CHIMNEY
L’ala nera fendeva l’aria con sicurezza. Una virata particolarmente
stretta e un grido di istintiva gioa gli arrivò spontaneo alla gola. Poi fece
abbassare sdentato fino a poter scorgere i contorni indefiniti delle loro
figure comparire sullo specchio di acqua che stavano attraversando. La forza
del vento si fece più mite e Hiccup si sollevò fino a stare seduto invece che
addossarsi al dorso caldo di sdentato come quando volavano veloci e alti tra le
nuvole e le punte di roccia. Libertà. Non c’era niente che riuscisse a
sostituire l’impagabile sensazione di volare sul proprio drago.
Accarezzò le sottili scaglie sotto l’orecchio del drago e si abbassò a
portata di voce “andiamo a casa bello” . Sentì i muscoli del drago sotto le sue
gambe contrarsi e sdentato cambiare direzione, andando controsole, un sole che
ormai stava scendendo sotto l’orizzonte e lasciava una patina calda sul
paesaggio.
La luce del faro era la prima cosa che si scorgeva quando ti avvicinavi
al calar del giorno al quel gruppo di casupole abbarbicate che era Berk.
Fece rallentare ulteriormente sdentato. Non era ancora sicuro di voler
affrontare il padre, che era così cristallino e limpido nel dimostrare il suo
entusiasmo cercando di coinvolgerlo in ogni cosa che fosse da “capo”.
Addestrare i draghi coi cavalieri in accademia, esplorare le terre che
ancora non conoscevano, aiutare Skarakkio a progettare nuovi oggetti da
costruire. Questo era tutto quello che voleva fare.
Sarebbe sempre stato pronto a proteggere Berk e la sua gente, ma assumere
il ruolo di capo era una altra storia. Era figlio di un capo, anzi “Del” Capo,
e sapeva cosa significava. Interagire con molta gente per esempio, lui era
decisamente più bravo con le bestie. Perché sua padre non capiva che era
semplicemente diverso da lui?
Comunque, anche se il ritorno a casa non era sempre piacevole, alla
fine parlando di draghi e addestramento la cena passava tranquilla il più delle
volte, ma quei giorni era difficile portare la conversazione lontana da
discorsi riguardanti trattative, spedizioni, villaggi amici o ostili. Era come
sentire l’ascia che incombeva inesorabile sulla sua testa. Sua padre voleva
nominarlo capo, era questione di tempo. E aveva più o meno in mente anche il
giorno esatto. Esattamente il mese successivo ci sarebbe stato la riunione dei
capi villaggi.
Sospirò e decise che sarebbe comunque andato nella sala grande per
parlare con Gambedipesce prima di rincasare. Di solito a tarda sera era lì a
studiare nuove pergamene o resoconti di vario tipo riguardanti i draghi. L’idea
di lasciare più di un drago per recinto la notte era una cosa che andava
discussa ancora.
Planò nella radura vicino alla grande porta della sala comune e saltò giu
con agilità dalla groppa di sdentato. “vado un attimo dentro amico, tu
aspettami qui” accarezzò il muso del drago che rispose socchiudendo gli occhi e
facendo quelle specie di fusa che esprimevano soddisfazione .
Entrò nell’ampio spazio illuminato solo dal varie torce e un
enorme camino e vide che quasi tutte le lunghe tavole erano vuote e non riuscì
a scorgere la massiccia figura dell’amico, che certamente non aveva una stazza
tale da passare inosservato. Quello che i suoi occhi colsero invece fu un
chiarore di biondo di una persona che difficilmente passava inosservata per
tutt’altre ragioni, si chiese quando avrebbe smesso di provare quella
sensazione così simile all’ansia quando si ritrovava ad incontrarla senza
averlo previsto. In questo non si sentiva cambiato di un giorno da quando aveva
quindici anni. Anche Astrid si era accorto che qualcuno era entrato e si era
voltata e quando i suoi occhi si posarono su di lui, si aprì in un sorriso
“Hiccup! Hai finito di andare a zonzo per oggi?”; Astrid si divertiva molto ad
esplorare insieme a lui , ma non vi dedicava la stessa quantità di tempo e
perciò si sentiva in diritto di prenderlo in giro per la sua passione.
“Astrid io te lo dico per amore di verità…quando dici così mi ricordi mio
padre!”
Si sedette accanto a lei sulla panca che stava di fronte al grande fuoco
“in realtà cercavo Gambedipesce, per questione riguardante l’accademia,
contenta?” la schernì
La treccia accanto alla sua gamba si mosse seguendo l’andamento della
testa a cui apparteneva, in un cenno di diniego e al contempo fece partire un
pugno del tutto innocuo che arrivò sul suo braccio “guarda che passi
davvero troppo tempo a volare, al posto tuo avrei fatica a sedermi!” e se
la rise di gusto.
“ma dai è solo questione di allenamento” rispose tra il divertito e
l’imbarazzato. Mentre i suoi occhi vagavano su di lei che rideva, col chiarore
delle fiamme sembrava quasi surreale e così intimo. La pelle chiara di Astrid,
e le lentiggini che decoravano il naso avevano assunto il colore di una mela
dorata. Aveva dei linemaneti così delicati ma poteva fare delle espressioni
davvero dure a volte, ed era forte per quanto sembrasse fragile. Probabilmente
qualcosa nel suo sguardo doveva aver riflesso i suoi pensieri perché Astrid
smise di ridere e lo guardò a sua volta con l'espressione che si faceva più
riservata. Quest’aspetto così femminile di lei l’aveva scoperto solo
ultimamente, forse la guardava più spesso del solito, poteva anche essere,
visto quanto gli piaceva farlo, ma recentemente aveva visto reazioni come
questa e anche uno o due rossori. Una scoperta così piacevole lo aveva indotto
a farlo ancora. Era una reazione che adorava.
Senza smettere di guardarla continuò “ ammetto che all’inizio è stato
faticoso, ma adesso sono quasi quattro anni che cavalco sdentato e non ho
davvero problemi a volare anche per tante ore” aveva anche notato che se
continuava la conversazione o si comportava più normalmente possibile quei
momenti passavano senza intoppi e Astrid non sentiva più a disagio. Perciò
stese la gamba e il moncherino un po’ più verso il fuoco facendo leva con le
braccia sulla panca e girandosi chiuse gli occhi godendosi il calore delle
fiamme.
“certo ma stanco lo sarai comunque” hiccup aprì un occhio e intercettò
l’espressione di lieve rimprovero che Astrid gli stava riservando “nonostante
questo sei sempre meno a casa” continuo lei abbassando il volume della voce.
“mia padre tende a coinvolgermi troppo nel questione del villaggio..lo
sai, non fa per me”
Questa volta astrid non rispose subito e si concentrò nel guardare le
fiamme. Hiccup pensava non avrebbe più risposto quando la sentì parlare
“perché? Perché non fa per te? In te c’è tutto quello che dovrebbe esserci in
un capo”
Aggrottando la fronte si girò verso lei e le parole che aveva sentito, di
sicuro avevano un rapporto di amicizia e sapeva che non era più il ragazzino che
combinava guai ma non era mai andata così vicina a fargli un complimento e ne
fu piacevolmente sorpreso, il torpore del fuoco e la stanchezza dovevano
funzionare un po’ come il vino, levare qualche inibizione, almeno lui si
sentiva così in quel momento “lo prendo per un complimento cavaliere”
sorridendo rilassato cercò di spiegarle “ma io voglio solo addestrare
draghi e cercare cose nuove, non sono adatto a nessun altro ruolo, non sono un
vichingo come mio padre” poi richiuse gli occhi per godersi ancora un
altro po’ il caldo e il riposo, e pensò vagamente che doveva tornare a casa.
Senti delle dita affusolate che si posavano sulle sue guance e che
esercitavano una lieve pressione. In un attìmo percepì arrivare alle guance un
fiotto di sangue e spalancò gli occhi stupito, si ritrovò il viso di astrid
davvero vicino. Poteva vedere la grana delle sue ciglia e le pagliuzze verdi
che si intramezzavano nel turchese delle sue iridi, che lo stavano fissando con
un espressione seria e decisa.
“non c’è nessuno che conosco più vichingo. hai salvato tutti noi, ci hai
insegnato a cavalcare dei draghi! Sei speciale nel cuore di ogni persona di
questo villaggio. Ti rispettano Hiccup. Anche io ti rispetto. Ed è questo che
deve avere un capo, il rispetto della sua gente”
Improvvisamente l’espressione mutò e lo guardò con l’espressione più
dolce che le avesse mai visto sul viso, piegò le labbra in un mezzo sorriso “tu
lo hai già Hiccup, non devi neanche conquistarlo. Magari sarebbe carino che te
ne rendessi conto”
Non credeva che il suo cuore avrebbe battuto così furiosamente a meno che
non si trovasse di fronte un'altra morte rossa da affrontare. Le mani di Astrid
lasciarono il suo viso e fece per alzarsi, e istintivamente, come dettato da
una volontà non sua, le prese entrambi i polsi. Aveva ancora nell’orecchio il
suono delle sue parole, ed era lì che lo guardava nuovamente con un espressione
disorientata, abbassando il viso. Guidato dall’istinto di toccarla, doveva
toccarla, la spinse su di lui e mise il viso nei suoi capelli. Sapeva di buono,
era così dannatamente bello averla tra le braccia. Le parlo direttamente
all’orecchio “grazie hastid” e lasciò andare i polsi così che fosse
libera di muoversi. Ritrovare un barlume di lucidità era difficile perché
sentiva la loro fisicità in maniera così nitida, ma non poteva imporre oltre un
contatto tra loro.
Ma Astrid non si allontanò e senti che poggiava la testa sulla sua spalla
“odori di vento”
In ogni parte del corpo dove lei si stava poggiando, la testa sulla sua
spalla, le mani che erano distese vicino alle sue e la sua gamba che era
piegata sfiorando la sua coscia,per non perdere l’equilibrio, ognuna di queste
parti sembrava esserci accesa e reagire al calore di lei.
E a quel commento così innocente lui riuscì solo a rispondere chiamando
il suo nome, chiamandolo con una voce che non gli sembrava neanche la sua. E
lei lo uccise definitivamente alzando la testa verso la sua e cercando i suoi
occhi. Era sicuro che nel suo sguardo doveva esserci scritta quanta voglia
avesse di toccarla, perché non si allontanava? Lo stava guardando negli occhi
da quello che gli sembrava un’eternità e alla fine lei posò lo sguardo sulle
sue labbra. Hiccup non sapeva se lei stava reagendo solo per istinto a quella
vicinanza ma prese quello sguardo come un invito e semplicemente lo fece,
annullò i millimetri tra le loro labbra e la baciò. Posò le labbra sulle sue
con irruenza ma cercò di rallentare e nel muoversi sulla sua bocca provò a
essere gentile, e si dimenticò di ogni altra cosa quando lei inizio timidamente
a risponderle. Erano disordinati, non sincronizzati e impacciati. Ma per Odino
quanto era bello!
Dopo un po’ si accorse che lei gli aveva messo le mani intorno al collo
ed si era adagiata su di lui, fiduciosa. E quando si staccò da lei quel tanto
che basta per riprendere fiato si stavano praticamente abbracciando.
La guardò e sorrise “ok questo è inaspettato”
“no in realtà sei tu che sei il ragazzo più lento di questo e di tutti
gli arcipelaghi conosciuti e non, perchè solo tu non avevi ancora capito che mi
piaci” gli diede un buffetto sul naso e continuò “a dire la verità stavo
iniziando a pensare di non piacerti più io…insomma era una storia che
risaliva a quando avevamo 15 anni…”
Hiccup fece una specie di risata acuta, stentava a credere a quello che
sentiva "scusa? E questa cosa è risaputa? Lo ha capito anche testa di
tufo? No perché potrei iniziare a preoccuparmi seriamente per la mia salute
mentale…e tu!No dico come puoi anche solo aver pensato che non mi piacevi
più…tu…Hastid..certo che mi piaci”
E vide che le guance di lei diventavano rosse e sorrideva, infine annui
impercettibilmente “bene” e nascose di nuovo il viso nella sua spalla.
Hiccup non riusciva a crederci stava abbracciando e aveva baciato Astrid!
E a lei andava bene! Si sentì invadere da una sensazione di stordita felicità.
Si scostò un po’ cosi da poterla guardare, e lei aveva gioia e imbarazzo
dipinti sul viso così intensamente che la baciò di nuovo. Quando si scostò lei
aveva ancora le palpebre abbassate e le poggiò la fronte sulla sua.
Era così meraviglioso poterla toccare, quella ragazza non gli sarebbe
bastata mai.
“penso che mi abituerò facilmente a tutto questo. Fidati non mi è passata
per niente”
Astrid si alzò lentamente e si staccò altrettanto lentamente da lui,
prendendogli una mano e lasciando che rimanesse l’unico legame tra loro.
“ok, adesso è l’ora di tornare a casa per entrambi…tanto ci vediamo
domani no?”
Anche Hiccup si alzò “certo”
Appena tornato a casa doveva accertarsi che non si trattasse di un sogno,
nel caso era un sogno molto piacevole.
E, sempre nel caso, non era poi così male essere Hiccup Horrendous Haddok
III.
FINE
Se questa storia non vi è dispiaciuta spero
che me lo direte, ogni parola che ricevo è un incentivo a scrivere ancora per
tutti voi. Un saluto, Tigrotta.