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Autore: Arwen297    19/03/2017    3 recensioni
[ SEGUITO DI "IL VENTO DELLA LIBERTA']
Presente la coppia Seiya x Michiru
Sono passati 13 lunghi anni da quando Haruka è partita per gli USA nel tentativo di salvare la famiglia dalla rabbia della famiglia Kaioh, la sua carriera ha preso il volo e ormai è famosa nell'ambito delle corse. Il suo rientro in territorio nipponico per la laurea della sorella Usagi le donerà un incontro sperato per tutto il tempo passato lontana da casa.
Michiru ha una carriera ormai solida a fianco di suo marito, Seiya, con il quale si esibisce in concerti di musica moderna senza abbandonare le sue composizioni classiche.
Le due si troveranno a fare i conti con il loro passato e i loro sentimenti più forti e prorompenti che mai, entrambe ne usciranno cambiate e segnate e anche per Seiya non si prospetta nulla di buono, entrambe dovranno lottare per trovare la loro felicità.
Genere: Erotico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Mamoru/Marzio, Michiru/Milena, Seiya, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna serie
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​Note dell'autrice: Buona sera a tutti! Finalmente eccolo, come accennato sulla mia pagina fb questo capitolo è stato davvero un parto ed ero bloccata sopratutto sulla prima parte. Però in quattro mesi sono riuscita a partorire qualcosa, non so quanto sia venuto bene ma sempre meglio di nulla. Anche in questo capitolo c'è una parte censurata che potrete trovare sulla mia pagina fb a questo indirizzo: clicca qui

Capitolo 5: Ricordi in musica

 

«Haruka dammela è mia!». Un bambino che poteva avere una decina di anni protestava verso la sorella gemella che gli aveva sottratto senza il suo consenso la sua macchinina preferita.

«Si ma hai giocato fino adesso tu, ora tocca a me! Tu fai altro». Fu la risposta ovvia della bambina, ben convinta a non restituire l'oggetto tanto desiderato da suo fratello.

«Haru, però potresti giocare un po' con me con le bambole..giochi sempre con lui». Il lamento della sorellina minore di entrambi giunse alle loro orecchie.

«No tu fai giochi da femmina, e a me non piacciono!». Esclamò in direzione di quella, prima che la sua attenzione fu richiamata dalle note musicali di un pianoforte che si libravano in tutto l'appartamento, facendole così capire che suo padre si stava esercitando in vista del suo prossimo concerto che sarebbe avvenuto da li a poco. Come hobby l'uomo aveva coltivato l'amore per la musica fin da giovane e lei fin da neonata era cresciuta in compagnia delle note musicali suonate dal padre, così come i suoi fratelli. Usagi compresa.

Sgranò i suoi occhi verdi completamente catturata dalla melodia che l'uomo stava suonando in attesa che lui la chiamasse, per condividere con lei la tastiera nonostante la sua giovane età, era il momento della giornata che più preferiva in assoluto. Da grande avrebbe voluto diventare una pianista brava come il suo papà.

Lasciò cadere la macchinina del fratello sul tappeto della loro camera dei giochi e decise di avviarsi verso la sala nella speranza che vedendola arrivare, lui la invitasse prima del solito a suonare, si avvicinò verso la sala in punta di piedi per non rompere quell'incantesimo che l'aveva attratta fin da piccola con curiosità prima e ammirazione poi.

«Hidetoshi..». La voce di sua madre interruppe il silenzio, la vide far segno all'uomo nella sua direzione come a dirle che lei era nella stanza, lo vide voltarsi verso di lei e sorriderle.

«Haruka ti piace questo brano?». Le chiese, domanda a cui lei rispose con un cenno affermativo della testa, un pò intimidita dalla bravura dell'uomo. «Allora vieni, che ti insegno a suonarlo».

Un sorriso fece capolino sul suo piccolo viso mentre correva a sedersi davanti al pianoforte, gli occhi verdi che scrutavano seri i tasti bianchi davanti a lei per poi volgere lo sguardo allo spartito appoggiato sul leggio. «Prima però leggi tutte le note », le disse Hidetoshi, prendendo i fogli per poggiarli sui tasti «Forza tesoro..».

«Mi... La.... Si...Si...Do...Doooo...la...si...do....»

 

***

 

Il cuore aveva smesso di battere nel momento stesso in cui le avevano detto che suo padre non c'era più, alla fine la lotta tra lui e il cancro era stata vinta dal tumore che lo aveva tormentato per mesi, costringendo lei e ciò che rimaneva della sua famiglia a vederlo spegnersi lentamente senza poter far nulla che stargli vicino negli ultimi mesi di vita e farsi forza a vincenda per ciò che prima o poi sarebbe stato inevitabile.

Aveva cercato di prepararsi a quel momento, al momento in cui avrebbe ricevuto quella notizia che tanto sperava di non ricevere, ma nonostante questo l'amara verità e la durezza delle parole erano state devastanti.

Si era chiusa in camera da diverse ore a piangere.

Da sola.

Perché, nonostante tutto, odiava farsi vedere piangere e far trasparire la debolezza che in quel momento si era impossessata inesorabile delle sue membra; odiava sopratutto il via vai di persone che si erano succedute in casa loro nei due giorni successivi alla sua morte in attesa del funerale celebrato da li a poche ore.

Perché, di fatto, sola lo era veramente da quando qualche mese prima suo fratello li aveva lasciati a causa di quel maledetto incidente.

Trovava tutto ciò falso e ipocrita: alcune persone avevano fatto ritorno solo dopo la morte, dopo esser sparite per tutto il periodo della malattia. Erano sparite anche dopo che suo fratello era morto, troppo codarde per affrontare il dolore di una madre che ha perso uno dei suoi tre figli e il cui amore di una vita si stava spegnendo lentamente nonostante la chemioterapia.

Tirò un pugno sulla scrivania con rabbia, scossa dai singhiozzi, quegli ipocriti suo padre non se li meritava, avrebbe rotto volentieri il naso a tutti. Li avrebbe voluti massacrare. Avrebbe voluto urlare al mondo la sua rabbia, al destino infame che l'aveva resa orfana così giovane.

Prese poi un fazzoletto nel tentativo di riprendersi e ritrovare la lucidità adatta per non crollare nuovamente davanti agli altri. Non poteva permetterselo, eppoi doveva mantenere la promessa fatta a suo padre: avrebbe suonato Kiss the rain all'ingresso del feretro in ospedale.

Sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe suonato il pianoforte in tutta la sua vita, il suo cuore da musicista sarebbe morto nell'esatto istante in cui l'ultima nota si sarebbe librata in volo nella chiesa accompagnando suo padre in cielo.

Se fino a pochi giorni prima la musica era sua amica, dopo la morte di suo padre la sentiva una totale estranea, come se con la scomparsa dell'uomo lei l'avesse abbandonata per seguirlo. La vena musicale ereditata da lui sembrava totalmente scomparsa.

«Haruka..». La voce della sorella si fece largo nel dolore che stava provando. «Ha detto la mamma che bisogna andare». Presa com'era a dar modo di uscire a tutte le sue lacrime non l'aveva nemmeno sentita entrare, gli occhi arrossati dal pianto, erano la fotocopia azzurra dei suoi stessi occhi verdi.

Vedere in che condizioni era Usagi le provocò l'ennesima fitta al cuore, aveva già sofferto troppo per la sua giovane età e le sofferenze ancora non sarebbero finite.

«Arrivo Usagi, di alla mamma che mi servono due minuti per riprendermi». Mormorò con la voce roca, dopo aver tirato su con il naso, vide la ragazzina annuire prima di sparire in corridoio diretta probabilmente in sala da pranzo, lei dal canto suo prese la giacca e si diresse in bagno per dare una rinfrescata al viso. Avrebbe tenuto i ray-ban anche in chiesa, ben calati sugli occhi, per non far vedere nulla a chi avrebbe voluto. Per nascondere il più possibile le lacrime anche se sarebbe stato vano il suo tentativo.

L'acqua gelida al contatto con la pelle le diete una carica in più per riuscire ad affrontare la lunga giornata che le si parava davanti, alla fine della quale sarebbe rimasto solo il dolore e probabilmente le sue amiche che avrebbero tentato in ogni modo di farla reagire per il bene della sua famiglia, certo, ma, sopratutto, per il suo.

«Haruka, ti aspettiamo giù di sotto in garage vedi di fare in fretta». La voce di sua madre la raggiunse dall'ingresso, forte come lo era stata quando Harumoto era volato via così all'improvviso senza nemmeno darle il tempo di salutarla, ma per lei che la conosceva sapeva che quella che metteva ogni giorno era solamente una maschera per non far soffrire ulteriormente anche loro. Mentre come in quel momento, in realtà, moriva dentro.

La tranquillità della casa vuota era proprio ciò di cui aveva bisogno per fare ciò che aveva in mente prima di uscire di casa e recarsi al funerale, si mosse quindi verso il pianoforte di suo padre e una volta raggiunto lo superò dopo aver fatto una leggera carezza sulla superficie gelida e lucida. Arrivò quindi vicino al mobiletto dove sapeva che l'uomo custodiva tutti gli spartiti, nel primo cassetto quelli che amava e suonava più spesso, lo aprì e ne tirò fuori il gruppo di fogli racchiusi in bustine di plastica, mosse velocemente il mucchio alla ricerca di quello che fu il primo brano serio che le aveva insegnato da piccola.

Se doveva smettere di suonare, per il dolore troppo forte, avrebbe suonato solamente una volta ancora, in chiesa, e solamente il brano i cui spartiti finalmente si erano palesati alla sua vista. Poi non avrebbe più suonato.

Prese le chiavi della macchina e dell'appartamento e si diresse verso l'ingresso, una volta chiuso scese in garage. L'ultima cosa che avrebbe voluto fare era guidare, tuttavia colei che l'aveva messa al mondo non era nelle condizioni adatte per poterlo fare in completa sicurezza.

Trovò le uniche due donne rimaste nella sua vita ad aspettarla in macchina, evitò accuratamente di incrociare lo sguardo di sua madre. Non avevano scambiato parola alcuna dal momento in cui suo padre si era spento, non avrebbe saputo cosa dirle e il dolore era parecchio forte da sostenere senza dover assorbire quello della donna che aveva al suo fianco.

«Vuoi andare in ospedale e partire da li..direttamente insieme a lui?». Chiese alla madre mentre metteva in moto.

Ottenne solamente un debole cenno che non riuscì a interpretare bene, optò quindi per la soluzione migliore: raggiungere la clinica e fare il viaggio seguendo il feretro, in cuor suo sapeva che suo padre avrebbe apprezzato e, in fondo, sarebbe stata la cosa migliore per tutti.

 

Un'ora più tardi erano davanti alla chiesa, si rese conto di quante persone venute a conoscenza della morte di suo padre si erano presentate per un conforto; parecchie, proprio come aveva immaginato a casa, appartenevano al gruppo che era sparito dopo esser venuto a conoscenza della malattia.

Rivolse un sorriso sfuggente a tutti loro prima di entrare in chiesa alla ricerca del sacerdote che avrebbe svolto la cerimonia. Doveva chiedergli assolutamente se vi era possibilità per lei di suonare il pianoforte a muro custodito nell'edificio nel momento in cui il feretro avrebbe lasciato la chiesa, sperando che lui approvasse la sua richiesta.

 

***

 

Erano passati ormai quindici giorni dal funerale di suo padre e come aveva promesso a se stessa, non aveva più nemmeno sfiorato il pianoforte. La sua anima ferita non sarebbe stata in grado di produrre qualcosa di decente, aveva accuratamente evitato anche solo di entrare in sala per non ripensare ai ricordi di bambina che l'uomo le aveva lasciato indelebili nella mente. Avrebbe voluto cancellari per non ricordarsi della sua esistenza, per quanto forte era il dolore della perdita di lui e del gemello.

Sua madre si era catapultata nel lavoro, facendo più straordinari e notti del necessario in ospedale, per questo motivo in casa spesso e volentieri c'era solamente Usagi, lei di giorno fingeva. Sembrava tornata quella di un tempo, ma di notte la sentiva piangere nascosta tra le lenzuola.

Dopo tutto era normale: le mancanze le si sente maggior mente alla notte.

Dal canto suo si era immersa nelle corse clandestine e nella vita mondana a cui era sempre appartenuta, doveva per forza trovare un modo per non pensare troppo: le corse e le bevute nei bar insieme a Setsuna e le altre le eran sembrate fin da subito la via più facile.

Da tempo non si ubriacava più, dopo quella perdita aveva ricominciato a tornare a casa in condizioni pietose. Grazie a Sets, tuttavia, non aveva mai guidato. In cuor suo era certa che quello era il modo di starle più vicino possibile, probabilmente non del tutto corretto. Probabilmente sbagliato, ma apprezzava il fatto che aveva smesso di farle la morale ormai da un pezzo.

Sua mamma invece era diventata ancora più apprensiva dopo le perdite che l'avevano colpita, la soffocava e – nonostante il dolore lancinante che trapassava entrambi – non mancavano le frequenti litigate, era giunta a non sopportarla più. Non osava immaginare cosa avrebbe detto quando la stagione successiva avrebbe iniziato a correre nelle gare ufficiali, come da comune accordo avrebbe sostituito il fratello. Servivano soldi e gli sponsor avrebbero aiutato tutti. Il suo sogno di far carriera nella musica, intanto, si era spento da solo.

Non sarebbe mai riuscita a suonare come suo padre le aveva insegnato, infondendo al semplice ritmo delle note e delle pause quel tocco in più che erano le sue emozioni: lei di emozioni positive non ne aveva più. Quelle negative non sarebbero arrivate sufficientemente alle altre persone. Era morta dentro e con la morte non poteva portare sorrisi, emozioni e vita in coloro che l'avrebbero ascoltata.

 

***

 

Il silenzio che regnava nel cimitero la sorprendeva sempre, la calda brezza le rincuorava l'animo agitato che non le aveva permesso di dormire quella notte e l'aveva costretta a percorrere per l'ennesima volta in tutti quegli anni la strada che l'avrebbe portata sulla tomba di suo fratello e di suo padre.

Quella notte aveva dormito poco stretta com'era nella morsa dei ricordi che come sempre l'avevano imprigionata a ogni ritorno a casa dall'America. Aveva preso due rose bianche per entrambi, dopo quelle rosse erano quelle che amava di più. Le prime però le avrebbe riservate solo a colei che sarebbe riuscita a rubarle il cuore, cosa che non si era verificata ancora. Fatta eccezione per Michiru.

Sospirò appena al pensiero della violinista, il giorno prima le aveva risposto come se fosse carica di vetriolo, eppure in quelle parole non riusciva a vedere una reale ostilità nei suoi confronti. Al contrario vedeva solo paura ,mascherata da aggressività nel tentativo invano di tenerla lontana da lei.

Notò solo in quel momento come il comportamento della musicista nei suoi confronti fosse uguale a quello che lei stessa adottava verso la restante parte del mondo da quando era rimasta orfana di padre e fratello. Raggiunse la certezza che anche la "sua" sirenetta doveva aver sofferto tanto in tutti quegli anni che erano state separate. Per quale causa però era un mistero.

Si fermò vicino alla lapide che le interessava, sulla quale erano incisi in lettere dorate i due nomi che più le erano cari sul marmo grigio. Si chinò per lasciare al loro posto le due rose che aveva portato per loro.

Non andava mai troppo volentieri lì, saperli ridotti a un mucchio di ossa, nella migliore delle ipotesi, le faceva male e la ferita si riapriva incessantemente. Sentì chiaro il nodo alla gola salire ben distinto senza nemmeno chiederle il permesso di farsi largo nel suo corpo, deglutì per ricacciarlo indietro: non doveva piangere, non era di certo una donnicciola.

Rimase qualche minuto in silenzio prima di guardare l'orologio e avere l'assoluta certezza che per quel giorno sua sorella sarebbe andata alle prove da sola proprio come le aveva accennato quel mattino, anche se avesse voluto non avrebbe avuto il tempo materiale per percorrere la strada dal cimitero a casa di Mamoru e da li verso la scuola di musica.

 

***

 

I tacchi delle decoltè nere che aveva scelto quel giorno risuonavano nei corridoi della scuola, segnalando ai suoi colleghi che era arrivata e sopratutto, a giudicare dal passo, quanto fosse in un ritardo mostruoso. Quella giornata sarebbe stata veramente lunga: alla sera avrebbe dovuto esser presente a una cena voluta dai suoi genitori, ovviamente insieme a Seiya e alla bambina. Conoscendo la figlia si sarebbe annoiata dopo poco meno di mezz'ora li dentro e avrebbe dovuto sentire i commenti dei suoi genitori su come la stava educando: i due erano troppo abituati al lavoro che avevano fatto su di lei, pensando di averle impartito un'ottima educazione. Ed era sicuramente così, ma ciò che era sempre mancato ai due Kaioh più anziani era la manifestazione di amore nei suoi confronti; da li la sua scelta condivisa del marito di essere meno rigidi ma senz'altro più amorevoli. E se Nari ogni tanto faceva qualche dispetto tipico dell'età non sarebbe senz'altro morto nessuno.

Quando fece il suo ingresso nell'aula dove lavorava con Usagi i suoi occhi blu corsero alle sedie in fondo alla ricerca della presenza di Haruka. Ricerca vana. Cercò di non dare troppo a vedere la delusione che si fece largo dentro di lei senza aver motivo di esistere. Rivolse il suo sguardo ad Usagi che la aspettava dalla finestra.

«Scusami per il ritardo, oggi è una giornata piena di impegni e l'organizzazione del concerto di questa scuola mi ha dato qualche problema stamattina». Le disse, avrebbe voluto chiederle come mai la sorella era assente quel pomeriggio, ma per fortuna si fermò in tempo.

Solo il fatto di aver pensato di farle quella domanda però, la fece preoccupare, dove era finita Tenou non doveva interessarle, a quale scopo poi? Non la poteva vedere ne digerire giusto? La realtà e che in fondo non lo sapeva. La realtà è che, probabilmente, raccontava solo grandi bugie a se stessa. Di conseguenza quella poteva essere solamente una facciata. O forse no, forse era sincera preoccupazione senza secondi fini a farle pensare di porre quella domanda alla ragazza.

«Non preoccuparti Michiru». Si sentì rispondere, mentre l'altra sistemava gli spartiti sul leggio. «Quando vuoi possiamo iniziare, io sono pronta»

«Perfetto, direi che allora possiamo andare avanti». Setenziò lei appoggiando la borsa sulla sedia della scrivania per poi avvicinarsi al pianoforte.

Andando avanti con quel ritmo probabilmente Usagi sarebbe stata pronta per suonare insieme a lei ben prima del giorno in cui le avrebbero tolto la fasciatura al polso, avrebbe dunque rallentato di un bel pò la tabella di marcia visto che la pianista stava studiando l'altro pezzo a casa.

Il solo pensiero la innervosì notevolmente insieme a quella sorta di inquietudine che l'aveva pervasa nel momento in cui aveva realizzato che Haruka non avrebbe assistito alla lezione di quel pomeriggio.

Tirò un respiro profondo per non farsi distrarre dai pensieri, doveva concentrarsi sulla melodia che si alzava dalle corde del piano per correggere alcuni passaggi o spiegarne altri, non poteva certamente perdere tempo. Era o non era quella che teneva separato il lavoro dalla vita privata?

 

 

«Tutto quel caffè annacquato ti potrebbe fare male, potrebbe farti diventare nervosa e scontrosa». Una voce familiare piombo, troppo vicino alle sue orecchie; così vicino che poteva sentire il fiato della sua proprietaria vicino al suo viso. I suoi occhi blu si aprirono in un'espressione sorpresa, come aveva fatto a trovarla?

«Beh, dopotutto, frequentare la campionessa di sbuffi, brontolii e quant'altro è parecchio influenzabile». Rispose pungente alla provocazione, ignorando il brivido alla schiena causato dalla presenza dell'altra.

Sentì la bionda spostarsi e la vide comparire nel suo raggio d'azione vicino alla macchinetta presente nel corridoio della scuola, perché fosse li era un autentico mistero: Usagi era andata via ormai da mezz'ora, lei si era fermata solamente per scambiare due parole col direttore e si era concessa un caffè prima di tornare a casa e prepararsi per la cena a casa dei suoi, erano quasi le cinque del pomeriggio ed era in largo anticipo sulla tabella di marcia rispetto all'orario patuito per recarsi dai nonni di sua figlia.

«Non offrirmi un caffè, mi raccomando». Il suo sguardo incrociò quello blu dell'altra in segno di sfida.

«Oltre a essere scontrosa e brontolona sei pure bipolare, non mi sembra che tu apprezzassi molto il caffè delle macchinette. Tra un pò hai completato l'album dei difetti». Rispose a tono, senza bacillare. «Piuttosto, illuminami, a cosa devo la tua presenza qui? Se non sbaglio tua sorella ha finito la lezione da mezz'ora ed è già tornata a casa».

«Si ha finito da mezz'ora ma non è proprio così, doveva venirla a prendere il suo ragazzo ma ha avuto un impegno di lavoro e sono passata io a prenderla. Mi ha detto che non eri ancora uscita dalla scuola quindi mi sembrava carino passare a salutare». Disse senza indugiare molto, appogiandosi con il gomito al muro, rimanendo quasi in bilico e lievemente pendente.

«Apprezzo il gesto ma non era necessario». Mormorò la violinista bevendo l'ultimo sorso di caffè prima di buttare bicchiere e cucchiaino nel cestino poco lontano. Fece atto di allontanarsi per percorrere la restante parte di corridoio diretta all'uscita dove sapeva avrebbe trovato ad aspettarla Seiya con la bambina; ma dopo qualche passo sentì la presa dell'altra cingerle il braccio destro costringendola a voltarsi nella sua direzione. «Cosa vuoi ancora Haruka?». La domanda le uscì spontanea dato che non vedeva altri motivi per intrattenersi.

La osservò avvicinarsi invadendo il suo spazio personale senza mollare la presa, vide gli occhi di lei piantarsi nei suoi vicini, troppo vicini. Talmente vicini da sentirne il respiro solleticarle il viso. Sentì il cuore perdere un battito, prima di iniziare a battere più veloce.

«Voglio che tu sia sincera con me, ti lascio indifferente?». Le mormorò a poca distanza, dalle labbra senza interrompere il contatto visivo, vide lo sguardo di Kaioh bacillare sotto il peso del proprio, le guance colorirsi leggermente.

Michiru sentì un nodo formarsi allo stomaco insieme al rossore che si era sicuramente impossessato del suo viso, la lasciava davvero indifferente? No sicuramente no, ma non poteva certamente dirglielo. Aveva una famiglia e una figlia a cui pensare. Buttare tutto all'aria era fuori discussione.

«Certo che si, sono passati anni ormai Ruka, abbiamo le nostre rispettive vite ed è giusto così». Mormorò poco convinta senza riuscire a sostenere lo sguardo della bionda.

Tenou osservò attentamente la reazione di lei, percepì il tremolio nella sua voce nel darle una risposta che la convinse molto poco: nei giorni precedenti la violinista le era parsa molto combattiva e aggressiva nei suoi confronti, si sarebbe aspettata una risposta decisa almeno quanto quelle già ricevute. A quella domanda invece l'aveva sentita vaccilare. Decise di giocarsi una carta che probabilmente avrebbe rovinato per l'ennesima volta il loro rapporto ma era necessario. Le serviva sapere se lottare ancora o no.

Michiru fissò il muro dietro alla donna che aveva di fronte per dissimulare l'imbarazzo provocato da quella domanda, nella speranza che non fosse palese la sua difficoltà nel risponderle. Non poteva permetterle di farsi avanti ancora nella sua vita come aveva fatto in passato, se avesse fatto ancora danni non avrebbe subito solo lei ma anche la sua bambina.

«Quindi se ti lascio indifferente, non ti crea nessun problema se io ora faccio questo..». Non le diede nemmeno tempo di pensare ai movimenti che avrebbe fatto successivamente alla sua frase e senza pensarci troppo annullò lo spazio minimo tra le loro rispettive labbra. Sentì un immediato irrigidimento della violinista, probabilmente dettato dalla sorpresa e dallo sconcerto sul non sapere cosa fare. Osò ancora, facendo in modo di farla appoggiare contro il muro alle sue spalle, facendo aderire i loro corpi; il respiro che accelerò vorticosamente in quello che lei interpretò come un ben tornata a casa.

Pochi istanti dopo un bruciore cocente alla guancia sinistra la riportò con i piedi per terra: nonostante il viso d'angelo, allora, la sua sirenetta aveva anche un buon braccio destro. Sentì la spinta di lei che l'allontanava. La vide quasi tremare con gli occhi lucidi, lucidità lussioriosa mista alle lacrime.

«Come ti sei permessa? Cosa ti salta in mente?? Non sono la tua bambolina che puoi usare a tuo piacimento sai? Mi hai rovinato la vita una volta, non ti azzardare a rovinarmela ancora Haruka Tenoh. Siamo intesi?». Era sull'orlo di una crisi isterica, ma non poteva permettersela, non davanti a lei e non poco prima di vedere Seiya. Doveva mantenere la calma. Anche se quel contatto così intimo l'aveva portata sulle stelle in pochi secondi, anche se il suo ventre aveva approvato il gesto improvviso, anche se sentiva riaffiorare il desiderio. Non poteva e non doveva cedere.

Non permise nessuna risposta all'altra. Scappo via, con un passo al limite della corsa.

Scese le scale più velocemente che potte prima di fermarsi e cercare di calmarsi, ci volle tutta la sua forza d'animo. Si diresse poi verso l'uscita senza passare a posare le sue cose in aula professori, si guardò intorno e ignorò Usagi dall'altra parte del cortile prima di volgere la sua attenzione alla macchina del marito poco lontana.

 

***

 

La cena a casa dei suoi genitori si era rivelata una delle solite occasioni cerimoniose e sfarzose che detestava fin da piccola, unica cosa positiva era stata il pensiero costante di ciò che era successo nel corridoio della scuola; le sensazioni provate l'avevano scossa particolarmente.

Si sfiorò le labbra con le dita nel ripensare al contatto così intimo e improvviso con Haruka; Seiya sembrava non essersi accorto di nulla nel corso della serata. Era contenta di aver mascherato bene la tempesta interiore che l'aveva stravolta nel profondo, quel bacio era stato proprio come il vento, aveva mosso il mare che da tempo era calmo e tranquillo producendo delle onde gigantesche.

Si sedette sul letto e abbandonò le scarpe sul pavimento donando sollievo ai suoi piedi costretti sui tacchi da quella mattina, il bruno si stava occupando della loro bambina. Nari si era addormentata in macchina durante il viaggio di ritorno e così si era offerto di metterle il pigiama e sistemarla nel lettino al suo posto.

Si sfilò i vestiti di quel mattino e prese l'accappatoio per avvolgersivi dentro.

«Pronta per la doccia?». La voce di lui interruppe i suoi pensieri.

«Si ho proprio voglia di rilassarmi prima di dormire, una doccia è proprio quello che ci vuole». Gli rispose infilando i piedi nelle pantofole, lo vide avvicinarsi a lei con uno sguardo che negli anni aveva imparato a riconoscere come il preludio di un'intensa sessione tra le lenzuola; forse oltre alla doccia una buona sessione l'avrebbe aiutata a mettere a tacere tutti i pensieri nati dalla sua mente a causa di quel bacio non voluto ma che aveva scoperto di desiderare più di ogni altra cosa.

«Se voi contribuire al mio relax ti aspetto di la». Concluse lasciandogli un leggero morso sul labbro inferiore prima di farsi strada tra lui e lo stipite della porta per passare, consapevole che nel giro di una decina di minuti lui l'avrebbe raggiunta sotto la doccia.

 

Tornati nel letto dopo la doccia avevano fatto l'amore di nuovo, ma turbata da ciò che era successo in bagno non era riuscita a lasciarsi andare totalmente.

Il solo pensiero di trovare nuovamente Tenou nella sua mente, immaginarla dentro di lei, immaginarla darle piacere non le aveva permesso di abbandonarsi come avrebbe voluto. La paura era stata troppo forte.

Si asciugò una lacrima sfuggita dai suoi occhi cercando di non fare troppo rumore per non svegliare il bruno: non sarebbe stata in grado di inventare una scusa abbastanza convincente per giustificare le lacrime.

Lei lo amava, sognare la motociclista durante quei momenti non aveva ne capo ne coda. L'attrazione che aveva generato quei pensieri non aveva motivo d'esistere. Possibile che un bacio di qualche secondo l'avesse turbata talmente tanto da desiderare del sesso con quella donna che apparteneva al suo passato?

Non era possibile, avrebbe dovuto allontanarla in modo deciso se voleva ottenere risultati. Probabilmente sarebbe stato giusto avvisare proprio Seiya di quella situazione, magari lui l'avrebbe risolta. Dopo tutto in passato era stato proprio lui a causarne l'allontanamento..perché non doveva funzionare anche nel presente la soluzione?

In fondo, però, non voleva perdere di nuovo Tenou, avrebbero dovuto risolvere tutto ciò in qualche modo che consentisse a entrambe di uscirne illese senza star male. Ma come?

Il suo subinconscio a quanto pare le suggeriva qualcosa che non riusciva ad accettare, non poteva permettere alla bionda di distruggere nuovamente la sua famiglia. Di distruggere lei in primis.

Si voltò verso il moro, beatamente addormentato, lo abbracciò nel tentativo di trovare un pò di conforto dalla sua presenza.

Lei lo amava. Perchè quello era amore vero?

 

   
 
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