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Autore: Clarrianne Donavon    20/03/2017    1 recensioni
[Ozlice]
Alice è tormentata da un incubo ricorrente su Oz. Quando il sogno minaccia di realizzarsi, decide di evitare il ragazzo e si comporta in modo scostante con lui. Oz non capisce che cosa stia succedendo alla sua Chain, non vuole darsi per vinto.
Ma poi, si tratta di un incubo o di un ricordo?
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice, Altri, Oz Vessalius
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Daydreaming



Pioveva.
La luna era nascosta dalle nuvole ed il freddo di quella serata addensava i respiri all’interno della carrozza diretta alla tenuta dei Reinsworth.
Erano lungo la via del ritorno da ormai più di tre quarti d’ora – lasso di tempo in cui nessuno di loro aveva aperto bocca. Oz sospirò di frustrazione, attirando l’attenzione di Gil – ma non quella di Alice.
Quando erano saliti sulla Carrozza, Oz aveva preso posto ed Alice era scivolata direttamente sul sedile opposto al suo, senza neppure battibeccare con Gil come suo solito, per litigarsi il posto al fianco del ragazzo. C’era qualcosa che non andava.
Gil non l’aveva neanche stuzzicata, troppo stanco per cogliere qualcosa di strano nell’atteggiamento di Alice, ma Oz credeva che se anche l’avesse fatto non avrebbe suscitato alcuna reazione nella Chain.
Era così da qualche giorno, ormai. Sembrava… assente.
Quando poi si trovavano da soli per un qualunque caso, Alice si rinchiudeva in un silenzio ostinato che non spezzava mai se non per annuire o fare cenno di diniego con la testa, sempre con le labbra rigidamente sigillate.
« Hai freddo, Oz? » fu Gil a spezzare quel silenzio.
Alice spostò lo sguardo dalle sue scarpe ai vestiti bagnati di Oz, per poi incrociare brevemente i suoi occhi chiari e voltare la testa giusto un istante dopo, con noncuranza. Improvvisamente, Oz avvertì il freddo e annuì, anche se non era quel tipo di freddo a cui probabilmente si stava riferendo Gil.
Il moro si tolse il giaccone in pochi abili movimenti e lo lasciò ricadere attorno alle spalle di Oz, coprendolo quasi interamente. Gli mise anche il cappello in testa, lo guardò per qualche momento e poi scoppiò a ridere, cercando lo sguardo di Alice. E finalmente anche GIl si accorse che qualcosa non andava.
« Stupido coniglio » disse, usando quel nomignolo che Alice detestava « che cos’hai? »
Alice alzò le spalle, senza guardare nessuno dei due, ma tenendo lo sguardo ostinatamente lontano da loro.
Gil sembrava sconcertato – Alice che non rispondeva alle sue provocazioni?
C’era decisamente qualcosa che non andava. « E’ successo qualcosa? »
Questa volta il tono di Gil aveva perso ogni nota scherzosa per lasciare spazio a quella serietà mista a preoccupazione che lo caratterizzava. A dispetto di quanto dimostrava, si era affezionato a quello stupido coniglio. Alice corrugò le sopracciglia e aprì la bocca di scatto, come se per un attimo avesse veramente considerato di rispondere sinceramente, poi i suoi occhi viola scivolarono su Oz, che la fissava intensamente, e la bocca della Chain si sigillò di nuovo. « Nulla » si limitò a dire, evasiva, gettando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi. « Adesso voglio riposare, non disturbatemi » sbottò bruscamente, chiudendo ogni tipo di eventuale discorso. « Oz »
Il biondo rivolse la sua attenzione al suo servo e migliore amico – da ormai quindici anni. « è successo qualcosa? » ripeté ancora. Oz scosse la testa, le spalle improvvisamente ricurve da una stanchezza che lo aveva catturato all’improvviso. « Nulla »
 
A dire il vero, Alice non aveva pianificato di addormentarsi sul serio. Voleva semplicemente che quei due la lasciassero stare. Che la smettessero con le loro domande, con le loro preoccupazioni. Li aveva sentiti dire qualcos’altro qualche minuto dopo aver chiuso gli occhi, ma le loro voci le erano giunte alle orecchie improvvisamente lontane e confuse. Si sentiva la testa così pesante che scivolò nel sonno quasi senza accorgersene. Non fosse che… beh, quello non poteva che essere altro che un sogno.
Oz non l’avrebbe mai toccata in quel modo mentre era sveglia.
 
« Chi ti ha insegnato a suonare? » stava chiedendo ad Oz, seduto al suo fianco davanti al pianoforte, mentre suonava per lei una melodia malinconica e bellissima. « Non lo so » rispondeva mesto, ridendo.
Oz era sempre molto allegro nei suoi sogni, ed onesto. E sapeva fare un sacco di cose.
« Come fai a non saperlo? » si lamentò Alice, incrociando le braccia al petto con aria indispettita.
Non le piaceva quando le cose non avevano un senso – il sogno iniziava a sfocarsi ai margini, come una vecchia fotografia.
Oz smise di suonare ed aprì i palmi delle mani davanti a sé, osservandoli come se li stesse vedendo in quel momento per la prima volta. Le sue mani erano davvero capaci di produrre quella melodia così tormentata?
Come potevano convivere dentro di lui tutte quelle emozioni contraddittorie?
Prima che potesse controllarsi, le sue dita stavano sfiorando i palmi delle mani di Oz – con esitazione.
Oz tratteneva il respiro, mentre Alice prendeva una delle sue mani tra le proprio, carezzandogli le dita con cura per poi portarsi il palmo ruvido contro una guancia, rilassandovi contro la testa.
Alice teneva gli occhi rossi ma sapeva – sapeva! – che Oz la stava guardando.
Così come sapeva che presto l’avrebbe baciata – e le loro labbra si incontrarono nel momento stesso in cui questa consapevolezza prese forma nei suoi pensieri, concretizzandosi in azione.
Lasciò andare la mano di Oz, chiudendo le braccia attorno al suo collo per attirarlo a sé – chi le aveva insegnato a fare così, poi? I loro baci erano così caldi, così affamati. Così diversi da quell’unico bacio che avevano realmente condiviso, nell’abisso.
Si sentiva contemporaneamente come se quei baci le fossero mancati da sempre e come se tutto stesse succedendo ogni volta per la prima volta. Riusciva ad avvertire distintamente il nodo allo stomaco, la pelle d’oca lì dove le mani di Oz le cingevano il viso, ed anche una sorta di agitazione, un desiderio che non si spiegava neanche da sola, che poteva realizzare solo tra le braccia del suo contraente.
Oz le morsico con dolcezza il labbro inferiore, facendola mugolare – riusciva a sentire il viso in fiamme per l’imbarazzo.
 
La carrozza prese una buca ed Alice batté la testa sulla parete dietro il sedile – per un attimo fece fatica a ricordarsi dov’era, ma le occhiate incuriosite di Oz e Gil che la fissavano la fecero ritornare immediatamente coi piedi per terra. Avvertiva il volto in fiamme, così puntò lo sguardo fuori dal finestrino per non dover dare spiegazioni a nessuno dei due. E se per caso avesse parlato nel sonno? O sbavato?
Si leccò le labbra istintivamente, il punto in cui Oz l’aveva morsa nel suo sogno sembrava bruciarle ancora.  
Con espressione accigliata, si ritrovò a guardare in direzione del ragazzo che tormentava i suoi sogni da quasi due settimane – la stava guardando, come al solito.
La guardava sempre, e questa cosa la stava facendo impazzire.
Oz sembrava volerle dire qualcosa, ma Alice lo zittì con un’occhiataccia prima che il ragazzo potesse effettivamente dire alcunché.
La situazione stava diventando rapidamente insostenibile.
 
***
 
« L’hai fatta arrabbiare?  »
Era mattina – Alice dormiva ancora, e così Gil aveva raccontato a Sharon e Break dello strano episodio sulla carrozza. « Ho detto di no » ripeté Oz, corrucciato. Ci aveva pensato e ripensato, ma lui ed Alice non avevano più avuto conversazioni degne del nome da quasi due settimane. Aveva passato la notte a pensarci.
« Forse voi due avete iniziato a fare gli amiconi e l’avete esclusa come vostro solito » commentò Sharon con gli occhi ridotti a fessura – lei in particolare voleva molto bene ad Alice, la considerava una sorella minore.
« Non è andata così » Gil corse in aiuto dell’amico, con decisione « non ha reagito neanche quando l’ho chiamata “stupido coniglio” » aggiunse, e questa volta persino l’espressione di Break si fece grave.
Lui e Sharon si scambiarono quell’occhiata silenziosa ma carica di significato che potevano condividere solo due come loro, che si conoscevano fin dall’infanzia – Gil ed Oz comunicavano in modo identico, a volte.
« A che punto è la tua lancetta? » chiese improvvisamente Break, allacciandosi le dita sotto il mento con interesse quasi scientifico. Oz lanciò un’occhiata preoccupata in direzione di Gil, come ogni volta che sapeva di dargli un dispiacere, e prese a sbottonare piano la camicia candida che indossava fino al sigillo.
« Meno di metà quadrante » mormorò Break tra sé e sé, perso nei suoi ragionamenti silenziosi.
« Il vostro legame è innegabilmente molto più profondo di quello presente tra un qualsiasi altro contraente ed un Chain » commentò Sharon con fare meditabondo, anche lei concentrata sulle sue macchinazioni femminili. « Credevo anch’io fosse così » asserì Oz, le spalle leggermente ricurve ma con il sorriso sulle labbra. Gil soppresse un gemito di frustrazione.
Quello stupido coniglio lo stava facendo ancora – con le sue azioni sconsiderata stava facendo rivivere ad Oz quello che già una volta aveva passato con suo padre. Lo stava rifiutando.
« Forse il vostro legame è troppo forte » ipotizzò Break, sottolineando la sua idea con un gesto della mano – la manica eccessivamente lunga che seguì il movimento quasi schiaffeggiandolo in viso con la stoffa.
« Che vuol dire troppo forte? » domandarono Oz e Gil contemporaneamente, confusi.
« Oz, tu forse avrai notato che Alice ultimamente è sempre stanca » iniziò Sharon.
« è sempre nervosa! » rincarò Break.
« Passa le notti sveglia » continuò la contraente di Equees.
« E si addormenta quasi ovunque durante il giorno » concluse Break, schioccando le dita in una buffa imitazione di un investigatore che ha risolto un mistero particolarmente complesso.
Oz e Gil non riuscivano a seguirli. « Alice si è sempre comportata così » affermò Gil, in tono stranito.
« Tu cosa ne pensi, Oz? » Sharon e Break si rivolsero direttamente a lui, ma il ragazzo non sapeva cosa dire.
La sua reazione naturale quando si era accorto che Alice lo stava evitando, era stata di accondiscendenza – lei non voleva vederlo? Allora si sarebbe inventato qualcosa, si sarebbe tenuto impegnato – di modo da stare fuori dalla sua vista. « Pensaci bene, Oz. » lo incoraggiò Sharon, con la sua voce materna e inquietante, dato che continuava a dimostrare quattordici anni nonostante ne avesse venticinque.
« Ma perché dovrebbe comportarsi così? » trovò il coraggio di chiedere il biondino, ormai esasperato.
« Perché è uno stupido coniglio » ribatté prontamente Gil, che non stava più seguendo i vaneggiamenti di quei due – a lui importava che Oz non soffrisse per le azioni di qualcuno che avrebbe dovuto proteggerlo.
« Si preoccupa per te! » esclamò Sharon, e Break annuì.
Le gambe della sedia di Gil stridettero sul pavimento mentre lui si alzava repentinamente.
« Vado a parlarci » annunciò con determinazione, ma Oz gli fece cenno di tornare a sedersi.
« Devo parlarci io » parve giustificarsi, per rispondere all’occhiata interrogativa di Gil.
Oz sembrava così risoluto certe volte, nonostante di fatto avesse solo quindici anni.
« Perché dovrebbe trattarmi così se è preoccupata per me? » insistette un’ultima volta, ancora non pienamente convinto. « Ha paura che tu ti faccia del male » ribatté Break con semplicità.
Oz sospirò profondamente, abbassando lo sguardo sulla sua colazione appena trangugiata.
Prese un altro piatto dal vassoio accanto al tavolo, agguantò dei biscotti ed una tazza di tè, e si alzò in piedi.
« Vado a svegliarla »
 
***
 
Lungo il tragitto che separava gli appartamenti dalle sale gorno, Oz cercò di organizzarsi un discorso mentale che potesse esprimere perfettamente quello che provava – non fosse che lui non era granché bravo con i discorsi mentali, o con i suoi sentimenti.
Aprì la porta della camera di Alice usando il gomito e la schiena per tenere in equilibrio il vassoio, quindi la guidò col piede perché si richiudesse senza fare rumore.
Come di consueto, la camera era completamente inondata di luce. Non è che Alice avesse paura del buio – aveva vissuto nell’abisso per anni – ma tutta quella luce non le dispiaceva affatto.
Oz posò il vassoio su un carrellino, ed i suoi occhi cercarono immediatamente il profilo della Chain.
Alice giaceva distesa sul letto in un groviglio di coperte, in posizione fetale. Non era la prima volta che Oz la trovava in quelle condizioni – alcune volte si era svegliato trovandosela di fianco nella medesima posizione – eppure ogni volta che la vedeva così indifesa non poteva che stupirsi del fatto che quella Chain fosse il tanto pericoloso B-Rabbit, uno dei Chain più potenti dell’abisso.
Sembrava così inoffensiva.
« Alice? » la chiamò con gentilezza, senza avvicinarsi al letto. La Chain non diede alcun segno di averlo sentito, così Oz fece qualche passo avanti, fino a sedersi sul materasso.
Sorrise con l’angolo della bocca: le coperte erano completamente annodate attorno alle gambe di Alice, che stringeva le braccia attorno alle ginocchia, tenendole quasi sul petto. Come le innumerevoli altre volte che l’aveva vista appena sveglia o prima di andare a dormire, indossava una semplice camicia da notte bianca – ma non si era mai accorto di quanto il tessuto fosse sottile e persino trasparente,e  di quanto le forme morbide del seno di Alice cercassero di uscire da esso.
« Oz… »
Il ragazzo si irrigidì un momento – Alice aveva pronunciato il suo nome una miriade di volte da ché si conoscevano, ma mai in quel modo. Eppure dormiva ancora: che stesse sognando?
« Alice » tentò un’altra volta di chiamarla, seppur non con troppa convinzione.
« non farlo » mugugnò la Chain, riferendosi a chissà cosa stesse sognando. La sua espressione si era fatta improvvisamente dispiaciuta, nel sonno. « Non lo farò » la rassicurò immediatamente Oz, ansioso di cancellare quell’emozione dai suoi lineamenti. Le sue dita si tesero verso Alice così come tante altre volte era accaduto in passato – era sempre stato così, una forza a cui non aveva mai saputo dare un nome lo aveva sempre spinto verso di lei. E lei non lo aveva mai rifiutato ma anzi, sembrava agire spinta dalla stessa forza che sentiva lui – finché poi…
Le sistemò una ciocca di capelli scuri dietro le orecchie, scostandogliela dagli occhi, ed Alice batté le palpebre un paio di volte, senza però mettere a fuoco la situazione – ancora intorpidita dal sonno.
Gli afferrò la mano con velocità – certe volte non era neanche in grado di vederla quando si muoveva – e lo tirò verso il materasso. Oz sorrise appena, stendendosi al fianco della ragazza mentre questa si scostava per lasciargli spazio sul cuscino e allo stesso tempo scivolare tra le sua braccia.
Schiacciò il naso nell’incavo del suo collo in un gesto che aveva un ché di intimo – più intimo di quello che avevano condiviso finora. Oz aprì bocca per dire qualcosa – ed Alice gliela chiusa con la sua. 




*********

Buongiornooo
Avevo deciso di pubblicare questa longfic in coda alla raccolta, ma c'è stato un altro cambio di programma e da qui nasce Once upon a dream. Il titolo prende spunto dalla colonna sonora di Maleficent, cantata da Lana Del Rey, ascoltatela se non la conoscete, è mooolto carina 
Non so ancora come impostare il rating, per il momento lo lascio arancione, lo alzerò in un secondo momento se necessario
A presto, 
Clarrianne Donavon
   
 
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