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Autore: cin75    21/03/2017    4 recensioni
Dalla storia:
“Oddio…oddio che ho fatto…..che ti ho fatto…Mio Dio!…Mio Dio!!…perdonami…Jensen….Jensen ti prego…..perdonami, amore mio!!” fece cercando di accarezzarlo o solo sfiorarlo.
Ma Jensen si scostò con un gesto intimorito, quasi come se avesse timore che ciò che era accaduto potesse ripetersi.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“ Ti rendi conto di che ora è, Jared?” esclamò onestamente contrariato Jensen, quando alle 11 e mezzo di sera, Jared si degnò di rientrare a casa loro.
Il giovane lo fissò scocciato da quella lamentela. Erano giorni , settimane, forse mesi, che andavano avanti così. Che lui andava avanti in quella maniera. A lavorare come un dannato per avere quella dannata promozione nel suo dannato settore.
E sentire Jensen che si lamentava dell’orario, beh!!, non ne aveva proprio voglia. Non quella sera!
“Smettila di rompere , Jensen. Ero al lavoro, sono stanco e non mi serve che tu mi faccia anche la paternale. Sei il mio fottuto ragazzo, non mio padre. Quindi vedi chiudere quella cazzo di bocca per stasera!!” sbottò gettando la giacca sulla prima sedia che trovò e la borsa in un angolo del divano.
“Come hai detto scusa?” replicò Jensen, alzandosi.

Il biondo sapeva che Jared stava dando tutto sé stesso, ne era orgoglioso, ma anche spaventato, perché aveva capito che era da un po’ di tempo che prendeva qualcosa per riuscire a seguire certi ritmi lavorativi. Prima era poca cosa, ma ormai aveva capito che l’assunzione di qualsiasi cosa fosse, era diventata una sorta di routine per il giovane compagno.
Aveva provato a parlargliene, a farlo ragionare. A fargli capire che non era quello il modo giusto per arrivare a ciò a cui aspirava. Che lo amava e che lo avrebbe amato, promozione o non promozione. Ma non era bastato, evidentemente!
E solo allora Jared lo guardò dritto negli occhi e Jensen potè vedere le sue pupille dilatate e gli occhi arrossati.
“Cristo, hai preso ancora quelle schifezze. Hai preso ancora quello  schifo che ti fa stare sveglio?!” lo accusò esasperato. “Ma non capisci che qualunque cosa sia, ti cambia, ti rende nervoso, intrattabile. Ti fa stare….”
“Quello schifo , come dici tu, mi permette di lavorare fino a quest’ora, mio caro!” lo fermò Jared.
“Sì e ti frigge il cervello dopo averti trasformato in uno stronzo completo….mio caro!” fece e indignato si lasciò alle spalle il compagno per andarsene a letto.
Era arrabbiato ed era stanco e almeno per quella sera, date le condizioni in cui era  Jared, sarebbe stato inutile intavolare una qualsiasi discussione.
 
Ma non appena varcò la porta della loro camera da letto, si sentì afferrare per le spalle dalle mani forti di Jared.
“Ma che….” esclamò Jensen preso di sorpresa cercando di liberarsi. Ma non riuscì a dire o a fare altro perchè Jared lo spinse con forza contro il letto facendolo finire con il busto sul materasso e le ginocchia a terra. “Jared , ma che fai!!??” inveì quando sentì il giovane sistemarsi alle sue spalle.
“Volevi la lite?? Beh!...avrai qualcosa di meglio!!” gli sibilò all’orecchio.
“Cosa?..no!!!..non azzardarti..non è aria. Levati….” fece infuriato mentre sentiva il giovane bloccarlo con il peso del suo corpo contro il materasso e intuendo cosa volesse fare. “Jared…non provarci…lasciami….non voglio…. Levati di dosso!!”
Ma il giovane non aveva nessuna intenzione di smettere quello che la sua mente annebbiata dagli effetti della droga che aveva preso, aveva intenzione di portare a termine.
“Io mi faccio in quattro….ora dopo ora….” e con modi rudi iniziò ad abbassare i pantaloni della tuta di Jensen, che però, bloccato in quella posizione di sottomissione, non riusciva a reagire più di tanto, anche se provava con foga a dimenarsi.
“Jared…sei confuso…non sei in te ….fermati….non fare stronzate….non…” provando a divincolarsi, poiché aveva sentito che anche i vestiti di Jared , con modi frenetici erano stati messi da parte. “Jared…Jared….no!!” ma un ennesimo tentativo di liberarsi spinse Jared a poggiare rudemente una mano sulla testa del compagno e spingerlo con forza contro il materasso, impedendogli ogni altro movimento.
Quella richiesta allarmata  non ebbe modo di essere ascoltata poiché Jared , subito dopo, con un gesto deciso e rude, lo penetrò facendolo gridare e il maggiore si ritrovò a battere un pugno sul cuscino e ad arpionarsi istintivamente al cotone della fodera per contrastare l’abuso e il dolore da esso causato.
“No!!!! Jared….ti prego…..noooo!! Fermati!!” gemeva Jensen cercando di controllare il dolore che stava provando. E mentre cercava di sopportare le fitte che sentiva ad ogni spinta furente a cui Jared lo costringeva , la sua mente si sconvolgeva sempre di più.
 
Jared gli stava facendo una cosa simile? Il suo Jared? Lo stesso ragazzo che non riuscì a trattenere le lacrime quando lo vide uscire dalla sala operatoria dopo una semplice appendicite?
Era davvero Jared la persona che stava infierendo in quel modo violento su di lui?
Jensen oltre alla dolorosa confusione di quel momento non potè che ritrovarsi ad odiare quello schifo chimico che aveva reso Jared ciò che era in quel momento.
 
E mentre lui era sopraffatto sia da quei pensieri che dal dolore sia fisico che psichico per quello che stava subendo, Jared gemeva raucamente su di lui, dopo aver trovato nel corpo del compagno una soddisfazione puramente fisica.
Uscì da Jensen senza usare alcuna delicatezza, esattamente nel modo in cui quel corpo se lo era preso. Si tirò su i pantaloni e si passò una mano sul viso per asciugarsi quella leggera patina di sudore e con aria assurdamente indifferente  vide Jensen scivolare lungo il bordo del letto e rimanere seduto a terra. La tuta abbassata a mezza coscia. Gli occhi spaesati. Una lacrima che gli rigava il bel viso sconvolto. Il verde dei suoi occhi offuscati da una marea silenziosa.
“Vado di là a prendermi da bere. Apro una birra anche te, ma non aspettare che te la porti di qua!” e andò via dalla camera.
Jensen non si mosse, non rispose. Forse nemmeno pensò in quel momento. O forse erano talmente tanti i pensieri che gli vorticavano nella mente che il loro peso lo schiacciavano e lo costringevano al pavimento.
 

Quando la mattina, Jared, sul divano, aprì pigramente gli occhi, si sentì come se fosse stato giorni  e giorni immerso in un rave di batteristi. La testa gli scoppiava.
Aveva la gola secca, la lingua impastata, gli occhi che gli bruciavano. Si guardò per un attimo le mani e tremò quando le vide tremare.
Con gesto esasperato se le passò tra i capelli e poi le fermò al lato delle tempie.
“Mio Dio!! devo smetterla! Devo smetterla o finirà male!” si disse non ricordando ancora che era già finita male.

Si mise seduto al centro del sofà, si guardò stancamente attorno. Il suo sguardo si posò sulle bottiglie di birra vuote sul tavolo della cucina. Aveva addosso i vestiti del giorno prima. La sua borsa da lavoro era abbandonata sul divano. La giacca su una sedia.
Jensen non c’era.
 
Com’era possibile? Jensen c’era sempre quando si svegliava.
 
Si strofinò con vigore le mani sul viso come se volesse fare mente locale e poi come un flash abbagliante alcune immagini assurde gli apparvero davanti agli occhi. Deglutì terrore, perché quelle immagini non potevano essere vere. Nel modo più assoluto eppure per uno strano groppo alla gola e una dolorosa morsa allo stomaco, Jared si ritrovò a chiamare il compagno.
“Jensen?!” senza avere risposta. “Jensen??” chiamò ancora e ancora niente.
Allora facendosi coraggio si alzò dal divano e con timore percorse il corridoio che portava alla loro camera da letto.
 

La porta era socchiusa. Le persiane della stanza la tenevano ancora nella penombra. Vi poggiò cautamente una mano al centro e lentamente spinse per aprire.
Fu solo quando vide Jensen seduto a terra, con le spalle appoggiate al letto, le gambe leggermente contratte e lo sguardo indecifrabile, che il panico assoluto prese il sopravvento.
Il giovane capì in quel momento che quelle immagini che gli erano esplose nel cervello non erano il frutto di un qualche incubo, ma solo le reminiscenze di un atto orribile che lui aveva compiuto ai danni della persona che più di tutto e tutti amava al mondo.
Si precipitò al suo fianco e sussultò allarmato quando anche Jensen sussultò spaventato alla sua vicinanza.
“Oddio…oddio che ho fatto…..che ti ho fatto…Mio Dio!…Mio Dio!!…perdonami…Jensen….Jensen ti prego…..perdonami, amore mio!!” fece cercando di accarezzarlo o solo sfiorarlo.
Ma Jensen si scostò con un gesto intimorito, quasi come se avesse timore che ciò che era accaduto potesse ripetersi. “Ti prego…ti prego…dì…dì qualcosa. Jensen…Jensen..Oddio che ho fatto!!” e ora Jared piangeva disperatamente perché più guardava Jensen in quelle condizioni più ricordava tutto quello che aveva fatto.
“Smettila!” disse ad un certo punto Jensen, anche se il suo era solo un fil di voce!!
“Jensen…Jensen….io….”
“Smettila!” ripetè ancora.
“Ti prego…ti prego…dimmi che cosa posso fare….io …io devo…”
“Io ho bisogno….ho bisogno di fare….una doccia!” tentennò Jensen.
“Sì…sì…io…ti aiuto…”
“NO!!” esclamò all’improvviso furioso Jensen. “Non voglio che tu mi tocchi!” e istericamente , come se si fosse reso conto solo allora di avere addosso ancora quella tuta, si poggiò al bordo del letto e si tirò su, alzandosi, barcollando appena.
Fece qualche passo lontano da Jared avviandosi verso la stanza del bagno. Poi si fermò a mezza strada. Senza voltarsi verso il ragazzo alle sue spalle che era ancora in ginocchio dove poco fa anche lui era. “Voglio che tu prepari la tua borsa.”
“Co…cosa?”
“ E voglio che mi aspetti di là!” ordinò atono.
“Ma Jensen…io…io…”
“Fa’ come dico Jared!” e il tono che Jensen usò era talmente carico di dolore , rancore e amarezza che Jared deglutì e non disse altro. Annuì mestamente e guardò Jensen avanzare lentamente, quasi con difficoltà verso il bagno e quando la porta fu chiusa, Jared si drizzò sulle gambe. Si guardò intorno. Si mise una mano sulla bocca ripensando all’assurdità di quel momento.

“Mio Dio che ho fatto…che ho fatto..che ho fatto…”

Guardò il letto sfatto solo su un punto. Vide il segno su un cuscino come se fosse stato stretto in un pugno e poi lentamente i suoi occhi scesero in quel punto dove Jensen era seduto e che ora era vuoto e delle piccole macchie rosse sul parquet lo sconvolsero definitivamente.
Solo allora comprese effettivamente in che modo brutale aveva aggredito Jensen. Solo allora capì la reale gravità di quello che era successo la sera prima. Come poteva biasimare Jensen se gli aveva chiesto di farsi la valigia?
Raccattò una sua maglietta da una sedia e odiandosi con tutto sè stesso si chinò per ripulire il pavimento. Lo fece per Jensen, perché non vedesse i segni dell’abuso fisico subito. Come se fosse bastato quello a cancellare tutto!!!

Si avvicinò alla porta del bagno. Voleva chiedere se aveva bisogno di aiuto , date le circostanze, ma quando stava per bussare, i singhiozzi a stento trattenuti che sentì provenire dall’altro lato della porta, gli spezzarono definitivamente il cuore in mille pezzi e Jared si sentì un mostro. Il peggiore di tutti, poiché aveva colpito la persona che più amava.
A stento trattenne di nuovo le lacrime. Strinse talmente forte i pugni che le unghie si conficcarono nella pelle a tal punto da farlo sanguinare. Ma fece, comunque, quello che gli aveva chiesto Jensen.

Prese un borsone e vi infilò dentro un paio di jeans, qualche maglietta e un po’ di vestiario intimo e in silenzio andò ad aspettare Jensen in soggiorno.
   
 
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