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Autore: effe_95    19/03/2017    1 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 
53.Ceretta, Mutante e Clessidra.

Aprile

A Zoe dolevano i piedi per quanto avevano camminato quella mattina.
Era da giorni che non facevano altro che visitare monumenti, prendere metropolitane e mangiare specialità del posto ascoltando le fantastiche avventure del professor Palmieri.
Zoe si era ritrovata quel giovedì sera con quattro vesciche sui piedi che non le permettevano nemmeno più di indossare un paio di calzini senza provare un dolore estremo.
Si lasciò cadere pesantemente sul letto e osservò con aria afflitta i suoi piedi, lo smalto rosso luccicava sulla punta dell’unghia facendo da specchio alla luce ancora accesa sul soffitto, ma la brutta bolla che aveva sul pollice sembrava spiccare più della pedicure.
<< Vuoi dei cerotti per le bolle? Ne ho portati alcuni >>.
Zoe smise di osservarsi i piedi e portò la sua attenzione su Italia, che era appena uscita dal bagno e aveva tutti i capelli arruffati a causa del vapore. Indossava una camicia da notte lunga fino alle ginocchia tutta merlettata e ai piedi portava dei calzini antiscivolo rosa shocking. La prima sera che l’aveva vista conciata in quel modo Zoe aveva pensato che Italia assomigliasse in tutto e per tutto ad una bambola di porcellana troppo grande.
<< Si, grazie. Altrimenti domani non sarò in grado di uscire da questa camera >>.
Brontolò Zoe riportando l’attenzione sui piedi, Italia alzò gli occhi al cielo e, abbandonato l’asciugamano sul proprio letto, si affrettò a raggiungere il beauty-case dove aveva riposto tutte le medicine d’emergenza, i disinfettanti e i cerotti.
Ne prese un paio e si affrettò a consegnarli alla compagna di classe proprio nel momento in cui la porta della camera si spalancò rivelando la presenza di Fiorenza e Catena, le altre due coinquiline di stanza, seguite da Miki e Sonia, che condividevano invece un’altra stanza con Beatrice. Italia rivolse un’occhiata distratta all’orologio sulla parete e si rese conto che erano le undici passate, orario esatto in cui i professori andavano a dormire e loro si radunavano per fare le ore piccole insieme, sgattaiolando in silenzio nei corridoi.
<< Non manca Beatrice? >> Domandò Zoe osservando le altre che si sistemavano comodamente nella camera, chi sul letto di Catena e Fiorenza, chi su una sedia.
<< Stava finendo di farsi la doccia, ci mette tantissimo tempo a causa dei ricci. >>
Commentò Miki incrociando le gambe in posizione indiana seduta sul letto di Catena.
<< I ricci vanno curati >> Se ne uscì Sonia mentre chiudeva le tende della finestra cercando il più possibile di stare lontana dal gruppo. Non le piaceva l’idea di quegli incontri notturni, dopotutto sapeva che l’avevano invitata solamente per cortesia, ma starsene da sola in camera era troppo triste anche per una dal carattere come il suo.
<< Ci raggiungerà più tardi >> Concluse Fiorenza sistemandosi sul letto accanto alla sua migliore amica, ancora intenta ad applicare i cerotti sulle bolle dei piedi.
<< Ho un favore da chiedervi >> Esordì Miki attirando la totale attenzione delle altre ragazze su di se << Ho bisogno che qualcuno di voi domani mi aiuti a fare la ceretta! >>
E pronunciate quelle parole con aria melodrammatica, sollevò il bordo del pigiama sulla gamba destra mostrando una pelle candida come la neve accarezzata da una peluria quasi completamente inesistente.
<< Ma non si vede niente! >> Proruppe Fiorenza osservando con invidia la gamba dell’amica.
<< Si, ma anche se non si vedono ci sono lo stesso! Il solo fatto che ci siano mi da i brividi>>
Replicò Miki accarezzandosi le braccia come se fosse stata davvero pervasa dai brividi.
<< Ah, ecco perché scappavi da Aleksej allora >>
La prese in giro Italia spintonandola leggermente sulla spalla, le altre scoppiarono a ridere in coro facendola arrossire, perfino Sonia si lasciò andare ad uno sbuffo divertito.
<< Tsz! Alješa dovrebbe vergognarsi per tutti i peli che ha sulle gambe! Sono biondi, è vero, ma ci sono eccome! >> Si lamentò Miki incrociando le braccia al petto con aria teatrale.
<< Già, nemmeno Igor scherza! >>
Le diede man forte Zoe, ottenendo un’occhiata incuriosita dalle altre.
<< A volte mi domando perché dobbiamo sottoporci a torture simili per quegli scimpanzé che non se ne curano per nulla invece! Vorrei vedere uno di loro sottoposto ad una ceretta! >> Brontolò Italia incrociando le braccia al petto.
Nella stanza cadde un silenzio opprimente a seguito di quelle parole, silenzio in cui gli occhi di tutte si incrociarono per una frazione di secondo di comune accordo.
<< Vado a prendere le strisce depilatorie? >> Domandò Fiorenza indicando la sua valigia.
<< Si, lasciate libero un letto! >> Ordinò Miki saltando in piedi << Il primo che becchiamo lo portiamo in stanza con le buone o con le cattive! >>.
<< Anche se fosse Aleksej? >>.
Chiese Zoe, che insieme a Italia si era già diretta verso la porta della stanza.
<< Chiunque sia! >> Sbottò Sonia, che nel frattempo si era completamente animata dimenticando il proposito di fingersi trasparente e invisibile, la prospettiva di torturare un maschio qualsiasi la allettava troppo, segretamente sperava che beccassero Cristiano.
Zoe e Italia si affrettarono a uscire.
Il corridoio era deserto e silenzioso, le due ragazze avrebbero dovuto attraversarlo per raggiungere l’ala maschile, si guardarono negli occhi e con un cenno comune sgattaiolarono in punta di piedi.
Fecero appena in tempo a raggiungere la prima porta che ospitava alcuni dei compagni di classe, che quest’ultima si aprì lentamente rivelando la presenza di Gabriele.
Zoe e Italia sobbalzarono dalla paura quando si trovarono il ragazzo davanti, aveva i capelli tutti spettinati e ingarbugliati, indossava come pigiama una vecchia tuta grigia e una maglietta nera a mezze maniche, sembrava insonnolito e stanco.
<< Che cosa state combinando qui fuori? >> Domandò Gabriele sbadigliando sfacciatamente, senza nemmeno sorprendersi o domandandosi perché sembrassero spaventate e colpevoli allo stesso tempo. 
<< Oh Gabriele, meno male che ti abbiamo trovato! >> Intervenne prontamente Zoe aggrappandosi con tutte le sue forze al braccio del castano, Gabriele aggrottò le sopracciglia e fissò la compagna di classe come se fosse impazzita << Abbiamo bisogno di aiuto! >>.
<< Perché non lo chiedi a Igor? >> Sbottò immediatamente il ragazzo liberando senza troppi complimenti il braccio dalla stretta della compagna di classe, non aveva mai avuto nessun tipo di confidenza con Zoe, e non riusciva a capire se fosse impazzita.
<< È piuttosto urgente in realtà >> Cinguettò la bionda prendendolo nuovamente per il braccio, Gabriele spalancò la bocca per dire qualcosa di altamente maleducato, ma prima che potesse farlo Italia intervenne prontamente evitando di compromettere la situazione.
<< Scusala se fa così, ma siamo davvero disperate! Sonia ha bevuto troppo e adesso … non sappiamo più come fermarla, non potresti darci una mano? >>.
Gabriele le guardò negli occhi per alcuni secondi, valutando la veridicità di quelle parole, poi sospirò pesantemente e scrollò le spalle come se fosse spossato e stanco.
Aveva bevuto un po’ prima di imbattersi nelle due ragazze e si sentiva leggermente intontito e insonnolito, ad ogni modo non aveva nulla da fare e non sapeva come tirarsi indietro.
<< Va bene, vedrò cosa posso fare, ma se fossi in voi lascerei Sonia chiusa fuori al balcone >> Brontolò grattandosi la nuca, e senza aggiungere altro si avviò verso il corridoio femminile.
Le due si scambiarono un occhiolino veloce e lo guidarono fino alla camera giusta.
Quando bussarono ad aprire fu Catena, si affacciò timidamente dalla porta e guardò Gabriele negli occhi con un certo disagio, le dispiaceva che fosse capitata proprio a lui.
<< Ehm, Zoe e Italia mi hanno detto che- >>
<< Si, si, entriamo! >> Lo esortarono le due ingannatrici trascinandolo dentro la stanza.
Gabriele non avrebbe mai pensato in vita sua di ritrovarsi partecipe di una scena grottesca come quella che gli si presentò davanti: si trovava in una camera piena di ragazze che indossavano pigiami succinti, lo fissavano e sembravano tutte perfettamente sobrie.
<< Cosa diavolo sta succ- >> Sbottò girandosi verso Catena con aria indignata, ma venne immediatamente bloccato dal gesto di quest’ultima, che si affretto a chiudere la porta sbarrando la strada per uscire con il suo stesso corpo.
<< Mi dispiace da morire Gabriele! >>.
<< Catena, ma cosa- Ehi! Che cazzo fate?! >>.
Sbraitò Gabriele quando Fiorenza e Miki lo afferrarono saldamente per le braccia, intenzionate a spingerlo verso il letto privato dalle lenzuola.
<< Aspettate tutte! >> Intervenne bruscamente Sonia incrociando le braccia al petto.
<< Tu non eri ubriaca?! >> Sbottò Gabriele rivolgendo un’occhiataccia a Zoe e Italia.
<< Togliti i pantaloni >> Replicò tuttavia Sonia senza scomporsi.
<< Che cosa?! Siete tutte impazzite per caso? Cosa devi vedere che tu non abbia già visto Sonia?! >> Gabriele aveva una voce leggermente isterica mentre pronunciava quelle parole, spintonò senza troppi complimenti Miki e Fiorenza, scavalcò Sonia con una semplice falcata, e si incamminò imbufalito verso Catena, l’unico fragile ostacolo che lo separava dalla fuga, ma prima che riuscisse a raggiungere l’obbiettivo lo afferrarono tutte insieme e lo trascinarono sul letto.
<< Andiamo Gabriele, non fare tutte queste storie!  Abbiamo visto tutte un paio di boxer prima d’ora >> Lo rimproverò Miki sedendosi con tutto il peso sulla sua spalla sinistra per evitare che potesse alzarsi e scappare.
<< Si tratta solo di fare una ceretta >> Lo rassicurò Fiorenza sedendosi sull’altra spalla.
<< Cosa?! >> Strillò Gabriele con aria allucinata, gli sembrava di essere vittima di un brutto sogno << Siete ammattite tutte quante! Smettetela di dire stronzate e lasciat – Ehi! Che fai? Sonia! >> Strillò quando la riccia gli tirò via i pantaloni senza troppi complimenti.
<< Su, non fare storie. Bene ragazze, c’è molto materiale su cui lavorare >>.
Costatò Sonia osservando le gambe del ragazzo come un medico professionista osserverebbe una cartella clinica, Gabriele sospirò profondamente, alzò gli occhi al cielo e si dimenò con tutte le forze, ne aveva avuto abbastanza di quella pagliacciata e non voleva avere il piacere di provare quella fantomatica ceretta.
<< Bloccategli le caviglie! >> Ordinò Miki.
<< Miki, giuro che- Catena! >>.
Strepitò Gabriele quando Catena e Zoe gli bloccarono le caviglie.
<< Mi dispiace Gabriele, perdonami >> Mormorò Catena rossa d’imbarazzo.
Gabriele fece per protestare ancora ad alta voce, tentò di forzare le braccia nel tentativo di darsi la spinta necessaria per rialzarsi, ma con Miki e Fiorenza sedute ostinatamente sulle sue spalle gli risultava piuttosto difficile sollevare anche solo la testa.
<< Non è divertente! Andiamo, perché non lo fate a uno dei vostri ragazzi? >>
Mentre pronunciava quelle parole Gabriele provò come la sensazione di essere particolarmente disperato, gli sembrava che tutta la sua dignità di uomo fosse andata a farsi benedire in pochi secondi.
Non aveva idea di come uscire da quel pasticcio.
<< Abbiamo giurato che ci saremmo vendicate sul primo che capitava >> Spiegò Italia.
<< Vendicarvi?! Ditemi la verità, che cosa avete bevuto? Farò finta che non sia successo nulla domani mattina quin- No! Allontana da me quella roba! Sonia – No! Hiiii >>.
Gabriele non si rese nemmeno conto di aver prodotto un verso stridulo quando Sonia gli attaccò sulla coscia la striscia depilatoria, aveva lo sguardo terrorizzato puntato sulle mani della compagna di classe che sfregavano avanti e indietro sul pezzo di carta nel tentativo di farlo aderire per bene.
<< Per favore, non tirare! Non tirare! Sonia, Sonia, So- Ahhhhhhh! >>.
Gabriele sentì un bruciore terribile irradiarsi per tutta la gamba, si morse convulsamente il labbro inferiore e sentì le lacrime bruciargli gli occhi, decisamente non poteva sopportare un altro strappo come quello.
<< Sonia, forse non avresti dovuto cominciare dall’ inguine >>.
Commentò Miki osservando con sguardo critico la faccia arrossata di Gabriele, il ragazzo le rivolse un’occhiataccia, ma venne immediatamente distratto da Sonia, che si apprestò a preparare un’altra striscia.
<< Vogliamo provare l’interno coscia? >> Chiese Sonia sorridendo amabilmente.
<< No! L’interno coscia no! Qualsiasi cosa significhi no e poi no! >> Strillò Gabriele ancora più rosso, Catena aveva come l’impressione che fosse del tutto esasperato mentre lo osservava alzare gli occhi al cielo.
<< Dà qua Sonia, facciamo cambio, la prossima la strappo io >>.
Gabriele non sapeva se fosse positiva l’affermazione di Zoe, era sicuramente meno violenta di Sonia, ma non gli ispirava la minima fiducia. La bionda si affrettò a far cambio con Sonia e prese la striscia tra le mani come se fosse un giocattolo molto divertente.
<< Zoe, ti prego basta. Mi sembra che vi siate divertite abbastanza no? Parliamone! >>
Protestò Gabriele, mentre osservava con ansia sempre più crescente la compagna di classe che avvicinava la cera al suo polpaccio, fortunatamente per lui, fu proprio in quel momento che la porta della stanza si spalancò di colpo e la professoressa di scienze della terra, Elettra Valenti, entrò tutta scarmigliata con l’aria furibonda.
<< Si può sapere che cosa state comb- >> La donna interruppe di botto la sfuriata quando gli occhi le si posarono sulla figura di Gabriele immobilizzata al letto, dal canto suo Gabriele non avrebbe mai creduto di poter essere più felice di vedere la professoressa.
<< Professoressa la prego mi aiuti! >> Strepitò tentando inutilmente di scalciare.
La professoressa osservò la scena con la bocca spalancata e gli occhi strabuzzati dalla sorpresa, si avvicinò cautamente alla scena e ammirò con occhio critico la striscia depilatoria già utilizzata sul pavimento e la gamba di Gabriele ancora arrossata.
<< Ragazze … >> Cominciò, incrociando le braccia al petto, Gabriele sentì un rivolo di speranza mentre osservava l’espressione contrariata della docente e quella sempre più mortificata delle sue maligne compagne di classe << … il prossimo strappo lo faccio io >>.
Trillò allegra la donna, prendendo la striscia che Zoe le stava porgendo tra le risate generali.
<< Che cosa?! >>.
Gabriele aveva come la sensazione di essere precipitato in un incubo.
 
Igor aveva dimenticato il numero della stanza dove sarebbero stati quella sera.
L’aveva dimenticato anche se Telemaco gliel’aveva ripetuto un milione di volte.
Prima di uscire gli aveva anche raccomandato di segnarlo da qualche parte, ma Igor aveva ignorato la proposta ritenendo che la sua memoria sarebbe stata sufficiente.
Ad ogni modo, era troppo orgoglioso per ammettere di aver sbagliato, avrebbe preferito mille volte vagare per i corridoi come stava facendo piuttosto che telefonare a Telemaco.
Una ramanzina dal suo migliore amico non la voleva proprio sentire.
Osservò con fare critico la porta che gli si stagliava di fronte, aveva segnato sulla targhetta il “317”, Igor aveva come la sensazione che non fosse quello il numero giusto, che la stanza fosse la “318”, ma controllare non avrebbe di certo guastato.
Accostò l’orecchio sulla superficie della porta, ma non riuscì a percepire alcun tipo di rumore, aggrottò le sopracciglia e tentò bussando cautamente; non ottenendo anche in quel caso alcun tipo di risposta pensò di tentare altrove, ma poco prima di allontanarsi sentì una risata rumorosa e senza pensarci troppo tornò sui suoi passi e spalancò la porta.
Probabilmente Igor non urlò a causa dello shock.
Rimase come pietrificato sull’uscio della porta, con lo sguardo ipnotizzato dalle mutande di pizzo semitrasparenti che Beatrice stava indossando in quel momento.
Igor non avrebbe mai pensato in vita sua di poter assistere ad una scena del genere, non era mai stato impulsivo o poco accorto come in quel caso. Era stato stupido da parte sua dare per scontato che la risata maschile che aveva sentito provenisse da quella stanza.
Beatrice invece sembrò impiegare alcuni minuti per comprendere la situazione.
Aveva i capelli bagnati raccolti in un asciugamano, indossava una semplice canottiera merlettata e quel paio di mutande che mai avrebbe voluto far vedere a qualcuno che non fosse stato Enea.
Tanto meno ad Igor.
Beatrice sentì la faccia avvampare di colpo, lasciò cadere a terra la spazzola che reggeva tra le mani e in un atto di estremo pudore si accovacciò a terra strillando a pieni polmoni.
<< Esci fuori immediatamente! >>. Per tutta risposta Igor si portò le mani sugli occhi e prese a strillare di rimando, balbettando confusamente qualcosa di incomprensibile.
Fu solamente quando Beatrice gli tirò addosso la spazzola che Igor si decise ad uscire.
Non si prese nemmeno il tempo di riflettere che spalancò la porta della stanza “318”, traumatizzato e tremante, ritrovandosi gli occhi di tutti i suoi compagni di classe addosso.
Se ne stavano seduti a terra e stesi sui letti, o leggermente brilli o completamente ubriachi, molte bottiglie giacevano vuote sul pavimento e inoltre nella camera tirava un vento gelido a causa del balcone completamente spalancato.
<< Che cosa hai fatto Igor?! >> Gli sbottò contro Enea, era seduto per terra con la schiena appoggiata sul bordo del letto e sembrava leggermente sbronzo, guardava un atterrito Igor con l’aria imbronciata e gli occhi chiari arrossati e lucidi.
<< Sembra che tu abbia visto un mutante >> Continuò Enea agitandogli un dito contro.
<< Mutande? Non ho visto le mutande di nessuno! >>.
Igor strillò talmente ad alta voce che tutti gli altri nella stanza ammutolirono puntandogli gli occhi addosso. Telemaco gli si avvicinò barcollando e lo strinse in una stretta soffocante appoggiandogli il braccio sulle spalle.
<< Di chi erano le mutande? Sei entrato nella stanza sbagliata vero? >>
Biascicò con voce strascicata ridacchiando, Igor avvampò di vergogna, rivolse un’occhiata veloce ad Enea, ancora accigliato, e preso dal panico strappò la bottiglia dalle mani del migliore amico e cominciò a tracannare senza ritegno.
<< MI MANCA! MURIELLLLL! >>
Il grido improvviso di Giasone riverberò nella stanza come il guaito di un cane ferito.
Lui ed Ivan se ne stavano seduti a terra in un angolo, completamente ubriachi, Giasone non riusciva a smettere di piangere e singhiozzare, mentre Ivan di ridere.
<< Sta dormendo? Eh, sta dormendo secondo te? >> Continuò Giasone afferrando Ivan per le spalle, per tutta risposta il moro lo guardò negli occhi, rimase in silenzio per alcuni secondi e poi scoppiò a ridere senza alcun motivo.
Giasone lasciò la presa e tornò a disperarsi da solo.
Mentre osservava quella scena pietosa Igor sentiva la testa girargli terribilmente e lo stomaco bruciare come se fosse stato pieno di acido, come gli era venuto in mente di bere tutto quell’alcol dalla bottiglia di un’altra persona?!
Doveva essere ammattito.
Era stato l’unico a protestare quando Gabriele e Cristiano si erano presentati con quella busta piena zeppa di alcolici, erano maggiorenni entrambi e non avevano avuto problemi, ma gli sembrava stupido passare l’ultima notte in gita conciati in quella maniera.
Tuttavia, ora era brillo anche lui.
<< Vado fuori a prendere un po’ d’aria >>. Replicò Telemaco lasciandolo andare, barcollò fino alla finestra spalancata e poi sparì oltre le tende gonfie di vento.
Igor lanciò un’occhiata distratta a Lisandro, che parlottava da solo nel suo letto, con le guance arrossate e gli occhi lucidi, ed invidiò immensamente Zosimo, che non aveva bevuto un goccio e russava beatamente nel suo letto, per nulla infastidito dal baccano.
<< Credo proprio che vomiterò! >>
Annunciò Aleksej salendo in piedi su una sedia, Igor accolse quell’affermazione con estrema preoccupazione, e quando si rese conto che Aleksej non stava affatto scherzando, afferrò di corsa il cestino della spazzatura e glielo mise sotto il mento giusto in tempo.
Aleksej vi riversò dentro anche l’anima.
<< Oddio che schifo! >> Piagnucolò Igor saltellando sui piedi, non voleva pensare a quanti germi gli stessero contaminando le mani in quel momento.
<< Passalo a me Igor, svel- >> Igor sobbalzò quando Oscar gli comparve affianco all’improvviso, gli strappò il cestino di mano e vi vomitò dentro a sua volta.
<< Oddio, urgh! >> Il suo povero stomaco non avrebbe sopportato un’altra scena del genere, Igor si portò una mano sulla bocca e decise che era meglio abbandonare quella stanza e tornarsene nella sua. Avrebbe dovuto seguire l’esempio di Romeo, restarsene a dormire.
Fece per raggiungere la porta, quando quest’ultima di spalancò di colpo e un Gabriele rosso come un pomodoro, in mutande, furioso e imbarazzato schizzò nella camera e si nascose nel primo letto vuoto disponibile.
Igor doveva decisamente uscire da quel manicomio.
 
Quando Telemaco aveva deciso di prendere un po’ d’aria, l’aveva fatto perché la testa gli girava troppo e non riusciva a schiarirsi le idee.
Tuttavia, non avrebbe mai immaginato di trovare sul balcone anche Cristiano.
Il moro se ne stava seduto su una vecchia sedia di plastica verde, aveva una bottiglia vuota stretta tra le mani, i capelli scombinati mossi dal vento e lo sguardo perso sulla piazza deserta e illuminata che faceva da sfondo ai loro deliri notturni.
Telemaco valutò l’idea di allontanarsi e rientrare, non gli andava di restare da solo con Cristiano, non gli andava di guastarsi l’umore con dei ricordi spiacevoli.
Non voleva che ciò che stava tentando di ricostruire con Fiorenza venisse sporcato di nuovo.
Fece giusto per girare le spalle e scappare quando Cristiano si accorse della sua presenza e si girò a guardarlo; i loro occhi si scontrarono inevitabilmente.
Telemaco trasalì leggermente quando le labbra di Cristiano si stiracchiarono in un sorriso tirato, aveva le gote rosse a causa della sbronza leggera e sembrava di buon’umore.
<< Perché non ti siedi? >> Domandò a Telemaco, indicando con la bottiglia vuota l’altra sedia di plastica, quella dove fino ad un istante prima aveva appoggiato le gambe.
Telemaco non voleva sedersi, c’era una parte di lui che proprio non lo voleva.
Cristiano non gli piaceva, non lo sopportava dal primo anno di liceo, e quando era successo quel disastro con Fiorenza, le cose non avevano fatto altro che peggiorare, per tutti quei motivi Telemaco non si seppe mai spiegare perché alla fine decise di sedersi ugualmente.
La brezza della sera era piacevole sulla pelle accaldata dall’alcol.
A Vienna faceva ancora abbastanza freddo, ma era un toccasana in quel momento, era importante per Telemaco avere la mente funzionante, i pensieri attivi.
<< Cosa fai qui da solo? >> Si ritrovò a domandare, osservando anche lui il panorama notturno e silenzioso della città.
Non si trovavano in periferia, eppure quella sera tutto sembrava avvolto da un silenzio sacro, come se anche il tempo stesso si fosse messo in attesa.
<< Non mi piace bere troppo … >> Commentò distrattamente Cristiano.
Cadde un silenzio di alcuni secondi tra i due, secondi in cui rimasero immobili a riflettere su quanto a volte potesse essere strana la vita.
Nessuno dei due aveva progettato di incontrarsi in quel modo, di parlare, anche solo di tollerarsi, eppure stava succedendo, in un posto diverso che non era casa loro, in un posto che avrebbe visto solo un breve passaggio della loro vita e che li avrebbe cancellati presto.
Che avrebbe cancellato tutto quello che si sarebbero detti quella sera.
<< E poi … >> Riprese Cristiano spezzando l’incantesimo << … oggi è il compleanno di mamma >>.
Telemaco sentì la pelle accarezzata da innumerevoli brividi, ed era piuttosto sicuro che non fosse per il freddo, era stato per il modo in cui Cristiano aveva pronunciato quelle parole.
Con fragilità, con rimpianto, con tristezza, con dolore.
<< Tu mi piaci >>Telemaco trasalì quando sentì quelle parole, era ancora perso nei suoi pensieri, ed era già la seconda volta che Cristiano ne spezzava il filo in quel modo drastico.
Senza contare che aveva detto qualcosa di estremamente imbarazzante.
<< Che ti prende adesso?! Sei impazzito?! >>. Sbottò Telemaco con malagrazia.
Cristiano ridacchiò divertito e fece spallucce.
<< Lo dico perché sono brillo … ma sono serio. Mi piaci perché non mi guardi con pietà >>
L’espressione contratta di Telemaco di distese quasi involontariamente; era vero, non aveva mai guardato Cristiano con pietà, nemmeno il giorno in cui era andato al funerale di sua madre. Non l’aveva guardato con pietà perché non poteva perdonarlo.
Non poteva farlo in nessun caso.
Eppure … eppure in quel momento gli sembrava così triste e solo da spezzargli il cuore.
<< Non dire stronzate … io non sono Zosimo >> Mormorò con poca convinzione.
Cristiano sorrise davvero per la prima volta e Telemaco non riuscì più ad ignorare il suo sguardo, come aveva tentato di fare per tutto il tempo da quando era cominciata quella assurda conversazione.
<< No, direi di no. Zosimo è la persona migliore del mondo per me … ma non dirglielo ti prego, si monterebbe la testa. >>
E ancora una volta arrivò il silenzio.
Un silenzio che non era oppressione, un silenzio che non era costrizione.
Un silenzio necessario.
<< È vero comunque, non provo pietà per te. Perché in realtà io ti disprezzo >>.
Telemaco provò una strana sensazione di sollievo quando confessò quelle parole ad alta voce. E non rimase sorpreso nemmeno quando l’unica reazione di Cristiano fu quella di sollevare le spalle e sorridere ancora una volta.
<< Anche io mi disprezzo Telemaco, è facile farlo >>.
Telemaco sospirò pesantemente e lasciò che una folata di vento più insistente delle altre gli accarezzasse il viso rudemente, quasi come se volesse schiaffeggiarlo con affetto.
Arrivato a quel punto pensò che valesse la pena di andare fino in fondo.
Non ci sarebbe stata più occasione per farlo, almeno non per loro due.
<< Ti disprezzo perché hai sporcato la cosa più bella che avevo >>.
Cristiano provò una strana stretta alla bocca dello stomaco quando sentì quelle parole, sapeva bene cosa significasse sporcare tutto, aveva accarezzato innumerevoli corpi asettici con quelle sue stesse mani, che non gli erano mai sembrate più luride.
Poteva capire cosa significassero le parole di Telemaco.
<< Non ho sporcato nulla … o meglio, non ho sporcato lei. Fiorenza è ancora la cosa più bella che hai. Io non ho permesso che si sporcasse … davvero. Ce l’ho messa tutta >>.
Telemaco trovò le parole di Cristiano piuttosto deliranti e oltremodo ridicole, gli fecero montare una strana rabbia nel petto, una rabbia che lo spingeva con tutte le forze verso il desiderio prepotente di afferrarlo per la collottola della felpa e scaraventarlo a terra.
<< Smettila con ‘ste cazzate! >>
Sbottò stringendo i pugni attorno alla stoffa umida dei suoi stessi jeans.
Cristiano smise di sorridere con amarezza, staccò la schiena dal bordo della sedia e fece oscillare il proprio corpo avanti e indietro, giocherellando con la bottiglia di vetro vuota che ancora stringeva tra le mani ossute e infreddolite.
<< Vuoi che ti racconti tutta la verità? Come sono andate le cose quella sera? >>.
Cristiano non poteva biasimare Telemaco quando assunse un’espressione sconvolta nel sentire quelle parole, sembrava assurdo anche a lui pronunciarle finalmente dopo tutto quel tempo, dopo tutti i danni che aveva causato e il dolore che aveva inflitto.
<< No! >> Sbottò Telemaco di colpo, con foga << Non mi importa più saperlo o meno. Non cambierà quello che provo per Fiorenza, ormai l’ho deciso. La amerà lo stesso, punto! >>
Era difficile per Cristiano non percepire la nota di panico nella voce di Telemaco, il sottile desiderio di conoscere la verità contrapposto alla decisione di non tornare indietro.
Tutto quello era colpa sua, non c’erano né “ma” né vie d’uscita.
<< Fiorenza è vergine Telemaco, io non l’ho toccata nemmeno con un dito >>.
Telemaco ebbe come la sensazione che Cristiano gli avesse appena gettato una valanga di emozioni sulle spalle, sentiva il petto stranamente oppresso, una certa difficoltà a respirare.
Non riusciva nemmeno a muovere i muscoli delle mani.
Era vero che non voleva saperlo, era vero che aveva deciso di amarla lo stesso, ma da qualche parte nel profondo della sua anima, da qualche parte in un posto dove faceva davvero male, il sollievo si fece largo silenziosamente, con passo cauto.
Cominciò ad anestetizzargli il cuore, ad anestetizzare il dolore che aveva provato fino a quel momento.
<< Ero andato in bagno perché me la stavo facendo sotto >> Cominciò a raccontare Cristiano, mentre faceva oscillare pericolosamente la bottiglia nel vuoto come se fosse stata una vecchia clessidra << Avevo bevuto parecchio ma non ero del tutto fuori di me. Quando ho aperto la porta del bagno, ho trovato Fiorenza piegata in avanti sul lavandino. Era svenuta suppongo … o forse in dormiveglia, non lo so. >> Fece spallucce e sospirò profondamente, come se gli risultasse difficile raccontare dopotutto.
<< Ad ogni modo, non era piegata sul lavandino di sua spontanea volontà. Un tizio le aveva bloccato le mani in avanti e stava cercando di sbottonarle i jeans … >>.
Telemaco trasalì quando sentì quelle parole, il movimento fu talmente brusco che Cristiano smise di parlare e tornò a fissarlo, ma si pentì immediatamente di averlo fatto.
Quegli occhi erano davvero troppo da reggere, quello sguardo sconvolto, scioccato, ferito, impaurito era davvero troppo per lui.
Avrebbe dovuto smettere di raccontare, avrebbe dovuto smetterla, alzarsi da quella sedia e andarsene a dormine, oppure passare un’altra notte in bianco soffocato dai sensi di colpa.
Sarebbe stato meglio, qualsiasi tortura sarebbe stata meglio di quello.
<< Continua! >> Quello di Telemaco fu quasi un ruggito, il ruggito di un animale braccato.
Cristiano si lasciò ricadere con la schiena sul bordo della sedia e chiuse gli occhi.
Si domandò chi mai avrebbe potuto ricucire i pezzi strappati di quell’indegna scena.
<< Te la faccio breve. L’ho pestato, ho preso Fiorenza sotto il braccio e sono uscito fuori >>.
Quando Cristiano tacque Telemaco si lasciò andare ad un sospirò così trattenuto che assomigliò terribilmente ad un singhiozzo strozzato, ad un emissione di colpa.
<< L’ho persa d’occhio solo per alcuni minuti … >> Mormorò infilandosi le mani tra i capelli.
<< Lo so che non mi credi, so che non vuoi farlo, ma … >>
<< E invece ti credo dannazione! >> Telemaco pronuncio quelle parole con una tale rabbia, mordendosi così furiosamente il labbro inferiore, che Cristiano non poté fare altro che tacere << Perché lei me l’ha detto così tante volte … così tante … Oh, dannazione! >>.
Cristiano smise di fare oscillare la bottiglia, la guardò per un istante e sorrise, aveva finalmente ribaltato la clessidra, il tempo aveva ripreso a scorrere e non era più necessario che lui continuasse a parlare.
Non si era tolto nessun perso dalla coscienza.
Non l’aveva fatto per se stesso o per Telemaco, né tanto meno per Fiorenza.
L’aveva fatto per Sonia, l’aveva fatto per Marta, per Zosimo.
L’aveva fatto per sua madre, dopotutto. Non per se.
Non voleva il perdono, non voleva nessuna espiazione.
Voleva solamente andare avanti e sopravvivere un altro giorno ancora.
Si tirò finalmente in piedi e gli sembrò di essere stato seduto un’eternità quando la schiena protestò dal dolore, si stiracchiò come un gatto assonnato e lasciò la bottiglia vuota per terra, accanto ad un vaso tutto sporco di terra vecchia.
Non voleva nemmeno più guardare Telemaco negli occhi, non voleva sapere come sarebbe finita quella storia viennese, era sicuro che sarebbe rimasta sepolta su quel balcone, in una fresca notte d’aprile, tra una bottiglia vuota, un vaso sporco e delle sedie di plastica.
<< Perché ti sei preso quel pugno allora? >> Cristiano non rimase sorpreso dalla domanda di Telemaco né si girò a guardarlo, semplicemente non gli importava granché << Perché mi hai fatto credere per tutto questo tempo che le avevi messo le mani addosso?! Lurido figlio di puttana, pezzo di merda che non sei altro?! Eh? >>.
Cristiano ridacchiò quando sentì tutti quegli epiteti, aveva già raggiunto la finestra e riusciva a vedere Giasone ed Ivan che dormivano abbracciati sul pavimento.
<< Beh, dopotutto mi hai dato un pugno Telemaco. Per quanto io sia apatico mi hai fatto incazzare. E poi lo trovavo divertente e non me ne fregava niente di voi due. Non avevo né confermato, né smentito. E tu non me l’avevi chiesto. >>
<< Stai dando la colpa a me, idiota?! >>
<< E poi … >> Continuò Cristiano come se nulla fosse << Mi avresti mai creduto se avessi raccontato la verità? Avresti mai creduto, ad un tipo come me? >>
Telemaco rimase seduto su quella sedia per buona parte della notte.
Non gli importò del freddo sempre più pungente, del fatto che avrebbe potuto prendere un raffreddore, o che qualcuno da dentro avrebbe potuto chiuderlo fuori.
Io non ho permesso che si sporcasse …
Quelle parole gli stavano lentamente logorando il cervello, avrebbe voluto scacciarle, dimenticarle, avrebbe voluto prendere Cristiano e gridargli contro prenderlo a cazzotti fino a sfogarsi, a calci, a morsi, l’avrebbe fatto consapevole che nulla sarebbe cambiato.
Che quel sollievo nel cuore non aveva fatto altro che confermargli una cosa, per quanto fosse penoso provarlo, per quanto fosse triste averlo sperato così profondamente nonostante i suoi propositi.
E quella cosa era che avrebbe amato Fiorenza molto, molto di più.
E se stesso, ed il suo egoismo, molto, molto di meno.
 
 
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Effe_95
 
Buonasera, sono tornata :)
E questa volta direi con un tempo molto più decente rispetto a quello dell’ultima volta xD
Allora, so che molto probabilmente starete pensando che io sia impazzita, mi presento con un capitolo del genere! È un vero e proprio delirio lo so, e molto probabilmente potrebbe essere anche un vero e proprio obbrobrio.
Il mio intento era semplicemente quello, per una volta, di mostrate come alla fine i protagonisti di questa storia non siano altro che ragazzi. Ragazzi come tutti gli altri che, anche se hanno a che fare con cose più grandi di loro la maggior parte delle volte, anche se mostrano una maturità a volte eccessiva, fanno le ore piccole durante una gita, bevono, si ubriacano, dicono sciocchezze e si fanno la ceretta.
Ecco, spero che tutto questo sia venuto fuori.
Inoltre, volevo anche fare in modo che le prime due parti, così spensierate e ironiche (o almeno spero che vi abbiano strappato un sorriso, perché sono una frana con queste cose) facessero un po’ da contrappeso alla terza.
È così è venuta fuori tutta la faccenda tra Telemaco, Fiorenza e Cristiano.
Questo è quello che io ho sempre avuto in mente dall’inizio, né più né meno, so che probabilmente non lo troverete originale, qualcuno potrà restarci male, ma davvero non avevo altro in mente se non questo fin dall’inizio.
E quello che ho scritto non l’ho fatto per rendere Cristiano un personaggio migliore o altro, dopotutto lui non ha parlato per mesi, ha fatto credere a Telemaco e Fiorenza quello che voleva lui, e non avrebbe affatto parlato se non fosse stato per l’alcol.
Come ha detto lui stesso, non lo fa per redenzione.
In realtà potete pensarla un po’ come volete in questo senso, sarò curiosa di sapere cosa ne pensate.
A quanto pare inoltre, lo scorso capitolo deve essere stato davvero tremendo, siccome ha avuto solo una recensione xD Chiedo perdono.
Ah, poi volevo informarvi del fatto che probabilmente un’altra decina di capitoli e la storia si concluderà, sta entrando nella fase finale ;)
Ora vi lascio che ho sproloquiato anche troppo xD
Alla prossima spero :)  
 
 
  
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