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Autore: Elsker    19/03/2017    0 recensioni
Il pianeta EXO, in seguito a quello che era sembrato la fine del mondo, si è completamente trasformato. Tutti i continenti e le isole che prima erano lontani tra loro si sono avvicinati fino a formare un unico continente.
La maggior parte dei sopravvissuti è rimasta nella propria terra per sfruttare tutte le risorse che essa
ha da offrire, abbracciando la speranza di trovare l'armonia e la quiete di un tempo.
Diciotto anni dopo, ritorna il disordine anche nell'ordine che erano riusciti a stabilire dopo la catastrofe e dodici ragazzi, provenienti da diversi luoghi, scoprono di avere dei poteri e il dovere di salvare l'albero della vita.
Dodici ragazzi, dodici destini intrecciati, uniranno le loro forze per compiere un lungo viaggio, combattendo i demoni che infestano quel mondo come dei fantasmi e le tenebre che si annidano nella loro anima per raggiungere un traguardo che tutti loro dovranno desiderare perché venga compiuto.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Chanyeol, Chanyeol, Lu Han, Lu Han, Nuovo personaggio, Sehun, Sehun, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Terra delle paludi
 
Il ragazzo si buttò sul letto, permettendo al corpo stressato di riposarsi: anche per quel giorno aveva finalmente terminato di studiare ciò che si era prefissato.
“Ora cosa faccio?”
Meditò a lungo, osservando il soffitto completamente bianco come se potesse trovarvi la risposta.
Alla fine optò per andare a giocare con suo fratello: tanto, sicuramente, non lo avrebbe disturbato visto che non studiava mai se non sotto costrizione del loro padre, che comunque era molto impegnato e non poteva tenerli sotto controllo. Uscendo dalla stanza e passando accanto a quella di sua sorella, si chiese se fosse il caso di chiamare anche lei, ma si disse che probabilmente lo avrebbe cacciato via come al solito, asserendo di aver molto da fare a differenza di loro due fannulloni.
Con la coda nell'occhio vide, fuori dalla finestra, una farfalla dai colori molto vivaci che volava attorno all'edificio; spalancò la finestra e allungò una mano, sperando che si avvicinasse, e per un momento gli parve che quella piccola creatura volesse posarvisi. Essa, però, si ritrasse quando era a pochi centimetri di distanza, lasciando il ragazzo di sasso.
«Che stronza» disse, senza pensarci. “Poteva anche non darmi una falsa speranza”. Si sentì di nuovo come una volta, quando da bambino, nel bosco, aveva incitato un coniglietto ad avvicinarsi a lui. Teneva le braccia spalancante in attesa di prenderlo al volo, immaginando che gli saltasse addosso, ma alla fine abbracciò solo l'aria, perché l'animale l'aveva superato all'ultimo momento ed era andato da suo fratello. Era una sensazione di rifiuto davvero incomunicabile.
 
 
 
***


 
Terra delle punte
 
Il ragazzo legò saldamente la corda attorno ad un tronco, tirandola per verificare la resistenza del nodo. Arrotolò l'altra estremità attorno al proprio corpo, sempre controllando di essersi issato per bene.
Si avvicinò al bordo del burrone e deglutì: era più in basso di quanto avesse previsto, ma non poteva lasciare lì quell'enorme fungo bianco, che pareva soffice come la neve alla vista. Era la prima volta che ne vedeva uno e conosceva bene i suoi leggendari poteri curativi. Si calò lentamente dal bordo del burrone, studiando attentamente il terreno prima di sfiorarlo.
Aveva l'abitudine di abbassare prima la mano sinistra, cercare con essa un punto d'appoggio di venti o trenta centimetri più in basso, sfiorare la roccia per verificarne la resistenza per poi alla fine appoggiare il braccio. Per seconda veniva la mano destra, che tastava in cerca di un punto d'appoggio vicino alla sinistra, seguita subito dal piede sinistro e infine dal destro. Si era reso conto che probabilmente non era il modo migliore per scendere, ma aveva visto moltissime volte suo nonno fare così e lui non si era mai fatto male.
Era ormai vicinissimo al fungo, quando notò qualcosa di strano luccicare vicino ad esso. Sembrava essere il corno di un qualche animale in miniatura ed era appoggiato lì, come se fosse incollato alla roccia da uno strano incantesimo, ma appena allungò la mano per sfiorarlo riuscì a prenderlo con facilità. Senza perdere tempo, lo mise in una tasca e protese il braccio verso il basso per raccogliere il fungo, accorgendosi di essere ancora troppo in alto. Cercò di scendere ancora di qualche centimetro, ma ben presto si rese conto che aveva già raggiunto la lunghezza massima della fune. Abbassò ancora un braccio, tentando disperatamente di arrivarci. Ponderò l'idea di rifare il nodo attorno alla vita per avere più corda, ma gli parve fin troppo rischioso, così decise che era meglio risalire e tornare a casa per prendere una fune più lunga; mancavano ancora un paio di ore al tramonto e stimava di farcela tranquillamente in tempo.
Cominciò a scalare lentamente con estrema attenzione per ritornare sulla superficie piatta. Avrebbe voluto fermarsi per un attimo di riposo, ma era ormai vicinissimo al traguardo.
“Dai, manca ancora poco... ancora un piccolo sforzo.” «Dammelo.»
Un ordine secco, asciutto, perentorio.
Un tono che non ammetteva di essere disubbidito proveniva da una piccola figura completamente incappucciata, a pochi metri dal precipizio.
Il ragazzo quasi perse l'equilibrio nel vedere che l'altra estremità della corda, prima ben ancorata al tronco, era tra le dita di quella misteriosa ombra e cercò di non scomporsi. Fingendo di non aver notato di avere la vita nelle sue mani e di non avere paura, rispose tranquillamente che non era riuscito a prendere il fungo e che era ancora lì sotto, mentre con un braccio si appoggiava all'orlo del precipizio.
«Tu menti: ti ho visto metterlo in tasca!» dal tono, quella persona pareva parecchio alterata, come se non sopportasse bugie di alcun genere.
Sulle prime, il ragazzo rimase sorpreso, ma poi, mettendo anche l'altra mano sull'orlo, si ricordò del corno.
«Ah, si riferisce a quello strano oggetto. Appena salgo glielo passo subito.»
«No, lo voglio adesso» ringhiò minacciosamente quell'uomo, avvicinandosi a lui e protendendo un palmo in attesa che gli venisse consegnato ciò che desiderava. Non c'era bisogno di parole minacciose per comunicargli che non stava affatto scherzando e che non gli avrebbe mai più permesso di toccare il suolo se non gli avesse consegnato il corno in quell'esatto istante.
Con l'avambraccio destro completamente appoggiato all'orlo, cercò con la mano sinistra l'oggetto nella tasca, ma sfortunatamente esso scivolò fuori e, prima che potesse anche solo rendersene conto, l'ombra si era già lanciata giù per recuperarlo, trascinando anche lui con sé per via della corda che ancora impugnava. Non era nemmeno riuscito a formulare in tempo l'idea di liberarsi dalla fune che si ritrovò a cadere nel freddo vuoto, il quale sembrava aspettare da tempo immemore di inghiottirlo.


 
***


 
Terra del ghiaccio
 
Cantava, mentre pattinava spensieratamente da solo sul lago. Ogni anno era sempre lui il primo a sperimentare la pista di pattinaggio dei suoi genitori. Non perché dovesse verificare lo spessore del ghiaccio – tutti sapevano che lì l'inverno era perenne e non vi era perciò alcun pericolo –, ma per il rispetto della tradizione: così accadeva da secoli, perché non continuare?
Ad un certo punto scivolò e cadde pesantemente di schiena, cosa che non gli era mai successa, neanche quando aveva appena imparato a muoversi in equilibrio su quelle sottili lamine. Quando girò su se stesso per rialzarsi, si accorse che sul ghiaccio si erano formate delle crepe, perciò non esitò un secondo ad alzarsi cautamente e uscire dalla pista.
Per un istante, prima di cadere, aveva avuto un bruttissimo presentimento che continuava a persistere e sentiva gli organi interni ancora scombussolati... Per un momento aveva pensato che quella sensazione fosse dovuta alla caduta e all'impatto, ma era qualcosa di più, qualcosa che gli faceva battere più velocemente il cuore e che lo spaventava fin dentro l'anima. Avvertiva la perdita di qualcosa... qualcosa troppo importante per la sua vita.
Quando si girò per dare un'ultima occhiata alla pista, vide come proiettata su di essa l'immagine di una persona con una corda legata attorno alla vita che veniva inghiottita dal buio più nero che avesse mai visto.
Reprimendo a fatica un grido d'allarme, lanciò da una parte i pattini e cominciò a correre verso casa, ordinando inutilmente alle calde lacrime di non scorrere fitte sulle sue guance ghiacciate e dimenticandosi di mettere le racchette da neve.
Cadde moltissime volte, ma non gli importava: voleva solo correre da lui per sentire la sua voce, per vederlo sorridere come sempre.
Quella visione non poteva essere vera.
Quella persona riflessa nel ghiaccio non poteva essere lui.
Quella persona non poteva assolutamente essere in pericolo.
Quella persona era il suo migliore amico.
Desiderava solo che stesse bene, al sicuro e al caldo in casa.


 
 
***
 
 
 
Terra dorata
 
«Allora?» le chiese la ragazza, mentre asciugava la pila di piatti che l'altro aveva appena lavato.
«Allora cosa?» le domandò lui senza celare il fastidio, sperando che lasciasse cadere il discorso: sapeva di cosa volesse parlare sua sorella e non voleva discuterne ancora.
«Hai deciso per il tuo futuro?» ritentò, ancora più ostinata, mentre appoggiava il panno sui piatti appena asciugati, girandosi verso di lui con le braccia incrociate al petto: segno che voleva parlare ad ogni costo.
«Senti... sono stanco» il ragazzo provò a uscire dalla cucina per rifugiarsi nella sua camera.
«No, oggi ne parliamo una volta per tutte!» gridò lei, parandosi tra lui e la porta con le braccia spalancante.
Lui la guardò: era vero che era proprio piccola nei suoi centoquarantotto centimetri per quaranta chili, ma quando era ostinata sembrava essere alta il doppio e pesare il triplo, e i suoi occhi mandavano lampi furenti capaci di atterrire chiunque.
«Va bene...» sospirò mentre si lasciava cadere pesantemente su uno sgabello e abbassava le palpebre per riposarsi.
Decidere il proprio futuro non era esattamente una cosa da farsi nel giro di pochi giorni, soprattutto se avevi ricevuto una borsa di studio per MAMA, la scuola più prestigiosa e sicura al mondo: andare lì avrebbe significato anni di apprendimento in un luogo tranquillo e privo di alcun pericolo, e un futuro certo in qualunque posto del pianeta... ma andare via avrebbe significato lasciare dei rimorsi nella propria coscienza. All'inizio aveva pensato che fosse qualcosa del tipo tra scegliere se stesso o gli altri, tra rimpianto o rimorso, che fosse tutta una questione di egoismo. Ci aveva rimuginato a lungo, ma quella sera aveva trovato la risposta ed esitava a riferirgliela, perché sapeva che non avrebbe approvato: lei gli aveva sempre voluto genuinamente bene, aveva sempre pensato prima a lui che a se stessa.
Quella sera lei gli aveva chiesto di aiutarla a lavare i piatti, come se avesse potuto intuire che in quella schiuma e nello scorrere dell'acqua avrebbe trovato una risposta definitiva. Aveva capito che non era una questione di rimorso o rimpianto. Il rimorso è quando devi qualcosa a qualcuno, il rimpianto è quando devi qualcosa a te stesso: questo non era il suo caso.
«Ho deciso di non partire» le riferì stancamente, senza aprire gli occhi, per evitare di vedere la sua espressione. La sentì muoversi lentamente verso il lavandino e si lasciò cullare dolcemente dal suono ritmico dei piatti che venivano man mano appoggiati su delle pile già asciutte. Sapeva che era ferita, che si sentiva come se qualcuno le avesse mollato un pugno, lasciandola sofferente a terra.
Sapeva bene che gli anni dell'adolescenza non tornano indietro e che quella era un'occasione unica, ma era anche perfettamente consapevole del fatto che quando si è anziani rimangono pochi anni da vivere, e non avrebbe mai voluto mancare a condividere le gioie e la fatica con la sua amata famiglia. Era una decisione che aveva preso per se stesso, non per lei. Non voleva provare il rimpianto di non essere stato con lei fino all'ultimo e di aver scelto una strada sbagliata, lontana dai suoi affetti.
Inoltre, aveva capito cosa voleva fare quando sarebbe stato più grande: essere come la nonna. Fare del bene e dare amore e rifugio ai bambini smarriti, sapeva che questa sarebbe stata l'unica cosa a renderlo davvero felice.
 
 
 
 

 

 

   
 
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