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Autore: Jade Daemon    20/03/2017    2 recensioni
-SouRin-
(Questa coppia mancava da troppo nel fandom ultimamente e la cosa mi stava spezzando il cuore).
Perché gli era toccata una simile sorte?
Cos'aveva fatto di così male da dover pagare ad un prezzo così caro?
Perché il fato si era scagliato con tanta rabbia contro di lui e perché, qualunque errore avesse commesso, non gli ha concesso una possibilità di riscatto?
Ci aveva provato, all'inizio.
Più volte aveva raccolto i frammenti della propria anima, ignorando quanto facesse male.
Ignorava quanto lo ferissero, quanto in profondità lo segnassero.
Ignorava anche il fatto che per quanto continuasse a riunire i cocci rotti, quelli continuassero a cadere, frantumandosi in pezzi sempre più piccoli e taglienti.
Ma lui continuava, tentava e ritentava disperatamente di ricomporli, di ricomporsi, pur sapendo di non avere speranze.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Gou Matsuoka, Rin Matsuoka, Sosuke Yamazaki, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sousuke, devo parlarti. Vediamoci nel bosco dietro al parco tra quindici minuti.”

Rilesse più e più volte quel messaggio, scritto da almeno tre minuti, prima di inoltrarlo al destinatario, premendo sul tasto "Invio" con una pressione maggiore di quanta fosse necessaria, lanciando poi un lungo sospiro.
Di per sé, il contenuto dell'SMS non sembrava presagire nulla di estremamente grave, peccato che così non fosse.
Ciò che aveva da dire al suo migliore amico era estremamente grave.
Strinse i denti auto-maledicendosi per non aver lasciato a sua sorella il compito di comunicare la sua sventura a Sousuke, ma non poteva darle carico di una simile responsabilità; d'altronde, era stato lui a non voler affrontare l'argomento con il suo migliore amico in precedenza, a dilungare troppo i tempi, a ritrovarsi in quella situazione incredibilmente disastrata. Ogni qualvolta che ripensava al fatto che ancora non gli avesse detto nulla si diceva che era per il suo bene, per non farlo soffrire e per non dargli carico di altre preoccupazioni dal momento in cui aveva già altri problemi a cui pensare.
Poi però, qualcosa cambiò. 
Cambiò quando scoprì di non avere più scampo.
Cambiò quando scoprì che ormai era finita.
Per lui, era finita.

-

Sbatté ripetutamente il piede sul pavimento della sala d'attesa, sbuffando ad ogni minuto che passava e, al decimo sbuffo, ricevette un pizzicotto alla gamba da sua sorella per comunicargli tacitamente di smetterla perché sembrava un bambino.
Incrociò le braccia al petto borbottando parole incomprensibili contro la rossa, ignorando le occhiate che gli venivano rivolte dai presenti.
Ripercorse mentalmente il motivo per la quale si ritrovava lì, nella sala d'attesa di uno studio medico, circondato da persone che non facevano altro che guardarsi di sottecchi senza proferire parola, chi per timidezza e chi invece perché non aveva nulla da dire, tantomeno a degli estranei.

Tutto era iniziato quando, almeno sedici mesi prima, colpi di tosse avevano cominciato ad assalirlo improvvisamente durante gli allenamenti, le uscite con gli amici, a casa oppure mentre dormiva; all'inizio non erano molto frequenti, ma con il  passare delle settimane e dei mesi lo divennero, affiancati da improvvisa stanchezza, affaticamento, mancanza d'appetito e dolore al torace, ma ignorava del tutto quei segnali che il suo corpo gli stava comunicando, concentrandosi esclusivamente sugli allenamenti e attribuendo come causa di quel suo malessere al suo troppo allenarsi e alla nuova dieta che aveva preso a seguire. 
Così aveva continuato, per mesi e mesi, e addirittura per un intero anno ad ignorare i propri problemi fisici e soltanto verso la conclusione del tredicesimo mese ed aveva cominciato ad avere le prime preoccupazioni e a dirsi che, forse, l'origine dei suoi mali non era dovuta agli eccessivi allenamenti, né ad un nuovo tipo di alimentazione
Eppure non andò dal medico, poiché avrebbe significato saltare un giorno di allenamenti, oppure sprecare l'unico giorno di riposo che aveva, né si premurò di parlare di ciò che aveva con qualcuno. Sousuke si era accorto che avesse qualcosa che non andava e più volte lo aveva incitato ad andare dal medico, ma Rin gli rispondeva ogni volta dicendo che la sua era semplice stanchezza e che l'indomani sarebbe stato meglio. La sua risposta era sempre quella, sempre.
Peccato che Sousuke non fosse un idiota e al sentirsi dare per l'ennesima volta quella risposta non si trattenne e cominciò una lunga e animata discussione con l'amico per la quale non si rivolsero la parola per due settimane, per volere di Rin, ovviamente. Da quel giorno, il moro smise di insistere sull'argomento e di porre troppe domande al ragazzo, sapendo che sarebbe stato assolutamente inutile.
Però aveva fatto qualcos'altro, qualcosa che il rosso difficilmente gli avrebbe perdonato: aveva chiamato sua sorella, le aveva spiegato le condizioni in cui il fratello si ritrovava e l'aveva quasi implorata di far ragionare il fratello.
Due giorni dopo quella telefonata, Gou era davanti la porta di casa di suo fratello con due bagagli nelle mani ed un'espressione che lasciava ben intuire che quella non fosse una visita di cortesia.


Lo sguardo che sua sorella gli aveva rivolto il giorno prima appena lo rivide era ancora vivido nella sua testa, così come quel rimprovero della durata di almeno venti minuti, che a lui parvero più venti ore, ancora assordava i suoi timpani.
-Oi, Gou.- La richiamò, voltandosi verso la sua direzione.
-Cosa c'è?- Domandò lei ancora irritata per l'atteggiamento che aveva assunto il fratello pochi minuti prima.
-Dopo dovremmo andare anche dall'otorino, sai, penso di aver perso l'udito dopo la tua strigliata di ieri.- Le disse con una piccola risata, cercando di alleggerire l'atmosfera religiosa che aleggiava in quella sala.
-Sei un vero idiota.- Disse lei, sospirando quando il fratello prese a ridacchiare, voltandosi poi a guardarlo prima di sorridere leggermente: suo fratello era un idiota, un grande idiota, ma le era mancato davvero troppo.
Partire in viaggio per l'America assieme al suo fidanzato, Seijuro, fu una delle decisioni migliori che avesse mai potuto prendere in vita sua e della quale mai si sarebbe pentita; se non lo avesse fatto, non avrebbe mai incontrato gli zii del fidanzato, che li avevano gentilmente accolti nella loro dimora, e senza di loro non avrebbe mai scoperto la sua passione per i bambini e per l'insegnamento. Infatti, entrambi erano molto a contatto con i bambini dal momento in cui il marito era un pediatra e la moglie un'insegnante d'asilo, lo stesso ruolo che Gou rivestiva attualmente in una scuola materna del Millburn, in New Jersey.
L'unica nota negativa era la distanza che la separava dalla madre, dal fratello e dalle sue amiche e la nostalgia che provava nei loro confronti; ma per sua fortuna aveva Seijuro al suo fianco che, nonostante il suo costante impegno per conseguire la laurea in legge e diventare un avvocato, era sempre al suo fianco e riusciva a non farla mai sentire sola.
Il sorriso svanì dalle labbra della rossa quando il fratello cominciò a tossire violentemente, osservandolo con apprensione e, nella sua impotenza, si limitò a poggiare una mano dietro la sua schiena dal momento in cui altro non poteva fare.
La sera precedente aveva sentito il fratello tossire più volte, ma essendo in due camere diverse il suono della tosse era meno forte e sembrava più debole, solo in quel momento si accorse di quanta veemenza vi fosse in quei colpi che fuoriuscivano prepotenti dalla bocca del fratello.
Il ragazzo, improvvisamente, si portò una mano alla bocca e una volta finito di tossire chiese alla sorella, con un mormorio flebile, di prestarle un fazzoletto che la rossa gli porse svelta dopo aver frugato rapidamente nella propria borsa. Ci fu un dettaglio che il giovane provò a nasconderle ma che alla minore dei fratelli Matsuoka non sfuggì: con un gesto rapido, Rin strofinò il pezzo di stoffa anche sul palmo della propria mano e Gou capì che quel gesto non era insignificante dal momento in cui vide delle macchie rosse sporcare il tessuto bianco del fazzoletto.
-Vorrei ancora capire cosa stessi aspettando per andare dal medico.- Lo rimproverò lei, guardandolo severamente.
-Avevo gli allenamenti, non potevo perderli. Lo sai che voglio diventare un nuotatore a livello olimpionico.-
-E per il tuo sogno saresti disposto a rinunciare a te stesso?!- Chiese la ragazza con tono fin troppo aggressivo, richiamando l'attenzione dei presenti che subito gettarono gli occhi sui due fratelli. Rin guardò la sorella con sguardo inespressivo, volendo risponderle ma senza trovare il coraggio necessario.
-Si tratta di un sogno, Gou. Il mio sogno. Quindi vorrei che tu...- Si bloccò quando notò le iridi della sorella farsi più lucide, quasi limpide. Allora capì che tutto ciò che doveva fare in quel momento era solo tacere, e fu ciò che fece.
Nella sala d'attesa il silenzio dominò per dieci minuti, nella quale altre due persone erano entrate nello studio del medico e dalla quale poi erano uscite.
-Il prossimo!- Annunciò un uomo vestito di un camice bianco, affacciandosi dalla porta dell'ambulatorio.
-Rin, entriamo.- Disse Gou al più grande, con un tono stranamente dolce ed amorevole. Rin si limitò ad annuire prima di alzarsi e, assieme alla sorella, entrare nella stanza del medico, sedendosi poi davanti alla sua scrivania mentre l'altra occupava la sedia accanto alla sua, attendendo che anche il dottore si sedesse alla sua postazione prima di parlare.
-Ditemi pure.- Iniziò l'uomo, sorridendo gentilmente ai due.
-Ecco, io...-  Mentre pronunciava quelle parole, il fulvo teneva gli occhi bassi sulla scrivania e le mani strette alla stoffa dei pantaloni. Non riusciva proprio a guardare quell'uomo, quasi come se si sentisse in colpa per non essersi recato da lui prima e per questo scaricava la propria angoscia sui propri jeans. -Credo di avere un grave problema.-
Il più anziano dei tre fissò il ragazzo senza alcun cenno di divertimento, segno che aveva preso seriamente le sue parole. -Cosa te lo fa credere?-
-Vede, dottore, è da qualche mese... no, è da più di un anno che mi sento male. Non ho appetito, mi affatico facilmente, tossisco frequentemente e negli ultimi mesi sputo perfino sangue.- Disse tutto in una volta, togliendosi quel macigno dal petto il più rapidamente possibile.
Lo sguardo del medico rimase fisso su quello di Rin per decisamente troppo tempo, senza riuscire a fare altro se non guardarlo.
-Mi dica, signor... Matsuoka, dico bene?- Il ragazzo annuì a quella domanda, lasciando poi che l'altro proseguisse. -Perché non è venuto da me prima e perché sta venendo proprio ora?- Chiese con un sopracciglio inarcato, in attesa di una risposta da parte del giovane.
-Perché sono un nuotatore, dottore. Mi alleno ogni giorno sia in piscina che fuori dall'acqua e l'unico giorno libero che ho... beh, è il mio giorno libero. Non volevo utilizzarlo per andare dal medico.- Rispose con tutta sincerità, sapendo che mentire in quella situazione sarebbe stato inutile.
-Capisco. Ed oggi, invece? Non aveva i suoi allenamenti?- 
-Sì, li avevo. Li ho saltati perché mia sorella- indicò la giovane seduta al suo fianco -ha insistito affinché venissi da lei.-
-Signor Matsuoka, lei sa che avere cura del proprio corpo è fondamentale per chi pratica sport, non è così?- Domandò allora lui, destabilizzando per qualche secondo il ragazzo.
-Ne sono consapevole, ma vede... io ho un sogno e perciò non posso assolutamente restare dietro gli altri: se lo facessi, non si realizzerebbe.-  Le parole di Rin parvero tanto quelle di un bambino, ma l'importanza che dava loro poteva essere letta dal suo viso nel momento in cui ha menzionato il suo sogno.
Il medico sospirò prima di alzarsi e avvicinarsi al rosso, scompigliandogli i capelli.
-Su, lasciati visitare. Forse ho già individuato il problema, ma è comunque meglio controllare prima di saltare a delle conclusioni.- Affermò con un piccolo sorriso, aspettando che il giovane si alzasse per poi cominciare a visitarlo, controllandogli il battito cardiaco e misurandogli la pressione.
-Temo che senza una radiografia, non potremmo sapere con certezza qual è il suo problema, signor Matsuoka.-
Gou, che fino a quel momento era rimasta muta e composta, cominciò ad agitarsi nel sentire le parole del medico.
-Dottore, mi dica la verità. Che cos'ho? Qualcosa di davvero grave?- Chiese con freddezza Rin mentre fissava duramente il suo interlocutore che, in risposta, si limitò a scuotere la testa in cenno di dissenso.
-Non posso dare una diagnosi senza avere prove certe.- Ribadì quello, incrociando le braccia al petto.
Rin a quel punto si alzò nervosamente, facendo quasi cadere a terra la sedia sulla quale si era accomodato. -Lo sapevo che era una perdita di tempo.- Sibilò tra gli affilati denti prima di uscire da quello studio con passo svelto, sbattendosi poi dietro la porta con violenza senza nemmeno pensare ai commenti delle persone che ancora erano in sala d'attesa.
Gou non poté far altro che alzarsi e inchinarsi più e più volte di fronte all'uomo per scusarsi di quella sfuriata del fratello, ma venne fermata subito dal più anziano.
-Signora, la prego. Può anche smettere di scusarsi ripetutamente, non serve. A dire il vero, volevo parlarle a quattrocchi, in assenza di suo fratello.-
-Si tratta delle sue condizioni?- Chiese la giovane con aria decisamente preoccupata, preoccupazione che non fece altro che aumentare quando l'uomo annuì alla sua domanda.
-Purtroppo sì, suo fratello aveva ragione. Ha davvero un grave problema, quindi le chiedo di rimanere calma e di ascoltare attentamente ciò che ho da dirle.

Passarono all'incirca dieci minuti da quando Rin era uscito dalla sede dove operava il proprio medico curante.
Passarono due minuti da quando aveva ripreso il controllo di sé.
Passò un minuto da quando si accorse che sua sorella ancora non era uscita dalla porta di fronte alla quale si trovava.
-Che diamine starà facendo?- Borbottò, mentre camminava avanti e indietro in attesa che Gou lo raggiungesse. 
Nella sua mente, che era finalmente tornata in grado di formulare pensieri razionali, cercò delle valide ragioni per la quale la ragazza ancora non fosse uscita, ma prima che potesse trovare delle valide motivazioni vide sua sorella uscire dalla sala d'attesa e avvicinarsi a lui.
-Oi, Gou...- Cercò di richiamare l'attenzione della ragazza, ma si fermò dal dire una qualunque altra cosa quando la vide in volto: era pallida, il suo sguardo era perso nel vuoto ed era sicuro che le sue gote fossero bagnate. 
La giovane scosse la testa dopo qualche istante, facendo un profondo respiro prima di alzare gli occhi sul fratello e sorridergli dolcemente.
Per Rin, quel sorriso fu il più falso che gli fosse mai stato rivolto.

-

Rimase con le mani premute sulle proprie tempie, lanciando dei profondi respiri per cercare di calmarsi, senza riuscirci. Mai ci sarebbe riuscito finché un quesito avrebbe continuato a porsi prepotentemente nella sua mente: perché gli era toccata una simile sorte? 
Cos'aveva fatto di così male da dover pagare ad un prezzo così caro?
Perché il fato si era scagliato con tanta rabbia contro di lui e perché, qualunque errore avesse commesso, non gli ha concesso una possibilità di riscatto?
Ci aveva provato, all'inizio.
Più volte aveva raccolto i frammenti della propria anima, ignorando quanto facesse male.
Ignorava quanto lo ferissero, quanto in profondità lo segnassero.
Ignorava anche il fatto che per quanto continuasse a riunire i cocci rotti, quelli continuassero a cadere, frantumandosi in pezzi sempre più piccoli e taglienti.
Ma lui continuava, tentava e ritentava disperatamente di ricomporli, di ricomporsi, pur sapendo di non avere speranze.
Si arrese definitivamente quando le ferite divennero troppe e troppo dolorose da poter essere sopportate solo stringendo i denti e quei dannati frammenti si ridussero in migliaia di minuscoli ed inafferrabili brandelli.
Si alzò di scatto da terra per poi avvicinarsi al muro e colpirlo con tutta la rabbia che aveva in corpo, quella stessa rabbia che aveva iniziato a martellargli la testa e dilaniargli il petto subito dopo aver scritto quel messaggio.
A quel pugno inferto alla parete seguì un urlo di dolore che difficilmente non poteva essere udito. Infatti, dopo nemmeno qualche secondo, sua sorella corse in camera sua preoccupata prima di avvicinarsi a lui.
-Rin! Che è successo?- Domandò lei in agitazione, tenendo gli occhi puntati sul fratello mentre questi indietreggiava di qualche passo e sventolava la mano, cercando così di attenuare il dolore bruciante che aveva alle nocche.
-Niente, niente!- Esclamò aggressivamente prima di voltarsi a guardare la sorella e la sua ira, quando incontrò le iridi cremisi della ragazza, svanì nel nulla.
Era straziante vedere gli occhi stanchi e sofferenti di sua sorella, così come lo era vedere il suo viso privo del colore vivace che era solito caratterizzarlo, oppure vedere il suo corpo magro, troppo magro, privo di qualunque forma eccetto quella poco accentuata dei seni.
E Rin, ogni volta che la osservava, si sentiva colpevole di aver fatto appassire quella rosa che, un tempo, possedeva la bellezza e la freschezza di un fiore in primavera.
Si avvicinò a lei per poi accarezzarle dolcemente la testa, sorridendole in modo amorevole. -Perdonami, Gou. Sono stato troppo aggressivo.- Le disse con un sussurro dolce, cercando di calmare la sorella che, dopo la sua brusca risposta, si era sentita incredibilmente mortificata. -La verità è che mi sentivo male e per sfogarmi ho dato un pugno al muro.- Alzò la mano ferita facendole vedere il torso ricoperto da piccole scie scarlatte.
La ragazza, non appena vide il sangue, stette per correre in bagno per prendere il kit di pronto soccorso e medicare le ferite del fratello, ma quest'ultimo la bloccò prima che potesse uscire dalla stanza.
-Non serve, sto bene.- Le disse semplicemente, calmando la rossa che, anche se un po' titubante, annuì e decise di non intervenire.
-Vedo che hai già preparato le valigie.- Constatò lei dopo qualche secondo, continuando a fissare la camera stranamente in ordine e i due bagagli che vi erano a terra. Rin si limitò ad annuire prima di uscire dalla stanza e dirigersi verso il bagno, intenzionato a far passare il bruciore alla mano immergendola nell'acqua fredda.
Gou continuò a guardare la camera del fratello, cercando il più possibile di trattenere le lacrime pensando che, quella, sarebbe stata l'ultima volta che sarebbe stata lì. Strofinò le mani sul proprio volto cercando di calmarsi e di non piangere, raggiungendo poi il fratello nel bagno e restando per pochi secondi a guardarlo in silenzio mentre si asciugava la mano bagnata.
-Non mi hai detto perché eri arrabbiato.- Disse lei ad un certo punto, incrociando le braccia al petto e continuando a fissare il rosso.
-Sto andando da Sousuke.- Le rispose con improvvisa freddezza, lasciando la ragazza spiazzata per qualche attimo.
-Non... non avevi detto che non avevi intenzione di parlargli?- Domandò lei dopo più di dieci secondi di silenzio, tenendo le iridi puntate sul più grande.
-Ho cambiato idea.- Si voltò in quel momento, Rin, a guardare la sorella, cercando di addolcire un po' di più il proprio sguardo. -Merita di sapere.-
-Se vuoi, posso parlargli io.- Affermò l'altra, ma ricevette subito un cenno di disapprovazione.
-Hai già fatto troppo: sei rimasta per cinque mesi qui in Giappone e ti sei presa cura di me più del necessario. Non voglio che tu faccia altro.-
-L'ho fatto per cinque mesi e posso farlo ancora per altri cinque mesi.- Il tono di voce della ragazza si fece più serio, mentre guardava altrettanto seriamente il fratello.
-Cosa ti fa credere che possano passare altri cinque mesi?- Le chiese a quel punto il maggiore in modo a dir poco agghiacciante, facendo bloccare sul posto la ragazza. -E comunque, tra due giorni non ne avrò bisogno: la clinica nella quale andrò e conosciuta per essere un luogo accogliente ed ospitale dove difficilmente i pazienti non si sentono a loro agio.-
-Lascia almeno che rimanga qui con te per questi ultimi due giorni, te ne prego...- Lo supplicò con voce flebile, senza però ottenere alcun risultato.
-No, spiacente. Domani inizia l'anno scolastico e avevi già dato conferma di essere presente fin dal primo giorno.-
-Sono solo due giorni, Rin!- 
-Gou, ne abbiamo già parlato. La risposta è no.- Concluse lui mentre posava l'asciugamano sulla lavatrice, uscendo poi dalla stanza e ritornando verso la propria camera. Prese il proprio telefono e poi una felpa da indossare nel caso in cui fuori facesse troppo freddo; non controllò se Sousuke avesse risposto al suo messaggio o no, sapeva che non ne aveva bisogno.
Ogni volta che avevano qualcosa di importante da dirsi, si davano sempre appuntamento nel bosco dietro al parco del paese. Era strana come cosa, ma per loro ormai era diventata quasi una cosa naturale.
-Gou, sto andando. Tornerò in tempo per accompagnarti all'aeroporto.- Annunciò lui prima di avviarsi verso la porta d'ingresso.
-Rin! Aspetta!- Urlò la ragazza per farsi sentire dal fratello, correndo verso la sua direzione.
-Cosa c'è?- Domandò lui prima di fermarsi e attendere che rossa lo raggiungesse. Si ritrovò improvvisamente avvolto dalle braccia della sorella in un prepotente ma amorevole abbraccio che lo destabilizzò per qualche attimo.
-Ti voglio bene, fratellone.- Sussurrò la ragazza, continuando a stringere il fratello tra le braccia. Questi sorride dolcemente a quella dichiarazione d'affetto, cingendole il busto con le braccia in un abbraccio altrettanto caloroso.
-Anch'io, Gou.- Rispose dopo qualche secondo il rosso, baciando la testa della minore per poi sciogliere quell'abbraccio e avvicinarsi nuovamente alla porta di casa.
-A dopo.- Disse lei con un piccolo sorriso, salutandolo con la mano.
-A dopo.- Le sorrise di rimando, ricambiando quel saluto allo stesso modo prima di uscire di casa, incamminandosi verso il parco.
L'ansia cresceva in lui ad ogni passo che faceva, ma non poteva tornare indietro. Non poteva fermarsi.
Ma come avrebbe potuto guardare i suoi occhi e dirgli che non si sarebbero più visti?
Come poteva dire al suo raggio di sole: "Sto per morire."?






~ Angolo dell'autrice ~

Salve, o fandom. 
Innanzitutto vi ringrazio per essere giunti fin quaggiù e spero con tutto il cuore di aver catturato il vostro interesse.
Come primo capitolo non è molto lungo e l'inizio non promette nulla di buono, né è difficile immaginare di cosa parli la storia.
Per chi mi vuol intendere, intenda.
Ribadisco che la storia è una SouRin, quindi per chi non apprezzasse la coppia (cosa difficile dal momento in cui sono bellissimi), sono spiacente, ma saranno loro a soffrire.
Detto ciò, credo che aggiornerò il prossimo capitolo venerdì della prossima settimana e che, se dovesse andarmi bene, riuscirò a pubblicare un capitolo a settimana, altrimenti dovrò postarlo ogni due settimane (e spero tanto di non arrivare a tre).
Concludo chiedendo gentilmente a chi è arrivato fin qui di dedicare una parte del suo tempo per recensire il capitolo, nell'assoluta libertà di esprimere un parere positivo o negativo che sia, e augurandovi, dal momento in cui è lunedì, una buona settimana!



~ Jade ~



 
   
 
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