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Autore: Emmastory    20/03/2017    1 recensioni
Anche se il tempo continua a scorrere, le cose nell'un tempo bella e umile Aveiron sembrano non cambiare. La minaccia dei Ladri è ancora presente, e una tragedia ha ora scosso l'animo dei nostri amici. Come in molti hanno ormai capito, quest'assurda lotta non risparmia nessuno, e a seguito di un nobile sacrificio, la piccola ma coraggiosa Terra sembra caduta in battaglia, e avendo combattuto una miriade di metaforiche e reali battaglie, i nostri eroi sono ora decisi. Sanno bene che quest'assurda e sanguinosa guerra non ha ancora avuto fine, ma insieme, sono convinti che un giorno riusciranno a mettere la parola fine a questo scempio, fatto di sangue, dolore, fame, miseria e violenza. Così, fra lucenti scudi, affilate spade e indissolubili legami, una nuova avventura per la giovane Rain e il suo gruppo ha inizio. Nessuno oltre al tempo stesso sa cosa accadrà, ma come si suol dire, la speranza è sempre l'ultima a morire.
(Seguito di: Le cronache di Aveiron: Miriadi di battaglie)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Capitolo XXI

Verso nuovi inizi

Il sole era spuntato ancora, e il silenzio della notte da poco trascorsa mi aveva aiutata a pensare, permettendomi di scavare a fondo fra i miei ricordi e riportarmi una sorta di consiglio. Dopo mesi passati a riflettere su cosa fare, avevo deciso. Stefan e i miei amici non lo sapevano ancora, ma grazie alla mia piccola Terra, avevo scelto Ascantha. Una città poco lontana da Aveiron, dove avevo piantato radici per qualche tempo, e dove, proprio come la mia bambina, volevo ritornare. Sapevo bene che fuggire dai miei problemi non mi avrebbe aiutata, ma dati i miei cupi trascorsi, non vedevo soluzione dissimile da quella. Inoltre, ero certa che una volta arrivata avrei sicuramente avuto l’appoggio dei miei genitori, stabilitisi lì poco dopo l’inizio di quest’assurda guerra, così come un rifugio per la mia intera famiglia, che sarebbe finalmente rimasta al sicuro. Mi svegliai quindi alle prime luci dell’alba, scivolando con lentezza fuori dal letto al solo scopo di non svegliare nessuno. Mentre ero nell’atto di farlo, spostai lo sguardo, notando Stefan e Terra ancora placidamente addormentati. Sorridendo, non feci che guardarli. L’uno vicino all’altra. Lui in posizione supina, lei in quella fetale, vicinissima al padre che le dormiva accanto. “Dormite bene.” Sussurrai, alzandomi e aprendo lentamente l’armadio presente nella stanza, notando tre zainetti, di cui uno a colori vivaci. Apparteneva a Terra, e non ci teneva mai molte cose, salvo le matite con cui disegnava, i fogli su cui lo faceva, e alcune volte, anche i suoi giocattoli. Muovendomi con fare furtivo, ne afferrai soltanto uno, scoprendolo insolitamente pesante. Aprendolo, vi sbirciai dentro per scoprirne il contenuto, e indagando anche con le mani, per poco non mi tagliai. Sentii dolore, ma questo non accade. In quell’istante, ricordai di averci nascosto la mia daga, e con essa una mappa di Ascantha regalatami da mia madre e una piccola bussola, regalo del mio amico Basil. Pensandoci, compresi di non avere sue notizie da tempo, e con quel pensiero in mente, ripresi a fare ciò che stavo facendo. Subito dopo, richiusi il mio zaino, lasciandolo stavolta sul pavimento accanto al letto e non nell’armadio. Disgraziatamente, lo zaino cadde con un tonfo, e quell’inaspettato rumore svegliò Terra. Mordendomi la lingua, maledissi la mia innata goffaggine, mia sgradita compagna sempre presente nei momenti meno indicati. “Mamma? Che stai facendo?” mi chiese la mia piccola, scivolando nel silenzio in attesa di una risposta. “Niente.” Risposi soltanto, spingendo quell’ormai famoso zaino sotto al letto e sperando che non lo vedesse. “Sembri strana, sai?” osservò poi, confusa. “Cosa? No, va… va tutto bene, sta tranquilla.” Continuai, mentendo e vergognandomi di averlo appena fatto. Poco dopo, anche Stefan parve svegliarsi. “Buongiorno.” Mi disse sbadigliando e coprendosi la bocca con educazione. Muta come un pesce, non feci che sorridere e annuire, e in quel preciso istante, una domanda fece crollare ogni mia certezza. “Stai tremando, sicura di star bene?” si informò Stefan, notando che il mio corpo veniva scosso da tremori controllati ma evidenti. “S-Sì.” Biascicai, trascinando a fatica quella singola parola finchè non abbandonò la mia bocca. “Rain…” continuò Stefan, pronunciando il mio nome con fare poco convinto. Come avevo ormai capito, mentire non mi serviva  a nulla, e quella farsa era destinata a non reggere. In quel momento, mi decisi a dire la verità. Terra era ancora nella stanza assieme a noi, perciò la guardai, e soltanto un attimo dopo, scelsi di parlare. “Voglio tornare ad Ascantha.” Dissi semplicemente, guardando il mio Stefan negli occhi e sperando segretamente che capisse il perché del mio volere. “Scusa, cos’hai detto?” chiese, confuso e stranito dalle mie parole. Quasi ignorandolo, mi concentrai su Terra, invitandola con fare amorevole ad andare a giocare. Regalandomi un sorriso, la bambina obbedì subito, e non appena fui sola con Stefan, continuai il mio discorso. “Ci ho pensato, ed è la cosa migliore.” Dissi, continuando a guardarlo e attendendo una sua risposta. “Tu credi?” replicò soltanto, incerto e dubbioso. “Stefan, ragiona. So che qui stiamo bene, ma sono certa che saremo al sicuro anche lì. In fondo non saremo soli, e Lady Bianca ha detto…” le mie parole fluirono chiare dalle mie labbra, ma improvvisamente, fui costretta a fermarmi. “Ti capisco, ma non possiamo.” Fu la risposta di Stefan, dura e secca come mai prima. “Perché? Spiegami solo questo, in fondo sarebbe davvero la cosa migliore!” protestai allora, desiderosa di una spiegazione. “ Non ci arrivi? Samira sta male, e viaggiare è impossibile nelle sue condizioni. In più è perfino incinta, perciò attireremo solo l’attenzione.” Mi disse, riuscendo con quelle parole a far luce sui miei dubbi. Sapevo bene che aveva ragione, ma nonostante tutto ero atterrita. Perché non voleva? Perché si stava comportando così. Non riuscivo a spiegarmelo, e non proferendo parola, rimanevo lì davanti a lui, ferma e inerme. “Ci sono anche i miei genitori.” Mugolai poco dopo, spostando lo sguardo sul duro e inospitale pavimento della stanza, pulito ma ormai consumato dal tempo. Confuso, Stefan mi guardò senza capire. “Hai sentito bene, i miei genitori.” Replicai, inviperita. Stanno ospitando mia sorella, e faranno lo stesso anche con noi. Perché non vuoi partire?” continuai, sentendo la mia rabbia cedere il posto alla tristezza, e il viso bruciare come fiamma viva. “Non voglio perderti, Rain. Ecco perché. Non lo capisci? Io sto cercando di proteggerti, da sempre.” Rispose lui, con il tono calmo che usava ogni volta che mi vedeva piangere. In quel momento, il suo unico scopo era confortarmi, e sedendomi accanto a lui, mi lasciai abbracciare. Subito dopo, mi abbandonai ad un pianto silenzioso, e quasi non curandosene, lui mi baciò la fronte. Stringendomi forte a sé, mi asciugò le lacrime, e pur non riuscendo a smettere di piangere, lo guardai. “Ti amo.” Mi sussurrò poi, dandomi modo e tempo di sfogarmi. “Sei proprio sicuro di non voler andare?” gli chiesi poi, andando alla ricerca di una conferma. “Partiremo, ma non ora, d’accordo?” fu la sua risposta, che terminò tendendomi la mano. Seppur con riluttanza, gliela strinsi. “D’accordo.” Dissi poi in tono mesto, tentando di alzarmi in piedi e riuscendoci a fatica. “Bene, ora va a lavarti la faccia, non voglio che gli altri ti vedano così.” Mi consigliò Stefan, con il suo solito fare apprensivo. Muta come un pesce, annuii lentamente, e chiudendomi a chiave nel bagno, feci ciò che mi era stato detto. Solo allora, la fredda acqua che scorreva dal rubinetto mi bagnò il viso, poi anche i polsi. Dopo essermi ripresa, guardai la mia immagine riflessa nello specchio. Ero sempre io, ma mi sentivo diversa, e per qualche strana ragione, mi sembrò di vedere la mia intera vita passarmi davanti in un soffio. Avevo fatto ciò che potevo, ed ora mi toccava aspettare, ma come sempre, rimanevo aggrappata alla speranza di lasciarmi il passato alle spalle e non voltarmi, avendo sempre in mente il disegno di viaggiare e spostarmi, seppur lentamente, verso nuovi e rosei inizi.
   
 
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