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Autore: Emmastory    20/03/2017    1 recensioni
Anche se il tempo continua a scorrere, le cose nell'un tempo bella e umile Aveiron sembrano non cambiare. La minaccia dei Ladri è ancora presente, e una tragedia ha ora scosso l'animo dei nostri amici. Come in molti hanno ormai capito, quest'assurda lotta non risparmia nessuno, e a seguito di un nobile sacrificio, la piccola ma coraggiosa Terra sembra caduta in battaglia, e avendo combattuto una miriade di metaforiche e reali battaglie, i nostri eroi sono ora decisi. Sanno bene che quest'assurda e sanguinosa guerra non ha ancora avuto fine, ma insieme, sono convinti che un giorno riusciranno a mettere la parola fine a questo scempio, fatto di sangue, dolore, fame, miseria e violenza. Così, fra lucenti scudi, affilate spade e indissolubili legami, una nuova avventura per la giovane Rain e il suo gruppo ha inizio. Nessuno oltre al tempo stesso sa cosa accadrà, ma come si suol dire, la speranza è sempre l'ultima a morire.
(Seguito di: Le cronache di Aveiron: Miriadi di battaglie)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Capitolo XX

Spade, scudi e nuove sfide

I giorni passavano lenti, quasi trascinandosi sulla linea del tempo, e guardando la data scritta nel mio diario, mi accorsi che un’altra settimana era ormai scomparsa. Così, il tempo continuava a scorrere come sabbia in una clessidra, e per pura sfortuna, le cose non sembravano cambiare. “Siate uniti.” Questa la frase che nei momenti di calma e silenzio la mia mente continuava a replicare, tenendo viva nel mio cuore una speranza che malgrado tutto, andava sempre più scemando, come la luce di un giorno ormai prossimo alla fine. Evitavo con tutte le mie forze di pensarci, ma nonostante i miei sforzi, tutto era inutile. Volevo davvero bene ai miei amici, e parlando con me stessa dovetti ammettere che vederli in uno stato pari a quello in cui versavano, apparendo nervosi, tesi e logorati dalla paura di fare un disgraziato e maledetto passo falso, mi intristiva molto. Pur non volendo, arrivavo così a credere che il nostro destino era segnato. Come avevo avuto modo di constatare, esisteva una seppur remota possibilità che il nostro gruppo si sarebbe sgretolato lentamente, proprio come una parete rocciosa erosa dalle acque. Non potevo crederci, eppure quel così orribile pensiero continuava a galleggiare nella mia mente, soppiantando gli altri e portandomi ad avere i nervi a fior di pelle. Detestavo ammetterlo, ma c’erano davvero momenti in cui tutta la rabbia e la frustrazione che accumulavo si trasformavano in lacrime, e in quelle occasioni, non mi restava che guardarmi allo specchio e notare che queste ultime mi rigavano il viso, mentre la luce presente nei miei occhi sembrava scomparire, rendendoli spenti e privi del loro usuale splendore. Non proferendo parola, resto ora in silenzio, concentrata solo sui miei stessi pensieri, ora cupi dato tutto ciò che sto passando. I minuti scorrono, ed io sono sola. Seduta alla mia scrivania, rileggo più e più volte la lettera scrittami dalla cara Lady Bianca, donna presentatasi a tutti noi come un aiuto prezioso. Ora come ora, e come del resto continuo a vedere, la mia amata Aveiron è in ginocchio a causa dei Ladri, e a quanto sembra, anche lottare al solo scopo di difendersi e sopravvivere sta perdendo il senso che prima possedeva. Stando alle parole di Stefan, non dovrei lasciarmi andare così. “Devi essere forte.” Continua a ripetermi, sedendosi ogni sera al mio fianco per infondermi il coraggio che ora mi manca. “Non ci riesco. Non ce la faccio più.” Ho risposto stasera, non riuscendo più a trattenere le lacrime e piangendo proprio di fronte a lui. “Rain, tesoro, basta, smettila. Tu sei forte, ed io lo so bene. Noi ce la faremo. Insieme, mi hai capito?” mi disse, ponendomi poi quella domanda per assicurarsi di essere ascoltato. “Sì.” Dissi soltanto, voltandomi a guardarlo e tirando su col naso. “Ottimo, ora vieni qui.” Continuò, attirandomi lentamente a sé. In quel preciso istante, le nostre labbra si unirono, e un bacio mi tolse il respiro. Non contenta, tentai di approfondirlo. Non riuscivo a spiegarmene il perché, ma lo desideravo. Come lui stesso diceva, ero debole e forte al tempo stesso, e non appena la parte più debole di me prendeva il sopravvento, avvertivo l’impellente bisogno di piangere ed essere rincuorata da una persona a me cara. Stefan lo sapeva bene, e sin dal giorno del nostro primo incontro, non aveva fatto altro che questo, onorando la promessa che mi aveva fatto anni prima. Continuai a baciarlo allietata da questi pensieri, ma all’improvviso, qualcosa mi bloccò. Nonostante l’ora tarda, qualcuno stava bussando alla nostra porta. Colti alla sprovvista, Stefan ed io ci fermammo, e solo allora, qualcuno fece la sua entrata in scena. La nostra piccola Terra, che a soli cinque anni era già un’eroina. Mi aveva salvata da morte certa tempo prima, ed io lo ricordavo ancora. Era mia figlia, e come non mi stancherò mai di ripetere, ero, sono e sarò sempre orgogliosa di lei. Ad ogni modo, ora stava piangendo, e notando che i suoi verdissimi occhi apparivano lucidi a causa della tristezza, mi avvicinai. “Terra! Tesoro, che è successo?” le chiesi, inginocchiandomi e abbassandomi al suo livello. “Non riesco a dormire. Ho fatto un brutto sogno e… e voglio andare ad Ascantha. Rispose fra le lacrime, piangendo disperata e andando alla muta ricerca di aiuto. Provando istintivamente pena per lei, l’abbracciai forte, e prendendole la mano, la guidai fino al nostro letto. “Vuoi dormire con me e mamma stasera? Che ne dici?” propose Stefan, sorridendole leggermente. Mantenendo il silenzio, la bambina si limitò ad annuire, ma prima di accoccolarsi in mezzo a noi, lasciò che una domanda abbandonasse le sue labbra. “Ned può restare, vero?” ci chiese, conservando la segreta speranza di ricevere una risposta positiva. “Certo.” Le rispose il padre, sorridendo ancora e carezzandole la testolina castana. Sempre silenziosa, la piccola guardò per un attimo suo padre, per poi fare uno sforzo e salire sul letto. Solo allora, le rimboccai le coperte. Contrariamente e me e Stefan, si addormentò quasi subito, sempre stringendo, proprio sul suo piccolo ma nobile cuore, il suo amato orsetto di pezza. Quella sera, faticai a dormire, pensosa. Per quanto ne sapevo, quello non era il suo primo incubo, e vederla soffrire tanto solo per un brutto sogno mi spingeva a pensare. Stando ai miei ricordi, avere degli incubi capitava anche a me da bambina, ma riflettendoci, compresi che per lei era diverso. I miei si limitavano a falsi fantasmi o immaginari mostri nascosti sotto il mio letto, ma ero certa che per lei non fosse così. Preoccupata, mi chiedevo cosa davvero sognasse. Mostri? Ladri? Non potevo saperlo, e pur solo immaginandolo, in compagnia della luna e delle luminose stelle, presi una decisione. Lady Bianca ci aveva offerto la possibilità di tornare con lei ad Ascantha, e ora, dopo tutto questo tempo, mi ero decisa ad accettare. Ricordando le parole che mi aveva rivolto nel giorno del suo arrivo di fronte alla nostra porta, si impegnava con tutte le sue forze per permettere ad anime più sfortunate di condurre una vita migliore, ed io mi fidavo. Si dice che certi treni passano una sola volta nella vita, e no, non avrei sprecato quest’occasione, lasciandolo partire senza di me. In altre parole, avrei esaudito il tanto ardente desiderio della mia piccola Terra, e permesso alla mia bella bambina di vivere come tale. Sapevo bene che il viaggio sarebbe stato lungo e difficile, ma non m’importava. Io, Rain Gardner, sarei tornata nel regno di Ascantha, affrontando una vera e propria crociata fra spade, scudi e nuove sfide.
   
 
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