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Autore: ilcielopiangequalchevolta    19/03/2017    0 recensioni
A volte, per ricominciare da capo e ammettere i propri sbagli, è necessario scappare per poi tornare indietro.
Sabrina Vacciello è una ragazza timida, abituata a contare esclusivamente sulle proprie forze e con un grande segreto sulle spalle. Ha una sublime conoscenza delle lingue e tanta voglia di viaggiare; comunque partire e abbandonare tutto è difficile, così si ritrova bloccata in Italia fino ai vent'anni. Un giorno una domanda la sprona ad allontanarsi dal suo paese per riscoprire sé stessa.
Proprio Sabrina si scontra con James Harrison, un ricco imprenditore dall'animo saccente. Quando l'amore si interpone prepotentemente sulla sua strada, egli deve solo farsi trasportare dalla magia di questo sentimento.
James vuole avvicinarsi a Sabrina, l’unica donna che riesce a fargli battere il cuore, però lei non è ancora pronta a lasciarsi il passato alle spalle e a gettarsi in quel turbine di emozioni quale è l’amore. O forse si?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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21) MY WORST NIGHTMARE HAS COME TRUE


SABRINA'S POV
Osservai il cielo tinto di un grigio scuro attraverso la finestra. L’immensa distesa di nuvole presagiva la comparsa di una violenta pioggia. I raggi del sole tentavano di oltrepassare timidi le nubi e alcuni colpivano i candidi cuscini del letto. Notai che uno di essi illuminava il bel volto di James. Lui aveva un braccio mollemente appoggiato sulla mia vita e la testa sopra il mio seno. Potevo sentire il suo respiro rilassato e vedere le sue spalle alzarsi ed abbassarsi ad intervalli regolari. Presi ad accarezzargli i capelli per far passare più velocemente il tempo.

Dopo alcuni minuti, avvertii dei brividi nascere dal fianco ed espandersi per tutto il corpo. Curiosa, abbassai il capo e scorsi la mano del mio ragazzo che si muoveva verticalmente sulla mia pelle. Le sue palpebre, seppur lente, si alzarono lasciando intravedere i diamanti azzurri, quali erano i suoi occhi.
-‘Giorno, piccola.- biascicò, sorridendomi e affondando il viso nell’ incavo tra la mia spalla ed il collo. Faticai persino a capire le sue parole per quanto erano state pronunciate con voce impastata nel sonno.
-Buongiorno!-
-Che ore sono?- domandò, troppo stanco addirittura per alzare semplicemente il capo e controllare di persona l’orario alla sveglia sopra il mobiletto. Gli circondai le spalle con le braccia e vezzeggiai i suoi muscoli intorpiditi.
-Le otto!- risposi, scoccandogli un bacio tra i capelli.
-Potrei abituarmi a tutte queste tue attenzioni.- ammise, apparentemente felice di quel lieto risveglio; ma poi sbuffò, d’un tratto contrariato, come se avesse rammentato un brutto sogno. –Mi mancheranno quando partirai…- confessò, sorprendendomi e facendo incurvare le mie labbra in un sorriso spontaneo.
-Ritornerò, James…- gli ricordai, punzecchiandogli la guancia con un polpastrello.

Tra una settimana sarebbe stato Natale. Per le strade della “Grande Mela” si potevano già ammirare gli addobbi natalizi. Era magnifico! Times Squares era inondata di ghirlande, alberelli, Babbo Natale giganti, stelline….
 Avevo deciso di ritornare in Italia per questa festività. Sarei rimasta nella mia casa a Roma fino al tre gennaio. Avrei passato il capodanno nel mio paese d’origine e rivisto tutti i miei vecchi amici. Ero stata proprio maleducata ad andarmene senza nemmeno salutarli, senza lasciargli un biglietto o un messaggio, senza dire nulla. La sola idea di separarmi dal mio ragazzo mi faceva star male, però non volevo diventare una fidanzatina appiccicosa, così mi limitavo a tenermi tutto dentro cercando di non pensarci. Non era da James avere ragazze sdolcinate, quindi non lo sarei stata!

Carezzai la sua guancia e lo vidi tranquillizzarsi. Sul suo viso si delineò un’espressione davvero calma, che gli avevo visto solo pochi giorni prima. Eravamo in giro per le strade caotiche di New York. Ad un tratto mi portò su una panchina e mi prese le mani tra le sue. Mi abbandonai completamente a lui e, quando non credevo avrebbe mai aperto bocca, iniziò a raccontare della sua amicizia con Andrew.
-Io ed Andrew ci conosciamo da…non ricordo neanche da quanto a dir la verità! Siamo sempre stati ottimi amici e, fin dal primo momento, siamo andati d’accordo. –cominciò con un sorriso radioso sulla bocca e lo sguardo perso nei ricordi. –Da piccoli ne abbiamo combinate di tutti i colori: come quella volta che abbiamo incollato la prof alla sedia, oppure quando abbiamo lanciato un uovo in testa alla ragazza più schizzinosa della classe, o ancora quando ci siamo nascosti nello sgabuzzino della scuola e abbiamo ripreso il preside che se la faceva con una professoressa. Ovviamente il video ha fatto il giro di tutti i cellulari!- continuò. Nella mia mente si susseguirono numerose immagini di due piccoli bambini pestiferi e furbi, di due adolescenti inseparabili e di due uomini stupendi, dal cuore d’oro, che erano stati capaci di accogliermi nelle loro vite, seppur in modi diversi. –Andrew mi è stato vicino durante il periodo peggiore della mia vita: la morte di papà. Senza di lui non sarei riuscito ad andare avanti. Gli voglio bene.- sospirò infine, abbandonando la testa sulla mia spalla e stringendomi forte. Decisi di ricambiare il gesto, confessando a mia volta tutte le amicizie fallite e la mia infelicità in Italia, giungendo finalmente alla stabilità nella Grande Mela.

Ritornai al presente, abbandonando quel pomeriggio di confessioni. Ci preparammo e James si mise alla guida della sua auto.  Nell’abitacolo risuonavano le note di “Wild Child” di Elen Levon.  Arrivai a lavoro e lui sgommò diretto in azienda. La mattinata passò abbastanza in fretta, così come il pomeriggio ed, in men che non si dica, arrivò il momento dello spettacolo. Il locale era in subbuglio e fui vinta da una terribile ansia da palco scenico, che scomparve fortunatamente quando intonai la canzone.
 *** 


La mattina successiva mi svegliai nel mio appartamento in totale solitudine. Alexis era rimasta a dormire da Kevin e io, troppo stanca dopo lo spettacolo, avevo chiesto a James di riaccompagnarmi a casa. Mi alzai, feci colazione e controllai il telefono, accorgendomi di due messaggi del mio ragazzo che non avevo letto:
 
“Buongiorno, dolcezza. Dormito bene? Io una merda senza di te al mio fianco!”
 
“Oggi ti rapisco! Quando sei pronta chiamami che ti vengo a prendere. Rimarrai tutto il giorno a casa con me e domani ti porto a lavoro. Prepara la borsa per dormire qui!”.
 
Risposi immediatamente, con frenesia. Cercai di fare il più in fretta possibile, costringendo le mie dita a pigiare velocemente i tasti:                                    
 
“Giorno, James! Appena sono pronta vengo da te. Kevin dovrebbe riportare Lexy a momenti, mi faccio dare un passaggio da lui.”.

 
JAMES'POV
Dopo aver letto la replica di Sabrina, mi precipitai al computer per svolgere del lavoro arretrato. Controllai l’orologio che avevo al polso e mi meravigliai, comprendendo che era già passata mezz’ora. Decisi di farmi una doccia veloce e, appena uscii dal box, il campanello rimbombò per tutta la casa, spezzando la lieve tranquillità. Mi legai un asciugamano in vita e mi precipitai all’ingresso. Feci scattare la serratura della porta e la aprii.  

Non ebbi tempo neanche di salutare, che venni investito da una criniera di capelli biondi, una nube di fumo e dal sapore inconfondibile di alcol. Lei poggiò violentemente le sue labbra colorate di rosso carminio sulle mie e si mosse su di esse con maestria. Storsi il naso irritato e la sua intraprendenza accentuò maggiormente il mio sdegno. Arpionò i miei palmi e li portò sulle sue natiche. Tentò di slacciarmi l’asciugamano, quando riuscii ad allontanarmi.  
-Nicole, che cazzo fai?- esclamai rabbioso,  strofinando con il dorso della mano la bocca, per togliere ogni residuo di rossetto.
-Capo, ho un’oretta libera!- asserì,  sorreggendosi allo stipite della porta e piegandosi leggermente in avanti in un gesto volontariamente impudico. Accentuò il suo seno prorompente e troppo perfetto per essere vero.   Indossava una mini gonna nera, un paio di calze a rete rotte in alcuni punti, tacchi a spillo e un provocante top rosso. Si avvicinò pericolosamente a me e feci qualche passo indietro impaurito. Non temevo di perdere il controllo, in mente mia c’era solo il bellissimo volto di Sabrina e il suo corpo racchiuso in un intimo succinto.
-Nicole, vai via!- la liquidai, provando a chiuderle la porta in faccia, stringendo forte i pugni per la collera improvvisa che mi aveva assalito.  
-Oh, hai ancora in mente Sabrina? Non te l’ha data? Tranquillo tesoro, te lo succhio così forte che ti scorderai anche il suo nome!- continuò, azzerando la distanza tra di noi e portando le sue braccia intorno al mio collo. Preso alla sprovvista, in un riflesso involontario, portai le dita sui suoi fianchi per sorreggerla ed indietreggiai, entrando in casa.
Puzzava di alcol e fumo, chissà dove era stata durante la notte, in quale letto e con quale uomo se l’era fatta prima di venire a casa mia. Non appena percepii di nuovo le sue labbra lambire avide le mie, mi schifai e la scansai, ma notai un'altra persona osservare quella squallida scena.


SABRINA'S POV
Rivolsi un sorriso di cortesia a Kevin, che mi aveva accompagnata da James, e lo salutai con la mano, scendendo dalla macchina. Quando se ne andò, mi diressi sicura verso la porta e mi stupii nel trovarla stranamente aperta.

Con passo titubante, incerto ed intimorita mi avvicinai di più. Una voragine si aprì al centro del mio petto e sentii mancarmi l’aria per una frazione di secondo. Avvertii il mio cuore frantumarsi in mille pezzi, i quali arrivarono anche allo stomaco, pizzicandolo e provocandomi una potente nausea. Provai l’irrefrenabile voglia di porre fine a tutta la disperazione, che mi aveva assalita scorgendo James quasi nudo avvinghiato ad una donna che non ero io. Riconobbi immediatamente Nicole e, contro la mia volontà, calde lacrime sgorgarono dai miei occhi e inondarono le mie guance.

Riconoscendomi lui se la tolse di dosso e mi fissò sconcertato.  Percepii un formicolio fastidioso alle mani. Le chiusi per porre fine a quel martirio, però non sortii l’effetto desiderato. Vinta dalla stizza, mi accostai a loro e stampai uno schiaffo sonoro sulla guancia della ragazza difronte a me. Il suono dell’incontro brutale tra le nostre pelli si diffuse nell’atrio. Non ero mai stata una tipa violenta, ma in quel momento persi le staffe.
Mi voltai verso James. Lo guardai con disprezzo, odio, ribrezzo, amarezza e tristezza.
-Sabrina posso spiegarti! Non è come pensi!- mi disse, parando le mani in avanti e cercando di afferrare una mia mano. Io lo schivai rapidamente . –Piccola, ti prego! Ascoltami!- proseguì implorandomi con lo sguardo, con due pozze infinitamente angosciate al posto degli occhi. In quel momento non ero affatto lucida: non mi accorsi della sincerità del mio ragazzo, così come non vidi il sorrisetto malefico dipinto sulla faccia di Nicole.
Il peggiore dei miei incubi si era avverato: mi aveva tradita. Da quando andava avanti questa farsa? Da quanto tempo mi tradiva con la sua ex-segretaria? Colei che già aveva messo i bastoni tra le ruote alla nostra storia. Non trovai la forza di porgli tutte queste domande, riuscii solo ad affondare prepotentemente il mio ginocchio nella sua virilità.
-Sei un fottuto bastardo! Non voglio vederti mai più! Stronzo!- affermai, con voce rotta.
Lo vidi accasciarsi a terra per il dolore e ne approfittai per girare i tacchi ed andarmene.
                                      
   
 
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