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Autore: baby80    19/03/2017    21 recensioni
Ho voluto immaginare un epilogo differente della puntata "accusa di tradimento". Cosa sarebbe successo se...
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Apro gli occhi e ciò che vedo è un soffitto così basso che pare volermi schiacciare da un momento all'altro. Lascio che le palpebre accarezzino il mio sguardo confuso, quel tanto che serve a spazzar via la nebbia dello smarrimento, e quando riporto la percezione alle mie iridi è nuovamente li, quel soffitto opprimente, madido di quella umidità che posso odorare nell'aria.
Dove mi trovo? E' giorno o notte? E perché la testa mi duole dannatamente?
Porto i palmi delle mani sul viso alla ricerca di ricordi che non mi riesce di rammentare, ma tutto quello che ottengo è il godimento della mia fronte bollente, deliziata dalla frescura delle dita.
Respiro profondamente il puzzo che aleggia nella stanza, e quando non vi è più modo di andar oltre lascio che il fiato scivoli sulle mie labbra in un soffio leggero, che muta, quasi senza averne controllo, in un ringhio di rabbia.
Punto le mani sul materasso e mi sollevo a sedere, tastando le lenzuola che posseggono il medesimo colore dei muri che mi circondano, di un giallo consunto, e mi accorgo di aver indosso gli stivali, insudiciati da della fanghiglia ancora fresca, ma d'essere orfana della giacca dell'uniforme.
Scruto l'ambiente che mi circonda alla ricerca dell'indumento mancante e di un qualunque indizio che possa venire in aiuto alla mia mente, sgombra di quella memoria che bramo più d'ogni altra cosa al mondo.
Vi è un piccolo mobiletto accanto al letto, un pezzo di poco valore, guastato dal tempo e dai tarli che vi hanno banchettato al suo interno. Una sedia con una gamba più corta rispetto alle altre tre, nell'angolo, una finestra a cui manca un una porzione di vetro, con gli scuri accostati, privi anch'essi di qualche tassello, e null'altro.
Nient'altro cattura la mia attenzione, così, ormai spazientita, conduco le gambe oltre il bordo del giaciglio e quando i piedi si posano sul pavimento percepisco al di sotto un cumulo di stoffa. Il mistero è svelato, mi chino leggermente a raccogliere la giacca perduta, che scopro bagnata, come qualsiasi cosa in questo maledetto luogo.
Impongo al mio corpo un ulteriore sforzo per trovare una posizione finalmente eretta e lasciare il tugurio in cui mi trovo, e non è impresa facile per le mie gambe malferme e per l'equilibrio che ha deciso di abbandonarmi.
Cosa diavolo mi è accaduto? Quale potente droga hanno usato per ridurmi in un tale stato? Che sia stata colpita?
Porto una mano alla testa e mi aspetto di trovarvi una ferita, una protuberanza, un dolore che possa dare una conferma alla supposizione formulata poc'anzi, ma non avverto nulla e l'ira si fa sempre più vigorosa, la sento serrarmi le viscere e farsi strada in ogni nerbo del mio essere, fino a farmi ribollire il sangue nelle vene.
Devo andarmene da questo alloggio, immediatamente. Porto un piede dinnanzi all'altro, con decisione, con la baldanza che contraddistingue il mio incidere da che ne ho memoria, incurante del tremore che striscia al di sotto dei muscoli delle mie gambe, ed è così che mi ritrovo nella stanza principale di quella che fatico a definire casa.
Scopro un locale poco più grande della camera da letto, ne osservo lo scarno arredamento e quei dettagli che mi fanno agognare la fuga, ed ancor prima che la ragione possa impartirne l'ordine, i miei piedi hanno di già compiuto i movimenti che mi stanno conducendo verso l'uscita, ma è nel tragitto che mi divide dalla porta che il mio passo colpisce qualcosa.
Un tintinnio, che ruzzola per rincorrere un suono gemello, parla al mio orecchio raccontando una ovvietà che i miei occhi non hanno bisogno di guardare, per averne conferma.
Una bottiglia di vino scadente e un calice di vetro scheggiato.
Ecco la mia droga, la rossa maliarda che da tempo immemore ha il potere di affascinare i miei sensi, carpendo ogni ombra d'intelletto, fino al completo stordimento. Una dolce morte che mai delude le proprie promesse, deliziando la lingua con il suo dolce nettare e uccidendo senza rimorso le voci che straziano l'anima, il cuore e la mente.
Debbo ammettere che questa volta pare aver svolto il proprio lavoro con lodevole dedizione, poiché sembra esservi l'oblio nella mia memoria, o forse sono io a non voler scorgere la verità? Chi può dirlo.
Arresto la mia fuga e mi seggo sulla sola poltrona che vi è nella stanza, usurata anch'essa come qualsiasi oggetto che dimora in questa abitazione, ma non m'importa, ho smesso d'essere esigente tanto tempo fa. Poggio i gomiti sulle ginocchia e lascio che i palmi avvolgano, in una delicata morsa, le tempie e il capo, mentre fisso scioccamente incantata i miei lunghi riccioli biondi ricadermi dinnanzi agli occhi. E qualcosa torna alla mente, un ricordo o l'ultima vestigia di un sogno?
Suppongo di aver paura di scoprirlo, perché ciò che la mia testa rammenta è qualcosa che spero sia soltanto la visione mostruosa di un incubo.
No non può essere vero, non può essere accaduto.

“Tradimento”
“Non devi aver paura, io ti ucciderò chiedendo perdono a Dio...”

“...non importa, tanto la mia vita è finita ormai.”

Allontano la luce dai miei occhi premendovi contro le mani, divenute gelide, come toccate dall'alito della morte. Se fossi morta e questo fosse il purgatorio?
Sorrido della mia insensatezza, da quando il comandante Oscar Francois De Jarjayes consente all'irrazionalità di prendere il sopravvento sulla ragione?
Vi è ancora, dietro questa vecchia maschera incrinata, il comandante forgiato da anni e anni di duro lavoro e regole morali?
Forse solo un lieve rimpianto, offuscato dalla consapevolezza d'essere fallibile e di compiacersene, poiché non vi è peccato nella paura, nell'errore, e nell'amore, ma solo la dimostrazione della molteplicità e la bellezza dell'animo umano.
Ho gioito di questa vittoria, ne ho pianto di felicità, eppure ora darei qualunque cosa per un istante di stordimento, baratterei qualsiasi cosa per un altro sorso di vino. Ma non mi è possibile esaudire questo desiderio, e non posso far altro che rimanere nella medesima posizione sperando, o temendo, che uno spiraglio di lucidità porti ordine dove ora vi dimora il caos.
Immobile nella mia postura seguito a velare le mie azzurre iridi con il nero dell'oscurità, la pesantezza del capo riversata sui palmi e mi par quasi di aver trovato la pace, ma è in questo momento di calma che sento una mano afferrarmi il polso, con fermezza, e l'istinto del soldato mi porta a tentare di liberarmi della presa e ad innalzare la testa, volgendo il viso verso il nemico.

“Oscar, ti senti bene? Sono stato da Bernard, possiamo contare sul suo aiuto, non vi saranno problemi per...”
ti vedo, odo la tua voce, ma credo di aver smesso di ascoltare ciò che stai dicendo.
Sento le tue dita stringere il mio polso ed ora rammento.

“André vattene via, vattente!”
“...non vi muovete perché io adesso andrò via assieme ad Oscar”

Ora ricordo ogni cosa.

  
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