«Certo che sei diventato proprio figo J» gli disse Oliver con un sorriso divertito e felice in viso, così da spostare finalmente l'argomento verso l'elefante nella stanza che entrambi avevano fatto finta di non notare fino a quel momento: «Sapevo infondo di non dovermi preoccupare troppo, ma quando sei spuntato tu a salvarmi è stato fantasistico!» aggiunse, iniziando finalmente a parlare del presente. Dell'isola – anche se non era quello a cui mirava, quello che sperava di tirare fuori dall'amico.

Jason per un attimo non rispose, poi lo guardò confuso e preoccupato: «Non hai provato paura?» gli chiese con un po' timore, perché come Ollie sapeva essere il ragazzo più solare della terra, J invece, senza alcun secondo fine e del tutto inconsciamente, sapeva essere il più ingenuo e premuroso.

E questo, persino ad uno a cui sfuggiva quasi tutto come Oliver, era riuscito a capirlo.

«Ok, forse un po' me la stavo facendo sotto – all'inizio» gli confessò abbastanza ironico, edulcorano di molto la pillola.

Purtroppo si ricordava ancora bene com'era stato dover correre sotto quella terrificante pioggia di proiettili vaganti, trasalendo ogni volta che sentiva lo scoppio di qualcosa vicino, o di una pallottola sfiorargli pericolosamente la testa lasciandogli nelle orecchie un sibilo assordante.

Era stato spaventoso, ma sarebbe stata una menzogna non ammettere che di colpo gli si era riempito di gioia il cuore, quando aveva notato chi fosse il suo salvatore.

«Ma è stato comunque incredibile!» aggiunse subito con un largo sorriso, prima che l'amico potesse in qualche modo sentirsi responsabile per ciò: «Non appena ho visto che non c'era confronto tra te e loro mi sono sentito incredibilmente euforico! Era come avere Jason Statham a farmi da angelo custode!» concluse eccitato, strappando una leggera risata all'amico.

Ecco, era proprio questo che serviva; perché se il ragazzo biondo voleva arrivare al vero punto della situazione, alla vera domanda che voleva fargli da quando era stato salvato, prima doveva mettere Jason il più possibile a suo agio – di farlo sentire, come dire...a casa.

«Non sono l'eroe di un film d'azione Oliver» gli rispose ma stavolta con tono scherzoso nonostante la visibile malinconia di sottofondo: «Ho solo fatto quel che dovevo»

«E questo è proprio quello che direbbe un eroe» gli rispose l'amico facendogli subito notare l'ovvio, per quanto l'altro non fosse disposto a credergli. Infondo Jason aveva risposto come sempre, guidato solo dalla semplice ingenuità del suo carattere buono.

Per un attimo si guardarono negli occhi dopo questo scambio di battute, ritrovandosi chissà perché a ridere insieme ancora una volta, del tutto spensieratamente; forse un po' troppo, visto come il suono che uscì dalla bocca del guerriero bianco iniziò poi a distorcersi, diventando un chiarissimo gemito di puro dolore.

Oliver fece appena in tempo ad accorgersene prima di ritrovarsi a sorreggere l'amico con ancor più impegno, sentendolo d'improvviso cedere e stringersi quasi disperatamente a sé, anche se tutto durò per un brevissimo attimo – di nuovo ebbe il terrore che potesse svenirgli tra le braccia, come diverse ore prima nella grotta, per questo iniziò a pregare con tutto il cuore di non assistere di nuovo ad una scena simile.

«Fermiamoci qui!» disse senza aspettare proteste; non che Jason fosse in grado di farne.

Per loro fortuna, il grosso gazebo bianco da cui si poteva ammirare dalla cima di quella collina gran parte dell'isola era lì, a pochi passi.

Oliver, con attenzione ma anche fretta dettata dalla preoccupazione, guidò il suo migliore amico fin dentro alla struttura per poi aiutarlo a sedersi sulla sdraio che giaceva al suo interno, non staccando mai ancora le mani dal suo corpo e stando solo attento ad ogni minimo segnale che poteva avvisarlo di dover intervenire.

«Ok ok Jason, v-vuoi che ti porto qualcosa di fresco da bere?» gli chiese preoccupato, ma l'amico non gli rispose. Ancora si limitava a tenere gli occhi serrati, cercando solo di respirare lentamente: «U-una birra magari?» li chiese poi, ma non sembrava di aspettarsi per davvero una risposta.

«O...oliver» cercò di interromperlo Jason prima che corresse troppo, ma a quanto pare aveva preso la tangente e di fatto, continuò a parlare talmente velocemente che visibilmente il ragazzo moro non era più sicuro di riuscire granché a seguire il discorso.

«Ma certo! Il dottor E. mi ha detto che ne ha una ghiacciai piena sotto la veranda, se vuoi faccio un salto e la prendo subi...»

«Oliver!»

«Sì Jason?» si fermò finalmente per chiedergli incuriosito e confuso.

In risposta il guerriero bianco gli sorrise calorosamente: «Sto bene Oliver» lo rassicurò poi, semplicemente. Peccato solamente che fosse ancora troppo pallido e visibilmente troppo stanco per poterlo sostenere.

Il ragazzo biondo però non disse niente.

Forse non avrebbe dovuto, forse sarebbe stato meglio se l'avesse preso in pieno petto e gli avrebbe detto una volta per tutte di piantarla con tutte quelle scuse, di finirla di dire che tutto andava bene quando non era così, di smetterla di far finta di non avere un problema perché così non aiutava né se stesso e nemmeno la persona che voleva offrigli il proprio aiuto.

Ma Oliver non era Grant.

Dio...se il fratello maggiore di quel ragazzo fosse stato lì, non avrebbe esitato nemmeno per un momento nel caricarlo sulle proprie spalle, ignorando ogni tipo di protesta e riportarlo alla tenda. Questo però non sarebbe successo perché Oliver Carswell era diverso e provava per Jason un affetto altrettanto profondo ma anche del tutto spensierato ed ingenuo; per questo e per tanti altri motivi, non l'avrebbe mai e poi mai rimproverato per nascondergli così ostinatamente di avere un problema.

E poi, tra l'altro, era proprio l'ultima persona che poteva rinfacciargli una cosa del genere…

«Va bene J» gli disse sfoderando un largo e sincero sorriso, rilassandosi un poco: «Però se ti va...le prendo comunque un paio di birre»

gli propose Oliver, stavolta tornando calmo e positivo, come se non fosse successo proprio nulla.

«Sì, magari solo un paio» gli confermò massaggiandosi distrattamente il viso stanco.

.... .... .... ....

Oliver si allontanò per prenderle e Jason lo guardò leggermente incupito. Poi sospirò e nel farlo con una mano estrasse dai pantaloni qualcosa che aveva raccolto nelle vicinanze della serra, qualcosa che al ragazzo biondo era sfuggito e che aveva permesso al guerriero Rakyat di calmarsi e tornare a sentirsi, seppur in minima parte, protetto.

Tra le sue mani, Jason stringeva un vecchio cacciavite appuntito un po’ arrugginito. Non importava. Poteva accontentarsi. Dopotutto era sempre un'arma...

   
 
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