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Autore: Inevitabilmente_Dea    20/03/2017    0 recensioni
{Threequel di The Maze Runner - Remember}
I Radurai sono riusciti a sopravvivere anche alla Zona Bruciata e hanno conseguito il loro obbiettivo: raggiungere il Porto Sicuro entro due settimane per trovare la cura all'Eruzione. Tuttavia, nonostante all'apparenza sia tutto finito, i Radurai sono stati ingannati nuovamente dalla W.I.C.K.E.D. che ha in serbo per loro un'altra prova. Questa, a differenza delle precedenti, sarà individuale e i ragazzi e le ragazze saranno soli di fronte al pericolo: i Radurai, infatti, vengono addormentati e separati durante il sonno.
Elena viene tenuta in isolamento dalla W.I.C.K.E.D. senza sapere che fine hanno fatto i suoi amici, ma alla fine, dopo una serie di esperimenti viene rilasciata.
Un ultimo ciclo di test e analisi per raccogliere i dati necessari allo sviluppo della cianografia finale.
Dopo di essa, però, toccherà ai Radurai trovare una cura per l'Eruzione, poichè essa non è ancora stato ultimata.
Un'avventura che non ha ancora un fine. Una continua fuga alla ricerca della salvezza.
E se le persone che si credeva di aver perso ritornassero?
E se invece, quelle a cui si tiene di più, andassero perse per sempre?
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jorge, Minho, Newt, Newt/Thomas, Nuovo personaggio, Thomas
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Come prima cosa decisi di mettermi in disparte, riparandomi dietro un muro in modo da non essere un bersaglio facile, poi mi concentrai sui personaggi della battaglia. Volevo individuare i miei amici in modo da essere sicura che non fossero rimasti indietro.
Fu semplice trovare Minho dato che, come al suo solito, era pieno di energie e si buttava da una parte all'altra attaccando ogni guardia che gli capitava a tiro, senza mai fermarsi un attimo. Non mi sorpresi quando lo vidi disarmato: sapevo che il ragazzo era specializzato nello fare a pugni dato che da quando lo avevo conosciuto aveva sempre cercato di azzuffarsi con qualcuno. Ma dovevo ammettere che, anche se non aveva un'arma con sè, se la stava cavando quasi meglio degli altri armati: i suoi pugni erano sferrati continuamente, senza mai lasciare spazio alle sue vittime; i suoi calci erano più radi, ma non per questo meno potenti; e poi c'erano le testate che il ragazzo sganciava solo quando era in difficoltà, ma che mi sembrava segnassero il colpo di grazia in molti combattimenti che il ragazzo aveva affrontato.
Spostai lo sguardo a destra del ragazzo e quasi non notai la figura di Stephen che, con mia sorpresa, si stava muovendo con un'agilità felina. Il ragazzo non era muscoloso come Minho, ma più secco e alto, e questo Stephen sembrava averlo capito. Aveva sfruttato quelle sue caratteristiche per cogliere di sorpresa i suoi avversari: infatti il ragazzo non tirava pugni assidui come Minho, ma saltava letteralmente sopra le guardie.
Una sua mossa in particolare mi spiazzò definitivamente: dopo aver finito uno dei suoi avversari il ragazzo cercò tra la folla la prossima vittima e una volta scelta, iniziò a correre nella sua direzione. Quando fu poco distante dalla guardia − circa un metro o poco più − il ragazzo saltò in aria e si gettò con i piedi sul petto dell'uomo, usandolo come un vero e proprio trampolino per catapultarsi verso la guardia accanto. Questa volta però il ragazzo divaricò le gambe e si aggrappò con esse alla testa dell'uomo, ribaltandolo all'indietro. Quando la guardia cadde a terra battendo forte la testa, il ragazzo ne approfittò per colpirlo con due o tre pugni dritti sul naso che non fecero altro che far battere nuovamente la testa all'uomo, facendolo così svenire.
Poi, senza nemmeno attendere un secondo, Stephen mosse velocemente la sua gamba in direzione dell'uomo che precedentemente aveva utilizzato come appoggio per slanciarsi in aria e, colpendolo forte alle gambe, lo fece ricadere a terra. Stephen aspettò che l'uomo fosse completamente steso a terra per colpirlo sulla trachea con il proprio piede, lasciandolo così senza fiato.
Mi meravigliai dell'agilità e della facilità con cui il ragazzo era riuscito ad atterrare ben due avversari nel giro di pochi secondi, ma purtroppo il mio stupore durò ben poco, perchè la mia attenzione venne catturata da una figura femminile poco distante da Stephen.
Violet stava combattendo contro una guardia, ma la ragazza sembrava molto in difficoltà: nonostante si stesse proteggendo con le braccia, la ragazza continuava a prendere calci e pugni senza riuscire a reagire e la cosa mi fece infuriare. 
Nessuno poteva fare male ai miei amici.
Senza esitare uscii dal mio nascondiglio ed estrassi una freccia. Mi avvicinai velocemente alla folla di combattenti, riuscendo perfino ad ignorare il dolore alla coscia, e quando riuscii a puntare l'arco sul mio bersaglio rilasciai la freccia che si infilzò nel cranio dell'uomo, facendolo cadere a terra in un batter d'occhio. Violet si guardò attorno spaesata, ma quando incrociò il mio sguardo mi sorrise sollevata e poi si ributtò nella mischia del combattimento.
Cavai un'altra freccia, decisa a prendere parte a tutto quel trambusto, e questa volta uccisi una donna che, con in mano un coltello, stava per pugnalare un uomo.
Un'altra freccia, un'altra guardia morta.
Un'altra freccia, un'altra guardia morta. 
Un'altra freccia, un'altra guardia morta. 
Le cose sembravano andare fin troppo bene per me ed infatti, solo dopo che ebbi perforato il collo di una guardia con una freccia, facendola stramazzare al suolo, tre uomini si decisero a corrermi incontro, pronti ad affrontarmi.
Data la loro momentanea lontananza riuscii a farne fuori uno senza problemi, piantandogli una freccia nel cuore, ma nel momento in cui feci per estrarne un'altra dalla faretra, realizzai che non avrei avuto tempo di scagliarla. Mi mossi così in avanti e con tutta la forza che avevo in corpo agitai l'arco in aria, riuscendo a colpire la testa di una guardia che, stordita, cadde a terra.
Sorrisi soddisfatta del mio colpo, ma ben presto mi accorsi di non avere nulla da festeggiare. Senza che fossi riuscita a schivare il colpo o a reagire, mi ritrovai stesa a terra dolorante: l'ultimo avversario rimasto era riuscito a regalarmi un forte calcio allo stomaco, facendomi volare a terra di schiena e facendomi perdere la presa sull'arco.
Sentii Hailie urlare e mi si strinse il cuore. La bambina era rimasta schiacciata tra me e il pavimento e sicuramente aveva ricevuto una bella botta. Animata dalle grida della bambina mi alzai in ginocchio e sperai di riuscire a gattonare verso l'arco che giaceva a poca distanza da me. Riuscii a muovermi solo di qualche passo: la guardia mi raggiunse velocemente e mi assestò un calcio dritto nelle costole, facendomi cadere nuovamente a terra, questa volta di petto.
Mugugnai dal dolore e mi portai istintivamente le braccia sul volto: se la guardia mi avesse affibbiato un altro calcio, ma questa volta alla testa, sarei sicuramente svenuta, lasciando Hailie senza protezione.
Come avevo previsto, il piede della guardia raggiunse anche le mie braccia, tentando di farmi male in modo che levassi quell'ultima protezione rimasta.
Mi obbligai a pensare in fretta. Non potevo resistere ancora tanto sotto quell'attacco.
Continuando a tenere le braccia ben alzate sollevai lo sguardo e lo puntai sull'arco. Se solo fossi riuscita ad allungare una mano lo avrei sicuramente afferrato. Dovevo solo sbarazzarmi temporaneamente della guardia.
Aspettai che questa caricasse la gamba all'indietro per muovermi: battendo la guardia in velocità, riuscii a tirare un calcio sulla sua caviglia e, dato che l'uomo aveva puntato tutto il suo equilibrio su una sola gamba, per me fu semplice atterrarlo.
Senza esitare mi gettai sull'arco e saltando in piedi con una forza che non credevo di avere, caricai una freccia e colpii l'uomo dritto al petto da una distanza molto ravvicinata.
Sentii dei passi veloci e pensanti dietro di me e senza che riuscissi a girarmi sentii qualcuno placcarmi le gambe da dietro, facendomi ribaltare all'avanti e regalandomi un dolore immane alla coscia ferita.
Fortunatamente i miei riflessi furono abbastanza veloci da farmi portare le mani all'altezza del petto, permettendomi così di fare leva su di esse e di non sbattere la testa, ma purtroppo il mio assalitore rimediò subito: sentii la sua mano intrufolarsi tra i miei capelli e tirarli all'indietro con aggressività, poi, lasciandomi sorpresa e incapace di reagire, spinse la mia testa all'ingiù, facendomi sbattere con violenza il volto sul pavimento.
Gridai di dolore e subito sentii il flusso caldo e veloce del sangue sgorgare dal mio naso.
Accecata da quel dolore improvviso a stento sentii l'urlo di battaglia che infuriava di fronte a me.
Percepii dei passi veloci davanti a me e quando credetti che l'attacco di due guardie contemporaneamente mi avrebbe sicuramente messa K.O., il peso della guardia ancora sopra di me sparì in un secondo.
Mi voltai appena in tempo per riuscire a vedere la figura di Stephen ingobbirsi sul mio aggressorre, questa volta riempendolo di pugni talmente forti e infuriati da spaventarmi.
Il ragazzo continuò a colpire la guardia fino a che questa smise di porre resistenza e solo alla fine ridusse il numero dei pugni. "Nessuno. Tocca. Le. Mie. Sorelle." gridò infuriato il ragazzo, scandendo quelle parole a ritmo di pugni.
Le mie sorelle. Ripetei nella mia mente, sentendomi invadere da una stupida allegria che mi causò un lieve sorriso sulle labbra.
Stephen si staccò dall'uomo assestandogli un ultimo calcio sulle costole, ma ormai la guardia era svenuta se non morta. Il ragazzo si precipitò verso di me e mi porse una mano per aiutarmi a rialzarmi.
"Stai bene?" domandò preoccupato, notanto la mia difficoltà nel mantenermi in piedi. 
"Più o meno." ammisi, asciugandomi il sangue sul volto con una manica.
Il ragazzo volse lo sguardo alla mia gamba insanguinata e sgranò gli occhi. "E questo?"
"Storia lunga." risposi secca, impegnandomi a non assumere un'espressione troppo contorta dal dolore.
"Hailie come sta?" chiese poi il ragazzo, mantenendo quello sguardo terribilmente preoccupato.
"Chiediglielo direttamente." consigliai, voltandomi di spalle e mostrandogli Hailie che, alla vista del fratello, squittì di gioia. Stephen, altrettanto felice di vedere che la sorellina era sana e salva, iniziò a sciogliere i nodi delle lenzuola attorno al mio busto, in modo da poter liberare Hailie per poterla prendere nuovamente in braccio. Decisi di lasciarlo fare e di non oppormi. Dopotutto la parte peggiore del piano era passata e sapevo che Hailie sarebbe stata più al sicuro tra le braccia del fratello. 
Mentre Stephen era intento a parlare con la sorellina io avevo deciso di guardarmi attorno per essere sicura che nessuna guardia ci avrebbe attaccati, ma con mia sorpresa la battaglia si era calmata parecchio. Solo dopo qualche secondo capii che il merito di ciò andava ai 'rinforzi' che Vince aveva fatto entrare e che erano arrivati solo da poco, portando con sè corde, armi e altri oggetti strani che non riuscii ad identificare. La maggior parte delle guardie della W.I.C.K.E.D. infatti erano state catturate e legate per gruppi di tre o quattro in modo che non dessero troppo fastidio, solo alcune stavano ancora combattendo, ma era visibile come fossero in difficoltà.
Ben presto ci ritrovammo ad essere i piloti di quella situazione che, contro tutte le mie aspettative, si era rivelata più semplice e meno distruttiva di qua avessi pensato.
Ma nonostante vedessi davanti ai miei occhi decine e decine di guardie messe al tappeto e tenute sotto controllo, il mio cuore non poteva non dolere per tutte le persone del Braccio Destro che erano morte per rendere possibile quella situazione.
Cercai di ignorare la distruzione che mi circondava e il sangue che macchiava indelebile il pavimento, sfiorando i corpi morti come una macabra carezza, ma per quanto mi impegnassi non facevo altro che sentirmi colpevole per aver preso parte a quel massacro. Per quanto fosse difficile da ammettere, provavo pena anche per le guardie della W.I.C.K.E.D. che, forse mosse dal dovere, forse obbligate da un ordine superiore, avevano perso la vita per una causa che in fin dei conti non li riguardava direttamente. Era vero: in tutti gli anni passati alla W.I.C.K.E.D. avevo capito che questa, senza i suoi soldatini, non sarebbe durata più di tanto e che forse, se non ci fossero state tutte quelle guardie a difendere e proteggere gli scienziati, molti progetti e molti orrori non sarebbero stati attuati. Ma ciò non significava che fossero proprio le guardie la mente del piano: loro avevano solo eseguito gli ordini.
Janson. Era lui a dover pagare per i suoi sbagli. Lui e i suoi cavolo di collaboratori.
Dove si era nascosto quel topo?
"Statemi tutti a sentire!" urlò Vince, sbucando tra la massa di gente e alzando le braccia in aria in modo che tutti potessero vederlo. "La situazione è sotto controllo ora, ma per sicurezza vi chiedo di seguirmi in un luogo meno in vista."
L'uomo sembrava totalmente soddisfatto del lavoro che avevamo svolto e il fatto che non avesse preso parte alla battaglia mi faceva infuriare. Era stato lui a creare quell'esercito e a guidarci in quel luogo, perchè non aveva difeso con noi la sua causa?
Quell'uomo non mi piaceva affatto e per quanto avessi aderito a quella missione, ancora non riuscivo a fidarmi di lui. C'era qualcosa, qualcosa che non riuscivo a capire nel suo modo di comportarsi, nel modo in cui dava gli ordini. Era riuscito a mutare in parte il comportamento di Gally e la cosa mi preoccupava, perchè sapevo che il ragazzo non era uno che si lasciava riempire la testa di fandonie così facilmente.
Da quando Gally aveva iniziato a lavorare per il Braccio Destro e in particolare per Vince, le sue ideologie erano cambiate e così anche il suo modo di agire. Era diventato più freddo, duro, come se in qualche modo Vince fosse riuscito a togliergli ogni singola distrazione, accantonando così anche quella piccola sfumatura che lo rendeva uno di noi, uno dei Radurai, che lo rendeva Gally.
Sebbene Gally avesse sempre avuto uno spirito combattivo e ribelle, sapevo che quello che aveva in testa e quello in cui credeva non era frutto di un suo pensiero. Conoscevo Gally meglio di me stessa e sapevo che quella sete di vendetta immane non era normale in lui.
"Muoviamoci." mormorai a Stephen, senza mai perdere di vista Vince. Avevo intenzione di scoprire cosa stava tramando, perchè sapevo che c'era qualcosa da scoprire su di lui.
Prima il comportamento strano di Gally. Poi il comportamento strano di Vince. 
Era ovvio che entrambi ci stessero nascondendo qualcosa di grosso.
Ed era anche ovvio che Gally non avrebbe spifferato nulla per paura della reazione di Vince.
Dovevo scoprirlo da sola.
Ma nel momento in cui mi mossi in avanti, il mio occhio cadde per sbaglio su una telecamera al lato del corridoio e improvvisamente mi ricordai di Teresa.
Dove era finita la ragazza?
Non mi sembrava di averla vista durante la battaglia.
E Thomas? Il ragazzo avrebbe già dovuto essere insieme a noi.
Possibile che Teresa fosse andata alla ricerca di Thomas?
Senza sprecare altro tempo mi mossi in avanti e istintivamente puntai in direzione di Vince che, ancora intento a parlare con alcuni dei suoi non mi aveva vista.
Solo quando mi piazzai davanti a lui e lo fissai negli occhi riuscii ad ottenere la sua attenzione. "Che vuoi, ragazzina?" ruggì alquanto seccato.
"Teresa e Thomas." risposi semplicemente, cercando di assumere un tono distaccato. "Dove sono?"
"Teresa doveva già essere qui a combattere, forse ha avuto qualche contrattempo. Mentre Thomas... Be', non ho la minima idea di dove si sia infilato quel ragazzo." mi informò poi con un sorriso sghembo, causando una risatina ai suoi compagni.
"Be' mi pare che entrambi siano stati fondamentali per mettere in piedi il tuo fottutissimo piano. Perchè non hai mandati nessuno a cercarli?" domandai arrabbiata, incendiandolo con lo sguardo, ma peggiorando solo la situazione.
Il sorrisetto sul volto dell'uomo sparì all'istante, sostituito da un'espressione totalmente furiosa e seccata. "Io non prendo ordini da una ragazzina. Bada bene a come ti rivolgi a me." mi minacciò l'uomo, puntandomi il suo grosso dito addosso.
Serrai la mandibola e sentii la rabbia infuriare in me, ma sapevo di dovermi mantenere calma, perchè non avrei risolto nulla prendendolo a pugni. Presi un profondo respiro e, dopo avergli lanciato un'ultima occhiata di fuoco, indietreggiai, sentendolo ridacchiare con i suoi compagni per la mia resa.
"E' già molto che non ti abbia piantanto una freccia su quella faccia di sploff che ti ritrovi." borbottai tra me e me, allungando il passo e allontanandomi da quella massa di teste vuote.
Avrei trovato da sola Teresa e Thomas, non mi serviva l'aiuto di Vince e i suoi burattini.
Mi mossi velocemente verso il gruppo dei miei amici, notando che nessuno di essi sembrava particolarmente contento di quella situazione, ma prima che potessi raggiungerli, una figura emerse dal corridoio vicino a me, spaventadomi a morte.
Sussultai e d'istinto indietreggiai, ma ben presto capii che la mia paura fosse del tutto inutile. Teresa stava camminando distrattamente lungo il corridoio e la vidi particolarmente indaffarata a sistemarsi qualcosa dentro le tasche dei suoi pantaloni. Non appena la ragazza alzò lo sguardo e incrociò i miei occhi, la sua espressione si dipinse di sorpresa e poi di sollievo.
"Vedo che sei viva." mormorò la ragazza con un tono distaccato.
"Merito delle tue indicazioni." borbottai, indecisa se interpretare le sue parole come un insulto o come una semplice affermazione.
La ragazza sembrò accorgersi del mio tono perplesso e subito rimediò. "Scusami, non sono brava a..." si interruppe per poi schiarirsi la gola. "Non ho mai avuto degli amici, ecco. Ma sono felice che tu sia salva, volevo dire questo. A volte mi dimentico di non stare più parlando con quei topi della W.I.C.K.E.D., devi scusarmi."
"Fa nulla." risposi, sinceramente tranquillizzata. "Dove eri finita?"
"Io, ehm..." la ragazza arrossì leggermente e poi si guardò intorno. Il suo sguardo si rabbuiò immediatamente e impallidì velocemente. "Dov'è Thomas?" domandò allarmata.
Aggrottai le sopracciglia e la guardai perplessa. "Thomas? Non lo so, pensavo che fossi andata a cercarlo."
"Cosa?" domandò lei, impallidendo sempre più. "N-No, i-io... Mentre ero nella sala di controllo non l'ho mai visto attraverso le telecamere. Pensavo che fosse già con voi."
"Okay... Non andiamo nel panico." mormorai, insicura delle mie stesse parole. "Sono sicura che troverà il modo per raggiungerci, è un ragazzo intelligente."
Che però fa scelte stupide. Aggiunse la mia mente.
"Ma se non ci raggiunge entro poco tempo, allora andremo a cercarlo, intesi?" domandò Teresa, guardandomi con degli occhi talmente lucidi e preoccupati che non potei fare a meno di annuire immediatamente.
Sbrigati, Thomas. Sussurrai nella mia testa.




 

Vince ci aveva obbligato a seguirlo attraverso i corridoi della W.I.C.K.E.D. alla ricerca di una stanza più nascosta rispetto al resto della struttura. Sotto la guida e il consiglio di Jorge e Brenda, che sembravano gli unici a conoscere a memoria ogni singola stanza, alla fine ci eravamo appartati in una saletta che personalmente non avevo mai visto.
Mentre camminavamo per i corridoi eravamo rimasti tutti in silenzio e così avevo colto quell'occasione per guardarmi attorno e memorizzare ogni singolo dettaglio in modo che, se mai avessi dovuto percorrere quella strada per andare a cercare Thomas, sapevo già come tornare dagli altri senza perdermi. Fu proprio quando passai lo sguardo su un muro in particolare che notai una voragine buia, sicuramente creata da Vince per far entrare i riforzi, e mi stupii della sua grandezza. Sicuramente doveva essere parecchio profonda come cavità, dato che di luce esterna non c'era traccia.
Mi limitai a distogliere lo sguardo e a proseguire in fretta per mantenere il passo. Continuai a camminare in silenzio, facendo ben attenzione a ciò che potevo trovare ogni volta che giravamo un angolo. Sapevo che avevamo catturato una grande quantità di guardie, ma la W.I.C.K.E.D. non era mai disarmata totalmente e sapevo che sicuramente qualche topo armato stava ancora girando per i corridoi nel tentativo di trovarci e annientarci.
Il corridoio che stavamo percorrendo era abbastanza buio per colpa delle luci sul soffito che, a causa dell'esplosione avvenuta lì vicino, si erano frantumante in mille pezzi. Dopo un po' la luce aumentò e alla fine notai una porta in fondo al corridoio che era stata lasciata aperta. La raggiungemmo abbastanza in fretta ed entrammo tutti, assicurandoci che nessuno fosse rimasto indietro.
Quella in cui ci trovavamo era una grande e luminosa stanza con dei tavoli sparpagliati sul pavimento. Dall'altra parte della stanza c'era una grande porta a due battenti e sul lato sinistro c'era invece un piccolo ufficio. 
Solo dopo aver osservato la stanza a fondo, assicurandomi che non ci fosse nessuna guardia presente, mi accorsi che Vince aveva iniziato a parlare e a dare ordini.
Ben presto il gruppo di combattenti si sparpagliò per la stanza. La maggior parte delle persone si mosse in direzione dei tavoli, trasportandoli vicino alla porta a due battenti e ribaltandoli su un fianco, poi alcuni si rannicchiarono dietro i tavoli, usandoli come scudo, mentre altri si distaccavano e raggiungevano a passo veloce il piccolo ufficio in fondo alla stanza.
Ad esclusione di un piccolo gruppo di uomini che ancora stavano parlando con Vince, solo io ed i miei amici eravamo rimasti immobili al nostro posto.
"Cosa stanno facendo?" domandai confusa a nessuno in particolare.
"Vince, non vuole che abbassare la guardia. Ha paura che qualcuno attacchi da un momento all'altro." rispose Gally distaccato, lanciando qualche occhiata in direzione dell'uomo, ancora intento a bisbigliare con quel gruppo di uomini.
Seguii lo sguardo di Gally e indicai con un cenno del mento gli uomini rimasti in piedi. "E loro?"
La mia domanda tuttavia non ebbe una risposta e Gally si limitò ad ignorarmi, continuando a guardare Vince con occhi spenti. Probabilmente il ragazzo non voleva rispondere.
"Posso parlarti?" domandai al ragazzo, mettendo una mano sulla sua spalla e attirando la sua attenzione. "In privato." mi affrettai poi ad aggiungere.
Gally mi fissò per qualche istante, guardandomi con quegli occhi spenti e senza accennare a qualche emozione, poi annuì, incamminandosi poi verso l'uscita della stanza.
Una volta sorpassata la porta, mi premurai di chiuderla bene in modo che nessuno potesse sentire ciò di cui stavamo discutendo, poi mi voltai verso Gally e feci qualche passo per raggiungerlo.
"Come va la gamba?" domandò il ragazzo, finalmente tornando un po' in sè e regalandomi un'espressione preoccupata.
"Potrebbe andare meglio." risposi secca, stanca del suo comportamento, ma allo stesso tempo confusa e arrabbiata. "Perchè ti comporti così?" domandai poi, arrivando subito al sodo.
"Così come?" mi chiese lui, alzando un sopracciglio e appoggiando la schiena alla parete per poi guardarmi attentamente.
"Così come se al tuo interno vivessero due persone completamente diverse." lo aggiornai, frustrata e stanca più del dovuto. La battaglia contro le guardie mi aveva proprio sfinita. "Prima sei lo stesso Gally di sempre. Quel ragazzo dolce, premuroso, preoccupato e deciso che ho conosciuto nella Radura. L'attimo immediatamente successivo invece sei freddo, diffidente, severo e ti comporti come se nulla ti interessasse all'infuori della vendetta."
Il ragazzo mi lanciò un'occhiata ferita, come se lo stessi accusando ingiustamente, poi appoggiò la testa al muro e sospirò, chiudendo gli occhi per un attimo. "Le persone cambiano, Eli. Dopo tutto quello che è successo..."
"Lo so." lo interruppi subito. "Lo so che le persone cambiano. Credimi, io sono la prima ad ammettere di non essere la stessa ragazza indifesa della Radura. E puoi stare anche certo che non ti sto affatto chiedendo di tornare ad essere quello di prima, perchè non voglio e non posso pretendere una cosa del genere da te." lo rassicurai, attirando nuovamente la sua attenzione. "So che quello che abbiamo passato è assurdo, impensabile per dei ragazzi che dalla vita vogliono solo la tranquillità e che invece vivono tra sangue, morte e pericoli. Io ho visto tutto quello che hai visto tu e so che non si può uscire da tutto questo senza perdere una parte di sè nel percorso."
"Senti, mi fa piacere che tu ti preoccupi per me, ma non ce n'è bisogno, davvero." mi fermò il ragazzo, appoggiando una mano sulla mia spalla e sorridendomi in modo stanco, ma sincero. "In piú questo non è il momento migliore per parlare."
"Oh, certo." borbottai, indietreggiando di un passo e facendo sì che la sua mano scivolasse via da me. "Vince ha altri ordini da affibbiarti, giusto?"
Gally aggrottò le sopracciglia e mi guardò perplesso. "Vince?"
"Sì, Vince." ripetei. "Non fai altro che seguirlo come un cagnolino. Quando sei vicino a lui, tu... tu non sei più tu. Da quanto tempo hai questa sete di vendetta immane, eh? Da quando abbassi la testa e ti fai comandare o ti fai mettere in testa idee non tue?"
"Non so di cosa tu stia parlando." concluse velocemente il ragazzo, distaccandosi dalla parete e incamminandosi verso la porta. Mi affrettai a sporgermi in avanti e ad afferrarlo per un braccio.
"Non credere che io sia stupida, Gally." mormorai poi, cercando di abbassare il mio tono che forse era diventato troppo alto. "So che sta per succedere qualcosa di grosso. Altrimenti non mi spiego questo tuo comportamento." lo informai, tirandolo indietro e obbligandolo a prestarmi ancora attenzione.
A quelle mie parole la sua espressione mutò per un secondo, ma quella frazione di tempo minima mi bastò per capire che avevo fatto centro.
Era ovvio, d'altronde, che il ragazzo stesse facendo tutto quello perchè sapeva che di lì a poco sarebbe successo qualcosa. Ero sicura che fosse qualcosa che centrava con Vince, altrimenti non si sarebbe comportato come se fosse d'accordo con lui su ogni cosa.
Lo sapevo, la mia era un'ipotesi azzardata e forse molto pericolosa, ma era l'unica pista che avevo: Gally sapeva cosa aveva in mente Vince e stava cercando di mostrarsi quanto più docile e fidato possibile pur di estirpargli informazioni fondamentali; e a quanto pareva, Vince stava abboccando all'amo.
"Non ho intenzione di dirti nulla al riguardo." mi informò Gally, alzando una mano e scuotendo la testa. 
"E io non ho intenzione di obbligarti." risposi sincera. "So che in qualche modo stai cercando di proteggerci, ma ti comporti in modo strano perchè non vuoi che Vince lo sappia."
"Come..." il ragazzo aprì la bocca per parlare, poi la richiuse, rinunciando alla parola. 
"Gally, non mi interessa sapere cosa succederà, perchè so che troverai un modo per proteggerci tutti quanti. Mi fido di te. Mi sono sempre fidata e non me ne sono mai pentita, quindi pensa solo ad attuare il tuo strano piano di protezione e a cavarci tutti da questo casino."
Il ragazzo rimase zitto a fissarmi con un'espressione sollevata. Nei suoi occhi potevo leggere fiducia e gratitudine, offuscate da un sottile velo di malinconia e paura, che però subito il ragazzo si premurò di nascondere.
"Dimmi solo se sono sulla pista giusta e giuro che mi fiderò ciecamente di te." lo pregai, sentendo la necessità di capire se tutto ciò su cui avevo basato i miei pensieri fosse vero o no.
Il ragazzo abbozzò un sorriso, poi mi mise una mano sulla spalla, come a confortarmi. "Lo sapevo che ci saresti arrivata, Eli. Non ho mai pensato il contrario."

   
 
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