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Autore: FairyCleo    20/03/2017    4 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 26

Il piano di Vegeta

Non era stato capace di lasciarsi andare e provare finalmente a riposare. Era distrutto, stremato, ma anche solo il semplice pensiero di abbandonarsi al sonno lo faceva sentire ancora più frustrato e irrequieto di quanto già non fosse. Non stava bene. E mascherarlo era inutile, considerando che lo avevano notato tutti, ma non riusciva proprio a fare a meno di continuare a credere che, se si fosse mostrato impassibile, chi gli stava attorno ne avrebbe tratto vantaggio e avrebbe fatto mille passi indietro dal bordo di quel baratro da cui si erano pericolosamente affacciati.
Non aveva osato entrare nella stanza in cui si trovavano suo figlio e sua moglie. Non subito, almeno. Si era nascosto nella penombra della stanza che avrebbero dovuto condividere, ed era rimasto in piedi, sulla soglia, continuando a fissarli senza quasi battere neanche le palpebre, senza quasi respirare. Non gli era sfuggito lo sguardo carico di interrogativi che gli aveva riservato la sua Bulma, così come non era stato in grado di non farsi turbare dalle occhiate di tutti coloro che avevano presenziato al racconto di Goku, racconto che non osava definire spiegazione per la banalità delle conclusioni a cui era giunto. Il morale della favola era che Vickas li teneva ben stretti per gli attributi e che Yamcha sembrava essere diventato improvvisamente il paladino della giustizia. Ma cosa poteva fare, lui, se lo svolgersi degli eventi lo aveva ridotto a uno straccio? Certo, era stata una sua decisione quella di mascherare le sue reali sensazioni, le sue vere emozioni, ma non trovava altro modo se non quello per dare forza a se stesso e a chi amava. Non era un tipo espansivo, non era un tipo da abbracci, e questo sua moglie lo sapeva benissimo. Piangeva, quando la situazione finiva con lo scivolargli dalle mani in maniera irreparabile, ma non voleva mostrarsi in lacrime a nessuno dei presenti, men che meno a Bulma, che di lacrime ne aveva versate anche troppe, e al suo Trunks, la cui sorte sembrava essere finita nelle mani di un mostro che non accennava a rivelare il suo volto e men che meno la sua reale natura.
Cominciava realmente ad avere paura, Vegeta. Paura di non riuscire a gestire la situazione, paura di perdere suo figlio in maniera atroce, paura di dover giustificare ogni sua azione e reazione, paura di non riuscire a controllarsi e commettere la più grande sciocchezza della sua lunga e spesso miserabile esistenza.
Quella di cui erano diventati vittime, era la peggior forma di schiavitù che si potesse vivere. Non erano schiavi fisicamente, ma lo erano emotivamente e psicologicamente. Ogni loro singolo pensiero, ogni loro singola azione, erano dettati dal desiderio e dalla paura di non conoscere quella che sarebbe stata la prossima mossa del nemico, mossa che avrebbe potuto farli precipitare in una situazione ben più spiacevole di quanto già non fossero.
Avrebbe voluto mettersi a urlare, avrebbe voluto scatenare la sua ira, la sua potenza, e distruggere Vickas con le sue stesse mani, vendicare suo figlio, il suo orgoglio, ma sapeva che agire in maniera così sconsiderata sarebbe stato come uccidere chi amava, e non voleva farsi odiare da Bulma più di quanto questo non fosse già plausibile.
Che cosa non erano stati in grado di capire? Cosa voleva realmente Vickas?
Erano ore, ormai, che provava a ragionarci. Alternava pensieri strettamente legati ai suoi cari a quelli più ampliamente riferibili all’operato del bastardo che li aveva fatti trovare in quella situazione assurda.
Ricapitolare tutto non era stato facile. Troppi punti erano oscuri, troppe cose non avevano apparentemente alcun senso, e un’idea fissa continuava a tormentarlo: quella che Vickas fosse perfettamente in grado di penetrare nella loro mente a suo piacimento e dunque fosse a conoscenza di ogni loro singola mossa, di ogni loro singolo movimento, di ogni loro singolo pensiero. Se fosse realmente stato in quel modo, significava che non avevano speranze di sentirsi al sicuro. Sarebbe stato divertente mettersi a imprecare e dirgliene di tutti i colori, ma a che pro? Per il gusto di sfogarsi un po’, certamente, e poi? Questo avrebbe risolto la situazione? Ovviamente no. Anzi, avrebbe solo portato Vickas e quel suo schifoso tirapiedi a farsi delle grasse risate. Ma, se davvero era in grado di percepire ogni loro singolo pensiero, questo voleva dire che sapeva esattamente dove fossero, e che non esisteva per loro alcun posto sicuro.
Come poteva condividere una simile preoccupazione con gli altri? Certo, non occorreva un genio per capire che Vickas fosse in grado di eseguire il controllo mentale (lo aveva fatto con le donne che aveva tenuto prigioniere ed era riuscito a farlo anche su Goten e in parte su Gohan) ma che potesse anche leggere nelle loro menti era un’altra faccenda. Un faccenda spaventosa che faceva rabbrividire anche lui, in quel momento impotente e vittima degli eventi come tutti gli altri.
Quel bastardo li aveva isolati da ogni genere di contatto con il resto dell’universo e dal mondo degli dei. Per quello che avevano avuto modo di vedere nel loro rocambolesco tour del villaggio, uccideva gli uomini a suo piacimento e controllava mentalmente le donne – la morte di Tenshing era stata veramente inaspettata – e aveva controllato ogni loro movimento fino a farli penetrare nella sua fortezza, rapirlo, incoronarlo re e fare di suo figlio la vittima sacrificale per rispedirlo da dove era venuto, questo prima di far sì che Goten lo aggredisse mordendolo su un braccio.
Erano troppe le cose che non quadravano, che non avevano senso. Pe prima cosa: perché uccidere gli uomini? E se li aveva uccisi, perché lo stesso non era avvenuto per Crilin, Yamcha e il resto della compagnia? Poi, perché controllare le donne e trasformarle in vampire o qualcosa di simile? Ma la domanda che lo tormentava più di tutte era una, e non riusciva proprio a darsi una spiegazione: perché fare di lui il re, di suo figlio il principe e quindi la vittima che, una volta sacrificata, avrebbe potuto fermarlo? Perché dare loro un modo per sconfiggerlo o, in un certo qual modo, di imprigionarlo nuovamente? Non poteva credere che avesse deciso di correre questo rischio solo per ferirlo, per metterlo davanti a una scelta che non avrebbe mai acconsentito a fare e farlo diventare responsabile della distruzione dell’universo intero. Se fosse stato davvero in quel modo, ciò significava che per Vickas tutto quel macello costituiva puramente una faccenda personale. Ma poteva avercela con lui solo perché discendeva da quella stirpe che lo aveva imprigionato?
Vegeta non capiva. Non capiva e non riusciva a ragionare, un po’ per colpa della stanchezza, un po’ per colpa dei sentimenti contrastanti che lo stavano letteralmente divorando.
Solitamente, avrebbe provato una certa invidia verso la calma – reale o apparente – di Kaharot, verso il suo ottimismo, ma neanche Goku sembrava più se stesso. I loro ruoli sembravano quasi essersi invertiti. Ed ecco che quell’idiota dormiva insieme alla sua famiglia – cosa che aveva fatto pochissime volte in vita sua – mentre lui si stava limitando a osservarla da lontano e soffrire in silenzio, desideroso più che mai di tornare alla normalità, qualsiasi cosa essa potesse significare.
Così, Vegeta aveva trascorso il resto della notte in questo stato, alternando momenti in cui si sedeva sul letto ad altri in cui tornava alla porta a osservare i suoi cari da lontano, imponendo a se stesso di rimanere impassibile persino nell’istante in cui aveva visto il figlio minore di Kaharot uscire dalla stanza e sdraiarsi accanto a Trunks. Non ce l’aveva con Goten. Come avrebbe potuto? Era solo un’altra vittima degli eventi, l’ennesima pedina nella mani di Vickas, ma aveva paura che potesse essere ancora un pericolo per suo figlio e per la sua famiglia in generale. Era chiaro che fossero loro il bersaglio e che tutti fossero solo di contorno a quello che sembrava un episodio di una serie tv scritto appositamente per lui e per i suoi cari. Ma Vegeta cominciava a temere l’eventuale epilogo, anche perché non riusciva a capire a quale punto della storia fossero arrivati.
Di certo, non poteva negare che, almeno in parte, la notte gli avesse portato consiglio, aiutandolo ad arrivare a una conclusione che non aveva esitato nell’esplicare a un Goku svegliatosi all’alba.
“Abbiamo bisogno di entrare in contatto con re Kaioh, Kaharot, e di sapere che fine hanno fatto Junior e Dende. Almeno, questo è il primo passo che dobbiamo fare prima di andare al passaggio successivo”.
 Il Son lo aveva lasciato parlare, impedendo a se stesso di intervenire in ogni modo. Nel bene o nel male, Vegeta aveva sempre avuto delle buone idee e li aveva fatti uscire da situazioni apparentemente impossibili da districare.
“Che cosa vuoi fare, Vegeta?”.
“Tsk. Te lo dico solo se eviti di dire che ti sembra un’autentica follia”.
“Urca, giuro che non lo farò”.
“Bene, perché posso fidarmi solo di te, razza di zuccone, e la cosa non mi tranquillizza affatto”.
A quel punto, aveva inghiottito rumorosamente, attendendo con pazienza di venire a conoscenza dei dettagli del suo piano.
“Torneremo al castello, o alla fortezza, o come cavolo vuoi chiamarla, e gli chiederemo gentilmente di seguirci, se ci tiene alla pelle”.
“Eh?”.
“Dobbiamo parlare con il tirapiedi di Vickas, Kaharot. E dobbiamo farlo a modo nostro. Qualcosa mi dice che, alla fine dei conti, potrebbe anche essere disposto a collaborare”.

Continua…
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Eccomi qui, con un ritardo mega-galattico e con un nervosismo addosso che non vi so spiegare.
Sono ancora senza modem e ho terminato i giga della promozione telefonica. Ecco perché non ho né potuto leggere né rispondere alle vostre recensioni fino a ora e non ho potuto aggiornare. Certo, è un capitolo introspettivo e non succede niente di particolarmente entusiasmante, ma Vegeta, forse, ha un piano, ed è fondamentale capire come sia arrivato a questa conclusione.
Spero che possiate perdonarmi e che leggiate con piacere quanto scrivo e che pubblico con ritardo, non per mia volontà, ma per eventi che esulano dalle mie competenze (purtroppo non posso rompere ogni poco le scatole alla mia vicina e a zio).
A presto! (ho paura di dirlo, ormai).
Bacini
Cleo
   
 
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